Discussione generale
Data: 
Lunedì, 15 Dicembre, 2025
Nome: 
Irene Manzi

A.C. 1311-A

La ringrazio, signor Presidente. Come ha ricordato il relatore poco fa, arriva oggi in quest'Aula una proposta di legge, presentata dalla collega Elena Bonetti e sottoscritta anche da rappresentanti di numerosi gruppi parlamentari, tra cui colleghi del Partito Democratico, che si occupa di attività educative.

Riporto proprio alcuni aspetti dell'articolo 1, ossia delle finalità di questa proposta di legge: per contrastare la povertà e le diseguaglianze educative, favorire il protagonismo delle nuove generazioni e sostenere le famiglie anche mediante l'offerta di opportunità educative rivolte al benessere dei figli. E questo è un tema sicuramente importante e da parte del Partito Democratico queste tematiche troveranno sempre attenzione e sostegno a favore, ovviamente.

Peccato poi che, purtroppo, alla prova dei fatti l'intervento anche correttivo della maggioranza abbia in parte depotenziato quegli effetti trasformando la proposta di legge, che poneva degli obiettivi diretti, immediati e concreti, in questo caso in una legge delega, che rischia un po' di depotenziare, come ricordavo, le azioni che provano a contrastare le diseguaglianze di opportunità che toccano e riguardano proprio le generazioni più giovani. E a dimostrazione di quanto sto sostenendo, voglio citare la proposta di legge Orrico, che poche settimane fa è stata discussa in quest'Aula - tra l'altro, ho partecipato io stessa alla discussione generale - e riguardava tematiche affini a questa (tra cui anche il tema del welfare studentesco, della dote educativa e dei patti educativi di comunità). Una proposta di legge, purtroppo, addirittura neanche depotenziata ma proprio azzerata nel passaggio in Commissione, con la soppressione di tutti quelli che erano gli articoli previsti, tra l'altro poi nel silenzio (ancora più grave) in Commissione (senza confronto e senza dibattito) dei rappresentanti e dei colleghi della maggioranza.

Ecco, questo spiace davvero anche rispetto (e ovviamente confermandoli) al nostro sostegno e al nostro intento anche di voler migliorare, come avevamo fatto con gli emendamenti presentati in Commissione, il testo originario di quella proposta di legge. E anzi, ci tengo proprio a ricordarlo a beneficio anche dei colleghi che non fanno parte delle Commissioni VII (Cultura) e XII (Affari sociali) (che hanno seguito poi direttamente questo provvedimento): quella proposta di legge, anche alla luce del breve ciclo di audizioni che avevamo condotto, aveva anche ulteriori margini di miglioramento e di potenziamento. Per esempio, potenziando anche il coinvolgimento del Ministero dell'Istruzione e del merito - che non c'è in questa proposta e comprendiamo anche perché sia stato eliminato in sede di legge delega, ovviamente -, proprio perché riteniamo che, quando si parla di attività educative formali e non formali, esse debbano rispondere non solo a un principio di conciliazione importante dei tempi di vita familiari, ma anche a un approccio educativo e formativo anche e soprattutto a favore di coloro che, magari per le difficoltà economiche della propria famiglia, si trovano costretti poi a rinunciare ad opportunità educative importanti per la propria crescita.

Proprio perché ci tengo a ricordare… Lo faccio spesso, però forse insistendo (da inguaribile ottimista), magari il tema può rientrare nell'attenzione e soprattutto nell'azione del Governo. Voglio ricordare, appunto, per l'ennesima volta che in questa sede stiamo parlando di dispersione scolastica, di povertà educativa e di diritto allo studio. Non mi piace citare troppi dati ma penso che per l'ennesima volta sia necessario ricordarne uno in quest'Aula: il numero dei bambini che vivono in povertà assoluta. Stiamo parlando di più di un milione di bambini in Italia e questa è un'ingiustizia assoluta e profonda, che riduce di fatto le possibilità, le aspirazioni, le opportunità dei più giovani, privandoli della possibilità, per esempio, di acquistare materiale scolastico oppure spingendoli a lasciare prematuramente il percorso di studi ed escludendoli dalla possibilità di poter frequentare teatri, cinema, attività sportive o ricreative. Ecco, sono ingiustizie profonde proprio perché riguardano le generazioni più giovani e non è un dettaglio, penso che sia giusto ricordarlo, anche perché questa povertà assoluta molto spesso si accompagna all'altro tema - è stato ricordato - della povertà educativa, che incide ancora di più sulle opportunità, sul presente e sul futuro dei più giovani proprio perché non si lega solo a quelle che sono le condizioni reddituali o lavorative delle famiglie ma si associa alla impossibilità, per esempio, di poter usufruire dei servizi di tempo pieno a scuola, dei servizi delle mense, e che non va a toccare quei divari sociali e, tra l'altro, territoriali presenti nell'apprendimento, oltre a privare i ragazzi e le ragazze della possibilità, appunto, di accedere a biblioteche e a libri e di scegliere di poter avere questa opportunità.

Quasi in una sorta di paradosso: meno opportunità familiari di partenza hai, meno possibilità poi hai di poter accedere a gradi di istruzione superiore e di poter costruire un futuro differente rispetto a quello della famiglia di appartenenza, e forse è qualcosa che i freddi numeri da soli non riescono a rappresentare. E voglio citare anche un altro aspetto, che tra l'altro è anche uno dei fattori ispiratori alla base di questa proposta di legge - non da oggi, perché parte da iniziative anche precedenti (anche nella scorsa legge di bilancio) adottate dalla collega Bonetti: parlo del tempo-estate, che è un tema molto urgente e molto importante, e voglio ricordare in questa sede la petizione, che ha raggiunto più di 75.000 firme, depositata pochi mesi fa in Senato e che era stata presentata anche dalla collega senatrice Simona Malpezzi e soprattutto promossa dalla organizzazione We World e dalle attiviste Sarah Malnerich e Francesca Fiore.

Quella petizione ci porta di fronte a un tema e ad un problema non facile ma molto complesso nella sua risoluzione (ne siamo consapevoli) e che forse meriterebbe prima o poi di essere affrontato. Quella petizione ha analizzato quello che è il tempo-scuola in Italia, che risponde a un calendario scolastico frutto di una società che era profondamente diversa rispetto alla società attuale e che ci pone davanti a un tema, quello che riguarda l'Italia, dove c'è il tempo-estate per cui le vacanze estive sono le più lunghe del resto d'Europa. Quella petizione ci porta davanti ad una sollecitazione, quella di garantire anche durante l'estate un presidio educativo - non solo un presidio di conciliazione tra organizzazione e tempi lavorativi delle famiglie e ovviamente i più giovani -, ma soprattutto a un problema educativo importante, perché i bambini, passati i tre mesi estivi, non tornano tutti uguali come sono usciti dalla scuola in termini di occasioni, di opportunità e di socialità, proprio perché non tutti i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze hanno famiglie che durante l'estate possono assicurare le stesse opportunità educative e formative oppure vivono in territori, con una grossa differenza tra Nord e Sud del Paese, dove non sono presenti le stesse opportunità educative che ci sono altrove; e questa è un'ingiustizia che ci dovrebbe sollecitare a mettere in campo delle soluzioni che non rifuggano dal fatto che questo è un problema complesso che chiama in causa l'organizzazione ovviamente scolastica e anche lavorativa in seno alla scuola. Ma quello che chiedeva quella petizione era anche la costituzione di un tavolo all'interno dei Ministeri competenti, a cominciare proprio dal Ministero dell'Istruzione, per provare a iniziare a sciogliere i nodi e in primo luogo a mettere in campo una strategia educativa, proprio perché non possiamo fingere che non ci sia un problema per le famiglie italiane e per i loro figli, appunto perché durante quella lunga pausa estiva le diseguaglianze non si fermano ma si moltiplicano: diseguaglianze tra chi può accedere ai centri estivi o ad altre attività formative e ricreative e chi invece non ha quei mezzi e, soprattutto, chi non può avere quelle opportunità relazionali e di socialità che sono fondamentali nel percorso di crescita di una giovane generazione.

Ecco, sappiamo che è anche questo uno dei temi che è alla base, a monte, e che ha ispirato questa proposta di legge. Ed ecco perché, approfittando appunto della delega che è contenuta in questo testo, noi vogliamo ribadire appunto che la prospettiva non può essere limitata, ma deve essere più ampia, deve seguire tra l'altro specifiche progettualità anche pedagogiche ed educative, appunto opportunità educative, formali e non formali, come la proposta di legge ricorda. E voglio aggiungere anche un altro dato perché avrete letto anche voi colleghi, nei giorni scorsi, l'indagine riportata da Il Sole 24 Ore sul tema della denatalità e sulle scelte familiari in questo caso dei giovani tra i 18 ed i 35 anni.

Quell'indagine ci consegna un dato preoccupante ed allarmante allo stesso tempo, ma che forse dovrebbe indurci ad agire e a mettere in campo una strategia ovviamente che non riguarda solo le politiche educative, ma è oggettivamente molto più ampia e complessa. Quell'indagine, appunto, ci dice che i giovani italiani tra i 18 e i 35 anni scelgono di non avere figli per un'insicurezza economica, spesso collegata al costo che si deve sostenere poi per crescere quei figli, per formare una famiglia, per la scarsa disponibilità di asili nido e servizi per l'infanzia, per l'incertezza legata al proprio percorso lavorativo, spesso anche per la mancanza di supporto all'interno della propria famiglia. Ecco, secondo quell'indagine il 58 per cento degli italiani giudica non adeguate le politiche per la famiglia e proprio per questo chiede maggiore sicurezza e stabilità sul lavoro, richiede incentivi economici, flessibilità lavorativa e congedi parentali più lunghi e retribuiti; chiede supporti per l'abitare, agevolazioni per gli affitti e per i mutui e ovviamente servizi per l'infanzia, asili nido, opportunità educative per i propri figli. E non è un libro dei sogni questo, colleghi, questo risponde ad esigenze reali ed effettive del nostro Paese a cui purtroppo questa maggioranza di Governo continua a non rispondere oppure a depotenziare, a rimandare la palla in tribuna, come un po' fa, e spiace dirlo rispetto a questa proposta di legge che ha degli intenti e degli obiettivi importanti e condivisibili.

E torno appunto proprio sul tema di questo provvedimento e all'urgenza anche di attuare delle misure concrete, ulteriori di contrasto della dispersione scolastica e della povertà educativa. Ecco, che cosa servono? Servono interventi strutturali soprattutto e di lungo periodo. Se parlate, se avete modo di confrontarvi con amministratori locali, con associazioni di settore quello che si chiede più spesso è il tempo pieno, si richiedono i servizi di mensa, per esempio, a scuola; si chiedono diffusione degli asili nido e riconoscimento soprattutto della universalità di questo servizio. E a queste urgenze noi aggiungiamo un tema in più come Partito Democratico, il tema dei patti territoriali, il tema delle comunità educanti, che costituiscono a nostro avviso una risposta non occasionale ad un problema complesso e generale perché le comunità educanti rappresentano un progetto educativo, appunto, che coinvolge psicologi, educatori, pedagogisti, mondo associativo, enti locali, Terzo settore, reti di scuole per garantire tutto l'anno - inclusa anche ovviamente l'estate - azioni educative a favore degli studenti, offrendo ovviamente opportunità, azioni, progettualità educative differenti in base ai singoli territori, valorizzando quindi l'autonomia scolastica con dei soggetti che siano in grado di farsi carico dei bisogni della comunità; proprio perché non possiamo essere tra l'altro indifferenti ad un dato importante che riguarda la dispersione scolastica: la dispersione, implicita o esplicita, rappresenta una sconfitta grave per tutto il sistema educativo ed un costo, tra l'altro, effettivo per lo Stato sia in termini di minore ricchezza nazionale, sia in termini di aumento sia della criminalità che della marginalità e, più in generale, dell'insicurezza sociale.

Ed è un fenomeno tra l'altro multifattoriale, che richiede quindi delle azioni politiche utili a prevenire dentro e fuori la scuola questo fenomeno. E noi pensiamo che anche i patti educativi di comunità passino appunto da questo e voglio ricordare - proprio perché vi hanno preso parte quasi tutte le forze politiche, vi ha preso parte la Sottosegretaria all'Istruzione, Paola Frassinetti - una bella iniziativa che si è realizzata proprio poche settimane fa qui alla Camera, promossa dal Tavolo interassociativo per la scuola, che riunisce le principali associazioni professionali del mondo della scuola, movimenti giovanili per esempio dei principali partiti politici, che era dedicato proprio ai patti territoriali.

Ecco in quella occasione si sono condivise delle esperienze significative che già avvengono nel nostro Paese, in tante parti del nostro Paese, ponendo tra l'altro alcuni dati, alcuni elementi su cui riflettere, ossia la crisi educativa che attraversa, per esempio, il nostro Paese, la solitudine istituzionale in cui spesso la scuola si trova a muovere e soprattutto la crisi, l'indebolimento simultaneo di quelli che sono i tre pilastri - a nostro avviso - dell'educazione: la famiglia, la scuola e le comunità in cui queste famiglie e scuole si trovano a vivere, che spesso faticano a rispondere alle domande di una società che è in rapidissima trasformazione.

In quel convegno si è parlato di disagio delle generazioni più giovani, che spesso è testimoniato da atti di bullismo, da atti di violenza e, di fronte a tutto questo, una delle soluzioni che è stata promossa è stata proprio quella dei patti territoriali, perché non bastano e non servono soprattutto solo azioni repressive o punitive, non servono circolari, ennesime circolari ministeriali, non servono i consensi informati di cui a lungo abbiamo discusso in quest'Aula; servono quattro parole d'ordine: fiducia, ascolto, risorse e soprattutto sostegno. Serve davvero prendersi cura della scuola come comunità educante e di tutti i soggetti che ne fanno parte e per cementare quel tipo di relazioni i patti educativi rappresentano sicuramente uno strumento utile e prezioso, che però necessita - e lo chiedono tutti coloro che sono coinvolti - di fondi e risorse strutturali. Non lo dice appunto il Partito Democratico, lo dicono le amministrazioni locali, le associazioni, le istituzioni che spesso li realizzano grazie a finanziamenti a scadenza e proprio della scadenza la progettualità educativa non ha bisogno. Ringrazio quindi davvero la collega Bonetti per averci offerto una possibilità in più per discutere in quest'Aula - e lo faremo anche nell'esame degli emendamenti, poi successivamente - per aver offerto appunto a quest'Aula un'opportunità in più per parlare e per discutere di questi temi.

Poco lontano da qui, al Senato, si sta discutendo la legge di bilancio. Ancora non si sa quando, come e con che modalità, tra l'altro, arriverà in quest'Aula. Non torno sui tagli che hanno riguardato il settore dell'istruzione, sui 600 milioni che per il prossimo triennio verranno sottratti alla scuola, ma voglio ricordare una cosa, parlando proprio di patti educativi e patti territoriali: per il Partito Democratico quello sui patti territoriali, quello sulla strutturalità dei fondi è uno degli emendamenti prioritari che abbiamo indicato alla legge di bilancio, proprio perché crediamo in quello che diciamo, non ci limitiamo a parlarne e basta. E se il Governo vuole dimostrare di avere a cuore questo tema, ecco ha un'occasione importante e significativa per dimostrarlo, per far sì che quella battaglia non sia solo la battaglia di una parte politica ma, cogliendo lo spirito anche di quell'incontro a cui facevo riferimento poco fa, sia davvero una battaglia comune di tutti, maggioranza e opposizione. Ecco sarebbe il modo concreto e reale di dimostrare che si hanno a cuore realmente gli interessi dei bambini e delle bambine con fatti, azioni, risorse concrete e strutturali, quelle azioni, quella fiducia di cui il mondo della scuola ha da sempre il reale e concreto bisogno.