Discussione generale
Data: 
Mercoledì, 24 Marzo, 2021
Nome: 
Filippo Sensi

Presidente, Signor Presidente del Consiglio, rappresentanti del Governo, colleghe e colleghi, non è soltanto la difficile situazione della diffusione del COVID-19 a fare del prossimo Vertice europeo un appuntamento dalle conseguenze rilevanti e ci auguriamo durature per ognuno di noi. L'occasione di un primo scambio di idee tra il Presidente degli Stati Uniti e i ventisette assegna a questo Consiglio la dimensione ed il rango di una possibile ripartenza del rapporto transatlantico, all'insegna di un multilateralismo speriamo efficace, dopo il funesto blackout dei quattro anni della Casa Bianca di Trump, forse il grado zero delle relazioni tra le famigerate due sponde dell'Atlantico. Attenzione, Presidente, perché, per paradosso, la distanza che ha separato Stati Uniti ed Unione europea, negli ultimi anni, ha forse consentito all'Europa di prendere finalmente consapevolezza delle proprie potenzialità, delle minacce che la insidiano, così come delle opportunità che le stanno davanti, ma, per converso, una Presidenza americana più centrata e ferma, più matura, come quella incarnata dal Presidente Biden, potrebbe costringere l'Unione in un ruolo più stretto, ancillare che rischierebbe di comprimere le lebenschancen, per dirla con Dahrendorf, dell'Europa. Noi Democratici scommettiamo ovviamente su una nuova stagione di cooperazione e slancio e i primi passi della Casa Bianca, con quel ventaglio di ordini esecutivi, a partire dal ritorno a Parigi sull'ambiente, per dirne uno, ci sono sembrati la fine di un incubo, quello di un isolamento che ci ha resi più fragili ed esposti, meno strutturati per affrontare il divorzio dalla Gran Bretagna, l'ombra tossica dei nazionalismi, il ritorno in campo della Russia, il protagonismo globale della Cina. E il regrouping in corso porta con sé un riallineamento positivo sul meridiano delle democrazie, ma anche il rischio di un irrigidimento di un consolidamento sino-russo ad esempio, di cui in queste ore sembra scorgersi la possibilità. Ma perché i risultati non solo di questo Consiglio europeo ma di questa nuova stagione - mi permetta un fumo di enfasi - vadano in questa direzione, ci vuole una fatica, una pazienza, un impegno, una responsabilità, di cui l'Italia, assieme ai partner europei, può dare prova. Non mi concentrerò, in questi pochi minuti, sulla pandemia, prima ancora della questione di vita o di morte del COVID-19, Presidente, come nel rapporto tra etica e ontologia. Mi permetta una inversione e di insistere qui, in vista del Consiglio, sul tema della democrazia e dei diritti umani che non sono solo una petitio principii , ma la geografia interiore dell'Europa. So che riceverete una informativa sulla Russia, sullo stato dei rapporti tra l'Unione e Putin al centro di così tanti dossier. A questo riguardo, Presidente, faccio mie le preoccupazioni sui diritti e il loro rispetto in queste realtà, sulla cogenza di quello che, dalle nostre parti, chiamiamo Stato di diritto, e non saremo credibili come europei a chiedere il rispetto di regole minime di libertà se in alcuni dei Paesi dell'Unione si spengono voci libere e dissidenti, come quella di Klubrádió, avviene in Ungheria, dove lo stato di salute della libertà di stampa preoccupa fortemente, o si impedisce alle donne di manifestare per la determinazione delle proprie scelte e della propria salute, avviene in Polonia, dove attiviste vengono sbattute in prigione per l'espressione del proprio pensiero. Non sarà facile, dunque, per una Unione nella quale serpeggiano tentazioni liberali chiedere alla Russia il rispetto delle regole internazionali e dei diritti umani sul caso oscuro di Aleksej Navalnyj, un buio che per quanto è e sarà nelle sue possibilità, Presidente, le chiediamo di aiutare a diradare, a fare più chiaro nell'azione di pressione di rappresentazione di chi siamo e di chi vogliamo essere nei confronti della Federazione Russa nella costruzione, certo, di quell'agenda positiva cui lei ci ha richiamati oggi. Lo dico pensando anche a quanto sta accadendo nel cuore dell'Europa, in Bielorussia: l'influenza russa nel tenere in piedi il regime di Lukashenko è determinante: dall'inizio delle manifestazioni seguite a un voto contraffatto e rubato, ci sono oggi 289 prigionieri politici nelle segrete bielorusse; sono blogger costretti allo sciopero della fame e della sete; sono madri di famiglia ingabbiate per avere sventolato un drappo bianco e rosso; sono giornaliste accusate di avere fatto semplicemente il proprio lavoro; sono politiche in carcere da mesi o costrette all'esilio. Sul furto di democrazia di diritti e di futuro in Bielorussia, l'interlocuzione con la Russia è fondamentale. Ne tenga conto, la prego, nel suo lavoro al tavolo dei ventisette e nel confronto con la nuova leadership americana che ha mostrato sollecitudine e risolutezza nell'affrontare questo tema. Parlerete, invece, di Turchia - e lo ha richiamato lei stesso, oggi, nelle sue comunicazioni -, della grama situazione dei diritti civili, politici ed umani. Pare proprio non ci sia provocazione che Erdogan non abbia messo in campo in questi giorni alla vigilia di questo appuntamento europeo: lo scioglimento e la persecuzione del partito filo curdo, il cambio ai vertici della Banca centrale, l'intenzione di abbandonare la Convenzione sulle donne di Istanbul, una escalation che, al solito, pare basarsi sul trade off che tiene assieme l'Unione e Ankara, quello fondato sul punto migratorio. Non dimentichiamo, tuttavia, che la Turchia resta un Paese di grande vitalità; non abbandoniamola alla propria tentazione, non dobbiamo stancarci di provocarla, di ingaggiarla, perché non si perda in una profezia autoavverantesi. Deve essere il Consiglio europeo non solo a condannare, ma tracciare un confine non labile, proprio perché i diritti e la democrazia - liberale aggiungo - sono - come ha ribadito lei oggi – “il” tratto identitario europeo e lo vediamo - mi consentirà un'apparente “fuor d'opera”, Presidente Draghi, rispetto al mandato europeo di cui oggi parliamo - sui diritti e le libertà di un giovane studente dell'Università di Bologna, Patrick Zaki da oltre un anno costretto a dormire in terra in una cella egiziana per accuse infondate e pretestuose. Come sa, una raccolta di firme chiede il conferimento della cittadinanza italiana per Zaki, atto che spetta al Governo. Sono fiducioso e confido in un suo impegno, perché, da cittadino italiano, Zaki possa presto tornare ai suoi studi, libero da questo incubo, in nome di quei diritti che lei ha voluto oggi ricordare.

Si è fatto un gran parlare, Presidente Draghi, e positivamente, vista anche quella che tecnicamente nella vita di un Esecutivo viene chiamata “luna di miele”, dell'utilizzo da parte sua del termine pragmatismo. Le chiedo, dunque, cosa significa fare le cose nel contesto di un concerto come quello europeo, dentro istituzioni macchinose la cui temporalità spesso richiama L'anno scorso a Marienbad? Farle insieme intanto, fare cose che funzionino, utili ai cittadini, che rappresentate, che rappresentiamo ognuno di noi europei.

Ho avuto una modestissima esperienza personale di cui sono ovviamente riconoscente e fiero, come si conviene, a Palazzo Chigi, qualche secolo fa e non c'è stato giorno allora nel quale io non abbia pensato a John Langshaw Austin, al suo How to Do Things with Words teoria dei cosiddetti performativi, di atti linguistici che non si limitano a descrivere un fatto, ma che lo liberano, lo rendono possibile ed efficace. Non devo dire a lei, Presidente Draghi, e concludo, quali possano essere gli effetti della parola data, magari di tre parole dette in inglese, in un preciso momento, a fronte di determinati fatti e attese immani. Vale per ieri, vale per domani. Buon lavoro, la ringrazio.