Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 3 Agosto, 2023
Nome: 
Marco Furfaro

A.C. 249-A

Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, passiamo molto tempo della nostra attività politica a differenziarci, a polemizzare, persino a inveirci contro; ogni giorno ci dividono scelte politiche, leggi, atti e dichiarazioni, legittimamente, perché, senza dubbio, abbiamo visioni del mondo e un'idea di società completamente diverse. Purtroppo, a volte, non diamo un grande spettacolo, andando sopra le righe e non dimostrando di essere un buon esempio per chi rappresentiamo, ma ci sono momenti in cui la vita umana, la quotidianità materiale e pure la sofferenza delle persone pongono delle questioni talmente grandi e profonde che non si può che fermarsi e cercare di cooperare anche tra diversi, senza porre bandierine e distinguo, per rendere giustizia e nobiltà alla politica e alle istituzioni. Siamo chiamati a fare in modo che la democrazia non sia enunciata, ma compiuta, e ad adoperarci, ogni volta che la Costituzione viene minimamente tradita, a sanare quel vulnus che si frappone fra un cittadino e la sua partecipazione alla vita attiva del Paese.

L'articolo 3 della Costituzione recita che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge. Il comma successivo, forse ancora più importante, invita a rimuovere ogni ostacolo che limita di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini e impedisca il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione alla democrazia. Per milioni di persone, che già hanno dovuto vivere con il dramma di una malattia grave come il cancro, la nostra democrazia non solo non è stata in grado di rimuovere, ma, anzi, ha prodotto ostacoli tra queste persone e i loro diritti, ostacoli diventati discriminazione, stigma, impedimento, senso di colpa.

Parliamo di persone guarite da una malattia oncologica, ma che hanno dovuto convivere non solo con un passato, per fortuna superato, ma anche con lo stigma: cancro uguale morte, oppure cancro uguale malattia incurabile e inguaribile. Uno stigma alimentato spesso da ignoranza e da messaggi errati dei media, perché di cancro si guarisce, eccome se si guarisce. In Italia sono circa 3,6 milioni i cittadini che hanno ricevuto una diagnosi di cancro, ma di questi, per fortuna, 900.000 persone possono considerarsi guarite.

Tuttavia, nel nostro Paese, superare la malattia a livello clinico non ha significato smettere di essere considerati dei pazienti. Infatti, per accedere ad alcuni servizi finanziari, bancari e assicurativi, spesso le persone sono formalmente costrette a dichiarare le neoplasie da cui sono state affette in passato. Possono, di conseguenza, essere classificate e, quindi, discriminate come clienti a rischio, con peggioramenti vari delle condizioni proposte o addirittura frequenti dinieghi di questo o di quel servizio. Così, fino ad oggi, per milioni di persone tutto diventava difficile, a volte impossibile: accedere a un mutuo, a un finanziamento, a polizze assicurative, a un percorso di adozione di un figlio o all'affidamento di un minore, difficile persino non essere discriminati sul lavoro. E questo accadeva, pensate, anche dopo 10 anni dall'aver completato l'iter terapeutico. Discriminazioni, però, che non hanno alcun fondamento medico e che, finalmente, oggi, ci spingono a colmare questo vuoto.

Negli ultimi anni diversi Paesi europei hanno deciso di approvare delle leggi a favore del riconoscimento del diritto all'oblio oncologico. Lo scopo di queste norme è quello di stabilire dei termini temporali oltre i quali, dopo la guarigione, gli operatori finanziari e altre realtà non possano più esigere informazioni in merito alla storia clinica pregressa di chi è guarito da un tumore. In questa legislatura, il nostro partito, il Partito Democratico, ha presentato una proposta sull'oblio oncologico a mia prima firma e di altre colleghe e colleghi. Altre colleghe e colleghi di altro partito hanno fatto lo stesso.

Ringrazio di cuore le due relatrici, Maria Elena Boschi e Patrizia Marrocco, per aver fatto da raccordo e costruito un clima collaborativo tra tutte le forze politiche, per arrivare a un testo così importante e condiviso. Per una volta possiamo dire che la politica ha dato un bello spettacolo, perché oggi, finalmente, approviamo una legge di civiltà, che porrà fine a tante discriminazioni. Si chiama diritto all'oblio oncologico e devono garantirlo tutti, da oggi: dagli enti pubblici ai datori di lavoro privati. Lo dobbiamo alle migliaia di storie di persone che non solo hanno dovuto combattere contro la malattia, ma anche contro il muro sociale che li aspettava, una volta sconfitta. Lo dobbiamo a chi, per un vuoto normativo, ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze di una discriminazione che gli ha impedito di realizzare i propri sogni o, semplicemente, di avvalersi di un servizio.

Lo dobbiamo a Laura, 45 anni, di Roma: a 20 anni ha avuto un tumore al seno, curato in 5 anni. Ballerina da sempre, che, dopo anni, decide di lasciare il lavoro in ufficio per aprire una scuola di ballo. Ha scelto il nome, ha trovato la struttura giusta, poi ha preso appuntamento in banca per capire che tipo di mutuo potevano concederle. Le hanno illustrato le possibili opzioni e ha dovuto compilare alcuni documenti. Ma a un certo punto le sono state chieste informazioni sulle sue condizioni di salute passate, per poi comunicarle che, probabilmente, un mutuo a lungo termine non le sarebbe stato concesso per via del tumore: una vera ingiustizia, il ritorno della malattia a 15 anni dalla guarigione. Grazie alla legge che stiamo approvando, Laura potrebbe richiedere quel mutuo e realizzare il suo sogno (Applausi).

Lo dobbiamo a Francesco, 33 anni, che, qualche settimana dopo aver compiuto la maggiore età, ha scoperto un tumore alla tiroide. È stato in cura per 26 mesi, è guarito. Lo scorso anno, con la sua ragazza, ha deciso di intraprendere la strada dell'adozione, dopo aver provato ad avere un figlio. Non gli è stato possibile: Francesco non è potuto diventare padre per via della malattia, nonostante fosse guarito da oltre 10 anni. Con questa legge, una famiglia potrà diventare tale e Francesco, finalmente, potrà diventare babbo.

Ecco, quindi, finalmente una legge che restituisce speranza centinaia di migliaia di persone e anche nelle istituzioni. Oggi impediamo che una malattia, tanto più quando si è guariti, rappresenti un confine, un muro, un ostacolo tra i cittadini, tra i cittadini e le istituzioni, tra i cittadini e la possibilità di partecipare alla vita pubblica o di usufruire di servizi come tutti gli altri. La malattia non è una colpa, la malattia non è la persona che l'ha avuta. E oggi, soprattutto, torniamo a stabilire che la politica, quando mette al centro le persone e non se stessa, è capace di approvare leggi di civiltà, che tornano a dare speranza a chi pensa che il mondo possa essere migliore di così. Voteremo convintamente e felicemente a favore, perché con questa legge da oggi l'Italia sarà un Paese migliore.