Discussione generale
Data: 
Martedì, 14 Ottobre, 2025
Nome: 
Fabio Porta

A.C. 2369-A

Presidente, saluto anch'io il rappresentante del Governo, il relatore Orsini, i colleghi. Questo testo - ne ha parlato il relatore, anche il relatore di minoranza - nasce con un'ambizione, a parole perlomeno, che è quella di migliorare i servizi per i cittadini, le imprese all'estero, intervenendo su temi delicati come la cittadinanza, l'anagrafe degli italiani residenti all'estero, i passaporti e le carte d'identità elettroniche, l'organizzazione più in generale del Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.

Sì, è una grande ambizione, però ancora siamo troppo lontani, nonostante alcuni significativi miglioramenti, di cui parlerò, frutto soprattutto del lavoro del gruppo parlamentare del Partito Democratico, ma voglio anche riconoscere la sensibilità del relatore Orsini, come del Sottosegretario Silli, che ha cercato di avvicinare le esigenze delle comunità italiane nel mondo alla modernizzazione amministrativa che serve al Paese. Deve diventare così o dovrebbe diventare così questo disegno di legge, perché, così com'è, sembra che, al contrario, voglia ostacolare e non favorire una migliore amministrazione a favore tanto degli italiani all'estero, quanto delle imprese.

L'Assemblea oggi è chiamata a pronunciarsi su un impianto che, ripeto, pur recependo alcuni miglioramenti, mantiene fortissime criticità che rischiano di tradursi in nuovi oneri per i connazionali e in nuovi colli di bottiglia per la stessa rete consolare, specialmente nella fase di transizione. Questi lavori, i lavori dell'Aula, potrebbero aiutare, forse, se ci fosse ancora una buona volontà, a perfezionare questo provvedimento, salvaguardando diritti, efficienza, sostenibilità finanziaria.

Devo però riscontrare che, purtroppo, anche il fatto che io, a nome del gruppo del Partito Democratico, sia l'unico parlamentare che interviene - non c'è nessun iscritto in discussione generale anche da parte della maggioranza - conferma, ma lo avevamo visto anche durante i lavori sulla riforma della cittadinanza, che l'interesse a difendere i diritti dei cittadini è solo da una parte dell'emiciclo. Sì, perché questo disegno di legge - è stato ricordato ed è bene ribadirlo - è il primo dei provvedimenti collegati a questa sciagurata riforma: la sciagurata riforma della cittadinanza che, a onor del vero, non possiamo nemmeno definire una riforma, ma una pietra tombale sul diritto di cittadinanza degli italiani all'estero, direi di più, sullo storico vincolo di queste collettività con il nostro Paese. Una legge, ricordiamolo, che, con un inopportuno e inappropriato ricorso alla decretazione d'urgenza, ha sancito, per la prima volta nella storia repubblicana, l'esistenza di due, forse anche più, categorie di cittadini italiani, privando coloro in possesso di una seconda cittadinanza - ossia la gran parte dei nostri connazionali all'estero - del diritto di trasmettere ai propri figli e ai propri nipoti il nostro bene più prezioso, custodito con orgoglio e passione per generazioni di italiani nel mondo: la cittadinanza, appunto.

Questo disegno di legge, collegato a questa sciagurata riforma, conferma già nell'impostazione la distanza tra i cittadini italiani all'estero e la pubblica amministrazione e, anche in questo caso, la sancisce con una norma che, privando i consolati - cioè, il punto di collegamento degli italiani all'estero con la pubblica amministrazione - della prerogativa di trattare le pratiche di cittadinanza, con competenze maturate grazie ad anni di esperienza e a un personale qualificato, renderà, di fatto, asettico e impersonale il rapporto dei cittadini che vivono all'estero con la nostra pubblica amministrazione.

Voglio fare un piccolo passaggio: anche la riorganizzazione del Ministero degli Affari esteri, della quale ci siamo occupati in Commissione affari costituzionali, va nella stessa direzione. Viene rinominata la Direzione generale per gli italiani all'estero, che diventa Direzione generale per i servizi, cioè gli italiani nel mondo non sono più un soft power, del quale bisognerebbe forse andare giustamente orgogliosi, ma diventano un servizio che, traducendolo in un eufemismo, sarebbe una scocciatura, una serie di adempimenti burocratici in capo alla nostra rete consolare.

Ma veniamo brevemente, per il periodo di tempo che mi è stato concesso, al disegno di legge. Intanto, la centralizzazione della trattazione delle pratiche di cittadinanza che, secondo l'articolo 1, sarebbe trasferita a un ufficio centrale alla Farnesina. Questa centralizzazione prevede che tutte le domande di cittadinanza dovranno essere spedite in forma cartacea. E qui, caro collega Orsini, non è un'apparente controtendenza rispetto alla realtà: è una palese controtendenza, perché mi sembra di capire che oggi, nel 2025, il mondo vada verso la digitalizzazione, non verso la “cartacizzazione”, se così la possiamo definire. Un cambio di perimetro che andrebbe accompagnato da investimenti, da risorse, da processi veramente digitali, che, invece, così com'è, rischia di spostare il collo della bottiglia dai consolati al centro, tra l'altro con una struttura molto piccola: l'unità centrale che si costituirà a Roma avrà le dimensioni di un unico consolato italiano all'estero, per avere la dimensione.

Noi abbiamo presentato emendamenti che provavano a consentire modalità telematiche conformi al codice dell'amministrazione digitale, a ridurre gli oneri documentali, a prevedere flussi digitali interoperabili: sono stati tutti respinti o dichiarati inammissibili. E questo, ovviamente, ci allontana dall'esigenza, di cui parlavo prima, di avvicinare i cittadini alla pubblica amministrazione.

Anche sulla tempistica, è vero che, grazie a un nostro emendamento accolto dal relatore, dal Governo, abbiamo ridotto da 48 a 36 mesi, ma ricordo che il tempo normale previsto dalla legge di un iter amministrativo è di 24 mesi. Quindi, siamo ancora lontani dai tempi minimi, dignitosi di un provvedimento amministrativo. Eppure, anche qui, noi abbiamo presentato ulteriori emendamenti per rimuovere, per esempio, il tetto, il limite, che non comprendiamo, di un minimo di cento pratiche per ogni sede, che limiterà ulteriormente il flusso, che già, a causa della nuova legge, è ulteriormente ristretto ai danni delle nostre collettività.

Sulla rete consolare, anche qui, abbiamo presentato emendamenti volti a rafforzare questa struttura, che non sarà adeguata a rispondere a un flusso che arriverà da tutto il mondo - ma gran parte dei nostri emendamenti sono stati respinti, soprattutto per il mancato assenso del MEF o per mancanza di coperture -, mentre, per altre misure, il testo, ricordo, dispone la clausola di invarianza, quindi rischia di scaricare, alla fine, sull'utenza tensioni che avrebbero richiesto da subito un investimento strutturale superiore.

Anche sulla questione dei flussi finanziari, noi avevamo chiesto di introdurre, anche in questo provvedimento, un principio, che è contenuto in una proposta normativa che era stata approvata nel 2016, grazie a un mio emendamento, che il collega Ricciardi ha recuperato e riproposto attraverso una sua legge sui passaporti, cioè il criterio secondo il quale i consolati devono essere remunerati, retribuiti, sostanzialmente rafforzati, in base a quanto incassano rispetto ai servizi, quindi passaporti, cittadinanze e documenti anagrafici. Questo criterio non è stato recepito, gli emendamenti volti ad evitare tagli al funzionamento della rete non sono stati accolti, e anche questo danneggia, sostanzialmente, il provvedimento.

Anche sulla legalizzazione degli atti all'estero, noi avevamo chiesto di far valere, previa legalizzazione, documenti digitali. Avevamo fatto proposte per il riconoscimento e la trasmissione digitale degli atti, per superare passaggi duplicati nelle giurisdizioni dove esistono sistemi di legalisation e, anche qui, abbiamo trovato un muro abbastanza ottuso, che non riusciamo a comprendere.

Sui passaporti, oltre alla precisazione tecnica, che è stata introdotta nel lavoro in Commissione, sui microchip, non sono state accolte altre nostre proposte. Una molto importante, che avrebbe semplificato ulteriormente la vita di tanti cittadini italiani all'estero, è quella che prevedeva una durata illimitata dei passaporti oltre il compimento dei 70 anni.

Era una proposta sulla quale il collega Ricciardi si è speso molto. Anche qui abbiamo avuto un “no” e anche qui non c'è nessun intervento, per esempio, sulla facilitazione dell'accesso e della prenotazione dei passaporti, che oggi sono praticamente impossibili, se non dopo mesi o dopo anni, all'estero, grazie a un sistema - il cosiddetto “Prenot@mi” - che non funziona e che, semmai, avrebbe avuto bisogno di ulteriori interventi.

Allora, ho parlato delle criticità e dicevo che, grazie al relatore e grazie al Sottosegretario, qualche miglioramento, però, è stato introdotto, e voglio anche evidenziare quali sono stati i miglioramenti.

Beh, innanzitutto siamo riusciti a fare slittare di 1 anno la decorrenza di questo nuovo servizio, dal 1° gennaio 2027 al 1° gennaio 2028: un periodo congruo, credo, a introdurre ulteriori - spero - perfezionamenti a questo provvedimento, che così com'è è superato ed incompleto e che, forse, andrebbe completamente ripensato e, quindi, rivisto. Poi, abbiamo approvato interventi significativi sui tempi dei procedimenti di riconoscimento della cittadinanza - ne parlavo prima - riducendo da 48 a 36 mesi il tempo necessario all'espletamento di questa pratica. Ripeto, siamo lontani dal tempo minimo, che sarebbe quello di 24 mesi, ma è un passo in avanti, un altro passo in avanti fatto grazie agli emendamenti del Partito Democratico.

Poi, abbiamo rafforzato la tutela dei dati, nel possibile affidamento a operatori esterni, delle fasi di spedizione, ricezione, digitalizzazione delle istanze di cittadinanza, prevedendo la conformità alle indicazioni del Garante per la protezione dei dati personali, come proposto in un altro emendamento approvato in Commissione. Soprattutto in materia di carta di identità elettronica per gli italiani all'estero, abbiamo probabilmente ottenuto il risultato più importante, dando concretezza a una battaglia del Partito Democratico e dei suoi eletti all'estero. Non è un caso che il primo atto parlamentare degli eletti all'estero in questa legislatura è stato proprio un atto, un'interrogazione a prima firma del collega Di Sanzo, sottoscritta dai colleghi Ricciardi, Carè e dal sottoscritto, che riguardava proprio la facoltà dei comuni di emettere carte di identità elettroniche a favore degli italiani all'estero; facoltà che, fino ad oggi, non era stata concessa.

Questo inserimento risponde a una richiesta storica delle comunità italiane all'estero e siamo orgogliosi di aver ottenuto questo risultato, sul quale poi si è trovata, ovviamente, un'ampia convergenza sia con i colleghi dell'opposizione, che della maggioranza. Ecco sull'organizzazione del Ministero degli Affari esteri e sulla presenza anche delle rappresentanze sindacali, abbiamo introdotto un importante principio di consultazione delle organizzazioni sindacali per la definizione del trattamento accessorio legato alla valutazione delle performance del personale locale; un elemento importante anche questo, che introduce per la prima volta una valorizzazione di un personale che, invece, era destinato ad avere una carriera piatta. Abbiamo dotato il trattamento accessorio al personale locale, attraverso emendamenti che sono stati approvati in Commissione, di 3 milioni annui, ne era previsto soltanto 1 a partire dal 2026. L'introduzione di questa valutazione annuale delle performance per il personale a contratto con un trattamento accessorio, affiancata dall'importante aumento dei 3 milioni annui a partire dal 2026, rappresenta un significativo avanzamento rispetto al testo originario e questo è un altro risultato del nostro lavoro emendativo. Tra l'altro, è stato inserito il principio - anche qui l'emendamento è a firma Partito Democratico - che l'introduzione di questo nuovo sistema non potrà mai comportare una riduzione del trattamento complessivo già in godimento, a tutela di una componente essenziale del funzionamento quotidiano delle sedi.

Allora, avviandomi alla conclusione, cosa chiediamo a quest'Aula? Cosa chiediamo a questa discussione generale e, poi, anche al dibattito, alla valutazione e votazione degli emendamenti? Intanto, di completare la transizione digitale del procedimento di cittadinanza con piattaforme sicure, integrate, prevedendo l'uso degli originali solo quando strettamente indispensabili e con pre-verifiche digitali certificate. Questo ridurrebbe costi e tempi a carico dei nostri connazionali. Poi, rimodulare i tetti transitori alle domande per nuovo ufficio e consolati, legandoli a indicatori di performance e obiettivi di implementazione tecnologica, per evitare che i 36 mesi siano sistematici, mentre dovrebbero essere eccezionali. Quindi, rafforzare la rete con un incremento selettivo di organico, fondi di funzionamento, ripristinando un equilibrio più favorevole alle sedi all'estero nella riassegnazione dei proventi, secondo le norme Porta, Ricciardi, già approvate da questa Camera. Soprattutto, dare attuazione ad un principio che è nella Costituzione, al principio della sussidiarietà, attuando la legge n. 152 del 2001, di riforma dei patronati, che prevede all'articolo 11 che questi importanti presidi di democrazia, di servizi ai cittadini, possano offrire anche agli italiani all'estero il loro importante servizio.

Sulla carta d'identità elettronica vogliamo che si stabilisca un cronoprogramma vincolante per i comuni, affinché la carta d'identità elettronica venga effettivamente concessa con un monitoraggio pubblico e supporto ai comuni. Infine, definire standard operativi tra MAECI e Viminale, per assicurare l'aggiornamento tempestivo dei registri, anche ai fini elettorali, dello stato civile.

Grazie a questi emendamenti, grazie al lavoro emendativo del gruppo del Partito Democratico, il testo ha compiuto passi avanti misurabili sui tempi delle pratiche di cittadinanza, sulla carta d'identità elettronica, sulla valorizzazione del personale a contratto, ma senza delle ulteriori modifiche in quest'Aula questo provvedimento manterrà un'impostazione originale sbagliata, perché obsoleta e distante dalle reali esigenze dei nostri concittadini all'estero e delle imprese.

Guardate, colleghi, Presidente, Sottosegretario, la comunità degli italiani al mondo chiede il rispetto che si deve al 10 per cento, anzi di più - gli ultimi dati ci dicono -, della popolazione italiana.

A questi nostri concittadini vanno assicurati servizi rapidi, accessibili e moderni. È un obiettivo alla nostra portata se uniamo coerenza normativa, investimenti adeguati e responsabilità chiare nella catena decisionale tra centro e rete. Con questo spirito, con leale collaborazione proponiamo all'Aula un lavoro emendativo serio, mirato, che renda questa riforma un salto di qualità per i diritti e per la competitività del sistema Italia, non la stampella di una legge sulla cittadinanza che ha offeso, umiliato, milioni di italiani nel mondo, definendoli figli di un Dio minore, poiché non più in grado di trasmettere alle nuove generazioni il diritto di essere cittadini italiani. Un colpo al cuore delle nostre grandi collettività, che hanno subito già l'affronto di essere definiti, da questo Governo, una minaccia alla sicurezza nazionale, quando tutti noi sappiamo che, soprattutto grazie al loro sacrificio, al loro lavoro nel mondo, che l'Italia è oggi un grande Paese. Questo è il contesto normativo di questo disegno all'esame dell'Aula. Voglio sperare che, a differenza di quanto successo con la legge sulla cittadinanza, quest'Aula voglia prendere in considerazione e votare i nostri emendamenti, migliorare un provvedimento ancora troppo lontano dal rispondere al proposito di migliorare i servizi ai cittadini e alle imprese nel mondo.