Relatore per la maggioranza
Data: 
Lunedì, 13 Luglio, 2015
Nome: 
Ernesto Carbone

A.C. 3098-A

 

Signora Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, con il provvedimento che affrontiamo oggi, ci prepariamo a compiere un passo determinante lungo la strada delle riforme. 
Innovando in maniera organica e approfondita la Pubblica amministrazione tagliamo un doppio traguardo. Da una parte ammoderniamo il sistema-Italia, allineandolo ai più alti standard dei grandi paesi europei. Dall'altra mettiamo benzina nel motore del cambiamento, rendendo più facile la realizzazione di tanti altri interventi normativi la cui attuazione è rallentata da un'organizzazione dello Stato troppo spesso elefantiaca. 
Vogliamo raggiungere questo doppio risultato partendo da un presupposto: la pubblica amministrazione italiana, e i lavoratori che la animano, sono una risorsa insostituibile. Un fattore di sviluppo che va valorizzato con il contributo di tutti. 
Ha detto Max Weber che «la burocrazia è l'incarnazione stessa dell'efficienza razionale di un Paese». Una frase che ascoltata nell'Italia di oggi lascia l'amaro in bocca. Ma nella loro essenza, queste parole restano vere: perché una amministrazione è razionale o non è. Solo istituzioni efficienti contribuiscono a soddisfare i bisogni dei cittadini. Una burocrazia ipertrofica, labirintica e lontana dai bisogni dei cittadini non fa parte delle soluzioni, fa parte dei problemi di una nazione. 
Ma prima ancora di puntare il dito e pronunciare sentenze, dobbiamo tutti interrogarci su un punto: cosa è stato fatto fino a questo momento per rendere la pubblica amministrazione degna del suo nome ? Per troppi anni, colleghi deputati, fuori e dentro quest'Aula, abbiamo assistito a un attacco feroce e sistematico che non mirava ad individuare le cause delle inefficienze, ma solo a indicare «colpevoli». 
Una impostazione sbagliata, controproducente, che ha radicalizzato lo scontro, diviso il paese e allontanato in ultima istanza l'obiettivo fondamentale di arrivare a una riforma davvero strutturale, perché nata da un confronto reale con gli attori coinvolti, frutto di un metodo di lavoro coesivo e partecipativo.
Oggi invertiamo la rotta. Individuiamo e interveniamo sui nodi di merito, sulle strozzature di sistema, sulle eccessive intermediazioni. E diamo impulso ed energia ad una riforma che mira alla realizzazione di target strategici comuni. 
Le parole chiave di questo nuovo corso sono trasparenza, merito, produttività, innovazione e responsabilità. 
Si badi bene: obiettivi fondamentali non solo per l'amministrazione pubblica e per le strutture nazionali e territoriali, ma per il riscatto e la crescita del paese tutto. 
Concetti che noi qui oggi vogliamo trasformare in misure concrete. Ma che vogliamo anche trasferire in una nuova e ideale carta dei valori di una amministrazione pubblica che sia orgogliosa della propria funzione. 
Dobbiamo passare da uno Stato pesante a uno Stato pensante. Da un edificio che per molti versi è ancora sorretto da impalcature ottocentesche e il cui accesso è complicato da mille procedure e adempimenti, a una struttura semplice. Un'interfaccia moderna e capace di dialogare e di interagire in maniera reattiva e umana. Insomma, non una fredda macchina, ma un vivo organismo che abbia gli strumenti, le risorse, le infrastrutture e le capacità per adempiere il proprio dovere al servizio del cittadino, della famiglia, dell'impresa. 
È chiaro allora quale sia la sfida: riaffermare il protagonismo delle pubbliche amministrazioni nella partita della crescita economica e dell'integrazione sociale. 
Una partita che possiamo vincere definendo nuove e più efficaci norme che regolino, a tutti i livelli, i processi decisionali e di controllo. Significa sfrondare le procedure in eccesso anche rilanciando il capitolo fondamentale della digitalizzazione dell'amministrazione pubblica. 
Con l'agenda della semplificazione sosteniamo il governo nella sua azione di sfrondamento delle procedure in settori fondamentali quali il fisco, il welfare, l'impresa e l'edilizia. 
Vuol dire ridurre i tempi delle procedure attraverso un impegno sistematico in ogni settore della Pa, rifiutando ogni demagogica e sterile norma-annuncio e attuando la verifica puntuale dell'efficacia degli interventi di semplificazione adottati. E vuol dire anche tagliare le procedure ridondanti, realizzando una politica di semplificazione organica e condivisa tra Stato, Regioni e Autonomie locali. 
In un contesto di burocratizzazione totale in cui ci troviamo a vivere, dobbiamo accelerare il processo di informatizzazione e di digitalizzazione, strutturare modelli di open data e di open government, estendere e rinforzare il controllo sui processi di gestione. 
Le deleghe che consegniamo al Governo aprono finalmente la strada che porta all'era della cittadinanza digitale. Qualcosa di molto diverso e di molto più importante di un semplice target di adeguamento tecnologico. Siamo di fronte all'opportunità di dare vita a una infrastruttura del tutto nuova, che rafforzi la democrazia e lo Stato di diritto fornendo servizi certi con regole certe. Sotto questo profilo, questa idea di amministrazione digitale moltiplica e amplifica i progetti di sburocratizzazione o semplificazione, che qui integriamo. 
È il caso della profonda revisione che la legge delega prefigura per le forze di polizia. Miriamo a raggiungere tre obiettivi determinanti e fin troppo rimandati negli anni: unire tutti i servizi strumentali: dalle caserme agli uffici acquisti ai mezzi di trasporto, eliminare le duplicazioni di funzioni e razionalizzare le varie catene di comando, passando da cinque a quattro corpi. 
È il caso della drastica riduzione delle partecipate, elemento qualificante di un nuovo modello che prevede limiti più stringenti alla loro costituzione e maggiori vincoli di efficienza al loro mantenimento e funzionamento, nel segno di una maggiore responsabilità degli amministratori. 
Partecipazione e produttività sono elementi profondamente legati: come dimostra la deludente esperienza degli anni passati, non è attraverso tagli lineari alla Pa o una violenta delegittimazione dell'impiego pubblico che si arriva a ridefinire contorni più snelli e meccanismi più limpidi e controllati. 
Occorre allargare, coinvolgere, consolidare i momenti di partecipazione diffusa, ideare nuovi strumenti di feedback per aumentare la trasparenza, che è da sempre l'antidoto migliore ai fenomeni di corruzione, clientela e malagestione. 
È lo spirito del Freedom of information Act, di cui indichiamo princìpi e criteri fondamentali e che vogliamo diventi lo strumento principe per l'accesso dei cittadini a tutti i dati delle pubbliche amministrazioni. Una finestra attraverso la quale sarà possibile individuare i punti deboli ed i punti di forza delle amministrazioni locali e nazionali. E dunque compiere il primo passo per migliorare i servizi, incrementare le competenze, immettere innovazione. 
Tutto questo richiama la necessità di far corrispondere all'autonomia delle dirigenze puntuali e conseguenti responsabilità nelle dinamiche decisionali. Chiunque frequenti a qualsiasi livello la pubblica amministrazione può testimoniare uno stato dell'arte ancora molto lontano da standard di dinamismo, reattività e merito davvero efficaci. 
Ne derivano strutture organizzative a «responsabilità limitata», che di fatto immobilizzano il dirigente nell'amministrazione originaria, impedendo da una parte la circolazione e la positiva contaminazione delle competenze, e dall'altra l'emergere di nuove leve. Con questo provvedimento mettiamo sui giusti binari la creazione di un mercato del lavoro della dirigenza di ruolo, indichiamo la via per valorizzare il sistema di valutazione dei capistruttura, tracciamo il sentiero per l'assegnazione degli incarichi sulla base dei risultati ottenuti nelle esperienze precedenti. Tra il modello puro dello spoils system e quello della dirigenza di ruolo, entrambi legittimi, abbiamo scelto il secondo perché siamo convinti che una dirigenza forte possa fare da argine a tanti fenomeni, a partire dalla corruzione. Per riuscirci diamo ai dirigenti gli strumenti per dire di no alla politica quando serve. In quest'ottica, la riforma consente la chiara e non più equivocabile limitazione della responsabilità dei dirigenti agli atti di gestione, cioè agli atti rientranti tipicamente nella competenza dirigenziale. 
Dobbiamo liberare la gestione delle risorse umane ed economiche delle amministrazioni dalla onnipresenza di un diritto amministrativo che rende ogni decisione rigida e farraginosa. A venti anni dal superamento della vecchia disciplina pubblicistica e dal raggiungimento della privatizzazione del diritto di lavoro pubblico, mettiamo in campo procedure più snelle e modelli in linea con le migliori pratiche europee. 
Non c’è strada migliore per reimpostare i rapporti tra politica e istituzioni, incardinando la nuova dirigenza su binari «manageriali». Non c’è via più diretta per sfrondare radicalmente la burocrazia, rilanciare modelli organizzativi e progetti innovativi, trasformando finalmente l'amministrazione pubblica in un fattore decisivo di crescita e di sviluppo nazionale. 
Il disegno di legge di riforma della pubblica amministrazione, collegato alla manovra finanziaria, è stato approvato dal Senato il 30 aprile 2015, apportando al testo iniziale numerose e significative modifiche. Il provvedimento – nel testo trasmesso alla Camera – constava di 18 articoli, divenuti 23 al termine dell'esame in sede referente, nel corso del quale sono stati approvati nuovi articoli aggiuntivi ed emendamenti modificativi del testo. 
Il testo contiene prevalentemente deleghe legislative da esercitare in gran parte nei 12 mesi successivi all'approvazione della legge, volte a riorganizzare l'amministrazione statale e la dirigenza pubblica; proseguire e migliorare l'opera di digitalizzazione della PA; riordinare gli strumenti di semplificazione dei procedimenti amministrativi; promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle PA; elaborare testi unici delle disposizioni in materie oggetto di stratificazioni normative (come, ad esempio, il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni; le partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche e la disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale). 
Più nel dettaglio, le deleghe legislative investono, in particolare, i seguenti ambiti: codice dell'amministrazione digitale; conferenza dei servizi; segnalazione certificata inizio attività; trasparenza delle PA; freedom of information act; diritto di accesso dei parlamentari ai dati delle PA; piani e responsabili anticorruzione; white list antimafia; intercettazioni; ruolo e funzioni della Presidenza del Consiglio, organizzazione dei ministeri, agenzie governative, enti pubblici non economici, uffici di diretta collaborazione dei ministri; riorganizzazione delle funzioni e del personale delle forze di polizia, del Corpo forestale dello Stato, dei Vigili del fuoco, del Corpo delle capitanerie di porto e della Marina militare; numero unico europeo 112; Pubblico registro automobilistico; prefetture-UTG (Uffici territoriali del governo); ordinamento sportivo; autorità portuali; camere di commercio; dirigenza pubblica, valutazione dei rendimenti; segretari comunali e provinciali; dirigenti sanitari; enti pubblici di ricerca; lavoro pubblico; società partecipate da pubbliche amministrazioni; servizi pubblici locali; procedimenti giurisdizionali della Corte dei conti; Formez pa; modifica e abrogazione di disposizioni di legge che prevedono l'adozione di provvedimenti attuativi. 
Si ricorda che il disegno di legge fa parte degli interventi di riforma della pubblica amministrazione preannunciati dal Ministro per la pubblica amministrazione nel mese di maggio 2014, a chiusura di una consultazione pubblica, che in una prima parte (relativamente alle misure di maggiore urgenza) avevano trovato applicazione nel decreto-legge pubblica amministrazione decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge n. 114 del 2014. 
Il disegno di legge di cui oggi l'Assemblea inizia l'esame reca una organica riforma della pubblica amministrazione. 
Ricordo che esso è stato presentato al Parlamento nel mese di luglio del 2014, a chiusura di una consultazione pubblica lanciata con una lettera aperta ai dipendenti pubblici e ai cittadini. 
Il disegno di legge, collegato alla manovra di finanza pubblica e già approvato dal Senato, è composta da 22 articoli, che contengono prevalentemente deleghe legislative. 
Ricordo che l'esame in sede referente del disegno di legge di riforma della pubblica amministrazione, già approvato dal Senato, ha avuto inizio presso la I Commissione il 12 maggio 2015. È stata, in tale sede, svolta un'indagine conoscitiva sui temi oggetto del provvedimento, deliberata il 19 maggio. Al disegno di legge sono stati presentati circa 2000 emendamenti che sono stati esaminati dalla Commissione nel corso di numerose ed approfondite sedute. Il 9 luglio 2015 la I Commissione ha conferito il mandato al relatore a riferire in senso favorevole all'Assemblea. 
Questo disegno di legge si inserisce all'interno del più complessivo processo di riforma dello Stato che si sta attuando: la riforma del titolo V della Costituzione, l'attuazione della legge n. 56 del 2014 (legge Delrio) e la riforma della pubblica amministrazione, appunto, rappresentano tasselli di un unico disegno complessivo di cambiamento della Repubblica. 
La pubblica amministrazione è l'insieme di attività a presidio degli interessi pubblici. Da questo elemento occorre partire per comprendere la ratio della riforma che non è rivolta esclusivamente ai 3 milioni di lavoratrici e lavoratori pubblici ma è una riforma per 60 milioni di italiani. 
Questa è la chiave di lettura fondamentale per descrivere i singoli provvedimenti contenuti nella riforma e il filo rosso che tiene insieme ambiti e settori apparentemente distanti e diversi tra loro. 
Il primo grande cambiamento è dunque nell'approccio: non una riforma di settore, ma una «riforma paese». 
Gli interventi si muovono lungo una precisa direzione, quella di creare una PA più democratica, più semplice e più competente.  Passando all'esame del contenuto del disegno di legge è importante sottolineare come esso si apra con la delega al Governo in materia di erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni con la finalità di garantire: il diritto di accesso dei cittadini e delle imprese ai dati, documenti e servizi di loro interesse in modalità digitale; la semplificazione dell'accesso ai servizi alla persona, riducendo la necessità di accesso fisico agli uffici pubblici. 
Nell'immaginario collettivo, ancora oggi la parola digitale richiama l'idea di una materia per «addetti ai lavori», tanto più in una PA caratterizzata storicamente da profili giuridico/amministrativi. Ma questa e una visione vecchia, che non risponde a ciò che i cittadini ormai sperimentano nella loro vita quotidiana. La filosofia dell'intera riforma della PA, in sintonia con le altre riforme richiamate, è quella di consegnare ai cittadini uno Stato meno complicato, meno farraginoso, uno stato più semplice e, quindi, più veloce ed efficace nella sua azione a beneficio della collettività. Quella che immaginificamente chiamiamo rivoluzione digitale non è quindi solo uno strumento, ma il modo in cui deve trasformarsi la PA per offrire servizi migliori a 60 milioni di italiani che sono i veri destinatari della riforma. Un accesso ai servizi rapido, trasparente e uguale per tutti è un fatto di democrazia prima ancora che di modernità. Il vero obiettivo è perciò la rivoluzione digitale nell'erogazione dei servizi ai cittadini, ribaltando la logica: ricevere servizi in modalità digitale non è solo un dovere in capo all'amministrazione, ma un diritto riconosciuto al cittadino. La previsione di un domicilio digitale per cittadini e imprese; standard minimi per la fruizione e accessibilità dei servizi in modalità digitale e sanzioni per le amministrazioni; ridefiniti in chiave digitale i procedimenti amministrativi (digital first). 
L'articolo 1 reca una delega al Governo in materia di erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni per l'emanazione di uno o più decreti legislativi con la finalità di garantire: il diritto di accesso dei cittadini e delle imprese ai dati, documenti e servizi di loro interesse in modalità digitale; la semplificazione dell'accesso ai servizi alla persona, riducendo la necessità di accesso fisico agli uffici pubblici. 
A tal fine, i decreti legislativi, con invarianza delle risorse, dovranno modificare il codice dell'amministrazione digitale (CAD). 
Una modifica apportata al testo dalla Commissione, autorizza il Governo anche a disporre la delegificazione delle disposizioni contenute nel CAD. A tale modifica si collega la previsione che pone al legislatore delegato il compito di semplificare il CAD in modo da contenere esclusivamente princìpi di carattere generale. 
Un primo gruppo di princìpi e criteri direttivi introduce una serie di misure volte a favorire l'accesso dell'utenza ai servizi delle amministrazioni pubbliche in maniera digitale, tra i quali: la definizione di un livello minimo delle prestazioni in materia di servizion line delle amministrazioni pubbliche; la piena applicazione del principio «innanzitutto digitale» (cosiddetto digital first, in base al quale il digitale è il canale principale per tutte le attività delle PA); il potenziamento della connettività a banda larga e ultralarga e dell'accesso alla rete internet presso gli uffici pubblici, dando priorità, come previsto dalle modifiche apportate in Commissione, ai settori scolastico, sanitario e turistico, prevedendo per quest'ultimo una unica rete WiFi ad accesso libero; la partecipazione con modalità telematiche ai processi decisionali pubblici; l'armonizzazione della disciplina del Sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale (SPID), volto ad assicurare l'utilizzo del cosiddetto PIN unico; la promozione dell'elezione del domicilio digitale. 
In sede referente sono stati aggiunti i seguenti princìpi e criteri direttivi: la diffusione dell'informazione sugli strumenti di sostegno della maternità e della genitorialità attraverso l'utilizzo del sito INPS; l'adeguamento dell'ordinamento alle norme europee in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche; l'individuazione del pagamento digitale come mezzo principale di pagamento nei confronti delle PA e degli esercenti di pubblica utilità. 
Un secondo gruppo di princìpi e criteri direttivi attiene alla riforma dei processi decisionali interni alle pubbliche amministrazioni. Essi dispongono, fra l'altro: la razionalizzazione degli strumenti di coordinamento e collaborazione tra le PA, favorendo, come previsto da una modifica approvata in Commissione, l'uso di software open source; la razionalizzazione dei meccanismi e delle strutture di governance della digitalizzazione; la digitalizzazione del processo di misurazione e valutazione della performance mance (criterio introdotto in sede referente). 
Un secondo importante obiettivo del disegno di legge è quello di promuovere l'unità dell'amministrazione e la semplificazione dell'azione amministrativa. Non è solo un problema di conflitti tra diversi livelli istituzionali, ma spesso anche di uffici dello stesso livello che non si parlano o si ostacolano tra loro. È come se la nostra Repubblica fosse composta da mille amministrazioni diverse. Questo rende complicato il rapporto tra privato e amministrazione, con ricadute anche economiche in termini di investimenti che potremmo attrarre e che invece perdiamo. 
L'obiettivo è invece quello di ricomporre queste distanze; l'amministrazione deve muoversi come un corpo unico che agisce in modo coerente e funzionale agli interessi e ai bisogni dei cittadini che chiedono trasparenza, semplicità negli adempimenti e coerenza nelle decisioni. 
A tal fine l'articolo 2 reca una delega al Governo per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi. 
I numerosi princìpi e criteri direttivi sono volti principalmente ad assicurare la semplificazione dei lavori e la certezza dei tempi. Essi prevedono, in particolare: la riduzione dei casi di obbligatorietà della convocazione della conferenza di servizi; la ridefinizione dei tipi di conferenza; l'introduzione di modelli di istruttoria pubblica per l'adozione di provvedimenti di interesse generale; la semplificazione dei lavori della conferenza, attraverso l'utilizzo di servizi strumenti informatici; la riduzione dei termini e la certezza dei tempi della conferenza; la revisione dei meccanismi decisionali attraverso: la previsione del principio della prevalenza delle posizioni espresse in sede di conferenza per l'adozione della determinazione di conclusione del procedimento; una disciplina del calcolo delle presenze e delle maggioranze volta ad assicurare la celerità dei lavori della conferenza; la previsione del silenzio assenso qualora le amministrazioni non si esprimano entro il termine dei lavori della conferenza; la definizione di meccanismi e termini per la valutazione tecnica e per la necessaria composizione degli interessi pubblici nei casi in cui la legge preveda la partecipazione al procedimento delle amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità, in modo da pervenire in ogni caso alla conclusione del procedimento entro i termini previsti; la previsione – a seguito di una modifica introdotta in Commissione – per le predette amministrazioni della possibilità di attivare procedure di riesame. 
L'articolo 3 introduce nella legge sul procedimento amministrativo il nuovo istituto generale del silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche. Esso trova applicazione nelle ipotesi in cui per l'adozione di provvedimenti normativi o amministrativi sia prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta di competenza di altre amministrazioni pubbliche. Queste ultime sono tenute a comunicare le rispettive decisioni all'amministrazione proponente entro 30 giorni, decorsi inutilmente i quali, l'assenso, il concerto o il nulla osta s'intende acquisito. Nel corso dell'esame in sede referente, l'istituto è stato esteso anche alle ipotesi in cui sia necessario l'assenso, il concerto o il nulla-osta di gestori di beni e/o servizi pubblici. 11 termine può essere interrotto, una sola volta, in presenza di determinate circostanze. 
In caso di mancato accordo tra le amministrazioni coinvolte, il Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento. In sede referente, la previsione è stata limitata al mancato accordo tra amministrazioni «statali». 
La disciplina si applica anche nel caso di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini; in tal caso il termine è di 60 giorni. Nel corso dell'esame in sede referente, è stato precisato che anche in tal caso è ammissibile l'intervento del Presidente del Consiglio. 
L'articolo 3-bis prevede l'emanazione di un regolamento di delegificazione, con cui sono dettate norme di semplificazione e accelerazione dei procedimenti amministrativi relativi a rilevanti insediamenti produttivi, opere di interesse generale o avvio di attività imprenditoriali. 
L'articolo 4 reca una delega al Governo: per la precisa individuazione dei procedimenti: oggetto di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), oggetto di silenzio assenso; per i quali è necessaria l'autorizzazione espressa; per i quali è sufficiente una comunicazione preventiva; per l'introduzione della disciplina generale delle attività non assoggettate ad autorizzazione preventiva espressa. 
L'articolo 5, introduce, con efficacia immediata, alcune modifiche alla legge generale sul procedimento amministrativo (legge n. 241 del 1990), con particolare riferimento all'esercizio dei poteri di autotutela da parte delle pubbliche amministrazioni. 
In primo luogo l'articolo modifica la disciplina della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), delimitando con maggiore precisione i poteri dell'amministrazione nei confronti dei privati in seguito all'avvio dell'attività. 
In seguito modifiche apportate in sede referente, l'articolo 5 interviene anche sulla disciplina del silenzio assenso nei procedimenti ad istanza di parte e della sospensione del provvedimento amministrativo. Quanto al primo, viene meno il potere dell'amministrazione di ricorrere all'annullamento d'ufficio nei casi di silenzio assenso. In materia di sospensione, viene previsto che in ogni caso la sospensione del provvedimento amministrativo non può essere disposta o perdurare oltre i termini per l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio. 
Viene poi abrogata la disposizione che sancisce l'applicabilità al privato che ha avviato l'attività avvalendosi di un procedimento semplificato (SCIA o silenzio assenso) in contrasto con la normativa vigente, delle sanzioni amministrative previste per il privato che ha agito senza il titolo richiesto dalla legge. 
Si interviene infine sulla disciplina generale del potere di annullamento d'ufficio dei provvedimenti amministrativi, introducendo un termine massimo di 18 mesi per l'annullamento di provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, salvo che si tratti di provvedimenti conseguiti sulla base di dichiarazioni false o mendaci accertate con sentenza passata in giudicato. 
L'articolo 6 reca una delega al Governo avente per oggetto la riforma della disciplina della pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni contenute nel decreto legislativo n. 33 del 2013, recante la disciplina generale della materia. In sede referente, è stato soppresso un altro oggetto della delega, contenuto nel testo originario, relativo alla riforma della disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso amministrazioni pubbliche. 
Alcuni princìpi e criteri direttivi hanno contenuto innovativo, riguardando aspetti attualmente non disciplinati dal decreto legislativo n. 33 del 2013. 
Tra questi assume particolare rilievo il riconoscimento della libertà di informazione attraverso il diritto di accesso di chiunque, anche per via telematica, ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati. Questo principio è volto all'introduzione nel nostro ordinamento di una sorta di Freedom of information act (FOIA).
Altri principi e criteri direttivi riguardano: la precisazione dei contenuti e del procedimento di adozione del Piani anticorruzione; la definizione dei diritti dei membri del Parlamento di documenti amministrativi; la semplificazione delle procedure di iscrizione nelle cd. white list; la previsione di sanzioni a carico delle amministrazioni che non ottemperano alle disposizioni in materia di accesso, di procedure di ricorso all'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e di tutela giurisdizionale. 
È poi prevista un'ulteriore delega al Governo per l'adozione di uno o più decreti legislativi per la ristrutturazione e razionalizzazione delle spese per intercettazioni. 
L'articolo 7 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione dell'amministrazione statale. 
Nel corso dell'esame in sede referente è stata introdotta una ulteriore previsione (comma 1-bis) volta a prevedere che con dPCM vengano definiti criteri per una ricognizione delle funzioni e delle competente attribuite a soggetti pubblici con finalità di semplificazione. 
La lettera a) stabilisce princìpi e criteri che trovano applicazione nella riorganizzazione dell'amministrazione statale, sia centrale sia periferica. Tra gli interventi più rilevanti si segnalano: la razionalizzazione e il potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia al fine di una migliore cooperazione sul territorio; il riordino delle funzioni di polizia ambientale con la conseguente riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato e il suo eventuale assorbimento in altra forza di polizia. 
In sede referente, è stato aggiunto un ulteriore criterio che dispone la riorganizzazione complessiva degli ordinamenti del personale di tutte le forze di polizia, secondo i seguenti criteri, prevedendo, fra l'altro, la revisione generale della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione di carriera, con eventuali unificazioni di ruoli e rideterminazione delle relative dotazioni organiche. 
In sede referente sono state introdotte disposizioni riguardanti: la riforma dell'ordinamento e della disciplina del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; l'istituzione del numero unico europeo 112 per le emergenze – la riorganizzazione delle forze operanti in mare. 
La lettera b) indica princìpi e criteri riferibili esclusivamente alla riorganizzazione dell'amministrazione centrale, focalizzando in particolare il campo di intervento sul rafforzamento del ruolo di indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio dei ministri e sulle conseguenti funzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri. 
Tra i princìpi si prevede l'esame da parte del Consiglio dei ministri delle designazioni e nomine di competenza ministeriale, nonché una nuova disciplina degli uffici di diretta collaborazione e il rafforzamento delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio nella vigilanza sulle agenzie governative nazionali. 
In sede referente è stato aggiunto un criterio, che riguarda l'introduzione di una maggiore flessibilità nella disciplina dell'organizzazione dei ministeri. 
Un ulteriore principio di delega (lettera c)) concerne la riorganizzazione delle funzioni oggi svolte dagli uffici del Pubblico registro automobilistico (P.R.A.) e dalla Direzione generale per la motorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
La lettera d), con esclusivo riferimento all'amministrazione statale periferica, prevede la razionalizzazione della rete delle prefetture – Uffici territoriali del Governo (UTG), mediante riduzione del numero delle prefetture in base a specifici criteri e trasformazione della Prefettura – Ufficio territoriale del Governo in Ufficio territoriale dello Stato, con sede unica sul territorio, in cui confluiscono tutti gli uffici periferici delle amministrazioni civili dello Stato in modo da rappresentare il punto di contatto unico tra amministrazione periferica dello Stato e cittadini. 
La lettera e) prevede, tra i criteri di delega, la semplificazione e il coordinamento delle norme riguardanti l'ordinamento sportivo, nonché la trasformazione del Comitato italiano paralimpico in ente autonomo di diritto pubblico. 
In sede referente, il principio di delega di cui alla lettera e) è stato integrato con la previsione della «riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le autorità portuali». 
L'articolo 7-bis, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, modifica la disciplina del Consiglio dell'Ordine «Al merito della Repubblica italiana». 
L'articolo 8 reca una delega legislativa per la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. 
Tra i princìpi e criteri direttivi si richiamano: la rideterminazione del diritto annuale; la riduzione del numero delle circoscrizioni territoriali in cui le camere di commercio svolgono le loro funzioni (da 105 a 60) mediante accorpamento sulla base di una soglia dimensionale minima ridotta da 80.000 a 75.000 imprese nel corso dell'esame in Commissione; la ridefinizione dei compiti e delle funzioni; la definizione da parte del Ministero dello sviluppo economico, di standard nazionali di qualità delle prestazioni; la riduzione del numero dei componenti dei consigli e delle giunte. 
L'articolo 9 reca una delega al Governo per la revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, da adottare entro dodici mesi, sulla base dei princìpi e criteri direttivi ivi indicati. 
La nostra amministrazione è ricca di professionalità che non meritano di essere travolte dalla rappresentazione decadente che si da della PA, perché le persone devono essere il motore del cambiamento. 
Per questo occorre valorizzare al meglio le competenze che abbiamo secondo un principio: le persone giuste, al posto giusto per un tempo giusto. 
Lavorare nel pubblico deve tornare ad essere un prestigio e una ambizione per i giovani. 
La dirigenza è un pezzo importante di questa riforma. La riforma fa una scelta chiara e netta sul modello di dirigenza: una dirigenza di ruolo e selezionata per concorso. Ma questa scelta deve essere resa compatibile con un modello di funzionamento diverso da quello che si è sin qui realizzato e che ha prodotto una sostanziale inamovibilità della dirigenza. L'obiettivo cui tende la riforma è creare un mercato del lavoro della dirigenza di ruolo, migliorando il sistema di valutazione che deve diventare il perno sul quale costruire i meccanismi selettivi. Dobbiamo avere un corpo unico della dirigenza della Repubblica, un mercato del lavoro competitivo con assegnazione degli incarichi sulla base di interpelli che tengano conto delle valutazioni ottenute dai dirigenti negli incarichi precedenti, senza più alcun automatismo di carriera. 
Per queste finalità è prevista, in primo luogo, l'istituzione del sistema della dirigenza pubblica, articolato in ruoli unificati e coordinati, aventi requisiti omogenei di accesso e procedure analoghe di reclutamento e fondati sui princìpi del merito, dell'aggiornamento, della formazione continua. 
Viene quindi disposta la realizzazione di tre ruoli unici in cui sono ricompresi, rispettivamente, i dirigenti dello Stato (escluso il personale cosiddetto non contrattualizzato in regime di diritto pubblico); i dirigenti regionali – inclusa la dirigenza delle camere di commercio, la dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del Servizio sanitario nazionale (SSN), esclusa la dirigenza medica, veterinaria e sanitaria del SSN – e i dirigenti degli enti locali, in cui confluiscono altresì le attuali figure dei segretari comunali e provinciali. È espressamente esclusa la dirigenza scolastica. 
Nel nuovo quadro di riferimento, è previsto altresì l'obbligo per gli enti locali di nominare comunque un dirigente apicale (in sostituzione del segretario comunale), con compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa e controllo della legalità dell'azione amministrativa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Per i primi tre anni tale funzione è affidata a soggetti già iscritti nell'albo segretariale, confluiti nel ruolo dirigenziale locale. I comuni con più di 100.000 abitanti possono nominare, in alternativa al dirigente apicale, un direttore generale (cui compete l'attuazione degli indirizzi e degli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente nonché sovrintendere alla gestione dell'ente). 
Saranno contenuti in una banca dati – tenuta dal Dipartimento della funzione pubblica, cui è affidata altresì la gestione tecnica dei ruoli – i dati professionali e gli esiti delle valutazioni relativi a ciascun dirigente appartenente ai tre ruoli unici. 
Contestualmente alla realizzazione dei suddetti tre ruoli unici, è prevista l'istituzione di tre commissioni: la Commissione per la dirigenza statale, con funzioni, tra le altre, di verifica del rispetto dei criteri di conferimento degli incarichi e dell'utilizzo dei sistemi di valutazione per il conferimento e la revoca degli incarichi; la Commissione per la dirigenza regionale e la Commissione per la dirigenza locale competenti, in particolare, alla gestione dei ruoli dei dirigenti, rispettivamente, regionali e degli enti locali. Nel corso dell'esame in sede referente è stata prevista la necessità che le modalità di nomina dei componenti siano tali da assicurarne, oltre all'indipendenza, anche la terzietà, l'onorabilità e l'assenza di conflitti di interesse. 
Ai decreti delegati spetta quindi la definizione – per l'accesso alle predette dirigenze – degli istituti del corso-concorso e del concorso, secondo princìpi di delega stabiliti nel testo, tra cui la cadenza annuale per ciascuno dei tre ruoli, il possesso di un titolo di studio non inferiore alla laurea magistrale, l'esclusione di graduatorie di idonei nonché la possibilità di reclutare anche dirigenti di carriere speciali e delle autorità indipendenti. 
Per quanto attiene al sistema di formazione, è prevista la riforma della Scuola nazionale dell'amministrazione, con il coinvolgimento di istituzioni nazionali ed internazionali, al fine dei assicurare l'omogeneità della qualità e dei contenuti formativi dei dirigenti dei diversi ruoli; riguardo alla formazione permanente dei dirigenti è stabilita la definizione di obblighi formativi annuali ed il coinvolgimento dei dirigenti anche nella formazione di futuri dirigenti. Inoltre, come specificato nel corso dell'esame in Commissione, per i dipendenti e i dirigenti dei comuni con popolazione pari o inferiore ai 5.000 abitanti è prevista la promozione, con l'ANCA, di corsi di formazione sull'esercizio associato delle funzioni fondamentali dei comuni. 
Altri criteri di delega riguardano: la semplificazione e l'ampliamento della mobilità della dirigenza tra amministrazioni pubbliche e tra queste ed il settore privato, con la previsione – introdotta in sede referente – dei casi e delle condizioni in cui non è richiesto il previo assenso delle amministrazioni di appartenenza per la mobilità della dirigenza medica e sanitaria; la definizione di una disciplina sul conferimento degli incarichi dirigenziali nel rispetto di una serie di princìpi, tra cui: la possibilità di conferimento degli incarichi a ciascuno dei dirigenti appartenenti ai tre ruoli unici; la definizione, per ciascun incarico, dei requisiti necessari ed il conferimento mediante procedura «comparativa» con avviso pubblico sulla base di requisiti definiti dall'amministrazione alla luce dei criteri generali definiti dalle suddette Commissioni; per gli incarichi relativi ad uffici di vertice e per gli incarichi corrispondenti ad uffici di livello dirigenziale generale, la previsione di una preselezione da parte delle Commissioni, rispettivamente, per la dirigenza statale, regionale o locale di un numero predeterminato di candidati in possesso dei requisiti richiesti; una verifica successiva del rispetto dei requisiti e criteri previsti dalla legge, da parte della stessa Commissione, per gli altri incarichi; l'assegnazione degli incarichi tenendo conto anche della diversità delle esperienze maturate anche in amministrazioni differenti; la durata quadriennale degli incarichi dirigenziali, rinnovabili previa partecipazione alla procedura di avviso pubblico e con facoltà di rinnovo per ulteriori due anni senza la procedura selettiva per una sola volta, previa motivazione e a condizione che il dirigente abbia ottenuto una valutazione positiva (come aggiunto nel corso dell'esame in sede referente); la definizione di presupposti oggettivi per la revoca degli incarichi ed una disciplina dei dirigenti privi di incarichi prevedendo in particolare che venga disciplinata la decadenza dal ruolo unico a seguito di un determinato periodo di collocamento in disponibilità successivo a valutazione negativa e previsione della possibilità – aggiunta in sede referente – di formulare istanza di ricollocazione in qualità di funzionario per i dirigenti collocati in disponibilità; la rilevanza della valutazione ai fini del conferimento degli incarichi, il superamento degli automatismi di carriera e la costruzione del percorso di carriera in funzione degli esiti della valutazione; il riordino delle norme relative alle ipotesi di responsabilità dirigenziale, amministrativo-contabile e disciplinare dei dirigenti, con limitazione della responsabilità disciplinare ai comportamenti effettivamente imputabili ai medesimi dirigenti e della responsabilità dirigenziali alle ipotesi di cui all'articolo 21 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (mancato raggiungimento degli obiettivi o inosservanza delle direttive imputabili al dirigente); viene altresì richiamata, in particolare, la ridefinizione del rapporto tra la responsabilità amministrativo-contabile e la responsabilità dirigenziale, con particolare riferimento alla esclusiva imputabilità ai dirigenti della responsabilità per «l'attività gestionale»; la definizione della disciplina della retribuzione dei dirigenti secondo criteri tra i quali, in particolare, l'omogeneizzazione del trattamento economico, fondamentale ed accessorio, nell’àmbito di ciascun ruolo unico e la determinazione di limiti assoluti, stabiliti in base a criteri oggettivi, correlati alla tipologia dell'incarico; la previsione di una disciplina transitoria con la graduale riduzione del numero dei dirigenti ove necessario; la confluenza dei dirigenti nel ruolo unico con proseguimento fino a scadenza degli incarichi conferiti e senza variazione in aumento del trattamento economico individuale. 
A seguito di alcune modifiche approvate in sede referente, inoltre, le deleghe legislative sulla dirigenza pubblica e quelle per il riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (di cui all'articolo 13) potranno essere esercitate congiuntamente, purché nel termine di 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame. In tale caso, per l'adozione dei decreti legislativi si applicherà la procedura individuata all'articolo 12 che contiene criteri comuni per l'esercizio di deleghe legislative ai fini di riordino a semplificazione di alcuni settori. 
Il comma 1, lettera o) dell'articolo 9 detta inoltre i princìpi fondamentali di delega al Governo per la disciplina, nell'ambito dei decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, del conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario delle aziende e degli enti del SSN. 
Durante l'esame referente è stata introdotta la specificazione che le disposizioni di cui alla lettera o) si riferiscono anche agli incarichi di direttore dei servizi socio-sanitari, ove ciò sia previsto dalla legislazione regionale; andranno inoltre definite le modalità per l'applicazione di tali norme in particolare alle aziende ospedaliero-universitarie. Inoltre, vengono confermate le disposizioni di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 502 del 1992 in tema di riordino della materia sanitaria, con particolare riferimento ai requisiti, alla trasparenza del procedimento e dei risultati, alla verifica e alla valutazione già previsti per il conferimento degli incarichi di dirigenza. 
Nel corso dell'esame in Commissione è stato introdotto il nuovo articolo 9-bis che detta disposizioni relative ad incarichi direttivi presso l'Avvocatura dello Stato. In particolare è introdotto nella legge 103 del 1979 un nuovo articolo 16-bis che riguarda le specifiche funzioni di alcune posizioni dirigenziali nonché la durata dei loro incarichi, fondandosi su criteri di rotazione (in particolare per le cariche di vice avvocato generale e di avvocato generale aggiunto). 
L'articolo 10 detta princìpi di delega finalizzati a favorire e semplificare le attività degli enti pubblici di ricerca data la peculiarità dei loro scopi istituzionali, anche considerando l'autonomia e la terzietà di cui godono questi enti. Durante l'esame in sede referente alla Camera, alcuni criteri direttivi sono stati modificati. In particolare, è stata eliminata la previsione di definizione in via legislativa del ruolo dei ricercatori e tecnologi degli enti pubblici di ricerca, mentre è stato inserito il riferimento alla necessità di consentire la portabilità dei progetti di ricerca e la relativa titolarità (nel caso di mobilità del ricercatore). Inoltre, con riferimento alla semplificazione delle regole, è stato inserito il riferimento a quelle relative all'espletamento di missioni fuori sede per lo svolgimento di attività di ricerca e ai relativi rimborsi. 
L'articolo 11 detta norme volte a favorire e promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche. 
La disposizione, in particolare, così come modificata in sede referente, dispone che le amministrazioni pubbliche adottino misure organizzative per l'attuazione del telelavoro (viene meno il riferimento originariamente previsto al telelavoro misto e al lavoro ripartito) e di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, anche al fine di tutelare le cure parentali (il riferimento non è più solo alle modalità di fruizione del congedo parentale). Di tali misure possono avvalersi, entro tre anni, almeno il 10 per cento (in luogo del 20 per cento originariamente previsto) dei dipendenti pubblici che ne facciano richiesta, garantendo altresì che essi non subiscano penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera. 
Nel corso dell'esame in Commissione sono stati altresì introdotti tre nuovi commi, secondo cui: nell'ambito della loro autonomia, gli organi costituzionali adeguano i rispettivi ordinamenti alle nuove disposizioni in materia di conciliazione; in tema di passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, la dipendente vittima di violenza di genere inserita in specifici percorsi di protezione, debitamente certificati, può chiedere il trasferimento ad altra amministrazione pubblica presente in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all'amministrazione di appartenenza che, entro quindici giorni, dispone il trasferimento ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua qualifica professionale; l'eventuale dissenso al trasferimento del genitore dipendente di una pubblica amministrazione, con figlio fino a tre anni, presso un'altra sede (ove l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa) deve essere non solo motivato, ma anche limitato a casi o esigenze eccezionali. 
Rimangono invariate le disposizioni che prevedono che le amministrazioni pubbliche (nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica) organizzino servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica; modifiche normative sul rifinanziamento del fondo per l'organizzazione e il funzionamento di servizi socio-educativi per la prima infanzia destinati alla popolazione minorile presso enti e reparti del Ministero della difesa, ridefinendo l'ambito soggettivo di fruibilità dei servizi medesimi. 
Il nuovo articolo 11-bis, introdotto in sede referente, è volto ad estendere anche al personale militare la disciplina recata dal decreto legislativo n. 168 del 2001 in base al quale (articolo 55-ter) il procedimento disciplinare avente ad oggetto fatti in relazione ai quali sta procedendo l'autorità giudiziaria deve essere avviato, proseguito e concluso anche in pendenza del procedimento penale, salvo che sussistano particolari difficoltà nell'istruttoria per l'accertamento dei fatti. 
L'articolo 12 contiene i princìpi e criteri comuni per l'adozione di tre testi unici nei seguenti settori: lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa; partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche; servizi pubblici locali di interesse economico generale. 
I princìpi e criteri specifici delle tre deleghe sono contenuti – rispettivamente – negli articoli 13, 14 e 15. 
In sede referente è stata introdotta una nuova disposizione, in base al quale il Governo adotta, su proposta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, un regolamento per l'attuazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo di semplificazione in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. 
L'articolo 13 individua i princìpi e criteri direttivi cui debbono uniformarsi i decreti attuativi sul riordino e la semplificazione della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e dei connessi profili di organizzazione amministrativa. In particolare, tra i princìpi e criteri direttivi si segnalano: per quanto riguarda i concorsi pubblici, la previsione di meccanismi valutativi volti a valorizzare l'esperienza professionale acquisita da coloro che abbiano avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche e l'accentramento dei concorsi per tutte le amministrazioni pubbliche, con la revisione delle modalità di espletamento degli stessi e l'introduzione di strumenti atti a garantire l'effettiva segretezza dei temi d'esame e di forme di preselezione dei componenti le commissioni che ne garantiscano l'imparzialità. Nel corso dell'esame in Commissione, è stato specificato che lo svolgimento dei concorsi, per tutte le amministrazioni pubbliche, in forma centralizzata o aggregata, deve essere condotto in ambiti territoriali sufficientemente ampi da garantire adeguate partecipazione ed economicità delle svolgimento della procedura concorsuale, e con applicazione di criteri di valutazione uniformi, per assicurare omogeneità qualitativa e professionale in tutto il territorio nazionale per funzioni equivalenti. Inoltre, è stato precisato che la gestione dei concorsi per il reclutamento del personale degli enti locali debba avvenire a livello provinciale; l'introduzione di un sistema informativo nazionale volto ad orientare la programmazione delle assunzioni; l'attribuzione all'A.R.A.N. di maggiori compiti di supporto tecnico, anche ai fini della contrattazione integrativa. Nel corso dell'esame in Commissione, è stato precisato che tale attribuzione debba essere effettuata con le risorse attualmente disponibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica; la ridefinizione di contenuti e procedure della contrattazione integrativa; la rilevazione delle competenze dei lavoratori pubblici; la riorganizzazione delle funzioni di accertamento medico legale in caso di assenze per malattia, con l'attribuzione all'I.N.P.S. delle relative competenze; la definizione di obiettivi di contenimento delle assunzioni, differenziati in base agli effettivi fabbisogni; la disciplina delle forme di lavoro flessibile, con individuazione di limitate e tassative fattispecie, caratterizzate dalla compatibilità con la peculiarità del rapporto di lavoro pubblico. Nel corso dell'esame in Commissione è stata specificata l'esigenza di prevenire il precariato; la promozione del ricambio generazionale mediante la riduzione, su base volontaria, dell'orario di lavoro e della retribuzione del personale in procinto di essere collocato a riposo, garantendo, attraverso la contribuzione volontaria ad integrazione, la possibilità di conseguire l'invarianza della contribuzione previdenziale, al fine di favorire l'assunzione anticipata di nuovo personale, nel rispetto della normativa vigente in materia di vincoli assunzionali; il progressivo superamento della dotazione organica come limite e parametro di riferimento per le assunzioni, anche al fine di facilitare i processi di mobilità; la semplificazione delle norme sulla valutazione dei dipendenti pubblici, sul riconoscimento del merito e sui meccanismi di premialità, sviluppando in particolare sistemi per la misurazione dei risultati raggiunti; oltre a ciò, è disposto il potenziamento dei processi di valutazione indipendente del livello di efficienza e qualità dei servizi e delle attività delle amministrazioni pubbliche e degli impatti da queste prodotti e la riduzione degli adempimenti in materia di programmazione anche attraverso una maggiore integrazione con il ciclo di bilancio nonché un meccanismo di razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, anche al fine della migliore valutazione delle politiche; la previsione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare e rendere concreta e certa nei tempi l'azione disciplinare; il rafforzamento del principio di separazione tra indirizzo politico amministrativo e gestione, con conseguente responsabilità amministrativo-contabile dei dirigenti per l'attività gestionale, mediante esclusiva imputabilità agli stessi della responsabilità amministrativo-contabile per la gestione. 
Inoltre, nel corso dell'esame in Commissione sono stati aggiunti nuovi criteri di delega, concernenti: la previsione di prove concorsuali specifiche al fine di privilegiare l'accertamento della capacità dei candidati di utilizzare e applicare a problemi specifici e casi concreti nozioni teoriche, con possibilità di svolgere unitariamente la valutazione dei titoli e le prove concorsuali relative a diversi concorsi; la specifica previsione a livello legislativo dell'accertamento della conoscenza della lingua inglese e di altre lingue, quale requisito di partecipazione al concorso o titolo di merito valutabile dalle commissioni giudicatrici, secondo modalità definite dal bando anche in relazione ai posti da coprire; l'accorpamento delle strutture responsabili dell'organizzazione delle attività concorsuali; la valorizzazione del titolo di dottore di ricerca. 
Infine, nel corso dell'esame in Commissione è stato introdotto il nuovo comma 1-ter, che interviene sulla disposizione (articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95 del 2912) che attualmente consente l'attribuzione di incarichi pubblici a pensionati esclusivamente a titolo gratuito e per la durata massima di un anno con la stessa amministrazione, al fine di prevedere che le collaborazioni e gli incarichi che non assumano carattere dirigenziale o direttivo non siano soggetti (ferma restando la gratuità) al limite di durata di un anno. 
L'articolo 14 reca la delega per il riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche, con la finalità di garantire la chiarezza e la semplificazione normativa delle stesse, cui si aggiunge quella di tutelare e stimolare la concorrenza. Specifici criteri di delega sono altresì dettati con riferimento alle sole società partecipate dagli enti locali. 
Le norme che regolano i servizi pubblici sono rivolte a disciplinare la gestione e fruizione di beni comuni. In questi anni la confusione normativa che si è stratificata, ha prodotto sprechi, inefficienze e alterazioni di mercato con risultati negativi sui servizi ai cittadini. Per questa ragione occorre fissare nuove regole generali sull'organizzazione e gestione di un servizio pubblico, partendo dal principio che il pubblico interviene quando l'attività privata non può garantire parità di servizi a tutti i cittadini. Occorre garantire il rigoroso rispetto dei princìpi comunitari in tema di tutela della concorrenza e del libero mercato e assegnare un ruolo fondamentale alle autonomie locali. 
L'articolo 15 reca una delega legislativa al Governo per il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali d'interesse economico generale con la finalità di dettare una disciplina generale in materia di regolazione e di organizzazione dei servizi di interesse economico generale di ambito locale, compresa la definizione dei criteri per l'attribuzione di diritti speciali o esclusivi, in base ai princìpi di concorrenza, adeguatezza, sussidiarietà, anche orizzontale, proporzionalità. 
Ulteriori criteri di delega riguardano, tra gli altri, la definizione dei regimi tariffari tenendo conto degli incrementi di produttività al fine di ridurre l'aggravio sui cittadini e sulle imprese; modalità di tutela degli utenti dei servizi pubblici locali, inclusi strumenti di tutela non giurisdizionale e forme di consultazione e partecipazione diretta. Per quanto riguarda le discipline di settore, è previsto – in materia di organizzazione territoriale ottimale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica – il rinvio alle relative disposizioni per l'armonizzazione dei criteri; in materia di modalità di affidamento dei servizi è stabilita una revisione delle normative di settore ai fini del loro coordinamento con la disciplina generale, nonché un'armonizzazione relativamente alla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro. 
Nel corso dell'esame in Commissione è stato approvato il nuovo articolo 15-bis che attribuisce al Governo una delega per il riordino e la ridefinizione della disciplina processuale delle diverse tipologie di contenzioso davanti alla Corte dei conti secondo i criteri e princìpi direttivi ivi indicati. Il termine di delega è stabilito in un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame. 
L'articolo 16 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati ad abrogare o modificare «disposizioni legislative, entrate in vigore dopo il 31 dicembre 2011, che prevedono provvedimenti non legislativi di attuazione». A seguito delle modifiche introdotte in Commissione, è stato individuato l'intervallo temporale di approvazione delle previsioni legislative contenenti adempimenti, compreso tra il 1o gennaio 2012 e la data di entrata in vigore della legge. 
Si tratta di un importante intervento di semplificazione normativa che va incontro all'esigenza, più volte ribadita dal Governo e dal Parlamento, di implementare l'attuazione dei provvedimento normativi e di certezza del diritto vigente. Ciò consente peraltro di valutare la sussistenza delle condizioni per l'adozione di provvedimenti normativi assunti in una fase congiunturale differente. È questa una delle misure utili al fine del disboscamento dell'enorme massa normativa che grava sulla funzionalità del nostro sistema economico ed una misura per il rafforzamento della certezza delle regole vigenti, precondizione per la programmazione degli investimenti e delle attività economiche. 
L'articolo 17 inserisce la clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, vale a dire che le disposizioni della stessa legge non sono applicabili agli enti a statuto speciale ove siano in contrasto con gli statuti e le relative norme di attuazione. 
L'articolo 18 reca infine la clausola di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica derivanti dall'attuazione delle disposizioni contenute nel provvedimento in esame nonché dei decreti legislativi da esso previsti.