Discussione sulle linee generali
Data: 
Mercoledì, 17 Dicembre, 2014
Nome: 
Barbara Pollastrini

A.C. 2613-A

 

Grazie Presidente, mi avvicino a questo dibattito con modestia, dinanzi ad una materia che attiene alla carta fondativa del patto repubblicano, seppure nella sua seconda parte. Altri colleghe e colleghi hanno rammentato la vicenda drammatica che fu alla base della nostra Costituzione. In particolare il relatore Fiano, che voglio ringraziare con il relatore Sisto, ha ricordato come l'azione di padri e madri costituenti abbia scolpito articoli nati dal riscatto di una lotta di liberazione contro una dittatura odiosa. Lo fecero, quelle donne e quegli uomini, con uno sguardo presbite, uno sguardo rivolto al futuro ed alla consapevolezza che la democrazia non è mai costruita una volta e per sempre. Oggi quello sguardo risiede nel fare vivere quei principi scolpiti davvero intoccabili, attraverso regole che li rendano popolari nello spirito del nostro tempo. 
È la storia, infatti, a dirci del conflitto mai risolto definitivamente tra la lotta per i diritti e le possibili brusche regressioni. È un insegnamento questo che ci viene confermato persino dalla cronaca. Parlo dell'Occidente e dentro l'Occidente di un'Europa, scossa da una crisi economica drammatica e non ancora archiviata. È una crisi – lo sappiamo bene – che ha prodotto disuguaglianze, disagi sociali, solitudini a volte disperate. È una crisi che in Italia si intreccia con una questione morale indecente, che consuma fiducia e speranze, un groviglio pericoloso, che alimenta rabbia e può sfociare, come ha ricordato ieri il Presidente Napolitano, nello smarrimento di senso della stessa democrazia, spingendosi fino al suo rifiuto. 
Dov’è allora, rispetto al tema che discutiamo oggi, la nostra responsabilità, quella di un gruppo, di un partito e di una coerenza individuale ? Credo sia nel tenere il nesso tra la prima e la seconda parte della Carta, produrre cioè innovazioni che aiutino a rendere vitale, esigibile e comprensibile un'uguaglianza di diritti e doveri per un numero crescente di persone. È una questione, quindi, di efficienza, certo, ma ancora una volta di socialità e di trasparenza. 
Lo so, non basta il passo che compiamo con queste nuove regole. Solo un insieme coraggioso di riforme può restituire davvero dignità a chi è stato spogliato di una parte della sua dignità. Ma la scrittura di queste regole deve potere aiutare. Ecco perché, dopo trent'anni di promesse mancate, non è rinviabile un nuovo ordinamento dello Stato e del Parlamento, che chiuda una transizione troppo lunga. 
Il tema è realizzare cioè un incontro tra governabilità, rappresentanza e partecipazione e, in questo contesto, inserire appunto il superamento del bicameralismo attuale. La legge elettorale avrà l'onere di ricucire la tela tra eletti ed elettori e, così, più autenticamente rappresentarli. Questa riforma deve, invece, farsi carico di un'efficacia dello Stato, anche per recuperare l'autorevolezza dell'autonomia nazionale in rapporto ad un'Europa che vogliamo, però, rinnovata e politicamente integrata.
Perciò, la riforma ha il compito di una rappresentanza territoriale che possa unire il Paese, fare camminare una solidarietà ed uno spirito autonomistico. 
L'impegno in Commissione – è stato detto – è stato davvero intenso e attento. Io ho vissuto quelle giornate con timidezza ed ascolto. Come altri, ho sottoscritto emendamenti ed ho votato quello sui senatori di nomina presidenziale, voto descritto da alcuni come esempio di una presunta volontà di boicottare le riforme e addirittura di boicottare il Governo. 
Per me, e voglio ripeterlo qui, quel voto è stato solo il modo per sanare una delle incongruenze. 
Semmai, lo dico con altrettanta schiettezza, vorrei riforme più nette, più esigenti, magari con il ridisegno delle regioni e l'abolizione di quelle a statuto speciale, ma so che il Parlamento è sovrano e rispetto profondamente il lavoro svolto finora. 
Io credo che il confronto arricchisca ed infatti il dibattito in Commissione ha prodotto risultati importanti, frutto del dialogo, ad esempio la correzione dell'articolo 1 sulla collocazione e l'indivisibilità dei diritti umani, civili e sociali oppure l'abolizione del voto bloccato e l'innalzamento del quorum per l'elezione del Capo dello Stato. 
Quest'Aula ha ora una grande responsabilità nel licenziare il testo e nel farlo nei tempi previsti. 
E allora mi chiedo e chiedo: è possibile lavorare ancora sulla composizione del Senato, rendere più limpida la sua funzione ? 
Il Governo può farsi tramite ed impulso di un impegno in questo senso con l'altro ramo del Parlamento ? Il Governo sa essere guida, ma al contempo ascoltare il Parlamento e mettersi insieme e metterci insieme in una volontà di miglioramento ?
Riflettiamo insieme su come sarebbe cosa buona dare maggiore autorevolezza al nuovo Senato e superare eventuali contenziosi con la Conferenza Stato-regioni, senza ricorrere a successive norme di aggiustamento.
E ancora: possiamo impegnarci per prevedere il riconoscimento, tramite una delega sempre reversibile, delle regioni virtuose o correggere le norme sul referendum, in una logica che voglia estendere i canali di partecipazione ? 
Colleghe e colleghi, termino con una personale certezza e con un dilemma: io credo nell'autonomia della politica, ma oggi un'autonomia che sia tale e sia stimabile fuori da qui va riguadagnata. 
Lo si fa con uno stile di umiltà, perché la politica, per troppo tempo, non ha saputo dare il meglio di sé. 
Anche per questo io penso sia indispensabile estendere il sindacato preventivo di costituzionalità alla futura legge elettorale e credo che sarebbe saggio se tutti i gruppi e i singoli parlamentari se ne facessero carico. 
Il dilemma, invece, è riproposto anche oggi e a ciascuno di noi. 
Il mondo è scosso. 
È di ieri la tragedia del terrore in Pakistan. La nostra Costituzione ripudia la guerra. 
Nulla appare per le coscienze irrisolvibile come il confine tra una guerra ed azioni mirate a difesa della sicurezza di popolazioni intere. 
Parliamo comunque di un uso della forza, anche quando quel ricorso avviene nel nome dei diritti umani. 
In questi casi – ecco la domanda – è utile – ed io credo di sì – elevare a maggioranza qualificata, su questi temi, il voto della Camera ? 
Colleghe e colleghi, io ho ascoltato tutti con attenzione e profondo rispetto, ho ascoltato i relatori di minoranza. 
Vedo le distanze, ma spero di interpretare almeno in parte lo spirito del mio gruppo nel dire che davvero non possiamo rinunciare ad ascoltarci, a lavorare insieme. 
Mi rivolgo in particolare ai colleghi Quaranta e Costantino di SEL, perché penso che sia più forte, su molti temi, ciò che ci unisce rispetto a quanto ci divide. 
E mi rivolgo al collega Bragantini, che ho ascoltato tante volte in Commissione, che nel legame con il territorio ha fondato la sua identità. O al presidente Toninelli che, se lasciasse da parte i toni offensivi di ieri, potrebbe dare un contributo serio in un passaggio importante. Forse sono un'incorreggibile ottimista, ma se quest'Aula saprà dare, nelle differenze che animano e arricchiscono sempre la democrazia, più solennità e più condivisione alla riforma, ne guadagnerà almeno di un gradino il prestigio della politica e di questi tempi non è poco. E prima di ogni cosa, renderemo merito al Paese. 
Signora Presidente, nel minuto che mi resta mi lasci fare accenno ad una notizia che abbiamo avuto in questi momenti dal Parlamento europeo. Oggi il Parlamento europeo ha votato a favore dello Stato palestinese e ha proposto un'esortazione a ogni Governo perché ci sia un'iniziativa autorevole di ogni Parlamento per il riconoscimento di due popoli in due Stati. È vero, non c'entra con il dibattito di oggi, ma mi lasci dire che questa notizia ha dato una speranza in giornate che sono davvero difficili per tutti.