Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 26 Aprile, 2017
Nome: 
Maino Marchi

Doc. LVII, n. 5

Presidente, il tema di fondo su cui si concentra la discussione sul DEF è la crescita: non si intravede, è modesta, scarsa, siamo tra gli ultimi in Europa, è insoddisfacente? Io sottolineerei un primo aspetto su cui la discussione non si sofferma mai, quasi fosse scontato, mentre è proprio tutto l'opposto che scontato: a differenza di altre legislature, in questa, magari con la certificazione qualche anno dopo, come per il 2014, i Governi hanno sempre fatto previsioni realistiche sul PIL dell'anno successivo e siamo sempre andati un po' meglio delle previsioni; si era detto che erano previsioni ottimistiche da tante parti, un po' come si è sentito anche oggi.

Non è stato così: previsioni serie, caute, migliori di tutti gli altri previsori, nazionali, europei e mondiali. Le tendenze sul 2017 confermano questo elemento caratterizzante la legislatura, nonostante l'economia mondiale abbia visto variazioni, a volte imprevedibili, di ogni sorta. Forse le previsioni sugli effetti delle riforme erano più serie di quanto, da tante parti, non si voglia mettere. È una ripresa soddisfacente? No, e per questo continuiamo a porre questa come la questione centrale, che determina anche la possibilità di raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica. Ma spero si abbia la consapevolezza - non ne sono certo - che non è tema di questi giorni o anni: nel 2000 abbiamo fatto più 3 per cento, dopo, cambiando il Governo, secondo Tremonti avremmo dovuto fare il 6 per cento, invece per anni abbiamo fatto zero o giù di lì, solo nel 2006 siamo andati oltre il 2 per cento. Siamo stati quelli con il “meno” più alto negli anni più duri della crisi. Insomma, è una storia lunga. Per affrontarla occorre avere la capacità di fare interventi, riforme, in grado di dare frutti nel medio-lungo termine, e sapersi adattare nel breve alle modifiche dello scenario internazionale, affinché la direzione di marcia della crescita venga confermata.

Abbiamo saputo farlo in questa legislatura, e già questo è un sentiero arduo, un sentiero che diventa più stretto, se consideriamo i vincoli di finanza pubblica. Anche qui, due aspetti vanno sottolineati e non dati per scontati. Il primo è che le previsioni in questa legislatura fatte per l'anno successivo, al momento dell'approvazione della legge di stabilità, si sono sempre avverate, per quanto riguarda il rapporto deficit-PIL. È normale? In passato non è mai stato così, quando il centrosinistra non era al Governo, e temo che non sarà così nemmeno in futuro, se non ci sarà il PD al Governo. Diffidi il Paese da quelli che un giorno sono per l'eutanasia e qualche giorno dopo contro l'eutanasia e anche contro il testamento biologico! La serietà c'entra sempre con l'economia, perché è uno degli elementi che determina le aspettative fondamentali per l'economia. In secondo luogo, spesso si parla come se la flessibilità o il riconoscimento di condizioni avverse ottenuti in sede europea avessero determinato la possibilità di avere più risorse pubbliche a disposizione: no, non è così, hanno semplicemente determinato una maggiore gradualità nel percorso di riduzione del rapporto deficit-PIL, ma sempre di riduzioni si è trattato. Non abbiamo mai superato il 3 per cento: nel 2017 siamo al 2,3 per cento e andremo al 2,1 con la manovrina. Riduciamo il deficit, non è che dobbiamo trovare delle risorse per lo stesso deficit, per questo il debito in rapporto al PIL…

Per questo, Presidente, il debito in rapporto al PIL ha smesso di crescere, si è sostanzialmente stabilizzato e può iniziare presto a calare. Sta proprio qui la difficoltà: riuscire a fare politiche per la crescita riducendo ogni anno il deficit e tenendo conto dell'alto debito pubblico dell'Italia. Se non si fanno politiche serie, non trovi più chi compra i titoli di Stato e si fallisce. E pensate che sarebbe stato possibile, senza fare un pezzo rilevante di spendingreview e di contenimento della spesa pubblica, ridurre il deficit come abbiamo fatto? Sentiero stretto, quindi, ancora più nel 2018, ne siamo consapevoli, con l'obiettivo di andare dal 2,1 all'1,2 per cento, di disinnescare completamente - una parte si fa già con la manovrina - le clausole di salvaguardia su IVA e accise e di fare ulteriori politiche per la crescita, crescita che ingloba anche equità e uguaglianza. Per fare più crescita ci vuole più uguaglianza, se no l'aumento dei consumi ce lo sogniamo. Allora qui c'è un punto di fondo della risoluzione di maggioranza: affermiamo di impegnare il Governo a continuare a promuovere una strategia di riforma degli orientamenti di politica economica e finanziaria prevalenti in sede comunitaria volta a conferire, anche attraverso un confronto con gli organismi comunitari finalizzato a rendere meglio compatibile il percorso progressivo di avvicinamento all'obiettivo di medio termine, una maggiore centralità alla crescita economica, all'occupazione e all'inclusione sociale. Solo al momento dalla legge di bilancio sapremo cosa si sarà ottenuto sul cambiamento di percorso che in sostanza permetta più gradualità per non dover fare manovre che soffochino la crescita. Vi è quindi la necessità di un'azione in sede europea che veda il massimo di unità delle forze politiche italiane, tenuto conto che a nessuno piace quanto è ora previsto, e la capacità di coinvolgere e condividere queste posizioni con i riferimenti politici europei di ognuno di noi. Siamo chiamati tutti a fare politica in Europa. Noi dovremo portare su queste posizioni il PSE, altri portarvi le altre forze politiche europee più rilevanti. L'importante è non avere posizioni contro l'Europa ma per un'Unione europea riformata. Il voto in Francia e prima quello in Olanda ci dice che per esserci consenso verso un'idea dell'Europa ovviamente devono cambiare le sue politiche. È indubbio che gran parte della futura legge di bilancio si gioca su questo punto. Ugualmente abbiamo voluto indicare alcuni obiettivi da perseguire in ogni caso. Ne sottolineo alcuni: la centralità delle politiche del lavoro, degli strumenti europei che riteniamo necessari per contrastare la disoccupazione, per le politiche attive del lavoro in particolare verso donne e giovani e soprattutto nel Mezzogiorno e le conseguenti politiche fiscali a favore del lavoro in parte fatte, in parte da reinventare come sul cuneo fiscale. Le politiche per il contrasto alla povertà. Ci siamo dati strumenti innovativi e su questo dovremo gradualmente aumentare le risorse perché qui c'è un punto di sofferenza sociale di cui ci vogliamo fare pienamente carico al quale non si risponde con il reddito di cittadinanza proposto dal MoVimento 5 Stelle che sarebbe un incentivo al non lavoro, mentre noi vogliamo incentivare il lavoro né è possibile fare il confronto, come ha fatto il collega onorevole Rampelli, con le spese per i migranti…

Grazie, Presidente. Non è possibile un confronto con la spesa per i migranti perché quella comprende il soccorso, l'assistenza sanitaria, l'istruzione. È chiaro che nel Fondo per la povertà non ci sono quelle voci ma non è che per quei cittadini a cui è rivolto il Fondo per la povertà non ci siano in altri capitoli le risorse - miliardi - per l'assistenza sanitaria e per quanto riguarda l'istruzione. Quindi è un confronto che non possiamo certamente accettare. Un altro aspetto per noi fondamentale è quello degli investimenti privati e pubblici. Risultati significativi sul versante privato sono stati raggiunti grazie anche alle politiche per favorirli che continueranno come l'ecobonus sempre più ampliato e vogliamo introdurre nuove modalità per favorire i condomini e gli incapienti; il super-ammortamento a cui si aggiunge l'iper-ammortamento per gli investimenti in Industria 4.0; la Visco Sud. Dobbiamo spingere di più sugli investimenti pubblici: non è solo questione di risorse stanziate, perché maggiori stanziamenti ci sono, bisogna seguire tutta la filiera della realizzazione e intervenire sugli aspetti critici con tre particolari attenzioni: Mezzogiorno, territorio, enti locali. Autonomia, responsabilità, riduzione dei vincoli sono i nostri obiettivi per gli enti locali con un'attenzione particolare alla condizione di province e città metropolitane che devono essere messe nelle condizioni di far fronte alle loro funzioni. Non vado oltre ricordando l'impegno a disinnescare le norme di salvaguardia cioè a non aumentare l'IVA e si comincia - lo dicevo prima - con la manovrina con misure non una tantum ma strutturali come quelle sullo split payment. In questo quadro non è un impegno certamente di poco conto ma un impegno chiaro che il Governo ha messo nel DEF così come l'ulteriore impegno sulla spending review.

Ritengo inoltre che, dopo averlo chiesto con forza, il Parlamento non possa fare spallucce sull'avvio del lavoro concreto sugli indicatori di benessere. Il Governo poteva dire: rinviamo in attesa di essere ad uno stadio più avanzato nell'attuazione di quanto previsto da una legge non di dieci anni fa ma di pochi mesi fa e, invece, il percorso si avvia. Questo va apprezzato così come l'impegno a continuare complessivamente il lavoro sulle riforme previsto dal piano nazionale delle riforme.

In sostanza, il DEF considera il percorso fatto dall'Italia per uscire dalla recessione e avviare la ripresa e per migliorare la finanza pubblica. Molto resta da fare, ma nel solco del DEF possiamo trovare le risposte, in altre ricette no.

Oggi gli elementi di instabilità per il mondo e anche per l'economia sono tutti quelli che sono i punti di riferimento dei populismi di casa nostra, di varia natura, ma sostanzialmente di destra: Trump, Le Pen, la Brexit, gli attacchi all'Europa. Da lì non verranno risposte ma solo illusioni.

Annuncio, quindi, il voto a favore della risoluzione di maggioranza e una valutazione positiva sul Documento di economia e finanza presentato dal Governo da parte del Partito Democratico.