14/12/2022
Debora Serracchiani
Richetti, Onori, Fratoianni, Della Vedova, Quartapelle Procopio, Provenzano, Gribaudo, Merola, Amendola, Carè, Toni Ricciardi, De Luca, Amato, Forattini, Ghirra, Ferrari, Ubaldo Pagano, Braga, Quartini, Berruto, Mari, Andrea Rossi, Bonafè, Barzotti, Boldrini, Ascani, Fassino, Malavasi, Fossi
1-00036

La Camera,

   premesso che:

    il 16 settembre 2022, la ventiduenne iraniana di origini curde, Mahsa Jina Amini, è stata arrestata a Teheran dalla polizia «morale» iraniana, unità di polizia responsabile del controllo e degli arresti nei casi di violazione del codice di abbigliamento per le donne, per presunta inosservanza della legge sull'obbligo del velo. La ragazza, come denunciato dalla famiglia, è deceduta dopo tre giorni di coma a seguito delle violente percosse subite;

    le autorità iraniane hanno sostenuto che Mahsa Jina Amini sia deceduta per cause naturali e, non è stata dunque condotta un'indagine adeguata, le autorità, inoltre, si sono rifiutate di fornire alla famiglia della vittima la sua cartella clinica e il suo reperto autoptico. A quanto detto si aggiunga che il Capo della Polizia, generale Hossein Rahimi, ha respinto ogni accusa e definito quanto accaduto a Mahsa Amini «uno sfortunato incidente» in seguito al quale sarebbe sopraggiunto un infarto che sarebbe unica causa della morte della giovane, dimostrando di voler ignorare gli evidenti segni di violenza presenti sul corpo;

    a seguito della morte di Mahsa Amini, in più di 200 città iraniane si è sollevata una serie di proteste, inizialmente particolarmente intense nell'Iran nordoccidentale, dove vivono molti membri della minoranza curda del paese. Le donne hanno avuto un ruolo di primo piano in queste proteste, che hanno visto attivarsi inizialmente gli storici movimenti contro le discriminazioni di genere e successivamente un'ampia parte della popolazione. Moltissimi uomini e donne hanno riempito pacificamente le piazze, le università, le scuole oltre che diversi impianti produttivi, uniti sotto lo slogan «donna, vita, libertà»; numerosissimi gli atti dimostrativi di donne iraniane che hanno deciso di togliersi pubblicamente il velo mettendo a repentaglio la propria incolumità;

    la repressione attuata dalle forze di polizia è stata durissima e, secondo quanto riportato da notizie di stampa iraniane, ci sarebbero stati finora oltre 550 vittime e 30.000 arresti;

    come emerge anche dall'ultimo rapporto del relatore speciale sulla situazione dei diritti umani in Iran, le migliaia di persone arrestate nelle carceri iraniane a seguito delle proteste, fra le quali anche numerosi cittadini europei ed occidentali, subiscono condizioni di detenzione inumane, sono soggetti a torture e rischiano di essere condannati addirittura alla pena capitale, in esito a procedimenti giudiziari sommari svolti in assenza delle più elementari garanzie processuali a tutela del diritto alla difesa;

    l'hijab è obbligatorio per le donne in Iran dal 1983, quattro anni dopo la rivoluzione islamica di Khomeini e negli ultimi mesi l'esecutivo guidato dal Presidente conservatore Raisi ha inasprito la sorveglianza e le punizioni: decine di donne, infatti, sono state arrestate e accusate di non indossare correttamente il velo di indossare abiti in «modi contrari alla morale»;

    la stretta sulle libertà femminili si accompagna a un'ondata di repressione del dissenso politico e culturale che ha portato all'arresto di politici di opposizione, come il noto riformista Mostafa Tajzadeh, o di uomini di cultura come i registi Mohammad Rasoulof, Jafar Panahi e Mostafa Al-Ahmad, con l'accusa di fare propaganda contro lo Stato;

    le attiviste iraniane Zahra Sedighi Hamedani, 31 anni, ed Elham Chubdar, 24 anni, impegnate nella difesa dei diritti LGBTQI, sono state condannate a morte dal tribunale rivoluzionario di Urmia con l'accusa di «corruzione sulla Terra» attraverso la promozione dell'omosessualità, sono state condannate per motivi discriminatori legati al loro orientamento sessuale e alla loro identità di genere reali o percepiti, al loro pacifico attivismo per i diritti delle persone LGBTQI, anche sui social media, e alla loro associazione con i richiedenti asilo LGBTQI in Iraq; Soheila Ashrafi, una terza attivista LGBTQI di 52 anni attualmente detenuta nella prigione centrale di Urmia insieme a Sedighi Hamedani e Chubdar, è in attesa di una sentenza per accuse analoghe;

    da decenni, in Iran donne e uomini lottano con incrollabile determinazione per ripristinare libertà e democrazia, represse dal regime teocratico, che esercita il potere contro le opposizioni con violenza e violando sistematicamente i diritti civili fondamentali;

    i movimenti di resistenza iraniani chiedono il riconoscimento dei diritti individuali e sociali ricompresi nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo: la libertà di pensiero, di parola, di stampa; la libertà di organizzarsi politicamente; il divieto di tortura e l'abolizione della pena di morte;

    il regime iraniano viola costantemente il disposto dell'articolo 2 della Dichiarazione universale dei diritti umani in base al quale «ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione.»;

    i predetti movimenti di resistenza chiedono, inoltre, il superamento del sistema normativo attuale, che ha di fatto istituzionalizzato la discriminazione sessuale, con la conseguente compressione di tutti i fondamentali diritti civili delle donne;

    secondo il rapporto Amnesty International del 2019 e dunque antecedente alle attuali proteste «le donne hanno continuato ad affrontare una radicata discriminazione sia nell'ambito del diritto di famiglia sia del codice penale, in relazione a questioni come matrimonio, divorzio, impiego, eredità e assunzione di cariche politiche». Le autorità non hanno ancora inserito nel codice penale il reato di violenza contro donne, compresa la violenza domestica e i matrimoni precoci e forzati, che sono rimasti una pratica diffusa. (...) Le autorità hanno intensificato il loro giro di vite nei confronti di attiviste per i diritti delle donne impegnate in campagne contro la legge discriminatoria che prevedeva l'obbligatorietà del velo, condannandone alcune a pene detentive e alla fustigazione per accuse come «promozione e favoreggiamento della corruzione e della prostituzione» e per avere incoraggiato lo «svelamento»;

    le molestie e la violenza contro le donne da parte della polizia «morale» sono aumentate dall'inizio del mandato del Presidente Ebrahim Raisi nel 2021 in quanto l'attuale Governo iraniano ha favorito l'adozione di leggi e progetti di legge volti a inasprire ulteriormente la condizione femminile nel Paese;

    il 6 novembre 2022, 227 deputati sui 290 che compongono il Parlamento iraniano hanno sottoscritto un documento in cui si invoca la pena di morte per chi osa manifestare contro il regime e sono già due le condanne alla pena capitale comminate nei giorni scorsi dal Tribunale di Teheran contro persone che hanno partecipato alle proteste;

    secondo tutti i report delle organizzazioni umanitarie l'Iran ha il più alto numero di esecuzioni rapportato alla popolazione, ed è in testa alle classifiche mondiali anche per quanto riguarda le esecuzioni di donne e minori;

    le agenzie che si occupano di diritti umani all'interno delle Nazioni unite hanno costantemente chiesto all'Iran di abolire la pena di morte, in particolare per i minorenni. Tuttavia, occorre evidenziare come i relatori speciali delle Nazioni unite non abbiano mai avuto il permesso dalle autorità iraniane di visitare le carceri, e in molti casi nemmeno di entrare in Iran;

    sono numerosi i Paesi europei e occidentali che hanno espresso una ferma condanna sulla feroce repressione in corso in Iran e solidarietà con le donne e gli uomini iraniani che manifestano contro il sistema di oppressione della dittatura teologica;

    Josep Borrell, Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha dichiarato che «l'Ue condanna fermamente l'inaccettabile repressione violenta dei manifestanti. Siamo al fianco del popolo iraniano e sosteniamo il suo diritto di protestare pacificamente e di esprimere liberamente le proprie rivendicazioni e opinioni. Oggi imponiamo ulteriori sanzioni ai responsabili della repressione dei dimostranti iraniani»;

    dal 2011 l'Ue ha adottato misure restrittive – prorogate su base annua – connesse con violazioni dei diritti umani, tra cui: il congelamento dei beni e il divieto di visto per le persone ed entità responsabili di gravi violazioni dei diritti umani; il divieto di esportazione verso l'Iran di attrezzature che possono essere utilizzate per la repressione interna e di attrezzature per la sorveglianza delle telecomunicazioni;

    il 17 ottobre 2022, il Consiglio europeo ha aggiunto all'elenco delle persone ed entità oggetto di misure restrittive nel contesto dell'attuale regime di sanzioni in materia di diritti umani in Iran undici persone e quattro entità in considerazione del loro ruolo nella morte di Mahsa Amini e nella risposta violenta alle recenti manifestazioni nel paese;

    il 14 novembre 2022, il Consiglio europeo ha aggiunto all'elenco delle persone ed entità oggetto di misure restrittive nel contesto dell'attuale regime di sanzioni in materia di diritti umani in Iran altre 29 persone e 4 entità. L'elenco delle persone ed entità oggetto di misure restrittive dell'Ue nel contesto dell'attuale regime di sanzioni in materia di diritti umani in Iran comprende ora un totale di 126 persone e 11 entità;

    il 24 novembre 2022 per la prima volta nella storia dei rapporti tra le Nazioni unite e la Repubblica islamica dell'Iran, il Consiglio per i diritti umani dell'Onu, riunito in una sessione d'emergenza sull'Iran a Ginevra, ha approvato a larga maggioranza l'avvio di una indagine internazionale indipendente sulla repressione delle proteste in corso nel Paese da parte del regime,

impegna il Governo:

1) ad attivarsi, in sede bilaterale con la Repubblica islamica dell'Iran e nei consessi internazionali, per chiedere l'immediata sospensione di tutte le condanne a morte emesse nei confronti dei partecipanti alle proteste a seguito della morte di Mahsa Amini e a condannare con la massima fermezza la sua morte e quella delle tante e dei tanti manifestanti inermi in Iran e l'adozione di misure di repressione e di detenzione contrarie alla normativa internazionale in materia di diritti;

2) ad adottare le iniziative di competenza presso le autorità iraniane per porre immediatamente fine alla repressione violenta nei confronti dei manifestanti pacifici e al rilascio immediato e incondizionato, ritirando ogni accusa nei loro confronti:

3) a sostenere l'iniziativa promossa dal Consiglio per i diritti umani dell'Onu in merito all'avvio di una indagine internazionale indipendente sulla repressione delle proteste;

4) ad intensificare ogni attività diplomatica, anche tramite l'ambasciata italiana a Teheran, sul fronte dei diritti umani e delle iniziative di solidarietà con i manifestanti e per chiedere il rispetto di adeguate condizioni di detenzione nelle carceri;

5) a condannare la discriminazione sistematica attuata dalla Repubblica islamica dell'Iran contro le donne attraverso leggi e normative che ne limitano gravemente le libertà e i diritti, tra cui la legge sull'obbligo dell'hijab e la sua applicazione violenta, le severe restrizioni alla salute sessuale e riproduttiva delle donne e ai relativi diritti nonché le violazioni dei diritti politici, sociali, economici, culturali e personali delle donne;

6) a ribadire la ferma condanna del costante deterioramento della situazione dei diritti umani in Iran, anche e in particolare per quanto concerne le persone appartenenti a minoranze etniche e religiose, compresi i curdi, i baluchi, gli arabi e le minoranze religiose non sciite e non musulmane, compresi i baha'i e i cristiani;

7) a condannare tutte le forme di discriminazione contro le persone LGBTQI, e ad attivarsi per il rilascio immediato di tutte le persone incarcerate per il loro orientamento sessuale;

8) a deplorare l'uso sistematico della tortura nelle prigioni iraniane oltre che il crescente ricorso alla pena di morte e a chiedere l'immediata cessazione di ogni forma di tortura e maltrattamento ai danni di tutte le detenute e tutti i detenuti;

9) a sostenere, nel quadro della politica di azione esterna dell'Unione europea, la definizione e l'applicazione di misure sanzionatorie nei confronti dei responsabili di violazioni dei diritti umani in Iran.