06/10/2017
Lia Quartapelle Procopio
2-01932

  I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
   in data 29 gennaio 2010 la Confederazione nazionale delle associazioni per la Coscienza di Krishna, avente sede a Roma, in via Sardegna n. 55, presentava al Ministero dell'interno una formale e documentata istanza, volta ad ottenere riconoscimento come ente religioso, ai sensi dell'articolo 2 della legge n. 1159 del 1929 e degli articoli 10 e 11 del regio decreto n. 289 del 1930, con la denominazione di «Congregazione Italiana per la Coscienza di Krishna». Dopo una lunga istruttoria, durata oltre 4 anni, ad ottobre 2014 il Consiglio di Stato esprimeva parere favorevole all'invocato provvedimento e la direzione centrale dei culti presso il Ministero dell'interno predisponeva lo schema del decreto del Presidente della Repubblica, finalizzato al richiesto riconoscimento, su proposta del Ministro dell'interno. Detto schema di decreto del Presidente della Repubblica veniva trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri e, in particolare, al dipartimento per gli affari giuridici e legislativi. Il 3 giugno 2015, in assenza di notizie, la Congregazione formulava una richiesta di aggiornamento alla direzione centrale dei culti del Ministero dell'interno, che confermava la giacenza attuale dello schema di decreto del Presidente della Repubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri; gli Hare Krishna sono il ramo monoteista dell'Induismo, con decine di milioni di fedeli in India, in Bangladesh e in Indonesia, trapiantato cinquant'anni orsono in Occidente e oggi punto di riferimento e ponte culturale tra le comunità indiane e bengalesi del nostro Paese e l'Italia. Considerando che i ministri di culto sono tutti italiani, questo rende naturale lo scambio, la comprensione tra culture e tradizioni religiose diverse. Il 10 settembre 1998, con decreto del Ministero dell'interno, la Confederazione nazionale delle Associazioni per la coscienza di Krishna è stata riconosciuta come ente morale. Al momento attuale si contano più di 400 templi nel mondo, con circa 50.000 devoti iniziati e consacrati alla missione e milioni di devoti/fedeli che frequentano i templi. In Europa, in particolare, vi sono centri di Krishna in ogni grande città. Negli ultimi vent'anni le comunità indiana, mauriziana e del Bangladesh sono salite in Italia dalle 30.000 alle 90.000 unità e, tra i membri di queste comunità, almeno il 30 per cento sono hinduisti di fede Vaishnava-Krishnaita, che conta oltre 500 milioni di fedeli nel sub-continente indiano. La ragione del riconoscimento come ente di culto ha effetti pratici importanti ed elimina residui ostacoli al pieno riconoscimento della libertà religiosa. Senza tale riconoscimento i devoti di Krishna non possono essere sicuri di assistere malati in ospedali, detenuti nelle carceri e persino partecipare ad incontri nelle scuole o nelle università. Non bisogna dimenticare inoltre le facilitazioni fiscali concesse a qualunque ente no profit e alle onlus ma, senza il riconoscimento, negate al Movimento degli Hare Krishna;
   la legge di epoca fascista del 1929, la cosiddetta legge sui «culti ammessi», non garantiva e non garantisce la libertà religiosa, ma solo una mera tolleranza rispetto alla religione maggioritaria che a quel tempo divenne religione di Stato, cioè quella cattolica. A cambiare le cose è arrivata la democrazia e la Costituzione. Questa riconosce e garantisce la libertà religiosa e lo Stato italiano afferma di essere portatore di una laicità «positiva». Cioè una laicità che mette sullo stesso piano tutte le credenze religiose, ne riconosce le specificità e soprattutto non rimane indifferente al fenomeno religioso come fatto sociale. Per ovviare alle discriminazioni del 1929, sono arrivate molte leggi per rendere attuale il dettato costituzionale. In particolare, nel 1984 si è arrivati ad un nuovo Concordato con la Chiesa cattolica e alla legge sulle intese e sugli enti di culto, che è quella che riguarda il caso in questione. La stipulazione delle intese, a partire dal 1984, ha accorciato le distanze – che erano eccessive – tra la disciplina giuridica della Chiesa cattolica e quella di altre religioni, ma al tempo stesso ha approfondito la distanza tra le comunità che sono riuscite a concludere un'intesa con lo Stato italiano o ad essere almeno riconosciute come enti di culto e quelle che, per un motivo o un altro, ne sono rimaste prive, creando così nuove possibili discriminazioni, in mancanza di una nuova legge sulla libertà religiosa. Nel suo complesso la disparità di disciplina non è stata tanto ridotta ma spostata da un settore a un altro dell'ordinamento giuridico italiano. Nel caso specifico, ad un'analoga interpellanza del 20 gennaio 2017, il rappresentante del Governo, Sottosegretario Davide Faraone, rispondeva che non essendoci più elementi ostativi «la Presidenza del Consiglio dei ministri (...) sta espletando gli adempimenti di competenza necessari al riconoscimento giuridico della Congregazione italiana per la coscienza di Krishna»; da allora, tuttavia, non sono seguiti atti concreti; dopo 7 anni di attesa, dei quali 3 di giacenza della pratica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri; il mancato perfezionamento dell'intesa si configura, ad avviso degli interpellanti, come una violazione dei diritti di una rispettata minoranza religiosa del nostro Paese –:
   se il Governo non ritenga necessario indicare una data certa per espletare gli ultimi adempimenti volti al riconoscimento giuridico della Congregazione Italiana per la Coscienza di Krishna.

 

Seduta del 6 ottobre 2017

Illustrazione di Lorenza Bonaccorsi, Risposta della  Sottosegretaria alla Presidenza del Cosiglio Sesa Amci, Replica di Lorenza Bonaccorsi

 

Illustrazione

Grazie Presidente. Grazie sottosegretaria. La Congregazione italiana per la coscienza di Krishna ha presentato da alcuni anni l'istanza per essere riconosciuta dallo Stato italiano come ente di culto. La procedura va avanti da oltre sette anni e precisamente dal gennaio del 2010. Purtroppo questa materia è regolata ancora da un'anacronistica legge fascista del 1929 e da un regio decreto del 1930. Dopo una lunghissima istruttoria, durata oltre quattro anni, nel 2014, è arrivato il parere favorevole del Consiglio di Stato e, come previsto dalla legge, il Ministero dell'interno ha predisposto il decreto del Presidente della Repubblica, che è stato trasmesso alla Presidenza del Consiglio dei ministri, e che da più di tre anni è fermo presso gli uffici della Presidenza.

Ma perché è importante tale riconoscimento? Si tratta semplicemente di prestigio o della soddisfazione di vedere legittimamente riconosciuto il movimento in modo più ufficiale? La motivazione è decisamente più importante: la ragione del riconoscimento come ente di culto ha effetti pratici importanti ed elimina residui ostacoli al pieno riconoscimento della libertà religiosa. Senza tale riconoscimento, i membri della congregazione italiana per la coscienza di Krishna non possono essere sicuri di assistere malati in ospedali, detenuti nelle carceri, e persino partecipare ad incontri nelle scuole o nell'università oppure pensiamo ai visti per i maestri spirituali che visitano i nostri Paesi che potrebbero avere un iter facilitato, cosa che non avviene sino ad ora. Non bisogna dimenticare, inoltre, anche le facilitazioni fiscali concesse a qualunque ente no profit e alle ONLUS che, senza questo riconoscimento, sono negate al movimento. Torniamo alla legge di epoca fascista del Ventinove, la cosiddetta “legge sui culti ammessi”. Essa non garantiva e non garantisce la libertà religiosa, ma solo una mera tolleranza rispetto alla religione maggioritaria che a quel tempo punto divenne la religione di Stato, quella cattolica. A vegliare sui culti ammessi c'era sempre l'attenzione del Ministero degli interni dell'epoca naturalmente e delle forze dell'ordine, non proprio il massimo per le minoranze religiose dell'epoca. A cambiare le cose è arrivata la democrazia e la nostra Costituzione. Essa riconosce e garantisce la libertà religiosa e lo Stato italiano afferma di essere portatore di una laicità positiva cioè una laicità che mette sullo stesso piano tutte le credenze religiose, ne riconosce le specificità e soprattutto non rimane indifferente al fenomeno religioso che, nelle società attuali, ricopre un ruolo importante e non può essere relegato ad una semplice scelta privata. L'Italia riconosce che il fenomeno religioso è parte integrante di quella dinamica sociale che deve essere riconosciuta, rispettata, e sostenuta, dallo Stato mediante garanzia e tutele.

Pertanto, per usare le parole della nostra Carta costituzionale: l'esercizio della libertà religiosa concorre con altri fattori al pieno sviluppo della persona umana e al progresso spirituale della società. Una concezione simile è oggi la sola che garantisce pari dignità e pari diritti e doveri a tutte le confessioni religiose. Da noi sono arrivate molte leggi ad emendare e correggere le discriminazioni della legge del Ventinove, un'enorme produzione di norme e codici che dettano regole per una molteplicità di particolari situazioni e contingenze, che vorrebbe con ciò garantire ai singoli la possibilità di trovare, in un angolo o nell'altro nell'ordinamento, una tutela per quasi tutte le evenienze e circostanze che l'attività religiosa può comportare. In particolare, nel 1984 si è arrivati ad un nuovo Concordato con la Chiesa cattolica e la legge sulle intese e gli enti di culto che è quella che riguarda il nostro caso. La stipulazione dell'intesa a partire dal 1984 ha accorciato le distanze tra la disciplina giuridica della Chiesa cattolica e quella di altre religioni, ma al tempo stesso ha approfondito le distanza tra le comunità che sono riuscite a concludere l'intesa con lo Stato italiano e quelle che, per un motivo o per un altro, ne sono rimaste prive, creando così nuove differenze.

Nel suo complesso la disparità di disciplina non è stata tanto ridotta, ma spostata da un settore a un altro dell'ordinamento giuridico. La storia italiana negli ultimi 35 anni conferma, quindi, l'opportunità di definire un quadro di diritti riconosciuti a tutte le realtà religiose.

Questo punto è stato più volte sottolineato negli ultimi anni dagli esperti delle Nazioni Unite sulla libertà di religione. In differenti rapporti, questi funzionari hanno sottolineato la necessità che la procedura di riconoscimento, o di registrazione delle comunità religiose, sia rapida, trasparente, equa, inclusiva, non discriminatoria, e non metta le comunità religiose, che chiedono il riconoscimento, di fronte ad ostacoli burocratici non necessari o persino a periodi di attesa non calcolabili. Queste istanze sono state accolte in molte leggi sulla libertà di religione in diversi Paesi che stabiliscono condizioni e termini precisi per proporre, accettare o respingere, la richiesta di riconoscimento o di registrazione. Per citare solo un esempio virtuoso di un Paese ai nostri confini, la legge di libertà religiosa della Slovenia prevede che la registrazione possa essere richiesta da cento fedeli di una confessione religiosa che sia presente nel Paese da almeno dieci anni, lo Stato ha 60 giorni di tempo per accettare o respingere la richiesta e, contro il diniego di riconoscimento, è possibile il ricorso per via amministrativa.

A questo punto, però, visti i tempi, si interroga il Governo per sapere se il Governo stesso non ritenga necessario indicare una data certa per espletare gli adempimenti del caso, visto che già il 20 gennaio del 2017, ad una analoga interpellanza, il rappresentante del Governo rispondeva così: la Presidenza del Consiglio dei ministri sta espletando gli adempimenti di competenza necessari al riconoscimento giuridico della Congregazione italiana per la coscienza di Krishna, non essendoci più nulla di ostativo.

 

Risposta

 

Grazie Presidente. Prima di dare la risposta, volevo fare una premessa all'intervento della collega Bonaccorsi, perché è del tutto evidente che la sua illustrazione ha riguardato non solo gli aspetti della richiesta specifica, ma ha posto un tema più generale della questione riguardante la libertà religiosa, e quindi di tutto un procedimento che esula. Lo dico a cappello di questo, per evitare che si dichiari insoddisfatta rispetto al testo, perché il testo risponde a un quesito molto particolare.

Come ricordava l'onorevole Bonaccorsi, insieme all'onorevole Quartapelle Procopio e ad altri deputati che l'hanno sottoscritta, questa interpellanza si riferisce al procedimento di riconoscimento giuridico quale ente di culto della Congregazione italiana per la coscienza di Krishna. Si chiede in particolare al Governo se non ritenga necessario indicare una data certa per l'espletamento degli ultimi adempimenti volti al riconoscimento giuridico della precedente congregazione.

È stato correttamente ricordato che questa questione è stata già oggetto di un precedente atto di sindacato ispettivo a cui il Governo ha risposto in quest'Aula, fornendo una risposta il 20 gennaio scorso. Senza quindi ripercorrere tutte le tappe di questo complesso e articolato procedimento, dell'iter previsto per il riconoscimento giuridico degli enti, in questa sede si rammenta solo che, in una prima fase, l'amministrazione dell'interno, dopo aver acquisito i necessari elementi istruttori, oltre che il parere del Consiglio di Stato, aveva trasmesso il 26 novembre del 2014 lo schema di decreto di riconoscimento alla Presidenza del Consiglio dei ministri per il seguito di competenza. Tuttavia, prima della conclusione del procedimento era stata ravvisata l'opportunità di ulteriori approfondimenti. Nella precedente, infatti, risposta fornita all'onorevole interpellante, cui aveva fatto sopra riferimento, si era dato conto della circostanza che il Ministero dell'interno, concluso il supplemento istruttorio, aveva di nuovo provveduto a trasmettere alla Presidenza del Consiglio dei ministri lo schema del DPR di riconoscimento della personalità giuridica e di approvazione dello statuto della Congregazione italiana per la coscienza di Krishna, completando quindi, per i suoi aspetti di competenza, tutte le fasi procedimentali previste dalla normativa.

Quindi, il provvedimento, a questo punto, è ora veramente alla valutazione della Presidenza del Consiglio dei ministri, ed è in fase di definizione.

 

Replica

La ringrazio sottosegretaria, Amici. No, purtroppo, mi pare di ripercorrere la stessa risposta della precedente interpellanza del gennaio 2017: diede un'analoga risposta.

A questo punto davvero sono passati altri dieci mesi quasi, quindi non si capisce quali siano di fatto le questioni ostative per il riconoscimento; e ciò mi pare che sia abbastanza curioso, perché il riconoscimento in questione non può essere concesso come un privilegio, mi pare, ma a seguito di un iter che mi pare di aver capito essere stato compiuto, e quindi a questo punto ritengo sia necessario avere tale riconoscimento il prima possibile.