A.C. 1424 e abbinate
Grazie, Presidente. Negli ultimi anni dell'Ottocento, in un palazzo di Torino, vive la ventisettenne Maria Pedani che esprime nella sua stessa figura salute e forza. È una maestra di una scuola elementare, insegna una materia rivoluzionaria, l'educazione fisica, ed è corteggiata da un inquilino dello stesso palazzo, il segretario Simone Celsani. Non potrebbero essere più diversi: lui, un ex seminarista, piccolo, timido, impacciato con le donne e tutt'altro che sportivo; lei, al contrario, è forte, bella, moderna, per i tempi spregiudicatamente femminista. Celsani si è follemente innamorato, ma lei lo rifiuta, perché la maestra Pedani non ha il tempo di pensare a quelle richieste, si sente investita di una importante missione: diffondere la pratica della ginnastica nella scuola secondo le teorie di Emilio Baumann, medico bergamasco trasferitosi poi a Bologna e autore, nel 1866, del primo manuale di ginnastica per le scuole elementari.
La signorina Pedani e il segretario Celsani sono i protagonisti di Amore e ginnastica, un romanzo di Edmondo De Amicis, pubblicato, per la prima volta, nel 1892. Emilio Baumann, invece, è realmente esistito, ed è il vero pioniere della diffusione della pratica sportiva nella scuola in Italia. Nella finzione, insomma, De Amicis racconta di una Torino di fine Ottocento dove una donna insegna lo sport nella scuola come strumento pedagogico.
Nella realtà, nasce nel 1844 la società ginnastica di Torino, la più antica in Italia, che farà pressione sul Parlamento fino a che, nel 1878, il Parlamento approverà la prima legge sull'obbligatorietà della ginnastica nelle scuole. Ora, sono passati 147 anni e oggi noi, in questo Parlamento, siamo felici perché lo sport, la cultura del movimento e la scuola oggi vivranno una bella giornata. Non c'è alcun dubbio che il Partito Democratico voterà a favore del ripristino dei Nuovi giochi della gioventù, manifestazione concepita nel 1968 e le cui prime finali, allo Stadio dei Marmi, qui a Roma, risalgono al 29 giugno 1969. Allora, un altro po' di storia. Io sono nato l'8 maggio del 1969, avevo 51 giorni, signor Presidente. Oggi ho 55 anni suonati e mi trovo a fare una dichiarazione di voto per ripristinare una cosa che nessuno, nessuno di noi, colleghe e colleghi - sia chiaro - ha inventato.
Togliamoci pure potenziali medaglie da appuntare al petto, perché oggi rilanciamo un'iniziativa, come dicevo, nata nel giugno del 1969 e durata fino al 1996, che poi dopo un po' di surrogati ha vissuto il suo definitivo sipario nel 2017.
Il merito, la genesi, anche il modello che oggi noi riproponiamo - e che mi auguro, ne sono certo, voteremo in modo unanime - nasce grazie alla visione di un dirigente sportivo che si chiamava Giulio Onesti. Giulio Onesti è stata una figura centrale nella storia dello sport italiano. Nato a Torino, laureato in giurisprudenza, partecipò attivamente alla lotta contro il regime fascista durante la Seconda guerra mondiale e la sua dedizione ai valori di libertà e giustizia lo resero una figura di rilievo nella lotta partigiana. Dopo la Liberazione, la sua esperienza e il suo impegno lo portano a ricoprire il ruolo di Presidente del Comitato olimpico nazionale dal 1946 al 1978. Doveva liquidarlo, il CONI, e invece lo trasformò.
Grazie alla sua guida, il CONI promosse la democratizzazione dello sport e sostenne la crescita delle discipline olimpiche nel Paese. Onesti avviò una riforma radicale, trasformando il CONI in una istituzione autonoma, di cui ebbe un rispetto profondo, che ci piacerebbe rivedere anche oggi. La sua visione, quella di Giulio Onesti, contribuì a fare dell'Italia una potenza sportiva, lasciando un'eredità indelebile nella storia sportiva e civile del Paese e, fra le eredità, anche quella dell'invenzione dei Giochi della gioventù. È così evidente che non voglio entrare nel merito dell'importanza del valore dei Giochi della gioventù in termini di inclusione, socialità e benessere psicofisico, cosa che abbiamo detto tutti, e aggiungo, in maniera collaterale, anche nella ricerca di giovani talenti per lo sport del futuro, ma è necessario, in virtù del loro ripristino, aprire una riflessione profonda sul rapporto fra sport e scuola.
Apparentemente nessuno, in questi 150 anni passati dai tempi di Emilio Baumann e della signorina Pedani, ha mai avuto dubbi sul fatto che lo sport e la cultura del movimento dovrebbero meritare, all'interno della scuola, la stessa dignità delle altre materie, così come una dignità dovrebbe meritare lo sport anche da un punto di vista infrastrutturale. Ma, al netto dei tempi dei pionieri e di quelli che lo sport lo hanno usato come strumento di propaganda, dal dopoguerra a oggi quella dignità non l'ha mai riconosciuta nessuno.
Dovremmo scusarci tutti, nessuno escluso, con almeno tre generazioni di italiani che sono stati privati, da parte di Governi che si sono succeduti alla guida del Paese, dell'esperienza educativa e sociale che lo sport rappresenta all'interno del mondo della scuola. Da 15 mesi la Costituzione riconosce proprio quei due valori: “La Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell'attività sportiva in tutte le sue forme” dice il settimo comma dell'articolo 33, e il diritto allo sport che questo comma evoca, pur non garantendolo, esisteva ed esiste già in un luogo, che è la scuola. È la scuola il luogo dove lo sport - e mi piacerebbe poter dire anche la storia dello sport - è parte integrante dei programmi scolastici. È nella scuola pubblica che ogni giovane, di qualsiasi ceto sociale, provenienza geografica e disponibilità economica dovrebbe poter conoscere, praticare e amare lo sport. Dovremmo scusarci tutti, nessuno escluso, con generazioni di studenti che sono cresciuti nelle scuole di questo Paese e hanno avuto - e ancora oggi hanno - il 50 per cento di possibilità o di probabilità di studiare in una scuola che la palestra non ce l'ha.
Oggi, mi auguro all'unanimità, unendo proposte di legge - tra queste una a mia prima firma - che molti gruppi hanno depositato, ripristiniamo un principio, una manifestazione che riempie i ricordi di persone che sono prossime alla pensione. Lo ripeto: ne siamo felici, ma questo non risparmia e non ripaga il debito di attenzione che questo Paese ha accumulato nel corso dei decenni nel rapporto fra scuola e sport. Siamo felici che i Nuovi giochi della gioventù accolgano un'indicazione frutto di un nostro emendamento al testo base, che farà in modo che fra le discipline proposte ci siano anche il sitting volley, il baskin e il rafroball, che sono tre discipline sportive dove i ragazzi con diverse abilità possono giocare insieme, ragazzi e ragazze normodotati insieme a ragazzi e ragazze con disabilità motorie, mentali, sensoriali, visive e uditive, perché questa è la nostra idea di scuola, cioè una scuola capace di tenere insieme abilità e talenti diversi, valorizzare la differenza delle ricchezze senza lasciare indietro nessuno.
Ma dopo - e spero già dal prossimo anno scolastico - che faremo ripartire i Giochi della gioventù, occorre continuare a lavorare per restituire quella dignità, di cui parlavo, allo sport all'interno del mondo della scuola. Per fare questo, serve una vera integrazione tra il sistema scolastico e il mondo sportivo, senza più permettere che le scienze motorie siano trattate come materia marginale. Serve valorizzare e riconoscere il ruolo dello sport nella formazione globale degli studenti, dalla scuola primaria all'università. Serve collaborazione vera fra scuola e società sportive, a partire dall'utilizzo di quelle palestre scolastiche che, laddove esistono e che - sommessamente ricordo - sono luoghi pubblici, possano essere messe a disposizione di chi opera sul territorio in orario extracurricolare. Basta con l'ingiustizia che si genera che alcune palestre sono chiuse quando la scuola è chiusa. Molto semplicemente, quando la scuola è chiusa le palestre devono poter rimanere aperte.
Serve un grande piano infrastrutturale di impiantistica scolastica, perché - lo ripeto - ancora oggi in Italia più di una scuola su due non ha una palestra. Serve riconoscere il processo di formazione degli insegnanti specializzati che lavorano nella scuola ed estendere quello che oggi si fa solo nelle classi quarte e quinte della scuola primaria, portandola a ciò che dovrebbe essere naturale, scontato e perfino banale: le prime tre classi della scuola primaria e aggiungo la scuola dell'infanzia. Non serve copiare un modello anglosassone o un modello scandinavo: costruiamo pure un modello italiano, ma che sia fatto di finanziamenti strutturali.
Sottosegretaria, che rappresenta il Ministro, facciamo un tavolo di lavoro sullo sport e sulla scuola. Io credo che sia arrivato il tempo e vi chiediamo di concederci quantomeno un diritto di tribuna su quel tavolo. Lo impone un fatto - e vado a chiudere -, ovvero la necessità di risolvere l'insopportabile paradosso di un Paese che continua a esprimere eccellenze e a primeggiare nei medaglieri olimpici ma a primeggiare anche nelle classifiche di sedentarietà, inattività, obesità infantile e obesità adolescenziale. La motivazione è tutto: l'ho imparato nella mia professione di allenatore. Perfino il segretario Celzani, quello innamorato della maestra Pedani, dopo un periodo di smarrimento per riprendere il corteggiamento si mostrò interessato agli esercizi ginnici, frequentò una palestra e incominciò a dedicarsi alla pratica del canottaggio.
Noi voteremo con grande motivazione a favore del ripristino dei Giochi della gioventù, con una promessa che vogliamo mantenere e che crediamo sia mantenuta: che questa sia l'inizio della restituzione di quella dignità che lo sport, nel mondo della scuola, non ha mai conosciuto. Il PD voterà a favore di questo provvedimento per rendere merito e onore all'invenzione di una delle figure più geniali che lo sport italiano abbia conosciuto, Giulio Onesti, a cui chiediamo che questi giochi vengano intitolati.