27/02/2023
Debora Serracchiani
Bonafè, De Luca, Provenzano, Casu, De Maria, Ferrari, Fornaro, Ghio, Toni Ricciardi, Roggiani, Gianassi, Lacarra, Zan
2-00082

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:

   il decreto-legge del 28 gennaio 2019, n. 4, al Capo I – Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza – articoli da 1 a 13, istituiva e disciplinava il reddito di cittadinanza;

   in particolare con l'articolo 7 il decreto introduceva alcune fattispecie incriminatrici, prevedendo che salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il reddito, renda o utilizzi dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero ometta informazioni dovute, sia punito con la reclusione da due a sei anni, nonché che l'omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attività irregolari, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all'articolo 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11, sia punita con la reclusione da uno a tre anni;

   la legge di bilancio per il 2023, legge n. 197 del 29 dicembre 2022, con l'articolo 1, comma 318, ha previsto l'abrogazione degli articoli da 1 a 13 del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, a decorrere dal 1o gennaio 2024;

   l'abrogazione dell'articolo 7 del decreto n. 4 del 2019 configura quella che tecnicamente è una abolitio criminis, contemplata dall'articolo 2 del codice penale, secondo comma, che si verifica allorché un fatto, costituente reato secondo la legge vigente nel momento in cui esso si verifica, cessa di esserlo in forza di una legge successiva per abrogazione totale o parziale;

   dunque conseguenza della abolitio criminis è la non punibilità di coloro che abbiano commesso fatti che, secondo le previsioni della nuova legge, non costituiscono più reato, ove la pena sia già stata inflitta ne cesserà l'esecuzione, così come ogni altro effetto penale della condanna;

   l'articolo 2, comma 2, del codice penale, prevede infatti che «Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali», e, coerentemente, l'articolo 673 del codice di procedura penale prevede che il giudice dell'esecuzione revochi la sentenza di condanna o il decreto penale per abolizione del reato nel caso di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice;

   la abolitio criminis contenuta nella norma introdotta dalla legge di bilancio ha come portato che tutti i reati che verranno commessi da ora fino al 31 dicembre 2023 nonché quelli già commessi non saranno punibili –:

   se il Ministro non ritenga di doversi immediatamente attivare al fine di verificare l'effettivo impatto della abolitio criminis contenuta nella legge di bilancio per il 2023 in relazione ai reati connessi alla disciplina di cui al decreto-legge del 28 gennaio 2019, n. 4, nonché se non ritenga di dovere fornire puntuali elementi su quante sentenze di condanna definitiva di soggetti già condannati per i suddetti reati sarebbero destinate a essere revocate, anche basandosi sull'esame del casellario giudiziale, nonché quante denunce siano pendenti dalla data di abrogazione della norma.