Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 23 Maggio, 2016
Nome: 
Paolo Beni

A.C. 2617-B

 

Grazie, Presidente. Siamo al secondo passaggio, in questa Camera, di un disegno di legge a lungo atteso dalle migliaia di organizzazioni di volontariato, associazioni, cooperative e imprese sociali che costituiscono il variegato mondo del terzo settore italiano. Si tratta di un insieme di soggetti che tutti riconoscono ormai come risorsa vitale della società italiana, straordinario serbatoio di energie di volontariato, di civismo, costruttore di coesione sociale, di buona economia protesa al bene comune. Si tratta dell'unico settore, fra l'altro, che ha continuato a crescere e creare nuova occupazione, pure negli anni della crisi. 
Per questo è più che giustificata l'enfasi con cui fu accolto l'annuncio della riforma: un passaggio storico, si disse, una riforma di valenza costituente, il terzo settore che in realtà dovrebbe chiamarsi il primo, come ama dire il Premier. Ma, proprio per questo, dopo venti mesi dall'avvio dell'esame in Parlamento, non possiamo tardare oltre nel rispondere alle molte aspettative suscitate da questa riforma. Si tratta di aspettative che derivano dalla necessità di colmare lacune e incongruenze, che non mancano nella ricca, ma frammentata legislazione di riferimento, per dar vita a una disciplina più organica, più efficace e armonica, rafforzare tutto il sistema delle agevolazioni e degli strumenti di sostegno, revisionare i sistemi di accreditamento e di controllo. 
Io ritengo che il testo che oggi abbiamo in discussione risponda con efficacia a queste esigenze. Il Senato vi ha apportato numerose modifiche, che, tuttavia, non cambiano l'impianto generale e i contenuti essenziali della legge che approvammo in quest'Aula un anno fa. Semmai, in più punti, precisano meglio i principi e i criteri direttivi a cui il Governo dovrà attenersi nell'esercizio delle deleghe e questo è positivo. Mi limito, pertanto, ad aggiungere poche considerazioni a quanto già discusso, anche in occasione della prima lettura della Camera. 
Io penso che il primo merito di questa legge sia che finalmente inserisce nel nostro ordinamento una definizione giuridica del terzo settore, colmando una lacuna che finora ha causato non poca confusione e molte ambiguità. L'articolo 1 identifica, infatti, correttamente gli enti del terzo settore, ne definisce natura, finalità, attività, principi che devono ispirarne l'azione. Si traccia, così, un perimetro chiaro, che delimita il campo del terzo settore nell'ambito del più ampio universo sia dei soggetti senza fine di lucro, di cui al libro primo del codice civile, sia di quelli di impresa, di cui al libro quinto del codice civile. Solo chi sta dentro quel perimetro potrà definirsi di terzo settore e accedere ai benefici e alle norme di favore. Questo è un punto. 
Il secondo merito, a mio parere, è il superamento della cronica frammentazione del terzo settore. Pur senza cancellare le differenze che caratterizzano le diverse forme organizzative, si è scelto di riunire e armonizzare le specifiche norme esistenti in un unico codice del terzo settore. 
Lo stesso vale per il sistema di registrazione degli enti, che saranno iscritti in un registro nazionale unico, pur sempre organizzato in sezioni ed elenchi di settore e sempre in quest'ottica la scelta di un'unica sede istituzionale di rappresentanza del mondo del terzo settore, il Consiglio nazionale, che la collega Lenzi citava poc'anzi. Terzo punto: la legge risolve, a mio parere in modo chiaro, un quesito annoso, cioè se noi dobbiamo disciplinare gli enti del terzo settore in base alle finalità che enunciano nei rispettivi statuti, oppure in base alle attività che effettivamente svolgono. La risposta che questa legge ci dà è molto semplice: ambedue le cose, cioè un ente di terzo settore deve, sì, possedere precisi requisiti nella forma costitutiva e nelle finalità iscritte nello Statuto, ma deve anche dimostrare l'effettiva utilità sociale delle attività che realmente svolge. 
Sul nodo dell'impresa sociale è stato già detto, si è discusso molto nei mesi scorsi: l'attuale formulazione rappresenta un buon punto di equilibrio. Viene introdotta la possibilità di una parziale remunerazione del capitale, ma con precisi limiti e condizioni che salvaguardano il carattere non speculativo di queste imprese. Io penso che una virtuosa contaminazione, fra non profit e mercato, e la capacità di attrarre nuovi investimenti nell'impresa sociale non potranno che favorire lo sviluppo del terzo settore senza per questo tradirne l'identità, che risiede – ricordiamolo – innanzitutto nel tratto unificante delle finalità non lucrative e della preminente vocazione all'utilità sociale. 
È importante che la delega preveda la revisione delle misure di agevolazione fiscale, oggi decisamente troppe e spesso poco chiare e la ridefinizione della nozione di ente non commerciale. Questo è un punto delicato, in relazione al quale andrà prestata particolare attenzione alla salvaguardia di quelle attività economiche che sono accessorie, ma finalizzate agli scopi istituzionali e che costituiscono la principale fonte di sostegno per tante associazioni totalmente autofinanziate senza accedere a risorse pubbliche. 
Bisognerà che i decreti attuativi tengano poi nel debito conto anche l'esigenza di graduare vincoli e oneri burocratici in base alle dimensioni degli enti, sul piano economico, organizzativo, del numero dei soci e dell'attività svolta. Se il principio deve valere per tutti e deve essere uguale per tutti, l'onere non può essere uguale per grandi e per piccoli; soprattutto, vanno semplificati gli obblighi formali: meno regole, più chiare e sostenibili da tutti. 
Da questo punto di vista saranno decisive le funzioni di vigilanza e di controllo affidate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che io mi auguro possa disporre di una struttura adeguata per svolgerle. Buona la scelta di puntare anche su forme di autocontrollo, valorizzando il ruolo delle reti associative di secondo livello e dei centri di servizio per il volontariato. Sono convinto infatti che questa riforma sarà tanto più efficace, quanto più coinvolgerà gli stessi enti in un rapporto leale con le istituzioni. 

Del resto, un virtuoso rapporto fra terzo settore e istituzioni sarà anche la chiave del possibile successo – come lo è stato – del servizio civile nazionale, del servizio civile universale, che viene istituito con l'articolo 8. Grande scommessa sulla formazione civica e la mobilitazione delle energie delle nuove generazioni al servizio del Paese. 
Lo stesso discorso potrebbe valere anche per la Fondazione Italia sociale, introdotta dal nuovo articolo 10. Ben venga uno strumento destinato ad attrarre nuove risorse private da investire in progetti innovativi, ma purché non si sostituisca ai soggetti del terzo settore e svolga semplicemente una funzione di volano al servizio dello sviluppo del terzo settore; si tratta di due cose molto diverse, come è facile intuire. 
Concludendo, siamo di fronte a una riforma – io penso – che contribuirà non poco a semplificare, a fare chiarezza, a sostenere e a incentivare le molte forme con cui si esprime l'iniziativa dei cittadini, che si associano per perseguire il bene comune. Una riforma che sprigionerà appieno tutte le sue potenzialità però solo se saprà valorizzare, non soltanto le capacità economiche e occupazionali del terzo settore, ma soprattutto la sua dimensione solidaristica, partecipativa, popolare e democratica.

È bene ricordare che infine – e concludo davvero – saranno i decreti attuativi la vera prova del nove dell'efficacia di questa riforma, che ci potranno dire se questa legge non avrà tradito le tante aspettative del mondo del terzo settore. E sarà decisivo il metodo con cui si lavorerà alla stesura dei decreti attuativi, che entreranno nel merito e nel dettaglio delle tante norme di cui stiamo parlando. 
Per questo, io mi sento, in conclusione del mio intervento, di dover chiedere al Governo, al sottosegretario Bobba, di affrontare questo lavoro, che sarà il lavoro dei prossimi mesi, continuando a tenere aperto, anche nella prossima fase, quel confronto costante e costruttivo con gli enti del terzo settore e con le varie organizzazioni di rappresentanza del mondo del terzo settore, che in tutta questa fase che abbiamo alle spalle ha dimostrato di dare ottimi frutti.