11/09/2018
Antonio Viscomi
Annibali
2-00091

  I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:

   la «preferenza di genere» consiste nella possibilità per l'elettore di esprimere uno o due voti di preferenza e, nel caso di espressione di due preferenze, una deve riguardare un candidato di genere maschile e una un candidato di genere femminile della stessa lista, pena l'annullamento della seconda preferenza;

   la sua finalità è, unitamente alle «quote di lista», quella di ottenere un riequilibrio nella rappresentanza politica dei due sessi, in linea con l'articolo 3 e 51, primo comma, nel testo modificato dalla legge costituzionale 30 maggio 2003, n. 1 (Modifica dell'articolo 51 della Costituzione), con l'articolo 117, settimo comma, della Costituzione, nel testo modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) e con i principi di cui all'articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dell'articolo 2 della Carta europea per l'uguaglianza e la parità delle donne e degli uomini nella vita locale;

   la Corte costituzionale sul tema è intervenuta più volte: nella sentenza n. 49 del 2003, ha evidenziato come i vincoli alla formazione delle liste non incidono sul diritto fondamentale del cittadino alla libertà del voto, ma solo sulla formazione delle libere scelte dei partiti e dei gruppi che formano e presentano le liste elettorali; nella sentenza 4/2010 ha sancito la costituzionalità della doppia preferenza perché «non è in alcun modo idonea a prefigurare un risultato elettorale o ad alterare artificiosamente la composizione della rappresentanza consiliare»; nella sentenza 81 del 2012 ha riconosciuto la precettività delle norme in materia di parità di genere;

   la legge 2 luglio 2004, n. 165, in materia di accesso alle candidature per le elezioni dei consigli regionali, così come modificata dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20, prevede per le regioni che «1) qualora la legge elettorale preveda l'espressione di preferenze, in ciascuna lista i candidati siano presenti in modo tale che quelli dello stesso sesso non eccedano il 60 per cento del totale e sia consentita l'espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso, pena l'annullamento delle preferenze successive alla prima»;

   nel 2016 la presenza di donne nei consigli regionali rappresentava circa il 18 per cento del totale e nel 2013 era pari al 13,9 per cento;

   nonostante il quadro normativo, costituzionale e statutario delle regioni sia complessivamente ispirato al principio fondamentale dell'effettiva parità tra i due sessi nella rappresentanza politica, nazionale e regionale, nello spirito dell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione, alcune regioni italiane, nello specifico Calabria, Piemonte, Puglia, Marche, Friuli Venezia Giulia e Valle D'Aosta non hanno ancora adeguato la legge elettorale alle disposizioni di cui alla legge 2 luglio 2004, n. 165, così come modificata dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20, inserendo gli strumenti di riequilibrio di genere ivi previsti –:

   quali iniziative, per quanto di competenza e in collaborazione con le regioni, il Governo intenda assumere in ordine al pieno rispetto delle normative vigenti con riguardo alla mancata attuazione delle disposizioni di cui alla legge 2 luglio 2004, n. 165, così come modificata dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20;

   se il Governo non intenda, a tal fine, valutare se sussistano i presupposti per attuare la procedura di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, esercitando i propri poteri sostitutivi e assegnando alle regioni un termine per adottare i provvedimenti dovuti e necessari.