discussione generale
Data: 
Martedì, 19 Aprile, 2022
Nome: 
Walter Verini

A.C. 2681-A

Relatore per la maggioranza

Grazie, Presidente. La relazione puntuale svolta dal deputato Eugenio Saitta, naturalmente, mi esime dal soffermarmi, come ha fatto molto bene lui, sui contenuti specifici. Voglio, quindi, limitarmi ad alcune considerazioni non solo di merito, ma anche più generali.

Intanto, rilevo, in questo anno, questo Parlamento ha approvato le riforme del processo penale civile e ora vede in dirittura d'arrivo questa dell'ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura. Tutte e tre, avviate con il precedente Governo, sono state completate, e in diverse parti anche sostanzialmente modificate, dal Parlamento, dall'attuale Governo e, naturalmente, dal lavoro importante, paziente e intelligente della Ministra Marta Cartabia. È stato un lavoro lungo e faticoso, che ha visto coinvolti tantissimi, in audizioni e in Commissioni di studio, le principali componenti della giurisdizione, magistratura e avvocatura, come ha ricordato Saitta; un lavoro particolarmente complesso, perché ha dovuto cercare di mettere insieme e di trovare sintesi tra punti di vista anche diametralmente opposti. Per questo il risultato è importante, ma non si tratta di una rivoluzione copernicana, di una panacea per il sistema giustizia, così malandato. Si tratta, però - questo va detto, va valorizzato –, di tre riforme di sistema che questo Paese non conosceva da decenni, almeno da quando la giustizia è stata il principale terreno di scontro politico in questo Paese: la guerra dei trent'anni, è stato detto. Ci sono, su questa guerra dei trent'anni, come si sa, ma anche come è giusto che sia, idee diverse sulle motivazioni, su come e perché da qualche parte si sia cercato di minare il principio costituzionale della separazione dei poteri, dell'indipendenza della magistratura, e su come e perché, d'altra parte, pezzi della magistratura abbiano reagito con invasività e spesso con invasioni di campo del tutto sbagliate; sul perché, insomma, in questi anni si siano fronteggiati (semplifichiamo così), da una parte, una concezione populista della giustizia e poco attenta al cardine della presunzione di innocenza e, dall'altro, un garantismo che di questa così nobile espressione aveva poco, essendo praticato a corrente alternata, à la carte.

Vogliamo andare oltre questi giudizi, perché poi ognuno ha i propri, però quello che intendiamo dire è che queste riforme - e per quello non vogliamo guardare al passato -, che, oggi, l'Aula della Camera inizia a discutere, vanno oltre questa guerra dei trent'anni, cercando di guardare al futuro e di rendere più civile e moderna la giustizia italiana.

A queste riforme aggiungerei anche il recepimento della direttiva europea sulla presunzione di innocenza, che offre maggiori garanzie, che cerca di frenare il grave fenomeno delle cosiddette gogne mediatiche, anche se nessuno - voglio ribadire anche questo - può pensare che una libera e corretta informazione, libera e corretta, non sia un diritto da tutelare. Non sono riforme a favore di qualcuno o contro qualcuno.

La scommessa è quella di un sistema giudiziario più rispettoso dei principi costituzionali, della durata ragionevole dei processi, delle garanzie per gli indagati e poi, eventualmente, per gli imputati, ma anche per le vittime dei reati, che spesso rimangono un po' troppo sullo sfondo nel dibattito pubblico. La scommessa è anche quella, con la riforma di cui discutiamo, di aiutare la magistratura a ritrovare quella credibilità e autorevolezza di cui essa stessa e il Paese hanno urgentemente bisogno. Sono principi ed esigenze che il Presidente della Repubblica Mattarella ha sempre richiamato con forza in questi difficilissimi anni; anni difficilissimi anche per la magistratura e per lo stesso Consiglio superiore, che ha affrontato questa tempesta anche grazie all'equilibrio e alla misura del vicepresidente Ermini. Questi principi sono stati al centro del forte e applauditissimo discorso pronunciato dallo stesso Sergio Mattarella alle Camere riunite dopo la sua nuova recente elezione a Capo dello Stato. Questa riforma, anche per questo, non può essere, e nessuno vuole che sia, contro la magistratura.

Noi rispettiamo davvero l'indipendenza della magistratura, anche se ci auguriamo che non venga scelta la strada annunciata e ipotizzata dello sciopero, che rischierebbe, a nostro giudizio, tra l'altro di non essere compreso, oggi più che mai, dal Paese. Non condividiamo toni e contenuti di un dissenso così radicale. È vero, c'è stato in giro, c'è in giro chi avrebbe voglia di assestare qualche colpo, qualche colpetto, all'indipendenza della magistratura, di regolare qualche conto, qualche scoria della cosiddetta “guerra dei trent'anni”, però, al di là della volontà soggettiva di singoli parlamentari, che su temi molto sensibili hanno espresso posizioni, presentato o ripresenteranno emendamenti, ai quali non imputo - lo dico sinceramente - nessuna volontà in quel senso, però alcuni rischi paventati di colpire l'indipendenza in questa riforma non ci sono. Magari qualche rischio, secondo alcuni, avrebbe potuto esserci se ci fosse stato contenuto il sorteggio per i candidati; sarebbe stato come certificare “tiriamo a sorte, ogni magistrato vale come un altro, la magistratura non è in grado di saper scegliere i più adatti”, ma questo nella riforma non c'è. Oppure se ci fosse stato un altro tema legittimo di discussione, la responsabilità civile diretta, che per qualcuno avrebbe potuto rappresentare un limite serio all'esercizio dell'azione penale. Questo naturalmente non vuol dire sottovalutare e risarcire i frequenti casi di mala giustizia per dolo o colpa grave, ma anche questo nella riforma non c'è. C'era anche chi - un altro tema di legittimo dibattito, di aperto dibattito da anni - avrebbe voluto azzerare il passaggio di funzioni, in vista di una radicale separazione delle carriere.

Dicevo, posizioni legittime, per noi non condivisibili, perché la cultura della giurisdizione, tutta l'esperienza requirente e giudicante arricchisce e rende più completo il punto di vista di un magistrato. Peraltro non va dimenticato che negli ultimi anni i casi di passaggio di funzione sono stati poco più di 30 ogni anno su oltre 9 mila magistrati. Tutto ciò per dire che anche questo è un tema di grande rilievo politico-culturale, di grande impatto mediatico, ma di limitata consistenza effettiva; e comunque nella riforma quello che per qualcuno avrebbe potuto essere un rischio, l'azzeramento totale, non c'è. Saranno eventualmente altri i momenti che decideranno, con consultazioni popolari, se andare in questa o in altre direzioni.

L'equilibrio trovato, dunque, è accettabile per tutto, e non vedo sinceramente in certi toni, in certe critiche radicali, dei puntuali riferimenti al contenuto della riforma. Però altre critiche, anche forti, per noi invece sono viste come opportunità, come innovazioni. Eugenio Saitta le ha ricordate, ne voglio brevemente specificare alcune. Ci sono norme che premieranno nelle carriere il merito, le prestazioni, senza quegli automatismi che troppe volte hanno promosso magistrati che a valutazioni più attente avrebbero avuto esiti diversi. In questo senso crediamo che sia da guardare come stimolo utile anche la possibilità data all'avvocatura, non ai singoli avvocati, di esprimere con il voto una valutazione dentro i consigli giudiziari. Abbiamo molto sostenuto questa proposta perché non va guardata con timore, ma come un arricchimento dei punti di vista e della collaborazione tra le componenti fondamentali della giurisdizione; e l'avvocatura, come è stato sottolineato, non è certo un ospite nella casa della giustizia.

Lo stesso fascicolo, che di fatto già esiste, rappresenta per noi uno stimolo a valutazioni sempre più fondate sulla professionalità, il rigore, le capacità organizzative e le prestazioni. Noi stessi a riunioni preparatorie abbiamo detto: guai se qualcuno, ove mai, concepisse questo strumento come una schedatura. Se fosse così, questo rischierebbe di burocratizzare il lavoro dei magistrati, di limitare l'esercizio dell'azione penale, ma non è questa l'interpretazione, noi ne diamo una che è quella di stimolare, come dicevo, sempre più il merito, le capacità, la responsabilità, l'interpretazione più efficace delle norme di legge. Nessuna volontà punitiva, dunque, ma stimolo e contributo a svolgere sempre più anche questo fondamentale ruolo per la nostra democrazia con onore e disciplina, capacità e dedizione, trasparenza e assoluto senso dello Stato. Ci sono altre novità importanti per regolamentare meglio il rapporto tra magistratura e impegno nella politica e nelle istituzioni. Qui si è fatto giustamente prevalere il principio dell'imparzialità effettiva e percepita del magistrato; imparzialità che può venire messa in discussione da scelte elettorali politico-partitiche. Si sono trovate soluzioni equilibrate, che distinguono i magistrati che si candidano nei diversi livelli istituzionali o che assumono ruoli politico-istituzionali, ma, anche qui, senza demonizzazioni.

Del resto c'è anche stato chi ha fatto notare come in questo Parlamento alla fine i magistrati siano soltanto tre tra Camera e Senato; per dire, altre categorie, gli avvocati, sono rappresentati in un numero superiore a 140. Il contributo che stanno dando a questo come ad altri provvedimenti è di primissima qualità, quindi non è per fare polemica, ma per dire che il fenomeno va visto nelle sue giuste dimensioni. Tuttavia è stato giusto, perché chi fa il magistrato deve essere percepito come imparziale, come terzo, e la scelta verso un partito, verso una coalizione politica, mina o può minare questa credibilità; ma senza demonizzazioni, dicevamo, distinguendo anche chi sceglie liberamente di esercitare ruoli politico-istituzionali da chi invece, fuori ruolo, svolge e svolgerà funzioni e compiti apicali e dirigenti per un tempo limitato nei gabinetti e negli uffici amministrativi, cioè incarichi non al servizio di un partito, ma della collettività, dello Stato. Altra cosa in questo senso – che io condivido molto - è che si vada a sostenere, a incentivare, a rafforzare la presenza di tutte le culture della giurisdizione e anche degli accademici nelle strutture di supporto ministeriali e dello Stato, ma non c'è dubbio come i limiti contenuti alle cosiddette porte girevoli siano tra le innovazioni da citare in questa riforma.

Ancora, e mi avvio a concludere, c'è da rilevare la novità del sistema elettorale, che, pur riprendendo la formula del sorteggio dei collegi, già sperimentata oltre 20 anni fa, prova a individuare e a sperimentare un sistema misto, tenendo più articolata la rappresentanza, aumentando il numero dei membri del Consiglio superiore. Ciò potrebbe contribuire a combattere non tanto le correnti come tali, quanto le correnti che degenerano nel carrierismo e nel correntismo. E qui mi sia consentito esprimere una soddisfazione particolare, che credo che sia di tutti, per gli elementi normativi e regolamentari introdotti con lo scopo di garantire la parità di genere.

Pure questa è un'innovazione di grande valore, che potrà portare a un CSM più ricco, più articolato, più rappresentativo dal punto di vista anche dei generi, con evidente salto di qualità e di contemporaneità. Non vanno sottovalutate tra le novità anche quelle che riguardano il funzionamento interno del Consiglio. Si è già detto, per esempio, dell'aumento del numero dei membri, che consentirà, tra l'altro, di evitare la contemporanea partecipazione di un membro del CSM alla commissione che si occupa del disciplinare e a quella che si occupa, invece, delle promozioni, delle valutazioni di professionalità degli incarichi direttivi e semidirettivi. Insomma, più in generale, anche il funzionamento del CSM potrà trarre beneficio dai meccanismi di maggiore trasparenza, da criteri di merito e professionalità per le nomine e gli incarichi, anche con lo stop alle cosiddette nomine a pacchetto.

Certo – concludendo -, anche la migliore riforma, la migliore legge elettorale, di per sé, non garantiscono quella necessaria autorigenerazione della magistratura di cui il Paese ha bisogno. Autorigenerazione: è la stessa parola, espressione usata più volte dal Presidente della Repubblica. Ecco perché - lo diciamo con sincero rispetto - ci aspetteremmo dall'ANM, per esempio, un atteggiamento più aperto, più coraggioso, perché in ballo ci sono davvero da difendere principi importanti, ma indipendenza e autonomia, secondo noi, non possono, in alcun modo, coincidere con conservazione, autoconservazione, pigrizie, mantenimento di situazioni che hanno contribuito alla perdita di credibilità. Il Paese, l'ordinamento giudiziario hanno bisogno di una magistratura che ritrovi il meglio delle sue tradizioni e del suo servizio, il meglio dei tanti esempi - lo dico senza retorica, sono patrimonio comune di tutti -, che, pagando anche con la vita, hanno contribuito, ieri o quelli che contribuiscono oggi, a rendere l'Italia migliore, combattendo la attualissima e gravissima penetrazione delle mafie, la piaga attualissima e gravissima della corruzione, il terrorismo, ieri, ma anche oggi, e tanti altri gravissimi fenomeni che colpiscono il nostro Paese.

Questi sono per noi alcuni elementi qualificanti la riforma, le riforme, le tre riforme. L'auspicio è che il Parlamento faccia presto e bene il suo lavoro, garantendo segnali innovativi per il sistema giustizia, eleggendo il nuovo Consiglio superiore con le nuove regole, rispettando anche le scadenze del PNRR, che ammontano, tra l'altro, come finanziamenti per il comparto giustizia, a oltre 3 miliardi e provando a scrivere - io mi auguro che tutti noi ci possiamo riuscire, anche nella polemica, anche nelle diversità di opinioni - una pagina di futuro, ancorata a quel caposaldo di ieri, ma che è ancora attualissimo oggi e che si chiama Costituzione repubblicana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).