Discussione sulle linee generali
Data: 
Martedì, 26 Aprile, 2016
Nome: 
Federico Massa

A.C. 2039-A

Signora Presidente, onorevoli colleghi, proverò – con ciò, credo, rispondendo all'esigenza del dibattito parlamentare, cioè del confronto – a intervenire su qualcuno dei punti che sono stati sollevati, a partire da quello sulla complessità dell'articolo 3 e sulla farraginosità delle procedure. Ora provo soltanto a immaginare per un secondo quale sarebbe stata l'alternativa. Se il Governo fosse intervenuto in questa materia con una disciplina vincolante nei confronti del reticolo delle autonomie e delle regioni, si sarebbe parlato – giustamente, credo – di un Governo autoritario o di uno Stato prevaricatore. Allora, vedete, noi dobbiamo qui metterci d'accordo, non è che se si presenta un decreto-legge siamo prevaricatori altrimenti c’è un disegno di legge complesso perché, come diceva benissimo il presidente Realacci, questa è una materia complessa e quindi difficilmente disciplinabile attraverso un'eccessiva semplificazione che rischierebbe, alla fine, di compromettere l'obiettivo ambizioso che ci siamo dati. Obiettivo ambizioso perché questa è una legge importante, soprattutto perché afferma un principio nuovo, non perché interviene nel far west o nel caos e nelladeregulation. 
Non è così, noi abbiamo – e negli anni si è perfezionata – una normativa che ha disciplinato alcuni profili rilevanti, penso a quelli ambientali, penso a quelli paesaggistici, penso al reticolo utile dei vincoli. Probabilmente molte delle devastazioni di questo Paese non rispondono della disciplina astratta; rispondono di un diffuso abusivismo, rispondono dell'assenza di controlli, forse rispondono – mi rivolgo in maniera virtuale ai colleghi di Forza Italia – di un eccessivo condonismo in questo Paese, cioè di reiterati interventi tesi a santificare ciò che era stato fatto. Ma questa legge aggiunge un punto importante, culturalmente ma vorrei dire anche dal punto di vista dell'assetto normativo, che è quello della definizione del limite. Con questa legge noi stabiliamo il principio per il quale oltre un certo consumo di suolo non si può andare; mentre finora l'urbanistica, il governo del territorio nei suoi vari profili e, mi sia consentito dire, se non avessimo messo alcuni pezzi di urbanistica in questa legge saremmo stati rimproverati del fatto che facevamo una legge astratta, perché è evidente che se noi dobbiamo in qualche maniera limitare, fino a limitarlo assolutamente, il consumo del suolo, dobbiamo in qualche maniera preoccuparci di come recuperiamo l'edificato esistente secondo regole, principi e parametri che stanno dentro la normativa urbanistica, ma, ripeto, l'urbanistica finora ha funzionato senza un limite esterno. Le regioni, lo Stato, gli enti locali, sia pure all'interno di quel reticolo di vincoli di cui abbiamo parlato, nella massima discrezionalità, stabilivano quanto e come si poteva edificare. Con questa legge noi stabiliamo un principio io credo importante, di derivazione comunitaria: progressivamente il limite deve essere posto attraverso un procedimento articolato, complesso, democratico quindi complesso, che coinvolge dallo Stato alle regioni e ai comuni, inserendo un meccanismo di decisione finale in testa al Governo che è e risponde al principio della efficienza ed efficacia dell'azione normativa e dell'azione di Governo, cioè, in un momento nel quale, quando c’è un'inefficienza, un ritardo, un'incapacità dei livelli territoriali via via degradanti, interviene la decisione dello Stato. Noi abbiamo pensato di costruire questo percorso e abbiamo pensato di costruirlo tenendo fermi alcuni capisaldi, intanto non toccando nessuno dei vincoli esistenti. Noi rispettiamo, richiamiamo e in qualche maniera cristallizziamo le norme che stanno nel Codice dell'ambiente come quelle che stanno nel Codice dei beni culturali, soprattutto ci agganciamo a principi di diritto urbanistico oramai consolidati. Quando noi nell'articolo 5, parlando della rigenerazione e degli interventi di rigenerazione, vincoliamo il Governo, che è delegato ad emanare la relativa disciplina, alle categorie della demolizione e ricostruzione, noi lo vincoliamo al rispetto delle cose, cioè utilizziamo una categoria urbanistica già esistente: demolizione e ricostruzione significa che devi ricostruire esattamente, in termini di cubatura, quello che hai demolito, ed è possibile una diversa distribuzione sul territorio perché ci sono territori degradati che noi vogliamo recuperare, perché non è vero che tutto può rimanere com’è. Non è vero che per la gioia e per la goduria del cittadino che gira e vuole vedere il vecchio agglomerato urbanistico, magari decadente, magari in crisi, magari in via di decomposizione, allora quello deve rimanere com’è. Però, io non ci vado ad abitare: devono rimanerci ad abitare quelli che ci sono, ai quali io non devo offrire una prospettiva di sviluppo. 
Non c’è incentivo, e chiedo scusa per i salti logici. Non è vero: nel disegno di legge delega è previsto un intervento sul piano della fiscalizzazione. Io credo che sia stato giusto alla fine non insistere col definire in questo provvedimento il vantaggio in termini di oneri di urbanizzazione. Attenzione, perché così avremmo aperto un vulnus rispetto ai comuni che già oggi possono graduare nella loro autonomia, che noi rivendichiamo solo quando ci fa comodo. Dopodiché i comuni dovrebbero fare quello che diciamo noi qui. Non è così ! La leva che è nella mano dello Stato è la leva fiscale e noi la richiamiamo nell'articolo 5 inserendo, onorevole Presidente mi sia consentito dire, un meccanismo di concorrenza virtuosa dei territori, perché non solo stabiliamo un meccanismo premiale o la possibilità di un meccanismo premiale per il cittadino che accede a determinati strumenti, ma prevediamo anche una premialità per quegli enti locali che prima e meglio degli altri adeguano gli strumenti urbanistici allo spirito, al contenuto e al limite che questa provvedimento intende imporre. 

Certamente ci facciamo carico di un periodo transitorio, anche quello finalizzato a non mortificare gli enti locali e le programmazioni già in essere. Io penso di doverlo dire in quest'Aula: noi stiamo sostanzialmente rispettando – un minuto; mi avvio alle conclusioni –, sebbene con alcuni limiti, una programmazione urbanistica territoriale che è stata fatta dagli enti locali di questo Paese, che non sono tutti dei selvaggi, con il limite dei piani paesistici che noi rispettiamo e richiamiamo e anche quelli non sono frutto del far west o della selvaggia aggressione al territorio. 
Poi faccio un'ultima osservazione. Vorrei tranquillizzare i colleghi che mi hanno preceduto: se nella fase transitoria ci sarà, attraverso il rispetto della strumentazione urbanistica e paesaggistica vigente, il consumo di suolo, quel consumo concorrerà a determinare il limite dello sviluppo successivo, perché quel limite varrà anche rispetto a quello che è stato eventualmente edificato nel corso del periodo transitorio. 
Il provvedimento sicuramente è perfettibile. Ci auguriamo che il dibattito parlamentare sia in grado di apportare ulteriori contributi. Siamo convinti che ulteriori contributi verranno apportati, però non è possibile ragionare nei termini per i quali è tutto frutto dalla farina del diavolo. Io capisco che qualche cosa non la facciamo benissimo; ma che facciamo tutto malissimo e tutto volontariamente malissimo, per la volontà non si sa bene di chi, questo io penso che in quest'Aula, da un esponente del Partito Democratico e della maggioranza che sostiene questo Governo, non sia giusto dirlo. Non facciamo tutto perché ispirati dal diavolo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).