Discussione generale
Data: 
Giovedì, 22 Dicembre, 2022
Nome: 
Irene Manzi

A.C. 643-bis-A

Signor Presidente, vorrei iniziare questo mio intervento con due frasi, due dichiarazioni: “Basta, sono indegna” e “In classe non respiro”. Sono le parole di Beatrice, di Eleonora, di Polly, ragazze e ragazzi che con le loro parole recentemente riportate in un'inchiesta pubblicata dal quotidiano la Repubblica testimoniano il disagio profondo che gli studenti e le studentesse stanno vivendo all'interno della scuola, dopo i tre difficili e complessi anni di pandemia. Crisi di panico, manifestazioni di aggressività e di inadeguatezza sono segni evidenti di una fragilità che attraversa i ceti sociali e le famiglie. I docenti raccontano che crescono le diagnosi di ansia sociale, un'ansia da prestazione tra pari che, a chiusura dello scorso anno scolastico, ha portato 74 mila studenti ad essere bocciati, 67 mila solo alle superiori. Li definiscono “non scrutinabili” e sono stati bocciati non per scarso profitto, ma perché avevano troppe assenze, non potevano essere giudicati.

C'è un sovraccarico cognitivo in questo momento, un'emergenza vera e propria che crea frustrazione, sfiducia e demotivazione tra i ragazzi; è un fenomeno che richiederebbe maggiori investimenti in istruzione, in cultura e, invece, il Governo cosa fa? Di fronte a un'emergenza come questa, il Governo taglia i fondi all'istruzione e interviene proprio su 18app, festeggiando addirittura con spirito ideologico la riscrittura e l'abolizione di quella misura, che è nata alcuni anni fa dopo la strage del Bataclan, dopo quell'orrore portato da giovani contro altri giovani. Allora, si disse che l'investimento in cultura dovesse essere lo strumento per ovviare all'insicurezza sociale, per reagire al terrore e all'intolleranza proprio attraverso la cultura. È con quello spirito che nacque 18app, la carta cultura, una porta di ingresso dei nuovi maggiorenni nella cittadinanza attiva e, quindi, proprio per questo estesa a tutti, indipendentemente dal reddito, tra l'altro il reddito della famiglia e non dei ragazzi stessi. Quella misura ha sostenuto i consumi culturali ed è intervenuta per rompere la drammatica crisi e il drammatico impoverimento culturale che caratterizza sempre di più il nostro Paese.

Ebbene, in una situazione di emergenza come questa, allora, avremmo voluto maggiori investimenti, ma la cultura è la grande assente nella vostra manovra di bilancio e proprio su 18app la maggioranza, prima, ha pensato di abrogare del tutto quello strumento, poi, di fronte alla sollevazione, giusta e comprensibile del settore culturale, la marcia indietro, che ha ricollegato lo strumento all'ISEE e, nella narrativa ovviamente di questo Governo, al merito: un premio, quindi, una concessione; addirittura, oggi, il Ministro Sangiuliano l'ha definita una “marchetta”, come se l'accesso alla cultura fosse non un diritto universale da riconoscere a tutti i ragazzi e le ragazze al momento in cui entrano nella maggiore età, ma un premio, come se quei ragazzi che restano indietro, a prescindere dal reddito della propria famiglia, in questo momento non avessero bisogno di ancora più sostegno, di ancor più investimenti. Questi ragazzi, in quale categoria vanno collocati, in quella del merito o in quella del demerito? Chi resta indietro per appartenenza familiare, per difficoltà, per disagio personale, in quale categoria si colloca per questo Governo? Forse questo è un tema che non vi interessa particolarmente, perché avete deciso, con un emendamento approvato in legge di bilancio, di condizionare addirittura all'assolvimento dell'obbligo scolastico la percezione del reddito di cittadinanza da parte dei più giovani. Non possiamo limitarci soltanto a dire che questi ragazzi non ne hanno diritto, per cosa, per demerito? Forse ci dovremmo interrogare e dovremmo intervenire per eliminare quelle cause che sono alla base di questo.

Da questa manovra mancano una parola: “visione” e un verbo: “investire”, investire nella cultura, dove fortunatamente, grazie al passaggio parlamentare e a un emendamento presentato dal collega Matteo Orfini, il Governo ha accolto le tante sollecitazioni provenienti dal basso per introdurre, finalmente, e finanziare l'indennità di discontinuità; mancano risorse nell'università, dove non è stata eliminata la clausola di invarianza finanziaria per il completamento della misura e della riforma relativa ai contratti di ricerca e dove potranno essere finanziati meno contratti di ricerca di quelli che sono attualmente esistenti.

Poi, mancano una visione e un investimento nella scuola, dove devo dire che la destra adotta la politica a cui ci ha abituato negli anni, quella del taglio. Infatti, il Governo trova risorse per lo “spalmadebiti” a favore delle società di calcio, su cui la posizione del Partito Democratico è sempre stata di netta opposizione e contrarietà, ma non investe sullo “0-6”, su settori chiave tra l'altro nella formazione e nella crescita delle generazioni più giovani, dove taglia le risorse per il Fondo per la buona scuola, dove adotta misure come quelle del dimensionamento scolastico, che anche se previste come manovre del PNRR. finiranno inevitabilmente per penalizzare le aree interne, le zone più in difficoltà del nostro Paese, e, tra l'altro, si dimentica, forse, di inserire nella manovra anche quelle risorse aggiuntive per il finanziamento del contratto dei docenti, parlo di 300 milioni di euro, andando ad attingere, invece, alle risorse già stanziate dal Governo Draghi nella manovra precedente destinate proprio al Fondo per la valorizzazione dei docenti, al merito, in questo caso.

Noi ci abbiamo provato davvero a darvi una mano, proponendo emendamenti che andavano nel senso degli investimenti nei settori che ho ricordato poco fa, perché, al di là delle tante circolari ministeriali a cui abbiamo assistito in questi giorni, riteniamo che sia urgente e necessario aprire una grande riflessione intorno alla scuola, tutti insieme, intorno alla scuola che vogliamo costruire, una scuola aperta a tutti, come recita l'articolo 34 della nostra Costituzione, in cui se qualcuno resta indietro non lo fa perché non merita o perché demerita, ma perché questa è un'urgenza che riguarda la classe dirigente di questo Paese. Questa, purtroppo, non è una manovra per giovani, non è una manovra che investe sulla crescita e sul futuro del Paese. Abbiamo lavorato per lunghe ore, mattina, sera e notte, nella Commissione bilancio, per provare ad investire su questo, per provare a darvi una mano, purtroppo non ci siamo riusciti, non ci avete ascoltato e con la manovra che oggi discutiamo in quest'Aula fate un torto non alle forze di opposizione, ma al Paese.

Infine, per concludere, voglio rivolgere una parola alla Presidente del Consiglio Meloni: è ancora in tempo, Presidente, per essere all'altezza della sfida epocale che ha voluto far propria e di cui ha voluto caricarsi; noi abbiamo bisogno, questo Paese ha bisogno di futuro, di respiro, di visione, di politica, di sostenere il talento e di tendere la mano a chi è in difficoltà, perché, lo dico proprio pensando al Paese, chi non pensa al futuro rischia di non averne uno.