10/07/2018
Nicola Pellicani
Braga, Carla Cantone, Carè, Ciampi, Fragomeli, Fusacchia, Gariglio, Mancini, Pezzopane, Andrea Romano, Sensi, Serracchiani, Critelli, D'Alessandro, De Luca, Del Basso De Caro, Di Giorgi, Marco Di Maio, Fassino, Mauri, Morani, Morassut, Moretto, Morgoni, Muroni, Paita, Tabacci, Topo, Zardini, Cenni, Ungaro, Benamati, Ceccanti, Marattin, Prestipino, Rossi, Gavino Manca, Mor
2-00047

  I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:

   il Consorzio Venezia Nuova, costituito da imprese di costruzione italiane, cooperative e imprese locali, è il concessionario del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – ex magistrato alle acque di Venezia, ora provveditorato interregionale per le opere pubbliche del Triveneto – per la realizzazione degli interventi per la salvaguardia di Venezia e della laguna veneta di competenza dello Stato, in attuazione della legge speciale n. 798 del 1984;

   il Consorzio Venezia Nuova opera, in qualità di soggetto attuatore, attraverso lo strumento delle convenzioni (contratti stipulati con l'Amministrazione concedente) sulla base di un piano generale degli interventi definito dal «Comitatone», ex articolo 4 della legge n. 798 del 1984;

   a seguito delle vicende giudiziarie del giugno 2014 con l'arresto per corruzione degli allora vertici del Consorzio Venezia Nuova, dal 1° dicembre 2014 sono stati nominati amministratori straordinari del consorzio Venezia Nuova il dottor Luigi Magistro (in carica fino al 4 maggio 2017) e il professore ingegnere Francesco Ossola, mentre il 27 aprile 2015 è stato nominato anche l'avvocato Giuseppe Fiengo;

   l'amministrazione straordinaria si è concentrata sui profili tecnici dell'opera al duplice scopo di individuare, rimuovere e prevenire eventuali criticità tecnico-esecutive e di verificare eventuali ipotesi di riduzione dei costi residui dell'opera;

   nel febbraio 2018 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Anac hanno nominato un gruppo di lavoro interistituzionale formato dal generale della Finanza Cristiano Zaccagnini, dal segretario generale presso la prefettura di Roma Michelangelo Lo Monaco e il capo dipartimento per i trasporti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti Alberto Chiovelli, al fine di «acquisire elementi informativi e valutazioni sulla gestione dei finanziamenti stanziati per la realizzazione degli interventi per la salvaguardia della laguna Venezia»;

   ad oggi i lavori del Sistema Mose hanno raggiunto un avanzamento pari al 90 per cento dell'intera opera e sono già stati stanziati tutti i 5,7 miliardi di euro necessari alla realizzazione dei lavori;

   sulla base di quanto sostenuto dal provveditorato alle opere pubbliche del Triveneto il completamento delle barriere è previsto per il 31 dicembre 2018, mentre la consegna definitiva dell'intero sistema di opere è programmata per il 31 dicembre 2021;

   nel 2018 sono partiti anche i lavori preliminari per la messa in sicurezza dalle maree della piazza San Marco alla quota di +110 centimetri sul livello medio marino, quota prevista convenzionalmente per la messa in funzione del Sistema Mose;

   pur se con un meccanismo dilatorio, sono stati stanziati complessivamente, per il completamento del sistema Mose circa 221 milioni ed entro l'anno 2018 dovrebbero essere avviati circa 40 progetti da parte delle imprese consorziate;

   a regime, la gestione del Mose costerà circa 80 milioni di euro l'anno di cui circa 30 per i costi delle utenze per il funzionamento del Sistema, tra i 15 e 20 il costo annuo del personale, 30-40 per la manutenzione vera e propria che dovrà comprendere anche gli interventi sull'ambiente lagunare che a regime impatteranno finanziariamente circa 15 milioni l'anno;

   nell'aprile 2018 alcune imprese del Consorzio Venezia Nuova, come Mantovani, Condotte, Grandi Lavori Fincosit, hanno scritto al presidente dell'Anac, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al prefetto di Roma, denunciando la fase di stallo relativa all'avanzamento dei lavori;

   tra le criticità evidenziate nella missiva vi sarebbe la mancata consultazione dei commissari straordinari con le varie imprese circa questioni di tipo economico e tecnico, circostanza che avrebbe dato origine a rilevanti contenziosi economici non risolti che avrebbero di fatto rallentato fino a paralizzare lo stato di avanzamento dell'opera;

   le principali imprese del CVN (Mantovani, Condotte, Grandi Lavori Fincosit e Kostruttiva) attraversano da tempo una grave crisi che ha comportato anche pesanti tagli occupazionali. Inoltre, il rallentamento dei lavori e dei pagamenti dei cantieri del Sistema Mose, come più volte evidenziato da Ance Veneto, ha colpito duramente le imprese medio-piccole che lavorano in subappalto, mettendo a rischio centinaia di posti e la sopravvivenza stessa delle aziende;

   come denunciato dalla stampa locale e anche dallo stesso provveditore alle opere pubbliche del Triveneto Roberto Linetti, i cantieri alle bocche di porto sono di fatto fermi da quasi un anno. Alcuni cantieri sono abbandonati e le opere già realizzate, non essendo soggette ad alcuna manutenzione sono esposte a fenomeni di deterioramento, alla corrosione dei materiali e a tutte le criticità derivate da un sistema delicato che vive sott'acqua. Inoltre, si apprende dalla stampa, in base a una perizia commissionata dai commissari del Consorzio, che la tenuta dei cassoni sott'acqua sarebbe a rischio a causa di fessurazioni;

   i commissari del Consorzio Fiengo e Ossola, attraverso la stampa, hanno presentato un nuovo cronoprogramma dei lavori (3 luglio 2018), secondo cui «l'importo complessivo delle attività ancora da realizzare ammonta a circa 800 milioni» e risulta subito necessario un finanziamento per 210 milioni circa. Un piano però di fatto smentito, sempre sulla stampa, il giorno seguente dal provveditore Roberto Linetti, che chiede di accelerare i lavori prioritari e alcune progettazioni, e di «razionalizzare l'attività per evitare ridondanze e sprechi» –:

   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e se, per quanto di competenza, intenda assicurare che i lavori si concluderanno entro dicembre 2018 e che l'opera sarà avviata definitivamente nel dicembre 2021, con la necessaria copertura finanziaria, anche a fronte della variazione di cifre che da anni ruota intorno al Sistema Mose che non trova convergenze di vedute fra i commissari del Consorzio e lo stesso provveditore alle opere pubbliche del Triveneto;

   quale sia la reale condizione delle opere realizzate e se siano state definitivamente risolte le questioni relative ai pagamenti degli stati di avanzamento lavori che non pochi problemi hanno creato nel rapporto con le imprese realizzatrici, e quale sia l'esito dell'attività del gruppo di lavoro interistituzionale tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Anac, creato per dirimere il nodo dei finanziamenti e far ripartire i cantieri del Sistema Mose;

   come il Governo intenda procedere, per quanto di competenza, per avviare la gestione dell'opera, se con un'autorità pubblica partecipata dallo Stato e dagli enti locali o attraverso altre forme strutturate, in considerazione, anche, della auspicabile partecipazione del gestore, così individuato, nel triennio di primo avviamento del sistema Mose. 

 

Seduta del 20 luglio 2018: Illustrazione e replica di Nicola Pellicani, risposta del Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti Michele Dell'Orco

Nicola Pellicani: Grazie, Presidente. Credo sia giunto il momento di sapere come il Governo intenda muoversi di fronte ai gravi problemi del Mose. Stiamo parlando della più grande opera pubblica in corso di realizzazione in Italia. Si tratta di un progetto ideato circa quarant'anni fa, che personalmente non avrei mai realizzato, ma dopo che i lavori sono partiti nel 2003 siamo ormai giunti al 90 per cento dell'opera e sono già stati stanziati, e quasi tutti spesi, i 5 miliardi e 700 milioni necessari a chiudere i cantieri.

Dal dicembre del 2014, dopo lo scandalo che tanto ha umiliato e mortificato la città di Venezia, il Consorzio Venezia Nuova, il soggetto chiamato ad eseguire l'opera, è stato commissariato. La ripartenza non è stata semplice e questi quattro anni sono stati caratterizzati da un rallentamento dei cantieri, che ha dato vita anche ad una conflittualità con le imprese del Consorzio e in particolare con le principali, mi riferisco alla Mantovani, a Condotte e a Grandi Lavori Fincosit, che attraversano da tempo un periodo di grave crisi, che ha comportato anche significativi cali occupazionali. I contenziosi, maturati con il Consorzio, sono infatti tra le principali cause del blocco dei lavori. Tali contrasti sono stati evidenziati in modo aperto nella lettera che le stesse imprese hanno inviato nell'aprile del 2018 al presidente dell'ANAC, al Ministero delle infrastrutture e al prefetto di Roma, denunciando la fase di stallo relativa all'avanzamento dei lavori. Inoltre, per redimere il nodo dei finanziamenti, e far ripartire i cantieri, nel febbraio scorso, su iniziativa del Ministero delle infrastrutture e dell'ANAC, è stato istituito un gruppo di lavoro interistituzionale, ma a tutt'oggi non si conoscono gli esiti di questa indagine.

Sono inoltre sempre più evidenti diverse strategie tra il provveditore alle opere pubbliche e i commissari del Consorzio, emerse da ultimo anche in recenti articoli di stampa.

È fondamentale perciò conoscere cosa intenda fare il Governo di fronte a un cantiere di tali proporzioni fermo da quasi un anno. È necessario conoscere lo stato di avanzamento dei cantieri e le reali condizioni in cui versano le opere già realizzate che, non essendo soggette ad alcuna manutenzione, sono esposte a corrosione, ad incrostazioni e a tutte le criticità derivate da un sistema delicato che vive sott'acqua, tanto da mettere a rischio anche la tenuta dei cassoni già affondati a causa di fessurazioni, come risulterebbe da uno studio commissionato dal Consorzio Venezia Nuova. Molti cantieri inoltre alle bocche di porto sono in stato di completo abbandono.

Signor Presidente, di fronte a questa situazione, il Governo ha il dovere di far sapere ai cittadini, in particolare ai veneziani, cosa intende fare. Fino ad oggi il Governo non ha ancora pronunciato la parola “Mose”. I soldi ci sono, come ha più volte ricordato il provveditore alle opere pubbliche del Triveneto, Roberto Linetti, ma i lavori non procedono. C'è il rischio concreto che i lavori non si concludano nei tempi stabiliti. In base all'ultimo cronoprogramma fornito dal provveditore, i lavori dovrebbero concludersi entro il 31 dicembre di quest'anno e la consegna definitiva dell'intero sistema di opere è programmata per il 31 dicembre del 2021. Vista la paralisi dei cantieri che perdura da mesi, sarà rispettato questo calendario? È intenzione di questo Governo portare a termine i lavori del Mose? C'è infine un'ultima questione, relativa alla manutenzione e alla gestione del Sistema Mose, che in base alla previsione del provveditorato alle opere pubbliche costerà tra gli 80 e i 100 milioni all'anno, una cifra che, se vogliamo che il sistema Mose entri in funzione bisognerà mettere a bilancio, ma soprattutto bisogna decidere chi avrà il compito della gestione e della manutenzione del Mose. Ma se le cose continueranno di questo passo, c'è il rischio concreto che il cantiere non si chiuderà mai e che il Mose resti la più grande incompiuta d'Europa.

 

Michele Dell'Orco Sottosegretario di Stato per le Infrastrutture e i trasporti. Grazie Presidente. Il sistema Mose è un'opera segnata, come è noto, da gravissimi episodi di corruzione, che hanno generato inchieste, processi, commissariamenti e da ultimo la nomina di una task force per indagare sulle cause della paralisi dei lavori e far luce sull'intricata vicenda di malaffare. La verità comincia a farsi strada, potremo così cominciare a parlare di un ritorno alla legalità, risultano però ancora aperte alcune questioni che richiedono approfondimenti, e gli uffici del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, l'Autorità nazionale anticorruzione, cioè l'Anac, e il prefetto di Roma, sono al lavoro per l'individuazione di una soluzione che possa gettare le basi per la futura gestione della laguna di Venezia.

Per una più precisa analisi della vicenda, premetto che bisogna distinguere il Piano generale degli interventi, oggetto della Convenzione al Consorzio Venezia Nuova e dell'attuale commissariamento, e il sistema di barriere mobili, cioè il Mose propriamente detto. La concessione riguarda la salvaguardia dell'intera laguna, attraverso una serie variegata di interventi. Ciò di cui parliamo oggi è soltanto l'intervento principale, cioè il Mose, cioè le opere alle bocche di porto.

Il Provveditore interregionale per le opere pubbliche Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia ha comunicato che lo stato d'avanzamento dei lavori del Mose è attestato intorno al 93 per cento, mancano la posa in opera delle paratoie di una bocca di Lido, alcune opere civili e la maggior parte degli impianti elettrici, meccanici e di sicurezza vari. La percentuale dei lavori eseguiti è, quindi, molto alta, tuttavia gli impianti e le stesse paratoie sono propedeutici al funzionamento del sistema.

Questa opera particolarmente complessa è oggetto di attenzione sia del mondo scientifico, sia della popolazione e di quanti a vario titolo gravitano nella sfera sociale ed economica della città di Venezia. Di conseguenza, è necessario analizzare attentamente ogni singolo aspetto nella massima trasparenza possibile, per evitare finalmente quello che finora non si è voluto evitare, cioè lo spreco di danaro pubblico e il proliferare di ricorsi che rallentano inesorabilmente la realizzazione delle opere, finendo per gravare sulle tasche e sulla vita dei cittadini.

Sempre il provveditore ha segnalato che i cantieri sono praticamente inoperosi dalla fine del 2017 e che nei primi tre mesi del corrente anno risultano spesi circa 12 milioni di euro in totale. Tra le cause, anche il contenzioso insorto tra le imprese esecutrici e gli amministratori straordinari. Il costo contrattualmente definito del Sistema Mose, formalizzato in atti e provvedimenti, è pari a circa 5 miliardi e mezzo di euro, interamente finanziato.

In ordine alla reale condizione delle opere realizzate, il provveditore informa che l'8 febbraio 2018, gli amministratori straordinari hanno trasmesso alla stampa un elaborato che illustra le principali criticità tecniche rilevate e la stima dei presunti costi (paratoie-risonanza, bocche- accumulo sedimenti, cassoni-giunti gina ed omega, corrosioni-barre inghisaggio elementi femmina, corrosioni-gruppi cerniera-tensionatori e così via). Tali criticità sono principalmente un esito del troppo tempo trascorso per la realizzazione del Mose. Il provveditore riferisce che gran parte di esse sono imputabili alla totale mancanza di cura, manutenzione e attenzione da parte del Consorzio Venezia Nuova, che detiene di fatto e di diritto la custodia delle opere fino alla loro completa realizzazione e al collaudo finale del sistema.

La situazione di stallo venutasi a determinare ha condotto alla nomina del gruppo di lavoro interistituzionale, formato da esperti del Ministero delle Infrastrutture, dell'Anac e della Prefettura di Roma, come già detto, con il mandato di acquisire elementi informativi e valutazioni, in particolare sulla gestione dei finanziamenti stanziati per la realizzazione degli interventi e per la salvaguardia della laguna di Venezia.

Il gruppo, sulla base dell'esame dell'utilizzo delle somme derivanti dalle convenzioni, ha concluso che il Consorzio Venezia Nuova ha impiegato i residui - cioè entrate e uscite, onere del concessionario - relativi a tutte le convenzioni, anche per esborsi non coerenti con le disposizioni contenute nella convenzione iniziale del 1991. Nei citati residui sono ricomprese somme non attribuibili al compenso del concessionario, ma riconducibili ad incassi per opere per le quali il Consorzio non ha effettuato i relativi pagamenti.

In tale contesto, fermo restando che i costi straordinari possono in alcuni casi essere ricondotti ad atti necessitati, emergono comunque, nel periodo 2013-2017, costi di struttura ovvero costi di gestione per oltre 55 milioni di euro, di cui oltre 37 milioni relativi al periodo 2015-2017, che avrebbero dovuto essere spesati con il compenso del concessionario o con somme messe a disposizione dai consorziati, in caso di incapienza, e non con denaro destinato al pagamento delle opere.

Inoltre, il gruppo di lavoro ha dato evidenza: del ritardo della messa a disposizione delle risorse statali e, conseguentemente, il pagamento dei SAL (Stati di avanzamento dei lavori); delle criticità evidenziate dagli amministratori straordinari nella relazione al Prefetto di Roma per il 2017, tra le quali il ripianamento del disavanzo di esercizio 2014 per 28 milioni di euro, il pagamento di 21,5 milioni di euro all'Agenzia delle entrate per sanzioni relative ad accertamenti fiscali ante commissariamento e l'esposizione delle consorziate, anche con riferimento alla restituzione delle somme oggetto di fatture false per 40,8 milioni di euro.

Inoltre, è stato rilevato che la circostanza in virtù della quale il meccanismo di rendicontazione alla BEI delle opere da finanziare sia, di fatto, non riconciliabile con i SAL sulla base dei quali il Provveditorato erogava le somme destinate al pagamento delle opere, ha prodotto un disallineamento che - in presenza di un controllo meramente contabile da parte del Provveditorato - ha consentito al Consorzio, nel 2014, di effettuare pagamenti ad imprese consorziate per oltre 76 milioni di euro, in maniera difforme alle regole previste dal contratto di finanziamento, destinando “eccedenze” a soggetti già beneficiari di prestito BEI.

Tale scelta, i cui effetti economici non sono stati ammortizzati negli anni successivi, ha costituito una delle concause del determinarsi della mancanza di liquidità per il pagamento di lavori eseguiti da imprese non beneficiare di prestito BEI.

In relazione a ciò, il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (MIT) ha ritenuto opportuna una segnalazione alla Corte dei conti.

Tenendo conto dell'opportunità di un approccio che contempli la definizione generale delle attività da porre in essere con riferimento a completamento delle opere, all'avviamento del sistema e alla gestione dello stesso, obiettivo di questo Governo è garantire la sicurezza e il risanamento della città di Venezia e dell'ambiente lagunare, al fine di un pieno ed effettivo ripristino della legalità.

 

Nicola Pellicani: Grazie, Presidente. Io ringrazio il sottosegretario della risposta perché finalmente il Governo per la prima volta ha pronunciato la parola Mose, però non posso ritenermi soddisfatto in quanto, ovviamente concordo che bisogna ripristinare trasparenza e legalità, ma in questo senso mi pare che, dopo lo scandalo che, come dicevo, ha tanto mortificato e umiliato non solo tutto il Paese, ma in particolare la città di Venezia, e mi riferisco allo scandalo del 2014, il Consorzio è stato, appunto, commissariato dal Governo d'intesa con l'Anac. Adesso, per la prima volta anche, finalmente, sappiamo che c'è un esito del lavoro, che la task-force interistituzionale, composta da Ministero, Anac e Prefetto di Roma, ha messo in piedi e che mostra ed evidenzia le criticità che avevo evidenziato nella mia interpellanza.

Il tema, però, è che, come ricordava il sottosegretario, i lavori sono giunti al 93 per cento e, quindi, manca pochissimo per concluderli. Ritengo, quindi, che ci sia l'intenzione del Governo di arrivare alla conclusione dell'opera, ovviamente nel rispetto della legalità, della sicurezza e della salvaguardia della città di Venezia, ma questo mi pare ovvio e siamo tutti d'accordo. Il tema è: come procedere per rispettare quel cronoprogramma, indicato appunto dal provveditorato per le opere pubbliche del Triveneto, in base al quale i lavori dovrebbero concludersi il 31 dicembre di quest'anno e l'entrata in funzione del Mose, che è l'opera principale del sistema delle opere e degli interventi per la salvaguardia della città di Venezia, previsto tre anni dopo, ovvero il 31 dicembre del 2021.

Perché, il rischio concreto, procedendo di questo passo - e le parole del sottosegretario non mi rassicurano in questo senso - è che i lavori non proseguano, non riprendano e il rischio è che il MOSE resti un'incompiuta, con un spreco di denaro pubblico di 5 miliardi e 700 milioni. Io penso che questo non lo vuole nessuno, in questo Paese, fermo restando che bisogna muoversi nel principio della legalità e avere come obiettivo principale la salvaguardia di una città preziosa, non solo al nostro Paese, ma a tutto il mondo, come Venezia.

Io mi auguro che i lavori si possano concludere e, soprattutto, che il sistema MOSE funzioni e che raggiunga gli obiettivi per cui è stato pensato tanti anni fa, più di 40. Lo ripeto, è un'opera talmente invasiva, per un ambiente fragile come quello della laguna di Venezia, e così costosa che ha, poi, innescato tutto quello che ha determinato, anche, lo scandalo del 2014. Ma io credo che, giunti al 93 per cento dei lavori, sia necessario chiuderli e fare in modo che il sistema MOSE funzioni.

Mi auguro, quindi, che questo Governo lavori in questo senso e che, al più presto, ci dia notizie concrete su come intende procedere per concludere l'intervento.