12/07/2022
Nicola Pellicani
Benamati, Braga, Bonomo, Buratti, D'Elia, Ciagà, Gavino Manca, Morassut, Nardi, Morgoni, Soverini, Pezzopane, Zardini, Rotta
1-00693

La Camera,

   premesso che:

    come riferito dal Ministro Cingolani nel corso dell'informativa urgente del Governo sulle ulteriori iniziative per contrastare l'aumento dei costi dell'energia svolta alla Camera dei deputati il 3 maggio 2022, «il mix energetico attuale vede, in Italia, il 36 per cento della nostra energia prodotta da gas, il 33 per cento da olio, il 22 per cento da rinnovabili (ovviamente non si tratta solo di elettricità, si comprendono anche i biocarburanti e altre cose, quindi sono misure integrate), un import elettrico di qualche punto percentuale e carbone e altri combustibili intorno al 4 per cento, perché il phase-out è iniziato in maniera decisa. Questi sono valori calcolati su equivalenti elettrici che danno circa poco meno di 2.000 terawattora di energia totale per il nostro Paese»;

    la crisi energetica che si sta vivendo, legata anche alla guerra in Ucraina, ha prepotentemente messo in evidenza le criticità derivanti da quel 36 per cento di energia totale del nostro Paese che deriva dal gas importato, di cui il 40 per cento viene da un unico fornitore e cioè la Russia;

    è evidente, quindi, che accanto a misure emergenziali per affrontare la crisi contingente occorre, strategicamente, continuare a puntare sul phase out dalle fonti fossili attraverso un'accelerazione ancora più decisa dello sviluppo delle fonti rinnovabili che sia in grado di ridurre la domanda complessiva di gas;

    l'Italia si è dotata di una Strategia energetica nazionale (Sen) prima, e di un Piano nazionale integrato energia e clima poi, che in sostanziale continuità di struttura vanno a definire i futuri scenari energetici nazionali sulla base delle scelte compiute nel passato, degli impegni europei – definiti dai vari pacchetti energia – e di quelli mondiali assunti con gli accordi per il clima nelle diverse Climate Change Conference (Cop) dell'Onu;

    in maniera schematica il processo verso la decarbonizzazione dell'economia e dei sistemi energetici si può suddividere in due parti. Una prima intermedia e transitoria, che dura sino a circa il 2030, seguita poi da un secondo periodo di lavoro più incisivo che arriverà sino al 2050 per raggiungere «net zero» e decarbonizzazione totale di molti sistemi. In questo senso, nella fase intermedia è previsto che il nostro sistema energetico si regga sulle energie rinnovabili e sull'uso del gas, quali elementi di tenuta e bilanciamento della rete per la natura intermittente di quelle fonti. Ciò avendo anche previsto la fuoriuscita dal carbone in tempi ragionevolmente brevi;

    questi obiettivi comportano un notevole apporto delle Fer nel mix energetico primario complessivo;

    il phase out dalle fonti fossili potrà e dovrà subire un'accelerazione, sia per evidenti impatti sul clima, sia anche in considerazione della situazione di guerra in Ucraina, che rende sempre più necessaria ridurre la nostra dipendenza dall'estero. Occorre, infatti, puntare ancora più fermamente su misure di semplificazione nell'installazione e misure che portino alla diffusione dei contratti di fornitura a lungo termine, cosa che aiuterà nell'installazione di questi impianti e aiuterà nel contenimento dei costi per cittadini ed imprese;

    la transizione verso un'economia sostenibile comporta anche la necessità di investimenti in ricerca e sviluppo per incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili attraverso lo sviluppo di tecnologie avanzate, favorendo quanto più possibile nuove forme di utilizzo (ad esempio aggregazioni/comunità energetiche);

    in tale contesto riveste un ruolo di primaria importanza la destinazione di adeguate risorse al sistema della ricerca pubblica per sviluppare e diffondere tecnologie rinnovabili economicamente efficaci per la generazione di energia;

    il 2 febbraio 2022 la Commissione europea ha presentato un atto delegato complementare «Clima» della tassonomia, che riguarda determinate attività del settore del gas e del nucleare alla luce degli obiettivi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici. La tassonomia dell'Unione europea e intesa a guidare gli investimenti privati verso le attività necessarie a tal fine;

    in particolare, l'atto delegato complementare «Clima» introduce nella tassonomia dell'Unione europea altre attività economiche del settore energetico. Il testo stabilisce condizioni chiare e rigorose, a norma dell'articolo 10, paragrafo 2, del regolamento tassonomia, alle quali è possibile aggiungere, come attività transitorie, alcune attività nucleari e del gas a quelle già presenti nel primo atto delegato sulla mitigazione e sull'adattamento ai cambiamenti climatici, applicabile dal 1° gennaio 2022;

    si ricorda che la classificazione della tassonomia non determina se una data tecnologia rientrerà o meno nel mix energetico degli Stati membri;

    l'Italia si è già espressa due volte contro il nucleare a seguito dei referendum abrogativi, l'ultimo dei quali nel 2011;

    sul nucleare, la ricerca studia da anni i reattori a fissione di IV generazione e i reattori a fusione. Entrambe queste tecnologie, seppur con diverso grado, hanno aspetti ambientali migliori rispetto alle tecnologie odierne eliminando, nel caso della fusione, o riducendolo, nel caso della IV generazione, il problema delle scorie radioattive;

    si tratta di tecnologie assai diverse che operano sulla base di principi e processi differenti (l'obiettivo è lo stesso: produrre energia elettrica);

    nel caso della «fusione nucleare» per studiare questo processo, la fisica dei plasmi, la loro stabilità e le tecnologie necessarie per lo sviluppo ed il mantenimento di plasmi stessi, è in corso di costruzione in Francia il reattore sperimentale Iter con il sostegno di un ampio consorzio internazionale (Cina, Unione europea, India, Giappone, Corea del Sud, Russia e Stati Uniti);

    in parallelo, negli Stati Uniti, presso il Massachusetts Institute of Technology, è in corso l'esperienza Sparc che coinvolge attivamente molte realtà italiane;

    l'orizzonte temporale per il possibile utilizzo in rete, valutato sulla base dello sviluppo di Iter, può essere collocato, ad oggi, non prima del 2060;

    la «fusione nucleare» mostra importanti particolarità dal punto di vista della sicurezza ed in ottica ambientale, se si considera l'aspetto delle scorie nucleari che sarebbero praticamente eliminate;

    nel caso della «fissione» di IV generazione, si è invece in presenza di una evoluzione dei reattori ad oggi in operazione, da cui si distinguono per diversi fattori fra cui l'energia dei neutroni impiegati che può consentire un ciclo del combustibile molto differente dai reattori attuali;

    l'orizzonte temporale per il possibile utilizzo della quarta generazione può essere, ad oggi, collocato attorno agli anni quaranta del secolo, ma con punti ancora non del tutto risolti – ed è oggetto di dibattito – della completa eliminazione delle scorie radioattive e sul tema della sicurezza con, rispetto a questo, la possibilità di ridurre la taglia dei reattori, andando verso unità di dimensioni più contenute (Small Modular Reactor) in modo da favorire la mitigazione del rischio;

    la natura delle scorie prodotte nei reattori di quarta generazione riduce drasticamente il problema dei tempi di confinamento rispetto a quelli geologici, che caratterizzano gli attuali reattori, pur tuttavia non lo eliminano;

    è bene ricordare, anche, che ad oggi non è stato risolto definitivamente il problema della produzione e del conseguente stoccaggio geologico definitivo dei rifiuti ad alta radioattività sin ora prodotti;

    a tal proposito, occorre porre un'attenzione adeguata e accelerare il programma di definizione del sito unico per i rifiuti nucleari, sia per quel che riguarda il programma già avviato dal Ministero della transizione ecologica tramite Sogin per i rifiuti a bassa intensità, il cui percorso è in atto, sia per quel che riguarda la definizione del sito (geologico), anche di intesa con altri Paesi europei, per i rifiuti ad alta intensità, quelli delle centrali, per i quali lo Stato italiano ha versato nel tempo alla Francia ed alla Gran Bretagna importanti risorse per la loro gestione, non avendo ancora definito un sito di deposito; recentemente, inoltre, la Commissione europea ha deciso di inviare un parere motivato, il secondo passaggio della procedura d'infrazione, all'Italia, per l'adozione di programmi nazionali di gestione dei rifiuti radioattivi non interamente conformi alla direttiva sul combustibile esaurito e sui rifiuti radioattivi;

    ulteriore attenzione va comunque posta alle possibili relazioni – dual-use, militare e civile – tra lo sviluppo ulteriore della fissione nucleare con i programmi di proliferazione militare;

    sulle nuove tecnologie collegate al nucleare del futuro l'Italia ha oggi un indiscusso ruolo di primo piano, lo ha per la fusione, con la partecipazione importante ad Iter e ad Euro Fusion, con la partecipazione del Dtt (Divertor Tokamak Test Facility) e con le grandi competenze nei sistemi di gestione del trizio e di asportazione del calore nei sistemi a piombo-litio maturate degli enti di ricerca e dell'industria nazionale;

    lo ha anche, però, nella IV generazione a fissione nella versione refrigerata piombo, dove l'industria nazionale è leader indiscussa a livello europeo nella progettazione e sviluppo tecnologico di questi reattori;

    sviluppo che già oggi vede aziende pubbliche e private lavorare in diversi Paesi europei (ad esempio, Romania e Regno Unito) per dimostrare la fattibilità tecnica di questi reattori;

    la rilevanza dell'impegno nazionale, pubblico e privato, e le consistenti capacità scientifiche e tecnologiche in questi settori, evidenziate da questi sviluppi, costituiscono importanti opportunità industriali per il futuro del Paese;

    come già indicato è bene ricordare che la Sen ed il Pniec poi, hanno confermato una struttura del sistema energetico nazionale basata su Fer e gas – quale elemento di transizione – unitamente a significative azioni di risparmio energetico;

    in tale contesto, investitori privati e pubblici stanno mettendo in campo uno sforzo significativo in termini di nuovi impianti (solo per la Fer più di 70 gigawatt prima del 2030 con una produzione di più di 100 TWh), di ristrutturazione delle reti elettrica e del gas, di azioni di risparmio energetico, con investimenti facilmente quantificabili per più di 120-130 miliardi di euro, che saranno utilizzabili per i prossimi 20-30 anni e costituiranno l'ossatura del nostro sistema energetico nel processo di decarbonizzazione,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di considerare i programmi di ricerca e sviluppo dei sistemi a fusione e a fissione, del tipo quarta generazione, per consentire al Paese di mantenere le posizioni avanzate e di leadership conquistate nel settore, tenendo conto delle seguenti esigenze:

  a) assicurare un impegno prioritario a sostenere lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie di fonti rinnovabili, e la diversificazione delle fonti gas attualmente in uso, nell'ottica dell'autonomia energetica del Paese e per il raggiungimento dei target di neutralità climatica nei tempi stabiliti e concordati a livello europeo;

  b) dare impulso al programma già avviato per la individuazione di un sito unico per i rifiuti nucleari sia di intensità bassa e media sia, in fase intermedia, per gli stessi rifiuti ad alta intensità, al fine di favorire la messa in sicurezza dei territori e di ottemperare alle direttive europee, interrompendo la procedura d'infrazione attualmente in atto, con i relativi costi, aggravati dagli oneri versati ad altri Paesi che attendono di poter restituire il materiale riprocessato delle nostre centrali dismesse;

  c) valutare, nel corso dei programmi di ricerca e sviluppo in particolare sulla fissione di IV generazione, i rischi legati al possibile «dual use» militare e civile, dello sviluppo ulteriore della fissione e della compatibilità con i trattati di non proliferazione.