Discussione generale
Data: 
Lunedì, 24 Maggio, 2021
Nome: 
Elena Carnevali

A.C. 164​-1317​-1666​-1907​-2272-A

 

Grazie, signora Presidente. Un grazie alla sottosegretaria Bini per essere qui con noi: la sua presenza è per noi molto importante, come lo è il fatto che il Ministero della Salute abbia collaborato molto alla stesura di questo progetto di legge - come ricordava prima la collega, nonché relatrice, Bologna che ringrazio, a nome del Partito Democratico, per aver svolto davvero un lavoro molto importante -, realizzando una sintesi dei contributi importanti, oltre che delle proposte e dei progetti di legge, anche a firma del Partito Democratico. Infatti, non temo di dire un'esagerazione se affermo che possiamo davvero esserne orgogliosi e lo saremo davvero molto di più quando questa proposta di legge troverà la sua piena attuazione e soprattutto la conclusione del suo iter parlamentare tra i due rami del Parlamento. Oggi compiamo davvero un'immersione nella vita reale del mondo delle malattie rare, a volte ne parliamo, altre volte ne parliamo spesso, ma sebbene il nostro non sia un Paese non attrezzato, la crescita della consapevolezza di ciò che serviva e che serve, di ciò che si può migliorare e che riusciamo a realizzare attraverso questa legge-quadro credo sia un passaggio importante in questa Camera nonché una presa di consapevolezza culturale. Per aiutare a cercare di capire cosa vuol dire passare dalla discussione che facciamo in questa sede alla vita reale vi voglio raccontare brevemente la storia di Giustina. Giustina è il nome di una ragazza che adesso ha vent'anni; la sua è una storia che la mamma ha voluto raccontare nelle pagine del giornale L'Eco di Bergamo, comparsa proprio nei giorni scorsi sul nostro giornale locale. Questa mamma racconta della dedizione, della professionalità che ha incontrato nel suo percorso di malattie rare, però, per lei, ci sono voluti 15 anni per dare un nome alla sua malattia, 15 anni che hanno portato finalmente ad individuare, grazie ad una metodologia diagnostica nuova, che è il sequenziamento dell'esoma, a dare un nome a questa condizione di Giustina. Ci sono tantissimi casi simili a quello di Giustina: i malati rari in Italia sono circa 2 milioni e, nel 70 per cento dei casi, sono pazienti in età pediatrica. A Giustina la malattia ha portato via tutto: vista, udito, capacità cognitive e motorie, lasciandole - dice la mamma - solo la possibilità di spalancare i suoi grandi occhi. C'è un passaggio in quella lettera che mi ha veramente colpito, intimamente, fortemente, in quel racconto, perché la mamma dice: “io avevo bisogno di arrivare finalmente ad un punto fermo nella definizione di una diagnosi”, alla definizione di una diagnosi per la figlia, ma soprattutto in prospettiva anche per gli altri malati. Ecco, dobbiamo vedere questa legge-quadro, che voteremo nei prossimi giorni, come il sostanziale aiuto, non solo per il raggiungimento delle diagnosi precoci, ma per tutto quello che comporta una convivenza lunga per il malato e per i suoi familiari, per le persone con malattie rare. Vi dicevo prima - secondo me è un altro importante passaggio contenuto nella proposta di legge - della transizione dalla condizione pediatrica all'età adulta. Le malattie rare possono portare moltissime e variegate condizioni e conseguenze, a volte addirittura uniche, tante quante sono le malattie rare, e quindi il passaggio dall'età pediatrica a quella adulta spesso fa mancare i punti di riferimento. Pensate ai disturbi cognitivi, ai disturbi motori, ai disturbi che possono incidere fortemente sulla possibilità di relazione, sulla formazione, sullo studio e sul lavoro, come prima la collega Bologna ci ha ricordato. Ebbene, credo che, se siamo arrivati a questo grande lavoro, lo dobbiamo davvero all'assunzione di responsabilità, alla volontà di affrontare le difficoltà oggettivamente descritte - non è stato proprio un passaggio semplicissimo -, al tempo che abbiamo dedicato, ma soprattutto al fatto - e la ringrazio - che anche la Commissione finanze, alle condizioni date, avrebbe potuto usare una clava ancora più severa.

Vi dico già da subito che, per esempio, sul Fondo di solidarietà per noi un milione non è sicuramente la risposta che si ascrive alla necessità di soddisfare tutti i bisogni che sono lì descritti. Ma io penso che, senza la disponibilità della relatrice, nostra, delle Commissioni, del Ministero della Salute, della dottoressa Romeo, della dottoressa Tripaldi, di tutti i componenti della nostra Commissione, non saremmo arrivati qui e, soprattutto, non ci saremmo arrivati se non avessimo avuto a fianco anche l'associazione Uniamo, che fortemente ci ha accompagnato in questo percorso e spronato. Quindi, è un ottimo traguardo, un raggiungimento, che obbligherà tutti noi ad interpretarlo con un impegno che non si esaurisce qua. Sappiamo bene che le famiglie si trovano ad affrontare percorsi molto difficili, vite impervie, spesso anche onerose sul piano economico per raggiungere i centri specializzati di cura, sono a volte costrette a prendersene cura personalmente, anche in assenza di personale dedicato disponibile. Questo spesso comporta una riduzione delle possibilità lavorative dei genitori. Voglio anche ricordare che non possiamo mai dimenticarci della centralità che, comunque, deve sempre avere la persona, che non consideriamo solo paziente, noi la consideriamo persona in quanto tale, naturalmente anche chi, nei vari casi, ne ha la responsabilità giuridica e i suoi familiari. È per questo che ho presentato un emendamento, proprio per segnare - e spero che questo passaggio venga condiviso - il richiamo alla centralità delle persone, del principio di autodeterminazione che l'ONU ci ricorda sempre, perché non possiamo mai dimenticare che, oltre all'impatto sulle famiglie, dobbiamo anche molto rispettare la volontà delle persone. Dal 2001, in Italia, sono stati istituiti: la Rete nazionale dedicata alla prevenzione, alla sorveglianza e alla diagnosi delle malattie rare; il Centro nazionale per le malattie rare; il Registro nazionale per le malattie rare, che è presso l'Istituto superiore di sanità; l'elenco delle malattie rare, al quale è riconosciuto anche il diritto all'esenzione della partecipazione ai costi delle prestazioni. Voglio sottolineare un passaggio importante: con questa legge quadro, l'aggiornamento dell'elenco delle malattie rare non sarà più – permettetemi di usare questi termini - come prima, che trovava tempi che non sempre erano rispondenti alle esigenze; e questo è un altro grande passo avanti che è contenuto in questo provvedimento.

E nonostante abbiamo fatto molti passi in avanti, rimangono ancora difficoltà per il paziente di avere una diagnosi appropriata in tempi rapidi, così come rimangono la mancanza di cure e di terapie. Giustamente, abbiamo sollevato la necessità di investimenti nella ricerca in questo settore delle malattie rare. L'investimento in ricerca, in innovazione farmacologica, risulta essere molto oneroso; questa è una delle ragioni che ci ha spinto a dare enfasi a questo aspetto - si può fare sempre di più -, ma ciò è il riconoscimento di quanto scritto in una parte degli articoli di questo provvedimento. La stessa cosa vale per la difficoltà di essere curati per mancanza di terapie, malattie che, spesso, hanno un andamento cronico invalidante; da qui, il peso familiare e sociale, che naturalmente ha la sua importanza. Giustamente e molto egregiamente la collega ha già esplicitato e sottolineato i contenuti, io voglio focalizzarmi su alcune cose che, secondo me, sono di rilievo e che vorrei portare all'attenzione dell'Aula.

Innanzitutto, noi non dobbiamo mai scindere tutto ciò dalla questione degli screening neonatali, che giustamente sono stati qui richiamati. Spesso diciamo: questo non lo si può fare perché adesso non ci sono le risorse, a causa della sostenibilità economica e finanziaria del Servizio sanitario nazionale nel suo complesso. Io preferisco, invece, guardare ai benefici che avrebbero le persone, i pazienti. Gli screening neonatali sono molto importanti, in quanto permetterebbero di far emergere in modo immediato le varie patologie. La seconda cosa molto importante, oltre ai dispositivi medici e ai presidi: qui si dice anche l'addestramento, e non è una parte irrilevante, perché spesso le famiglie hanno bisogno di essere accompagnate e addestrate nell'utilizzo di questi presidi, che hanno anche un certo tasso di innovazione tecnologica e non possono di certo attendere non solo quello che noi attendiamo ancora, ossia il nomenclatore tariffario, ma anche quello che può servire per migliorare la qualità della vita di queste persone.

La terza questione è quella che riguarda l'aggiornamento dell'elenco per gruppi, in modo che diventi più semplice il riconoscimento all'interno di gruppi più ampi nell'elenco delle malattie rare; è una cosa importante e fondamentale per chi vive la malattia rara, il quale spesso è costretto a trasferirsi di regione in regione; quella esigibilità nel poter avere, quindi, attraverso i prontuari regionali, diversamente dalla regione di appartenenza, l'accesso ai farmaci e alle terapie. Una cosa che può sembrare banale, però si è pensato a questa banalità, perché poi l'organizzazione della vita delle persone si misura anche con queste cose; la possibilità, per esempio, di prescrivere e di superare quella soglia, che abbiamo adesso, di tre farmaci per ricetta. Ancora, la centralità che abbiamo dato nel Fondo di solidarietà: non è un'appendice preoccuparci dei caregiver, non è un'appendice preoccuparci della formazione e dell'istruzione in ambito scolastico, non è un “di cui” quello di occuparci e di garantire l'inserimento sociale delle persone con malattie rare e delle conseguenze che possono avere avuto.

Naturalmente, la presenza del Comitato nazionale, oltre a dare gli indirizzi, a promuovere anche le funzioni di indirizzo e di coordinamento, ha la grande valenza di trovare all'interno i portatori di interesse. Noi, credo, l'abbiamo capito. Noi abbiamo, debbo dire, un'ampia unanimità spesso in Commissione, facciamo un po' poco da soli e abbiamo scelto un metodo - che, secondo me, è quello giusto - di non soffrire di autoreferenzialità. Tante volte, anche quando proponiamo emendamenti, quando cerchiamo di operare, lo facciamo perché sentiamo quei portatori d'interesse, non solamente perché hanno dei bisogni specifici, ma perché è dalla storia, dalla vita, dalle esperienze, da quello che vivono, che noi abbiamo la possibilità di conoscere e di superare gli ostacoli, che, come la nostra Costituzione ci ricorda, è uno dei compiti della nostra Repubblica. Concludo, segnalando due punti altrettanto importanti che sono quelli legati alla ricerca, con questo ulteriore versamento del 2 per cento per le spese con autocertificazione che avvengono entro il 30 aprile. Un passaggio importante che ha fatto la collega Bologna è proprio sugli studi clinici, sugli studi pre-clinici e osservazionali. Noi l'abbiamo anche messo e finanziato - per fortuna, io dico - nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ancora molto possiamo fare, perché dagli studi clinici spesso arriva la chiave di volta per poi poter arrivare anche, oltre alla ricerca indipendente, a nuove terapie e soprattutto a nuovi farmaci e anche a nuovi farmaci orfani, oltre naturalmente al credito di imposta, che credo segni, anche quello, un passaggio importante, che è stato messo nella proposta di legge. Faccio due richiami importanti a mio giudizio: è un obbligo quello che abbiamo scritto, non è che noi le regole le possiamo smontare quando facciamo le proposte di legge.

Quindi, è chiaro che per molti passaggi troverete un richiamo, necessariamente, alle intese, agli accordi con la Conferenza Stato-regioni, il richiamo alla definizione dei regolamenti, ai decreti ministeriali della Salute, ai decreti adottati con il Ministero della Salute e con il MEF. Noi non ci dimentichiamo mai che abbiamo, giustamente, anche dei giornali specifici che ci ricordano sempre, ai fini dell'attuazione delle norme, quanto, poi, siamo stati bravi a renderli vivi e vitali attraverso l'applicazione di questi passaggi.

Io credo che, anche su questo, oltre al passaggio che mi auguro sia davvero celere - nessuno vuole togliere, naturalmente, il contributo dei rami del Parlamento, ci mancherebbe altro - il lavoro che abbiamo fatto è stato svolto anche mettendo a sistema le competenze e le conoscenze tra Camera e Senato ed è per questo che, anche per l'attesa che per ragioni diverse abbiamo un po' sofferto, l'abbiamo fatto nella consapevolezza che, alla fine, saremmo arrivati ad un testo che sono certa troverà - ne sono quasi sicura - la totale condivisione di quest'Aula. Proprio per queste ragioni, proprio per questo passaggio, vorrei dire che spesso ci domandano: ma voi in Parlamento che cosa fate? Spesso sembra che siamo un'entità non dico astratta, ma diciamo che, ultimamente, il ruolo parlamentare non ha, di certo, l'attenzione e il riconoscimento del rango che questo luogo di fatto meriterebbe. Eppure, io sono convinta che la testimonianza del nostro ruolo l'abbiamo anche qui, oggi, in questo passaggio. Lo dico con commozione, da un lato, e con forte convincimento, dall'altro, perché si legifera affinché la vita di chi sta fuori da quest'Aula sia migliore, per la qualità dell'assistenza, della diagnosi, delle cure, delle terapie, dei progetti personalizzati, perché quelle disuguaglianze territoriali che ancora sono molto presenti nel nostro territorio siano abbattute, per riuscire a valorizzare le moltissime competenze nei centri che noi abbiamo già e fare in modo che queste competenze diventino conoscenze condivise.

Ecco, io credo che, proprio per tutte queste ragioni, possiamo essere, da un lato, modestamente, in modo sommesso, anche orgogliosi del lavoro che abbiamo fatto, ma sono sicura che il metodo utilizzato è stato il metodo giusto: quello di una condivisione tra le varie forze politiche, quello della tenacia che non è mai venuta meno - quella della relatrice, senz'altro, di tutti noi e di tutte le forze politiche - e, soprattutto, di aver dato voce al ruolo con proposte di legge parlamentari e non governative in questo caso - naturalmente, fatte con un ruolo fondamentale da parte del Governo - di aver dato la possibilità di cambiare la vita di molti malati e di molti pazienti, e pazienti con malattie rare.