Data: 
Martedì, 14 Novembre, 2023
Nome: 
Andrea De Maria

Presidente, colleghi, ricordiamo oggi, 20 anni dopo, quel giorno tragico del 12 novembre 2003, quando a Nassiriya, in un barbaro attentato, persero la vita 28 persone. Fra loro, è stato ricordato, 19 italiani, 17 militari della missione di pace in Iraq e 2 civili. Ai familiari dei caduti di Nassiriya va l'abbraccio e la riconoscenza di tutto il gruppo del Partito Democratico. Familiari che erano oggi con noi quando è stata scoperta la targa nella sala della Commissione difesa e che in questi 20 anni non hanno mai smesso di impegnarsi per mantenere viva la memoria dei loro caduti. Voglio dire che la richiesta che hanno fatto per il riconoscimento della medaglia d'oro al valor militare a quei caduti credo possa e debba unire tutta questa Camera. Il 12 novembre è diventata la Giornata della memoria per tutti i caduti militari e civili nelle missioni di pace.

Come tanti, ricordo bene quel giorno di 20 anni fa, il dolore che ha unito tutto il Paese, al di là di un dibattito pubblico che vedeva in campo anche posizioni diverse rispetto a come agire nel contesto iracheno. Un dolore che è importante rinnovare oggi, che non viene meno con il passare del tempo e si unisce alla riconoscenza verso le donne e gli uomini in divisa che con il loro servizio difendono la sicurezza dell'Italia e mettono a rischio la vita in tanti luoghi del mondo per promuovere la pace e sostenere concretamente la soluzione dei conflitti.

Il ricordo di chi ha sacrificato la vita a Nassiriya ci richiama più che mai l'attualità. In questo momento tante sono le missioni che vedono impegnati i nostri militari all'estero, in situazioni spesso molto critiche. Pensiamo solo, ad esempio, a chi è impegnato nel contesto del Libano, oggi più che mai esposto, dopo la barbara aggressione di Hamas ad Israele, ai venti di guerra che attraversano il Medio Oriente. Riflettendo sull'oggi, voglio sottolineare due elementi. Il primo, la difesa e la sicurezza del Paese è strettamente legata a un impegno concreto per favorire soluzioni diplomatiche ai tanti conflitti che attraversano il pianeta, ma c'è di più.

La nostra Costituzione dice con chiarezza che l'Italia ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Ebbene, questo straordinario principio di pace va costruito concretamente, e questo fanno i nostri militari quando sono impegnati nelle missioni di pace, questo facevano quegli eroi che sono stati assassinati a Nassiriya. Peraltro è riconosciuta in modo diffuso una particolare capacità delle nostre Forze armate ad agire nei luoghi di conflitto, sapendo costruire il dialogo con la popolazione civile ed unendo la presenza armata vera e propria con la difesa dei diritti umani, il rispetto e la comprensione reciproci. Non a caso, insieme ai militari ricordiamo oggi l'impegno di alcuni casi di sacrificio degli operatori delle ONG, dei volontari, di tutti gli italiani che agiscono nei luoghi di dolore e di conflitto. Il secondo tema, che ci viene anche dall'esperienza di quanto è accaduto in Iraq ed in Afghanistan, ci dice che dobbiamo sapere che la presenza militare sul terreno ha senso se si unisce a concreti percorsi politici di pace e al rispetto per le identità e le culture.

Una riflessione che dobbiamo fare più che mai oggi, ad esempio se guardiamo ad un possibile assetto a cui contribuire a livello internazionale in contesti come quello di Gaza. Certamente, almeno a mio avviso, è sempre più evidente che la pace passa per un assetto internazionale che torni a essere stabile, basato sul rispetto reciproco e sul ruolo, per tanti versi da reinventare, delle organizzazioni internazionali. A tutto questo l'Europa è chiamata a dare un contributo fondamentale.

La nostra stessa sicurezza, ma anche la stessa possibilità concreta di essere protagonisti di percorsi di pace, passa per la messa in campo di una politica di difesa comune europea. Credo che questo obiettivo vada perseguito con determinazione, anche prevedendo che un nucleo di Stati si muova da subito con forme di cooperazione rafforzata. L'Europa, il continente dove sono scoppiate le due guerre mondiali, ha trovato la via dell'unità non quando un popolo si è imposto sugli altri, ma quando, prima di tutto nel nome della pace, siamo stati capaci di crescere insieme.

Questo è l'esempio che l'Europa può e deve portare nel mondo, e penso che l'Italia, anche per l'esempio dei nostri militari impegnati all'estero, sia pronta più di altri a essere protagonista della concreta realizzazione di un percorso di questo genere. Il ricordo dei nostri militari che per la pace hanno sacrificato la vita e l'omaggio a chi oggi è impegnato nelle missioni di pace ci devono riempire insieme di orgoglio e di responsabilità. Noi, che ricopriamo responsabilità istituzionali, abbiamo il dovere di fare la nostra parte perché quel sacrificio e quell'impegno abbiano il sostegno di tutta la comunità nazionale e siano parte di una politica di pace e di promozione della stabilità e della soluzione non violenta dei conflitti realmente all'altezza delle sfide drammatiche che abbiamo di fronte.