AC 2673
Presidente, colleghe e colleghi, oggi ci viene chiesto di discutere e votare con urgenza una legge che dovrebbe e potrebbe rappresentare un segnale verso il cuore produttivo dell'Italia: le nostre piccole e medie imprese. Proprio sull'urgenza che la maggioranza pretende di imporre a quest'Aula, voglio dirlo con chiarezza, non c'è alcuna ragione reale che giustifichi questa accelerazione, se non l'esigenza politica di mascherare la debolezza di un provvedimento che nei contenuti resta povero e insoddisfacente.
L'urgenza l'avremmo accolta se ci fossero state date delle risposte immediate ed efficaci, quelle che chiediamo da troppo tempo per imprese e lavoratori, ma qui di risposte non ce ne sono. Non ci sono le risorse, non c'è un piano, c'è semmai un elenco di intenzioni insufficienti e prive di strumenti operativi. Lo abbiamo già segnalato attraverso i senatori del Partito Democratico e lo ribadiamo oggi qui, perché questo testo non accompagna le piccole e medie imprese nelle sfide cruciali, che sono quelle della transizione ecologica, dell'innovazione, dell'intelligenza artificiale e dei mercati internazionali. E non solo non le accompagna, ma le espone a nuovi rischi, a causa anche delle modifiche che sono state introdotte dal Senato e che peggiorano ulteriormente il quadro. Un esempio per tutti: il nuovo articolo 30, che introduce un vero e proprio scudo nei confronti delle responsabilità per le imprese committenti nel settore della moda.
Quanto approvato dal Senato va assolutamente cambiato, bisogna modificare questa norma che deresponsabilizza rispetto al sistema di caporalato e di condizioni di sfruttamento che sono inaccettabili. Il PD non è certo contrario alla certificazione della filiera, ma non vuole che questo strumento diventi esonerante rispetto alle responsabilità delle capofiliera. Già la normativa attuale permette come esimente la predisposizione di un idoneo modello organizzativo gestionale, volto a prevenire l'illegalità, fra cui il caporalato, ma questo modello presenta delle falle che sono, ad esempio, il fatto che non siano state messe le risorse necessarie, che le ispezioni siano carenti, che il personale non sia competente.
Dunque altro che scudo, l'impresa capofila ne deve assolutamente rispondere. Lo stesso deve avvenire anche qualora quel modello inidoneo sia stato certificato da un soggetto terzo, scelto e pagato - ricordo - dall'impresa stessa. Nel settore della moda abbiamo spesso il caso di società capofila che affidano commesse a fornitori che poi non sono in grado di svolgerle, perché non hanno né personale, né strutture. I fornitori diventano a loro volta le capofila di subappalti che sfuggono alla legalità, ricorrendo al caporalato, eludendo i controlli e praticando un dumping contrattuale.
Siamo davanti a degli sfruttamenti indegni per orari di lavoro, condizioni di sicurezza, che vanno contrastati con forza. Per rompere questo sistema l'ultima cosa da fare è escludere, ovviamente, da ogni responsabilità l'impresa capofila. Ci appelliamo, allora, ancora una volta, perché l'urgenza che ci volete imporre oggi si traduca in un cambiamento di quella norma, che non va bene per i sindacati naturalmente, non la vogliono neanche le piccole imprese, ma non la vuole la società civile, perché è una norma ingiusta, una norma sbagliata, che colpisce proprio gli anelli più fragili e più deboli della filiera, e contraddice ogni principio di legalità e concorrenza leale.
Quindi, mentre il Governo introduce gli scudi per i grandi committenti, il mondo produttivo in realtà soffre. La produzione industriale è negativa dal 2023; l'export crolla, meno 7,7 per cento ad agosto, meno 21 per cento verso gli Stati Uniti; i dazi americani minacciano settori strategici. Lo abbiamo detto molte volte qui: dalla meccanica alla chimica, al farmaceutico, fino all'agroalimentare.
Quindi, come Partito Democratico, noi abbiamo scelto la proposta. Abbiamo scelto di fare proposte per rafforzare le reti, per sostenere la crescita dimensionale delle imprese, per potenziare l'internazionalizzazione e l'imprenditoria femminile. Tutte proposte che sono, ad oggi, state respinte. Allora, signor Presidente, questa legge non aiuta le PMI, non protegge, non orienta, non sostiene la competizione globale, e l'urgenza con cui il Governo chiede di approvarla è soltanto il tentativo di evitare una discussione seria sulle mancanze. Per tutte queste ragioni, il Partito Democratico si dice contrario all'urgenza che oggi chiedete, senza sottrarsi, ovviamente, alle responsabilità.