Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 23 Marzo, 2022
Nome: 
Debora Serracchiani

Grazie Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, il gruppo del Partito Democratico voterà a favore della risoluzione della maggioranza con convinzione, sia per gli importanti obiettivi ed impegni in essa contenuti, già ricordati dai colleghi Madia e De Luca, sia perché in questo momento tanto decisivo e drammatico - direi storico - riteniamo che debba essere chiaro, anzi chiarissimo, dentro e fuori i confini nazionali, che lei, signor Presidente, ed i suoi Ministri, avete il sostegno pieno del Parlamento, che condivide ogni vostro atto, ogni vostra decisione, ogni vostra parola usata per condannare l'aggressione premeditata ed ingiustificabile della Russia ai danni di un Paese sovrano; per costruire le condizioni perché questa catastrofe umanitaria possa essere arrestata; per fermare questa corsa all'indietro della storia e della civiltà. Mi consenta, signor Presidente, di dire, prima di tutto, con nettezza, che il Ministro Guerini ha non solo la nostra solidarietà ma il nostro abbraccio affettuoso e riconoscente (Applausi).

Contro di lui il Governo di Mosca ha usato espressioni ignobili, è ricorso ad intimidazioni penose; a lui e alla nostre Forze armate ribadiamo solennemente il nostro apprezzamento e la nostra gratitudine. Del resto, non è la prima volta che veniamo minacciati. È capitato anche a noi, deputati e senatori, quando, con una lettera dell'ambasciatore russo a Roma, qualche settimana fa, ci è stata recapitata una dichiarazione del Ministro Lavrov che ci informava del “pericolo delle conseguenze” per le decisioni che stavamo prendendo noi e gli altri Parlamenti d'Europa sulle sanzioni verso Mosca.

Non si ha paura, signor Presidente, se si difende la verità, e la verità di questa immane tragedia che insanguina l'Ucraina da quasi un mese, che ha provocato migliaia di morti, di cui almeno 117 bambini, tra cui i piccoli Kirill e Polina, è che esiste un aggredito e un aggressore, esiste un invasore ed un popolo che si è fatto esercito, che difende la propria libertà, le proprie case, la propria vita. Io voglio dire qui, oggi, che attendo con ansia che quel popolo, quel Paese, diventi presto, molto presto, membro dell'Unione europea. Così come, velocemente, dobbiamo riprendere, come lei ha ricordato, il dossier Balcani occidentali e non deludere le aspettative dei Paesi che aspirano all'adesione, che da tempo stanno ottemperando all'agenda delle riforme richieste. Esiste, signor Presidente, un carnefice e una vittima: questa è la verità, e, noi italiani, insieme a tutti i Paesi dell'Unione e agli alleati, noi non ci siamo voltati e non ci volteremo dall'altra parte. Abbiamo deciso con il “decreto-legge Ucraina”, approvato proprio la scorsa settimana, di sostenere con ogni mezzo la resistenza del popolo ucraino, prevedendo, nel pieno rispetto della nostra Costituzione, dell'articolo 51 della Carta ONU e, in sintonia con la risoluzione votata dal Parlamento europeo il primo marzo, anche l'invio di armi e strumentazione militare; e mi consenta, signor Presidente, di ringraziare qui tutti i colleghi e le colleghe del mio gruppo, perché so quanto sia costato ad alcuni di loro. Così come abbiamo condiviso le sanzioni economiche, senza precedenti per qualità ed estensione, ed abbiamo apprezzato decisioni tempestive di aiuto concreto come quelle messe in atto dal Ministro Franceschini. Sapevamo che, purtroppo, mettendo in ginocchio l'economia russa, queste sanzioni avrebbero colpito le condizioni di vita del popolo russo, come sta avvenendo, nonostante le trionfali adunate putiniane; ma l'alternativa alle sanzioni è la guerra e solo menti folli possono pensare che sia una strada percorribile. Così come penso sia immorale e opportunistico chiedere, comodamente dal salotto di casa, agli ucraini di arrendersi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle), di alzare le braccia davanti all'aggressore, sacrificando la propria libertà. Oggi, in quest'aula, voglio esprimere a nome mio, del mio gruppo - ma sono sicura di tutti noi rappresentanti del popolo italiano - il riconoscente omaggio al coraggio dei tantissimi russi, giovani, anziani, donne, studenti, giornalisti, insegnanti e operai, che manifestano contro la guerra voluta da Putin, rischiando fino a 15 anni di carcere. Il popolo russo vuole la pace. Le pretese neoimperialiste giustificate col catalogo delle bugie sull'Occidente e sull'Europa, resuscitano posture e ambizioni da impero zarista, che sono tutte nella testa di chi siede da 22 anni al Cremlino, ma non appartengono alla gente che a Mosca, a San Pietroburgo o nelle grandi e piccole città di quello sterminato e bellissimo Paese, vive, studia, lavora, va a teatro, al cinema, segue lo sport, la musica, esattamente come noi ed esattamente come faceva anche il popolo ucraino non più tardi di un mese fa; invece, per colpa di Putin, madri piangono i propri figli morti in una guerra che non volevano. Noi vogliamo la pace, Presidente; noi vogliamo che la guerra cessi, che tacciano le armi, che le bombe non cadano più sugli ospedali, sugli asili, sui condomini, sui rifugi, sui teatri, sulle persone che sono in fila per un pezzo di pane. Sappiamo che la via è quella negoziale e, signor Presidente, sosteniamo ogni azione del Governo che vada in questa direzione. Il Consiglio europeo di domani e dopodomani credo che sia tra i più importanti della storia dell'Unione. Ha detto bene nei giorni scorsi il commissario Paolo Gentiloni: questo è un esame di maturità per l'Europa. Dallo scoppio della guerra, l'Unione ha saputo rispondere con unità, con determinazione, con rapidità; non c'è stata quell'incertezza che invece abbiamo vissuto nelle prime settimane dell'emergenza COVID; questa volta non è stato così. L'Europa di oggi non è più quella dell'austerity, delle regole di bilancio prima di tutto, degli egoismi nazionali; ne è prova anche l'attivazione della direttiva sulla protezione umanitaria per i rifugiati, sbloccata dopo quasi vent'anni, che certamente sarà di aiuto a chi fugge da quel martoriato Paese. Gli organismi internazionali ci dicono che, fino ad oggi, coloro che sono scappati sfiorano i 4 milioni: è come se all'improvviso si svuotassero città come Roma e Milano. Gli sfollati dalle città distrutte, come quella martire di Mariupol, arrivano a 10 milioni. Si dovrà decidere a Bruxelles su approvvigionamento energetico e difesa comune, un progetto, quest'ultimo, che l'intelligenza da statista lungimirante di De Gasperi aveva posto già all'ordine del giorno, con esito purtroppo sfortunato agli inizi degli anni Cinquanta del secolo scorso. Le indicazioni della dichiarazione di Versailles dell'11 marzo e l'adozione, lunedì, della “Bussola strategica” sono elementi incoraggianti.

Solo l'integrazione e solo l'abbandono di 27 diverse politiche energetiche, estere o di difesa, possono consentire all'Europa di superare quell'esame di maturità, di mostrare al mondo intero di aver capito la lezione, di aver capito che non basta essere un gigante economico per riuscire a svolgere quella missione di faro della pace, della democrazia, del multilateralismo, che è nei pilastri etici e culturali della comunità continentale nata dalle macerie del secondo conflitto mondiale.

“Il problema” - rammentava David Sassoli - “è che spesso l'egoismo delle nazioni, un cattivo sentimento nazionalista (…), impedisce di dispiegare le nostre potenzialità e manifestare la nostra profonda identità”. Ma è ancora il nostro caro David a parlarci, il giorno della sua elezione a Presidente del Parlamento europeo, con un tweet in cui citava Aldo Moro: “Si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con tutte le sue difficoltà. Si tratta, però, anche di essere coraggiosi e fiduciosi”: coraggiosi e fiduciosi, e noi vogliamo esserlo.

Noi, signor Presidente, affidiamo a lei e al Governo questo compito, che certamente non si esaurisce nei due giorni di Bruxelles. L'Europa si costruisce con le sue crisi, ammoniva Jean Monnet. Io mi permetto di sperare che, assumendo decisioni sulle forniture di energia e sulle politiche di sicurezza e di difesa, non si abbiano dinanzi agli occhi solo questioni tecniche, pur importanti e urgenti, ma si operi come in uno spirito costituente, per continuare la costruzione di quella casa comune degli europei, le cui mura si chiamano: libertà, democrazia, pace, giustizia, cooperazione e diritti.

Signor Presidente, colleghi, questa folle guerra sta condizionando negativamente la fase di ripresa delle economie. Il mix di stop alla ripresa, di costi insopportabili dei carburanti e delle materie prime, l'accelerazione dell'inflazione, peseranno su imprese e famiglie. Noi democratici crediamo che occorra, insieme ai provvedimenti di sostegno interno, agire a livello europeo su vari fronti: il prolungamento della sospensione del Patto di stabilità, la previsione del tetto del prezzo per il gas e il cambiamento di alcune regole, come quella dell'unanimità a tutti i costi e del diritto di veto. Siamo certi dell'impegno suo e del Governo.

Mi avvio alla conclusione. Va avanti da anni, nelle nostre società aperte, guidate da istituzioni liberaldemocratiche, una discussione sull'arretramento della democrazia, sull'incrostazione di strutture e procedure che hanno allontanato la partecipazione di grandi fette della società. Parallelamente, è cresciuta l'adesione a proposte semplificatrici di tipo populista, che non di rado trovavano il loro perno nell'identificazione dell'uomo forte, perfino nell'esaltazione della decisione singola, autoritaria e indiscussa. Io penso che, negli ultimi decenni e forse proprio in coincidenza con il crollo del muro di Berlino e con quella che è stata indicata come la fine della storia, nei Paesi democratici siano stati commessi non pochi errori, con presunzione, a volte per pigrizia, per mancanza di coraggio. Ma penso anche che queste istituzioni, per quanto da rivitalizzare e rafforzare, siano un bene prezioso da tutelare senza cedimenti.

Io penso che oggi ci sia anche questa questione sul terreno e anche per questo è necessario che la nostra lotta per la libertà, la pace e i diritti sia determinata.

Vado a concludere, Presidente. Spero che abbiamo imparato dagli errori del passato, anche della nostra storia più orribile del Novecento. Se è così, oggi sappiamo che ci sono atti che hanno conseguenze, ma che ad assistere inerti, mentre un autocrate commette un crimine contro un popolo libero e amico, si ponga un prezzo più alto: si perdono dignità, credibilità, onore e soprattutto si lascia credere che il crimine paga, che gli Stati si possano conquistare, che si possano commettere stragi…che possiamo essere piegati anche noi, che non difenderemo i nostri valori e la nostra libertà. No, non faremo questo errore. Prendiamo decisioni gravi, Presidente, difficili, anche sofferte, ma abbiamo un bene troppo prezioso da difendere, 70 anni di pace e democrazia, e la difenderemo. A Kiev, proprio come ci ricordava ieri il Presidente Zelensky, si sta difendendo la democrazia, anche la nostra democrazia.