Dichiarazione di voto finale
Data: 
Giovedì, 22 Aprile, 2021
Nome: 
Gian Pietro Dal Moro

Doc. LVII, n. 4

Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando un anno fa abbiamo preso in esame il Documento di economia e finanza per il 2020, credevamo tutti, o almeno speravamo, che fosse il primo e l'ultimo provvedimento di questo tipo a vedere alla luce in tempi di pandemia. Purtroppo, non è stato così, non è così, anche se iniziamo a scorgere in lontananza una luce che ci consente di non perdere la fiducia e la convinzione di farcela. Siamo ancora dentro, però, la tempesta che da mesi ci costringe a far fronte ad una crisi durissima, che incide pesantemente sulla vita economica e sociale del nostro Paese e del mondo intero. E gli stessi aspetti positivi a livello globale, come la forte ripartenza dell'economia negli Stati Uniti e nel sud-est asiatico, nascondono insidie, a cominciare dalla possibilità di una ripresa inflazionistica e dall'aumento dei prezzi delle materie prime, rispetto ai quali c'è da fare molta attenzione. Insomma, siamo sospesi tra difficoltà e speranze. Siamo chiamati a fare i conti con una realtà complessa, che richiede un grande sforzo comune, mettendo in disparte ogni interesse di parte, continuando sulla strada giusta della responsabilità; così come dobbiamo avere la consapevolezza che non c'è un tempo dell'uscita e un altro della ripartenza: le due fasi si incrociano, stanno insieme e si sovrappongono, e gli strumenti devono convivere in un tempo solo e presente. Per questo il quadro e le misure che il DEF delinea vanno, a nostro avviso, nella giusta direzione, tenendo insieme i due piani che non possono essere separati, che devono far dispiegare energie e risorse nel modo più attento e coraggioso possibile. La prima esigenza è quella di continuare a sostenere i lavoratori e le imprese che hanno più risentito delle misure sanitarie, che si sono dovuti fermare o rallentare per frenare la diffusione dei contagi e tutelare la salute pubblica. Lo ha fatto il precedente Esecutivo coi “decreti Ristori” e tutti i provvedimenti che hanno permesso di evitare il peggio e lo ha continuato a fare il nuovo Governo con i 32 miliardi che a marzo il “decreto Sostegni” ha destinato ad ampie misure di supporto a imprese e lavoratori nei settori più colpiti dalla crisi.

Ora, dobbiamo prestare, però, attenzione, decisamente, ai settori più colpiti, aiutando quelle imprese che hanno avuto le maggiori perdite con interventi più mirati, interventi con il cacciavite, perché non è equo, caro Presidente, fare parti uguali fra disuguali. Ora c'è l'occasione di utilizzare risorse aggiuntive pari ad altri 40 miliardi di euro per un nuovo provvedimento che sostenga, in particolare, i lavori autonomi e le imprese, ad esempio, con la copertura di alcuni costi fissi, favorendo l'accesso alla liquidità e intervenendo sulle perdite. Dobbiamo, inoltre, intervenire sulle filiere strategiche del Paese per aiutare e sostenere la ripartenza, così come l'intervento a sostegno delle fiere, spine dorsali delle nostre piccole e medie aziende italiane, con il superamento del limite del regime de minimis, come fatto già dalla Germania, perché la tenuta del sistema delle imprese è fondamentale per la ripresa del Paese. A tal proposito, noi suggeriamo di concentrarsi sin d'ora su tre grandi rischi sistemici per le nostre imprese italiane: crisi di liquidità, erosione del patrimonio, carenza di cash flow. Per questo è necessario prolungare il termine di restituzione dei finanziamenti garantiti dallo Stato almeno fino a 15 anni e, soprattutto, raddoppiare a ventiquattro mesi le attuali dodici rate di preammortamento. Le imprese non ce la fanno, visto anche il prolungarsi della pandemia; gli attuali tempi di restituzione dei finanziamenti sono troppo ravvicinati e rigidi, vista la lunga durata della crisi. Tutto questo sta comportando, per le imprese, meno spazi finanziari per gli investimenti, perché allungare i tempi di restituzione del debito, Presidente, significa liberare oltre 7 miliardi per gli investimenti privati. Occorre, quindi, agevolare tutti i provvedimenti legislativi che possono portare al rafforzamento del patrimonio delle imprese, consentendo loro di risultare bancabili, altrimenti il sistema creditizio andrà in tensione, come già lo è con il sistema delle imprese. Su questo suggeriamo un impegno per allentare ulteriormente le regole del temporary framework agreement, regole diventate, sì, più flessibili ad aprile del 2020, ma è passato un anno e il mondo è cambiato e non poco, per questo serve una nuova flessibilità, uno strumento normativo europeo che seppur sospeso fino al 2023 va ora ripensato.

Detto tutto ciò e fermo restando l'impegno a sostenere l'economia per tutto il periodo che sarà necessario, come auspica il Governo stesso, c'è da augurarsi che questo sia l'ultimo intervento. Ci auguriamo ci possano essere molto presto, col procedere spedito della campagna vaccinale e con le progressive ripartenze, delle misure di sostegno, ma, soprattutto, delle riforme radicali che ci consentano finalmente di superare i ritardi storici e strutturali che affliggono da anni l'Italia, perché, ha ragione il Presidente Draghi, uscire dalla pandemia non sarà semplice, non sarà come riaccendere la luce, perché non c'è nulla a cui far ritorno, nulla che dobbiamo rimpiangere, l'orizzonte è ampio e la strada è lunga, ma non possiamo guardare indietro, anche perché guardare indietro per tornare a cosa? All'Italia prima del COVID, che tra i Paesi europei avanzati era quello con il più basso tasso di crescita medio del PIL? 

Dovremmo tornare indietro per mantenere così come sono le zavorre rappresentate dai cantieri fermi, da una giustizia troppo lenta, da una burocrazia che soffoca cittadini e imprese? No, anche no. C'è, invece, moltissimo da cambiare e da costruire in un mondo nuovo e in modo nuovo. È la seconda gigantesca esigenza che abbiamo di fronte a noi, un'esigenza che, poi, è una straordinaria opportunità. Dobbiamo puntare a un nuovo paradigma, a un nuovo modello di sviluppo che abbia al centro una politica industriale nuova, green economy e transazione ecologica, innovazione tecnologica e ricerca, infrastrutture materiali e immateriali, rilancio del Mezzogiorno e riduzione degli squilibri territoriali, investimenti su scuola e sanità, ammodernamento della pubblica amministrazione, riforma del fisco e della giustizia ed efficaci canali di ingresso nel mercato del lavoro di donne e giovani. Il nuovo paradigma, tra le altre cose, poggia la propria ambizione sulla possibilità data alle imprese di avere un programma normativo certo e un quadro normativo sicuro. La certezza di tale quadro, così come la velocità e il funzionamento della giustizia civile sono, infatti, i capisaldi del sano e buon funzionamento di qualsiasi impresa.

Per questo, signor Presidente, alla luce delle indicazioni contenute nelle linee guida approvate dai due rami del Parlamento per la riduzione del PNRR sui bonus edilizi, chiediamo una definitiva proroga del superbonus del 110 per cento a tutto il 2023. Pensiamo sia giunto il momento di porre la parola “fine” a questa incertezza che, fin dalla sua nascita, ha accompagnato questo provvedimento, sostenuto sempre e convintamente dal Partito Democratico che lo ha rilanciato, anche nell'allargamento alle altre attività d'impresa. Signor Presidente, se ne faccia una ragione chi lavora per un suo ridimensionamento; saremo vigili e determinati. 

Signor Presidente, avremmo preferito che il Parlamento fosse coinvolto più tempestivamente nell'esame del DEF, con maggior tempo a disposizione per l'esame, così come credo che vadano riportati a un quadro di normalità l'esame e l'approvazione dei decreti-legge nei due rami del Parlamento. Questa anomalia, che esaurisce di fatto l'esame approfondito e le modifiche in una sola Camera, se era comprensibile nell'emergenza del 2020, ora, va superata. Ma, al netto di queste considerazioni che coinvolgono sia il Governo che le Presidenze di Camera e Senato, vogliamo dire con altrettanta chiarezza che apprezziamo e condividiamo l'impronta espansiva che contraddistingue questo DEF e la Relazione sugli obiettivi di finanza pubblica e dunque non mancherà il nostro voto favorevole. Questo è davvero il momento del debito buono, senza perdere di vista l'orizzonte della riduzione del rapporto debito-PIL e prestando molta attenzione ai rischi che con un debito così alto si correrebbero in caso di turbolenze finanziarie o di nuova crisi. Ma ora è il tempo di un grande programma di investimenti pubblici e di incentivare quelli privati. È tempo di dimostrare di avere una visione di ampio respiro, di progetti ambiziosi e concreti capaci di cambiare l'Italia, perché, una cosa è certa, di fronte a noi non c'è nulla di ordinario, nulla che si possa affrontare con le vecchie ricette, tradiremmo il nostro ruolo e noi stessi e, soprattutto, non faremmo gli interessi degli italiani.

Dobbiamo trovare una nuova via - ho terminato, Presidente – che assicuri, insieme alle grandi riforme di sistema, crescita del PIL, sostegno, sviluppo del mercato e delle imprese e difesa dell'occupazione. Il Partito Democratico è e sarà il partito della ripartenza, il partito della ripresa, dentro un grande patto per la Costituzione e per questo ribadisco con convinzione il nostro voto favorevole al documento di programmazione economica e finanziaria e allo scostamento di bilancio.