Discussione sulle linee generali
Data: 
Martedì, 26 Aprile, 2016
Nome: 
Francesco Prina

A.C. 2039-A

Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il dibattito sul consumo di suolo, iniziato prima dai movimenti della società civile, oggi sempre più presente nel dibattito scientifico e accademico, solamente negli ultimi anni ha assunto una forte rilevanza all'interno delle istituzioni. Non è un fenomeno solo italiano, abbiamo già sentito, ma europeo e globale. Da un'indagine Eurostat del 2013 l'Italia è nelle prime posizioni però, collocandosi al quinto posto della classifica, prima di altri grandi Paesi europei come Germania e Regno Unito. Mentre la salvaguardia del suolo agricolo e naturale rappresenta un obiettivo di primaria importanza, dai dati statistici risulta la progressiva e sconsiderata cementificazione della superficie agricola nazionale. Ogni giorno in Italia si cementificano 90 ettari di superficie libera. Dalboom economico degli anni Sessanta del secolo scorso, la SAU, la superficie agricola utile, cioè quella più pregiata e più produttiva, è diminuita del 30 per cento, in termini assoluti di 5 milioni di ettari, pari ad una superficie come quella di Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna messe insieme. Questo fenomeno compromette il suolo, che invece è una risorsa fondamentale, non solo dal punto di vista agricolo e alimentare, ma anche sotto il profilo paesaggistico e ambientale. Sì, il suolo è un bene comune ! Un concetto per cui nel consiglio regionale della Lombardia, già nel 2011, abbiamo lottato e ottenuto che venisse introdotto per la prima volta nel testo unico dell'agricoltura, e speriamo che con questa legge entri a pieno titolo anche nella legislazione dello Stato italiano. La perdita di superficie coltivabile comporta inevitabilmente una riduzione della produzione agricola, compromette l'autosufficienza del fabbisogno alimentare nazionale e fa crescere la dipendenza del nostro Paese dall'estero per i prodotti agroalimentari. Preservare la vocazione agricola del suolo ed evitare di snaturare e stravolgere le connotazioni naturalistiche, attraverso l'eccessiva urbanizzazione dei nostri territori, significa anche tutelare il paesaggio contro il rischio di deturpamento delle bellezze naturali e l'aumento del rischio dei disastri idrogeologici. 
È necessario, dunque, che sia garantito un giusto equilibrio nell'assetto territoriale tra le zone agricole e le zone edificate ed edificabili di completamento, al fine di non pregiudicare né la produzione agricola, né la sicurezza alimentare, né le condizioni di qualità della vita delle popolazioni. Per prevenire la gabbia ideologica che ci porterebbe in un dibattito sterile e fuorviante, come spesse volte succede in questa Aula, occorre differenziare, a mio parere, il concetto di consumo da quello di occupazione. Da che mondo è mondo, l'uomo ha sempre occupato suolo per costruire la propria casa e le proprie città, occupando appunto il suolo necessario. L'occupazione di suolo, storicamente, è da intendersi come utilizzo razionale per le utilità collettive oltre che per il soddisfacimento dei fabbisogni primari. In particolare, con l'approvazione di questa legge, si occuperà suolo solo per realizzare i servizi alla persona, infrastrutture pubbliche e residenze solo e qualora non vi sia un'opportunità di riuso di aree dismesse, sotto utilizzate o degradate. 
Il consumo di suolo, avvenuto finora, rappresenta uno spreco di territorio. Certo, lascia lo spazio ad urbanizzazioni razionali sia dal punto di vista quantitativo – cioè trasformazioni insediative infrastrutturali non in relazione al fabbisogno reale – sia morfologico – le infinite conurbazioni lineari lungo le infrastrutture e lo sprawl insediativo nelle campagne – sia funzionale – le seconde e terze case, gli alloggi e i capannoni sfitti e invenduti, le autostrade e le infrastrutture inutili e sotto utilizzate –. Quando il suolo rimane una superficie naturale o agricola svolge importantissime funzioni: drena l'acqua, ne regola il ciclo; favorisce l'alimentazione dei fiumi e diminuisce il rischio di alluvioni; regola il ciclo del carbonio e favorisce la biodiversità; accoglie coltivazioni e allevamenti; produce alimenti e biomasse; ospita spazi aperti per il tempo libero e le relazioni sociali; rende il paesaggio gradevole, alimentando la qualità della vita. Ripetiamo, il suolo ovunque è un bene comune primario e limitato, una risorsa finita e non rinnovabile. Mentre il consumo di aria e di acqua può essere ricompensato da una rigenerazione naturale o tecnologica, il consumo di suolo è irreversibile, se non nella scala dei tempi geologici, centinaia di migliaia di anni. Insomma, una superficie cementificata difficilmente si potrà recuperarla a suolo agricolo o naturale. Veniamo però alle note dolenti. Le leggi nazionali sul tema dell'utilizzo del territorio sono estremamente complesse. Ancora oggi nel nostro Paese è vigente la legge urbanistica del 1942; sì eravamo in tempo di guerra, però negli anni Sessanta il Ministro Sullo tentò senza successo un'iniziativa profetica. Propose un testo di legge sul regime dei suoli, mai approvato a causa delle sue dimissioni; da allora una serie successiva di provvedimenti legislativi ha determinato l'estrema complessità della programmazione e della pianificazione urbanistica del nostro Paese, che a sua volta ha prodotto, a seguito del boom economico, scoppiato a partire proprio da quegli anni, una rilevante e incontrollata crescita urbana, i cui effetti sono oggi sotto gli occhi di tutti. Poi, soprattutto da parte delle regioni, derivano una serie di provvedimenti legislativi, che non hanno la capacità di orientare e indirizzare l'azione dei comuni, a cui spetta la competenza di governo del territorio. Le norme regionali approvate in questi ultimi anni mancano di forza prescrittiva e cogente, lasciando così i comuni in balìa degli immediati interessi immobiliari dei privati, e sappiamo bene come vanno le cose nei comuni: più case, più oneri di urbanizzazione; più oneri incassati e più opere pubbliche e copertura delle spese correnti nei poveri bilanci, come giustamente sottolineava il rappresentante del Governo. In questo modo abbiamo svenduto parecchio territorio, forse troppo, del nostro Paese. È ora di metterci mano. Il disegno di legge approdato oggi in Aula dopo un proficuo lavoro congiunto delle Commissioni agricoltura e ambiente, di concerto con il Governo, persegue le finalità della riduzione dell'uso indiscriminato del suolo con la contestuale tutela dei terreni agricoli, nonché per il riuso e la rigenerazione edilizia del suolo edificato, partendo da una regolamentazione che abbia una visione di insieme del territorio al fine di tutelarne la destinazione d'uso per i motivi, sia di opportunità economica, sia di tutela del benessere della collettività. Per realizzare questi obiettivi questa nuova legge detta una serie di interventi e fissa i principi fondamentali secondo il dispositivo degli articoli 9, 44 e 117 della Costituzione e degli articoli 11 e 191 del Trattato di Lisbona. Negli articoli del testo vengono definite le finalità per tutelare e valorizzare il territorio attraverso la limitazione del consumo di suolo, il riuso delle aree già urbanizzate e la rigenerazione urbana in coerenza con l'obiettivo dell'Unione europea di dimezzare da subito il consumo di suolo e di azzerarlo entro il 2050. 

Mi riservo di analizzare l'articolazione della legge in quanto l'hanno fatto egregiamente i due relatori per la maggioranza, la collega Braga e il collega Fiorio. Vorrei sottolineare due aspetti però dell'articolato. Innanzitutto, le definizioni qui sviluppate, cioè che cos’è il consumo di suolo, che cos’è il suolo agricolo, la mitigazione e la compensazione. Io penso che sia un dovere dello Stato dare queste definizioni perché è ora di finirla che in ogni convegno, frequentando ogni università e in ogni regione vi siano venti, trenta definizioni diverse. È un dovere dello Stato dare un'unica definizione per tutte le venti regioni. E, poi, vi è la presenza di due scuole di pensiero urbanistico: non solo vincoli e prescrizioni, ma anche incentivi. Ecco, preannuncio un ordine del giorno per una formazione continua e specifica dei dirigenti delle regioni affinché la tecnicalità di computo del consumo di suolo e del farvi fronte sia omogeneo in tutto il territorio. 
E concludo, signor Presidente, esprimendo una particolare soddisfazione per l'approdo in Aula di questa legge tanto attesa e in linea con il processo di riforme strutturali messo in atto da questo Governo e in sintonia con i contenuti della Carta di Milano di Expo 2015. Con questa legge il Partito Democratico è convinto di colmare quel vuoto normativo nazionale che oggi ha permesso a molte regioni di dotarsi di strumenti che, è sotto gli occhi di tutti, si sono dimostrati inadeguati. Vi è l'auspicio e l'impegno, quindi, che il provvedimento possa trovare una rapida approvazione anche nell'Aula del Senato e diventi legge dello Stato nel più breve tempo possibile, determinando quella cogenza normativa necessaria ad evitare il dissennato consumo di suolo ancora purtroppo in atto(Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).