Relatore per la maggioranza per la XIII Commissione
Data: 
Martedì, 26 Aprile, 2016
Nome: 
Massimo Fiorio

A.C. 2039-A

Grazie, Presidente. Continuando nella disamina della collega Braga, ricordo che all'articolo 6 viene introdotta, definita e disciplinata la fattispecie urbanistica dei compendi agricoli neorurali, ovvero viene consentita alle regioni e ai comuni la possibilità di qualificare, nei propri strumenti urbanistici, alcuni fabbricati come compendi agricoli neorurali. In sostanza viene consentito che determinati insediamenti possono essere oggetto di recupero e di riqualificazione. Lo spirito è quello di intervenire su quei tipi di fabbricati che molto spesso si trovano nei pressi delle città e dei centri urbani e che, per dimensioni e fattezze, rischiano l'abbandono e il progressivo degrado. Si tratta di fabbricati anche di pregio – penso ad alcune tipologie di cascine nella Pianura padana o di masserie, più in generale – che in questo modo possono trovare, accanto alla prevalente destinazione agricola, altre destinazioni. Il comma 5 indica quali sono queste destinazioni: servizi turistico-ricettivi, ludico-ricreativi, servizi dedicati all'istruzione. Sono evidentemente esclusi l'uso residenziale e quello produttivo industriale o artigianale. Il comma 7 prevede che il progetto di compendio agricolo neorurale sia accompagnato da un progetto unitario convenzionato e dall'obbligo di conservare indivisa la superficie per almeno vent'anni. Il comma 8, infine, richiede che il progetto di compendio agricolo neorurale preveda interventi di mitigazione e compensazione preventivi. 
Questo articolo è stato aggiunto nel corso dalla discussione in Commissione e riteniamo che sposti in modo importante ed innovativo l'accento sul tema del riuso, della rigenerazione e della riqualificazione, che non sono solo obiettivi della legge, accanto al tema della riduzione di consumo di suolo, ma sono strategie per raggiungere il risultato dalla diminuzione di consumo di suolo. Noi riteniamo che il consumo di suolo si possa ottenere non solo con vincoli, ma con innovazioni e con la possibilità di dare nuovi stimoli al riuso. 
L'articolo 7 stabilisce che quelle superfici che hanno beneficiato di finanziamenti pubblici non possono subire trasformazioni urbanistiche per cinque anni, in riferimento ai finanziamenti europei legati alle politiche agricole comunitarie (PAC) e ai piani di sviluppo rurale (PSR). In questo senso è richiesto che l'autorità competente – nel caso della PAC è AGEA, nel caso dei PSR sono le regioni – rendono noto in rete, attraverso i propri siti, l'elenco dei terreni per come sono ripartiti poi tra i comuni. 
L'articolo 8 riconosce priorità nella concessione di finanziamenti statali e regionali a quei comuni che, ai sensi dell'articolo 9, hanno adeguato i propri strumenti urbanistici a quanto stabilito dalle regioni e province autonome in merito alla riduzione del suolo o che hanno addirittura previsto nessun consumo di suolo o che prevedano una maggiore riduzione del consumo di suolo rispetto a quella prevista dalle regioni di riferimento. Tale priorità riguarda interventi di rigenerazione ambientale o di bonifica oppure interventi volti al recupero di terreni abbandonati o inutilizzati. 
È vero che il nostro Paese soffre di una forte carenza di suolo agricolo, di terreno agricolo e, come diceva la collega, in misura tale che esiste un deficit nel rapporto alimentare tra quanto coltiviamo e quanto consumiamo. Tuttavia, esistono molte aree abbandonate il cui recupero necessita di interventi e di politiche attive. Penso, per esempio, alle aree agricole periurbane, che sono un patrimonio importante su cui concentrare l'attenzione. Queste aree possono diventare un'occasione di attività e lavoro, ma anche di offerta di servizi sociali. Penso al successo del fenomeno dell'agricoltura sociale, la cui richiesta cresce sempre più nei centri urbani medi e piccoli e nelle aree metropolitane. 
L'articolo 9 prevede l'istituzione del registro di quei comuni, che citavo, che hanno adeguato i loro strumenti urbanistici alla riduzione di suolo o che hanno superato le richieste imposte dalla regione stessa. Quel registro sarà in capo al Ministero. 
L'articolo 10 affronta una delle questioni più controverse e più dibattute. Non poteva essere altrimenti perché la questione riguarda l'uso dei proventi dei titoli abitativi, i cosiddetti oneri di costruzione. Di fatto, l'uso che in questi anni è stato fatto degli onori è stato uno dei motori dalla dinamica che ha comportato la distruzione di tanta superficie naturale. L'uso improprio degli onori ha comportato e favorito una speculazione tutta al ribasso. Ora, l'articolo definisce la destinazione coerente agli onori in modo inequivocabile. Si specifica finalmente che tali risorse devono essere destinate alla realizzazione e alla manutenzione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, a interventi di risanamento degli edifici, compresi soprattutto nei centri storici, a interventi di demolizione di fabbricati abusivi, alla realizzazione di aree verdi, alla tutela del paesaggio e dell'ambiente. 
Infine, l'articolo 11 interviene sul periodo transitorio, da applicare dal momento in cui la legge entra in vigore fino all'adozione dei provvedimenti di attuazione negli enti comunali. È evidente che dal momento che la legge è pubblicata il meccanismo di attuazione deve essere accompagnato da un tempo congruo, in cui si eviti il rischio della speculazione di coloro che cercano di mettersi al riparo dalla norma di tutela del suolo. Naturalmente non si tratta di uno stop. Si tratta di non intralciare alcune iniziative di carattere pubblico e privato che, per interesse pubblico o per i tempi avanzati della programmazione e progettazione, non vanno interrotti. In questo senso, per consumo di suolo non vanno considerati i lavori e le opere inseriti nei programmi triennali dei lavori pubblici e le cosiddette opere prioritarie. Ci riferiamo alle cosiddette leggi obiettivo. 
Vengono fatti salvi gli interventi ed i programmi di trasformazioni previsti nei piani attuativi, dunque quelli adottati prima dell'entrata in vigore del disegno di legge, con le relative opere pubbliche derivanti dalle convenzioni stipulate tra comuni e soggetti privati. L'articolo prevede una clausola di salvaguardia che mette tutti sull'avviso che non va perso tempo nell'attuazione dei provvedimenti che sono richiesti. Si tratta del fatto che, decorsi tre anni, se non si è giunti alle disposizioni finali previste dalle regioni e dalle province autonome, è consentito un consumo di suolo non superiore al 50 per cento della media di consumo di suolo degli ultimi cinque anni. Qualcuno legge questa ultima disposizione come una tagliola: in qualche modo forse lo è. Riteniamo in modo più adeguato che possa essere considerato come la consapevolezza che su questo terreno non si vuole retrocedere con il gioco dei ritardi accumulati: chi non fa quello che è richiesto è responsabile dei vincoli che scattano. Come ha detto la collega Braga che mi ha preceduto, oggi ci accingiamo a fare un passo importante che probabilmente questo Paese fa con molto ritardo rispetto ad altri: lo fa tuttavia come necessità in più e che nasce dalla nostra conformazione, dalla conformazione del nostro suolo, e dal fatto che il suolo è sempre più un fattore economico strategico da non disperdere. Sono sicuro che tutti i gruppi politici hanno ben chiaro questo obiettivo. Tuttavia credo che non tutti ritengano il tempo un fattore determinante: non possiamo più rimandare. Più aspettiamo più consentiamo il consumo di suolo. Il tempo non è più una variabile trascurabile: qualsiasi scelta che si compie nasce da motivazioni, consapevoli o inconsapevoli. La scelta che ci accingiamo a fare nasce dalla consapevolezza che il suolo è un bene indispensabile, di cui non possiamo fare a meno. Nasce dalla consapevolezza che la situazione è allarmante ma nasce anche dalla volontà di affrontare il tema uscendo dalla retorica degli slogan. Mettere mano a questa situazione significa dover affrontare competenze istituzionali specifiche, da una parte, e interessi e vedute contrastanti, anche legittime, dall'altra. Come relatori abbiamo ben presente quanto questa norma produca prese di posizione anche aspre. Le abbiamo ascoltate, le ascoltiamo e contiamo ad ascoltarle. Tuttavia riteniamo che non ci si possa più fermare e non ci sia più il tempo per prendere tempo. Naturalmente il passaggio dell'Aula sarà un passaggio importante perché abbiamo tutti – lo dico per primo a me stesso – l'occasione di migliorare un testo che ha avuto un travaglio lungo in Commissione. Ora è il tempo di capire chi lo vuole portare fino in fondo, chi vuole davvero che questo Paese abbia una normativa all'altezza della sua vocazione, legata al paesaggio e alla sua storia, e chi, dall'altra parte, non vuole una norma sul consumo di suolo, che lo faccia in modo esplicito e dichiarato o che lo faccia in modo implicito e strumentale.