18/02/2021
Andrea De Maria
INCERTI, FASSINO, QUARTAPELLE PROCOPIO, BERLINGHIERI, LA MARCA, BOLDRINI e SCHIRÒ.
3-02057

Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   in queste ore ci giungono notizie drammatiche dal Myanmar. La macchina del colpo di Stato che si è messa in moto il 1o febbraio 2021, poche ore prima dell'insediamento del nuovo Parlamento, nato dalle elezioni politiche dell'8 novembre 2020, sta opprimendo il popolo birmano e lo Stato di diritto. Si registrano molti arresti, incarcerazioni di massa, ordine alle forze armate di sparare sui manifestanti, oscuramento di internet, interruzioni della telefonia;

   la pandemia rischia di precipitare fuori da ogni controllo;

   in quel Paese sta crescendo la disobbedienza civile: nei servizi, negli apparati ministeriali, nella vita quotidiana. Giunge inoltre notizia di atti di obiezione di coscienza all'interno della polizia e dell'esercito;

   confinati in questi giorni, adesso numerosi parlamentari vengono arrestati;

   se il Governo intenda mettere in atto ulteriori iniziative di competenza, di concerto con l'Unione europea e gli alleati internazionali dell'Italia, per richiedere il pieno ripristino delle libertà democratiche in Myammar e la liberazione di Aung San Suu Kyi e di tutti gli arrestati.

 

Seduta del 16 marzo 2021

RIsposta del Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale Benedetto Della Vedova, replica di Andrea De Maria

BENEDETTO DELLA VEDOVA, Sottosegretario di Stato per gli Affari esteri e la cooperazione internazionale. Grazie, signor Presidente. Onorevoli interroganti, l'Italia ha condannato con forza il colpo di Stato in Myanmar del 1° febbraio fin dal primo giorno. La Farnesina è subito intervenuta con un comunicato di ferma condanna dell'ondata di arresti, chiedendo l'immediato rilascio di Aung San Suu Kyi e dei leader politici detenuti, nonché la garanzia del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Il nostro Paese ha poi lavorato di concerto con i partner dell'Unione europea del G7, contribuendo all'adozione di una dichiarazione UE a 27 (il 2 febbraio) e due comunicati di condanna del G7 (il 3 e il 23 febbraio). L'azione italiana a difesa dei diritti umani nel Paese si è particolarmente profilata anche nel Consiglio Diritti umani delle Nazioni Unite, di cui siamo al momento membri, con la richiesta di convocazione da parte dell'Unione europea, del Regno Unito e di altri Paesi like-minded di una sessione speciale al cui esito, il 12 febbraio, è stata adottata per consenso una risoluzione in cui si deplorano gli sviluppi nel Paese, la deposizione dell'Esecutivo eletto e la sospensione dei mandati parlamentari e si richiede con forza il rilascio immediato e senza condizioni di quanti sono arbitrariamente detenuti e la cessazione dello stato di emergenza. Intervenendo il 24 febbraio in occasione del segmento di alto livello della quarantesima ossessione del Comitato Diritti umani, il Ministro Di Maio ha inoltre ribadito la ferma condanna del recente colpo di Stato in Myanmar. Il Ministro ha esortato il regime militare ad astenersi da ulteriori violenze, a ripristinare il rispetto dei principi democratici e dello stato di diritto e a garantire i diritti umani e le libertà fondamentali. L'Italia ha anche partecipato al dialogo interattivo con il Relatore speciale ONU per il Myanmar il 12 marzo per condannare il colpo di Stato. Sempre nella sessione del Comitato Diritti umani attualmente in corso si sta al momento negoziando un'ulteriore risoluzione presentata dall'Unione europea sulla situazione dei diritti umani nel Paese. Il Ministro Di Maio ha inoltre partecipato al Consiglio Affari esteri dell'Unione europea del 22 febbraio, che ha adottato delle conclusioni volte al varo di misure restrittive individuali nei confronti dei responsabili del colpo di Stato e delle entità economiche ad essi collegate. L'attenzione dei principali fori internazionali, cui l'Italia partecipa è dunque massima. Sul piano bilaterale, il 1° marzo la Farnesina ha convocato formalmente l'ambasciatrice birmana in Italia per stigmatizzare i crescenti episodi di violenza a danno delle legittime aspirazioni del popolo birmano, per contestare l'annullamento delle elezioni e per chiedere la liberazione di Aung San Suu Kyi e di tutti quelli ingiustamente detenuti. L'Italia ha inoltre sospeso, in linea con gli altri partner dell'Unione Europea, tutti gli adempimenti di competenza della cooperazione allo sviluppo italiana relativi ad iniziative che vedono un coinvolgimento diretto delle autorità birmane centrali e locali, sia finanziate a dono, sia attraverso crediti d'aiuto.

In conclusione, continueremo a seguire con la massima attenzione gli sviluppi della crisi. Le violenze contro la popolazione civile, che lotta per il futuro democratico del proprio Paese, si sono intensificate negli ultimi giorni e suscitano profonda preoccupazione. Alla luce dell'acuirsi della brutale repressione avvenuta nel corso del fine settimana, abbiamo reiterato la richiesta di un'immediata fine delle brutali violenze e di scarcerare tutti coloro che sono stati ingiustamente arrestati.

L'Italia resta pronta a valutare ulteriori misure in sede europea, fermo restando l'obiettivo principale di risparmiare ulteriori sofferenze alla popolazione civile e di colpire, invece, chi, a quella popolazione, sta rubando la libertà e il futuro.

 

ANDREA DE MARIA: Grazie, Presidente. Sì, sono soddisfatto; ritengo molto importante che il Governo abbia confermato qui l'impegno dell'Italia nel condannare il colpo di Stato e per chiedere il ripristino delle libertà democratiche e il rilascio degli arrestati. Come sappiamo, tra gli arrestati c'è Aung San Suu Kyi e ci sono molti parlamentari democraticamente eletti nelle elezioni dello scorso 8 novembre 2020 che avrebbero dovuto insediarsi il 1° febbraio del 2021. In quelle elezioni, la Lega Nazionale per la Democrazia, il partito guidato da Aung San Suu Kyi aveva conquistato l'83,6 per cento dei seggi, mentre il partito USDP, che è il partito più vicino alle posizioni dei militari, aveva avuto una netta sconfitta elettorale. I militari, per giustificare il loro colpo di Stato, avevano invocato irregolarità nel processo elettorale, senza alcuna prova. Ricordo che, invece, la commissione elettorale dell'Unione aveva certificato la correttezza delle elezioni, respingendo diversi ricorsi. Dopo il colpo di Stato, l'ha ricordato molto bene il sottosegretario, c'è stato un movimento popolare non violento per chiedere il ripristino delle libertà democratiche ed è in corso una brutale repressione con decine di vittime e centinaia di arresti. Peraltro la storia della Birmania, del Myanmar, è stata segnata da lunghi decenni di dittatura militare e da una transizione democratica sempre fortemente caratterizzata dal peso delle Forze armate, in particolare dei vertici delle Forze armate, anche nel loro controllo su settori del sistema economico.

Nel 2011 si era aperto un processo di transizione democratica; a capo di questo processo c'era appunto Aung San Suu Kyi che, lo ricordiamo, nel 2012 ricevette per questo il premio Nobel per la pace. Dal 2015 al 2021, in sette anni di governo della Lega Nazionale per la Democrazia, in questo equilibrio complesso con il ruolo dei militari, sono stati liberati prigionieri politici, abolita la censura, rotto l'isolamento internazionale di quel Paese e anche promosso un patto federativo tra le nazionalità della Birmania, riconoscendo il carattere plurinazionale e plurireligioso di quel Paese. Certo, con la contraddizione della brutale repressione dei rohingya, di cui si è parlato anche in quest'Aula, arrivando a ragionare di un vero e proprio genocidio, a cui il Governo non ha avuto forse la forza di opporsi fino in fondo e che però ha visto Aung San Suu Kyi condannare gli eccessi dei militari e anche insediare una Commissione d'inchiesta; certamente è una repressione che i militari hanno utilizzato per indebolire la credibilità internazionale del Governo democratico e per cavalcare, anche, sentimenti di intolleranza nella società birmana.

Voglio ricordare che alla Commissione esteri della Camera - e voglio ringraziare per questo in particolare il presidente Piero Fassino - è stata votata una risoluzione all'unanimità, quindi col sostegno di tutti i gruppi parlamentari, che accanto alla condanna del golpe e alla richiesta del rilascio degli arrestati mette in campo la proposta di una serie di misure, che è stata anche qui ricordata dal Governo, volta a esercitare il massimo di pressione possibile contro chi ha esercitato questo golpe antidemocratico - quindi, per esempio, anche rispetto all'idea di non dare corso a misure di annullamento del debito e a far sì che gli aiuti alla popolazione passino attraverso canali alternativi a quelli governativi - e, poi, per richiedere il pieno accesso, in Birmania, agli osservatori umanitari internazionali, all'Inviato speciale del Segretario generale dell'ONU e ai rappresentanti delle ONG.

Mi pare che anche oggi il Governo si dimostri in grande sintonia con questo orientamento condiviso da tutti i gruppi parlamentari, anche in sede di Commissione esteri; è importante che l'Italia faccia sentire la sua voce in sede di Unione europea, per un'iniziativa congiunta nelle sedi internazionali e anche con una propria iniziativa sul piano dei rapporti bilaterali. Lo dobbiamo ai valori in cui crediamo, ai valori di libertà, democrazia e rispetto dei diritti umani che sono sanciti dalla nostra Costituzione, lo dobbiamo a una tradizione di solidarietà con la lotta democratica del popolo birmano che ha caratterizzato il nostro Paese e lo dobbiamo al fatto che, certamente, parliamo di uno Stato di grande importanza in una zona strategica del mondo e, quindi, parliamo anche degli interessi internazionali della nostra iniziativa diplomatica