Discussione sulle linee generali
Data: 
Mercoledì, 17 Dicembre, 2014
Nome: 
Roberta Agostini

A.C. 2613-A

 

Come molti altri miei colleghi, ringrazio il presidente Sisto per il modo in cui ha condotto il dibattito in Commissione e il relatore Fiano per la pazienza con la quale ha seguito il non facile lavoro e il non facile confronto nella sede della Commissione parlamentare. Sono ormai decenni che il Parlamento discute delle modifiche da apportare per il superamento del bicameralismo paritario e per approdare ad una funzione differenziata dei due rami del Parlamento. È un dibattito che sembra finalmente essere approdato al suo punto di arrivo ma che parte da molto lontano e che forse è anche un po’ datato come ci ricordava nel suo intervento il collega Nicoletti alla luce del processo di integrazione europea che abbiamo vissuto in questi anni. Ma ora siamo qui e sembra finalmente a portata di mano la modifica di tanta parte della Costituzione, di tanti articoli della Costituzione: tocchiamo ben 36 articoli. Penso che proprio perché abbiamo un tale dibattito alle nostre spalle e anche un referendum che si è celebrato qualche anno fa, noi possiamo e dobbiamo impiegare al meglio questa nostra occasione che, tra l'altro, costituisce una delle chiavi principali della nostra legislatura. Non stiamo apportando qualche ritocco alla Costituzione ma stiamo affrontando un cambiamento profondo del sistema che non può essere condotto come un fatto ordinario sulla base di esigenze contingenti o sulla base delle convenienze politiche o delle maggioranze o delle minoranze del momento. Il cambiamento che stiamo apportando implica una visione e una strategia per il futuro del Paese nella quale le persone possano riconoscersi, entro la quale noi tutti ci si possa pensare, che si possa spiegare, che si possa motivare, che si possa raccontare anche al Paese, fuori di qui, non una materia per tecnici, per esperti o per legislatori ma una materia viva che tocca la quotidianità di tanti cittadini e cittadine italiani. Questo è stato ed è ciò che è la nostra Costituzione repubblicana, patto fondamentale dell'Italia democratica, che ha consentito il processo di crescita civile, economica e sociale del dopoguerra e che ha rappresentato in quel momento e rappresenta ancora la ricongiunzione fondamentale tra la politica ed il popolo. Questo rapporto, questa congiunzione che oggi è messa profondamente e per tante ragioni in crisi, che è assediata dal populismo. Credo che la crisi economica, sociale e politica non si governa oggi se non c’è quest'ancora rappresentata dai principi fondamentali del patto democratico tra cittadini ed istituzioni.
E non si governa se questo patto non viene rinnovato e rimotivato, come noi stiamo cercando di fare. Allora, certamente, bisogna correre, perché è da tanti anni che stiamo discutendo e la riforma è da diversi mesi nelle Commissioni parlamentari, ma bisogna anche fare bene. Bisogna correre per approvare i cambiamenti di cui abbiamo bisogno per rendere il nostro sistema più efficiente, più credibile, ma anche fare bene, maneggiare con cura i cambiamenti, perché, Presidente, non c’è un secondo appello a quello che stiamo facendo. E, in primo luogo, c’è un tema di metodo. 
La Costituzione, si diceva, si cambia con il metodo della Costituzione. L'esercizio della discussione parlamentare è un tema di sostanza, non è un tema di forma. È una prerogativa essenziale della democrazia, da difendere, non una perdita di tempo da vivere con fastidio; così come prerogativa essenziale di una democrazia parlamentare è la libertà di scelta dei parlamentari, è quel «senza vincolo di mandato» citato nell'articolo 67 della nostra Costituzione. 
E così, io credo, il Governo, i Governi dovrebbero entrare meno possibile sulla materia delle riforme costituzionali, anche se ringrazio il sottosegretario Scalfarotto e i membri del Governo che sono stati con noi durante lo svolgimento della discussione in Commissione. Tuttavia, in questo caso, noi abbiamo assistito ad un ruolo forte in questo processo riformatore da parte dell'Esecutivo, che, se da un lato ha aiutato il percorso, dall'altro, lo stesso Governo dovrebbe essere molto consapevole che ci sono anche dei limiti da rispettare. 
Io, da questo punto di vista, vorrei rivendicare il lavoro che abbiamo fatto come Commissione, dove abbiamo rispettato alcune scelte fondamentali contenute nel testo che ci è giunto dal Senato, ma dove siamo riusciti a cambiare in meglio alcuni punti del testo, che, francamente, risultavano incoerenti proprio rispetto allo stesso modello che ci è giunto dal Senato, che il Senato ci ha consegnato. 
La scelta del Senato come Camera di rappresentanza delle istituzioni territoriali è comprensibile e condivisibile e potevano esserci altre strade; così come è comprensibile la scelta della non elettività, rispetto alla quale siamo in compagnia di democrazie più antiche della nostra, basti pensare alla Francia o alla Germania; risponde ad un'idea di composizione delle diversità geografiche e territoriali, di valorizzazione delle autonomie locali. E anche la scelta della non elettività, di un'elettività di secondo livello, risponde all'idea di ridurre la conflittualità politica e valorizzare la dimensione territoriale ed istituzionale. Ma, allora, perché non perseguire fino in fondo questo modello e rendere più coerente la composizione del Senato ? Io sono tra i componenti della Commissione che ha votato, anche in difformità dal parere dei nostri relatori, per eliminare i senatori di nomina presidenziale. Provo a rivendicare e a giustificare quel voto, che non ha toccato un punto fondamentale della riforma, ma ha centrato un punto vero rispetto al quale essere coerenti, che riguarda la composizione del Senato. Che c'entrano con un Senato rappresentativo delle autonomie senatori di nomina presidenziale ? Va bene fare presto, ma io vorrei anche votare un testo che abbia una coerenza interna più forte, perché questa stessa scelta di coerenza ci ha spinto anche a cambiare, a cancellare dal testo la competenza paritaria del Senato sulle materie previste dagli articoli 29 e 32 della Costituzione, che riguardano le questioni della famiglia e le questioni della salute, del trattamento sanitario obbligatorio. 
Io ho voglio dire che per me c’è un punto invalicabile nel processo di riforma, che è dato dal rispetto di quella scelta compiuta dai costituenti in favore della centralità del Parlamento e di quella scelta di un equilibrio tra i poteri che la Costituzione indica quando distribuisce i poteri senza mai conferire ad alcuno un eccesso, anzi, disegnando un efficace sistema di pesi e di contrappesi. 
Per questo la discussione in Commissione è stata importante, ad esempio, sull'innalzamento dei quorum per l'elezione del Presidente della Repubblica. È chiaro che soprattutto in un sistema maggioritario con un premio alla lista, così come quello proposto dalla legge elettorale in discussione al Senato, una figura come quella del Capo dello Stato, che è una figura di garanzia, va sottratta, io credo, allo strapotere della maggioranza.
Così come penso alla discussione che abbiamo avuto sul tema del voto bloccato a data certa che rischiava di ribaltare, di modificare i rapporti tra Governo e Parlamento ed è stata una discussione positiva che ci ha consentito di tenere una soluzione ragionevole per cui il Governo ha una corsia privilegiata che consente di approvare provvedimenti fondamentali per il suo programma in tempi certi, uno strumento utile anche per superare i problemi della decretazione d'urgenza, ma allo steso tempo si consente al Parlamento di intervenire nella maniera dovuta nel corso del procedimento legislativo, senza dover prendere o lasciare a scatola chiusa i provvedimenti. 
Ci sono altre questioni di sostanza che restano e sulle quali mi aspetto che il Parlamento faccia un lavoro importante. Penso a un aspetto richiamato da altri che tocca la vita delle persone come quello di richiamare in Costituzione, nel quadro del riparto di competenze tra Stato e regioni, la necessità di stabilire principi chiari e condivisi in materia di politiche sociali, così come fissato dalla legge n. 328 del 2000 che fu votata tanti anni fa e che, per certi versi, è rimasta inapplicata. Penso, ancora, alle leggi elettorali, perché vorrei che mai più le nostre istituzioni rappresentative si possano trovare nella situazione di un ricorso sulle leggi elettorali che ne infici alle fondamenta stabilità e legittimità; penso sia interesse di tutti il ricorso preventivo alla Corte costituzionale. 
Un ultimo punto e chiudo, signora Presidente. Penso che ci sia arrivata una novità molto importante dal Senato sul tema dell'articolo 55 della Costituzione, su quella nuova formulazione dove il testo del Senato dice che si promuove l'equilibrio tra uomini e donne nelle leggi elettorali per le elezioni di Camera e Senato. Si tratta di rendere coerente la nuova previsione costituzionale con le norme transitorie che regolano l'elezione del Senato, perché ancora vi è il rischio, io credo, anche con questa bella formulazione, che il nuovo Senato possa essere un Senato a composizione quasi esclusivamente maschile. 
Mi avvio a concludere; la politica ci chiede di scegliere, ci chiede di essere di parte, perché la politica è conflitto, è maggioranze e minoranze, poi la politica è anche compromesso, è anche mediazione. Qui sopra alla sala della Regina abbiamo inaugurato, qualche giorno fa, una mostra su Togliatti e la Costituzione. Anche in periodi difficili le mediazioni e i compromessi alti sono stati possibili e hanno costruito la nostra Carta costituzionale. Io vorrei che proprio perché parliamo della nostra Carta fondamentale prevalesse il dialogo, il riconoscimento reciproco e il rispetto profondo delle convinzioni di ciascuno, per un compromesso alto sulle nostre regole fondamentali.