Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, nel 2012, per il Fondo delle malattie professionali belga, la silicosi era ancora la prima causa di morte, mentre l'anno successivo fu superata dall'amianto, a testimonianza di quanto fosse pregnante una storia plurisecolare del lavoro in miniera. Marcinelle che cos'è? È figlia di una stagione migratoria indotta: tra il 1945 e il 1946 gli alleati re-istituirono in questo Paese il Ministero del Lavoro e della massima occupazione; l'Italia fu tappezzata dai manifesti rosa che invitavano a partire per la Belgique; il 23 giugno 1946 l'accordo di scambio con il Belgio.
Però, in quel fatidico 8 agosto 1956, scesero in miniera 274 persone, e 262, di 12 nazionalità, non fecero più ritorno. “Tutti cadaveri!” fu l'esclamazione di Angelo Berti. Erano le 3,25 del mattino del 23 agosto del 1956, ogni speranza era sepolta quasi un chilometro sotto le viscere della terra. E che cosa ritroviamo di quella storia dell'epoca? A Marcinelle ritroviamo i nomi di sempre, gli Angelo, i Giuseppe, i Salvatore, gli Antonio, e ritroviamo anche i nomi del tempo: Primo, Secondo. Pensi, Presidente, che, come nome più ricorrente, furono seppelliti 5 Rocco in quella storia, tra cui anche Rocco Vita, ventisettenne della provincia di Lecce.
Per cosa perirono i nostri minatori? Non certamente per il carbone. Già nel 1951 il carbone belga fu sostituito dal carbone americano, che arrivava gratis grazie al Piano Marshall. Marcinelle diede lo slancio all'unificazione europea, però fu seguita, 9 anni dopo, esattamente il 30 agosto 1965, dall'ultima grande tragedia dell'emigrazione italiana, a Mattmark, in Svizzera, per la quale quest'anno cadono, appunto, i sessanta anni della tragedia. Oggi siamo qui a celebrare e a ricordare il sacrificio di 136 italiani, ma, in generale, il sacrificio di migliaia e di migliaia di persone che sono emigrate da questa terra e che hanno contribuito al benessere e alla storia di questo Paese e dell'Europa, senza esserne stati consapevoli, ai quali noi dovremmo semplicemente inginocchiarci istituzionalmente e dire “grazie”.