Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 8 Luglio, 2025
Nome: 
Gian Antonio Girelli

A.C. 2126-A

 

Grazie, Presidente. Indubbiamente quello che stiamo votando oggi è un provvedimento di particolare valore, e forse sta passando anche un po' nella non totale consapevolezza da parte dell'Assemblea per il modo con cui è stato trattato dall'Aula, diversamente dal lavoro fatto in Commissione, a cui va riconosciuta la serietà del Ministro Calderoli di non aver perso un passaggio del dibattito in atto. Però rimane il fatto che dobbiamo essere anche molto realisti e vedere il provvedimento per quello che è, innanzitutto togliendo un po' quell'idea che stiamo facendo un provvedimento epocale che va a coprire una lacuna che da sempre c'è nel nostro Paese.

Perché quando, nell'articolo 44, comma 2, della Costituzione, fu appunto richiamata la specifica necessità di provvedimenti a favore delle zone montane, fu fatto nella consapevolezza di quell'Assemblea della specificità di queste zone, e forse, mi verrebbe da dire, anche in virtù del contributo che le montagne italiane avevano dato alla Resistenza e alla costruzione della nuova Repubblica. Perché si erano particolarmente distinte proprio in questo, rivendicando un principio di libertà, di democrazia e di uguaglianza.

Da lì, poi, c'è stata un'alternanza di leggi, alcune anche significative. Perché pensiamo alla legge n. 1102 del 1971, che istituì le comunità montane; pensiamo alla legge n. 97 del 1994, che istituì il Fondo nazionale per la montagna. Ma ve ne furono anche altre, che andarono a ridimensionare tutto questo, fino alla legge n. 191 del 2009 che tolse i finanziamenti intesi come Fondo nazionale, proprio rimettendo in discussione quello che era il valore stesso della montagna. Ora, io credo che la montagna italiana sia qualcosa di talmente poco percepito che, anche negli interventi di oggi, noi abbiamo avuto dei numeri diversi che ci sono stati dati: per numero di comuni, per estensioni territoriali e per numero di abitanti. Perché tutti ne diamo una lettura, così, particolare.

E questo lo dico perché, ancora una volta, noi non capiamo come parlare di montagna non significhi avere un'idea strana, magari, di qualche centro turistico o di qualche luogo particolarmente disagiato, ma significhi parlare di un insieme di persone, di comunità, di campanili - verrebbe da dire - che hanno trovato un loro equilibrio, hanno prospettato un loro sviluppo e che hanno garantito, nel corso di questi anni, un modo di vivere e di tutelare l'ambiente. Rigoni Stern diceva che in montagna non si possiede nulla, si è ospiti nel vero senso della parola, come ospitati dal territorio e come persone capaci di ospitare chi viene a visitare questo territorio.

Ma il “no” che noi diciamo in maniera convinta a questo provvedimento - tramite lei, lo dico al Ministro - nasce da una serie di considerazioni. La prima è quella delle risorse, perché è chiaro che tutto quello che abbiamo sentito enunciare anche in quest'Aula non è praticabile, non è traducibile in realtà, se non si mettono maggiori risorse. Perché già abbiamo a che fare con delle leggi finanziarie che hanno tolto risorse alle regioni destinate alla montagna, quindi, tutt'al più stiamo restituendo qualcosina di quello che nel corso di questi anni è stato tolto. Secondariamente, se si vuole dare attuazione davvero, una qualche concretezza a quanto detto, ci vogliono molte più risorse.

L'impressione è che si voglia risolvere il problema, magari, avendo una delega in bianco nel ridisegnare che cos'è montagna - perché questo è il dato di fatto -, dicendo diamo più soldi, semplicemente perché riduciamo la platea di quelli che hanno diritto a chiederli. Lo stesso Ministro, in più occasioni, ha detto che forse avrebbe voluto fare di più, ma ha fatto quello che ha potuto con le risorse a disposizione. Ecco, io in questo dico: no, non funziona così.

Molto semplicemente il Ministro fa parte di un Governo che fa scelte diverse, dove alla montagna dice: siamo attenti, vi vogliamo bene, pensiamo a tutti i bisogni, e poi preferisce investire in ponti sugli stretti, senza magari chiedere cose di questo genere; preferisce fare altre scelte di investimenti che nulla hanno a che fare con i bisogni della montagna italiana.

Ma aggiungo anche altro, perché un altro motivo del nostro “no” è un insulto all'idea di autonomia. Perché dire che si è contrari all'emendamento che istituisce le comunità di comuni montani dopo, ecco, aver percepito cosa abbia significato la perdita delle comunità montane previste per legge su tutto il territorio nazionale, vuol dire non consegnare a quei territori una capacità di aggregazione e una capacità di fare una programmazione - i Piani di sviluppo hanno significato molto nella storia della montagna italiana -, ma vuol dire soprattutto avere un'idea di autonomia che si costruisce dal basso, non per creare divisioni, frammentazioni, ma per permettere alle tante montagne italiane, ecco, di contribuire nell'organizzazione e ottenere dei risultati nazionali.

Quali sono? Quello di impedire lo spopolamento, quello di mantenere la gente sul territorio e quello di ridare speranza e servizi a chi fa questa scelta di vita. Da questo punto di vista, un altro motivo del nostro “no” convinto è che possiamo parlare di crediti di imposta, possiamo parlare di riduzioni di IRPEF, possiamo parlare di tante cose, però, quando i nostri emendamenti sono andati puntuali ad individuare degli interventi precisi che, certo, richiedevano risorse, la risposta che abbiamo avuto è solo dei “no”. Perché si è preferito parlare per titoli, promettere qualcosina qua e là, e inconsapevolmente, secondo me, assecondare l'idea che un Ministro di questo Governo, Foti, ha detto sulle aree interne montane, ossia che in fondo vanno consegnate al loro declino perché è impossibile frenarne l'impoverimento sotto tutti i punti di vista.

Questo la dice lunga nel momento in cui sui servizi fondamentali - si pensi alla sanità, si pensi alla scuola, si pensi al fare impresa - anche da questo punto di vista dei grandi pronunciamenti di principio, si ha una mancanza di lettura dei veri bisogni e degli interventi necessari. Perché non basta qualche detrazione fiscale, se non si crea la capacità di aggregazione tra chi fa sanità, se non si crea un forte legame con il terzo settore e i comuni. Se non si creano, insomma, quelle comunità di persone che hanno sempre garantito lo sviluppo e il sostegno della montagna e della montagna lombarda. Non si parla, poi, ecco, di quanto è stato detto in tema di infrastrutture tecnologiche.

Perché di fronte al tema della digitalizzazione e della telemedicina - tutte questioni che non riguardano le grandi città, ma riguardano soprattutto le zone interne, le aree montane come possibilità di sviluppo e di recupero per poter accedere a quanto i cittadini che vivono in città già hanno - noi abbiamo ottenuto solo dei “no”, dei pasticci o semplicemente il togliere dal provvedimento il tema, per vedere, in un secondo momento, di ridurlo a una cosa banale, che riguarda pochi comuni e poche persone. Perché questo è quello che è avvenuto nella discussione di questo di questo provvedimento.

Ma, infine, io sono convintissimo che noi stiamo perdendo una grande occasione, indubbiamente, che è quella che è stata data dai fondi del PNRR, quella che è stata data da un dibattito aperto sull'autonomia, che quanto avvenuto su quel provvedimento specifico ci ridà la possibilità di rivedere e concepire, ma soprattutto nell'affrontare in maniera sistemica, una volta per tutte, quello che è uno dei temi del nostro Paese, che è, appunto, quello della montagna.

Perché sia chiaro, il problema della montagna non è un fatto di qualche montanaro, e chi vi parla viene dalla montagna, ha governato i territori montani per qualche anno, sa benissimo che cosa voglia dire e sa anche la disperazione e la rassegnazione che spesso accompagna il vivere in montagna. Guardate è un tema che riguarda davvero tutti. Perché il dissesto idrogeologico, l'impoverimento di una parte significativa del territorio italiano, il non aver cura di alcune risorse tipiche della montagna - pensiamo al tema acqua in tutte le sue declinazioni - è un qualcosa che poi si ripercuote sulla vita e sulla sostenibilità e anche, mi verrebbe da dire, sulla sicurezza in generale del territorio del nostro Paese che mostra mille criticità, mille, mille debolezze.

Noi al Senato ci eravamo astenuti su questo provvedimento. Lo avevamo fatto con parole chiare, proprio nella consapevolezza che sarebbe arrivato in Aula, alla Camera, un provvedimento aperto ad emendamenti. Proprio con quella speranza, anche con quella consapevolezza che potevano esserci le condizioni per riscrivere alcune parti fondamentali della legge, noi ci siamo approcciati a questo momento di confronto. Purtroppo la delusione è tanta e il nostro “no” motivato prima, sia pur brevemente - potremmo trovare mille altri argomenti - nasce proprio da questo. Voglio finire come ho iniziato, facendo una citazione letteraria di Dino Buzzati che nel libro “Il deserto dei Tartari”, diceva che le montagne non sono stanche, possono aspettare ancora mille anni. Ed è vero, è parte della montagna, chi ci abita, però, no. E io credo che saranno chiamati ad esprimere un giudizio, un giudizio particolarmente severo verso questo provvedimento che nulla fa per andare incontro ai loro problemi.