A.C. 2093-A
Signor Presidente, come ricordava il collega Bratti, questo provvedimento ha avuto una profonda riscrittura nel lavoro di Commissione. Ricordo alla collega Mannino che, ovviamente, tutto ciò che è uscito dalla Commissione è stato condiviso, perché altrimenti non sarebbe arrivato in Aula; è stato un lavoro comune molto approfondito. Questo provvedimento arriva in Aula in ritardo perché, come sappiamo, c’è stato un cambio di Governo e da questo punto di vista chiedo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di garantire due cose: innanzitutto una attenzione e una pressione maggiore quando il provvedimento arriverà in Senato, perché non vorremmo che accadesse quello che sta accadendo su altri provvedimenti che sono stati approvati alla Camera in materia ambientale. Seconda cosa, poiché questo provvedimento è molto esteso e molto complesso – il collega Bratti ha provato a descriverlo per somme linee – e ha una grande quantità di decreti attuativi che riguardano il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che riguardano altri Ministeri, è chiaro che lì ci sarà bisogno di un'attenzione molto particolare per non vanificare il lavoro fatto.
È chiaro che non è un disegno di legge che cambia le politiche ambientali e economiche di un Paese, per quanto questo disegno di legge possa affrontare molti temi, e sappiamo che c’è un insieme di provvedimenti che vanno messi in campo, alcuni dei quali sono stati anche messi in campo da questo Parlamento. Noi abbiamo approvato, per esempio, una norma sulle agenzie ambientali, a larga maggioranza, abbiamo approvato, sempre a larga maggioranza, una norma sui reati penali in campo ambientale, entrambe giacciono ora al Senato e dobbiamo accelerare per quanto riguarda il disegno di legge sul consumo del suolo. Così come, ovviamente, le misure di politica economica si incrociano con le misure che il Parlamento di volta in volta viene ad approvare, penso, ad esempio, alla partita del «conto termico» che ci auguriamo possa essere rapidamente sbloccato o alla partita dell’ecobonus che attualmente è stato confermato nella legge di stabilità, ma non prevede la parte di consolidamento antisismico e la Commissione ambiente all'unanimità ha chiesto che venga reintrodotta la parte di incentivo per il consolidamento antisismico e ampliata la portata di questa misura, che ha un effetto importante dal punto di vista economico.
Questo provvedimento ha molti aspetti, alcuni sono aspetti di sistema, molte misure – penso alla strategia nazionale di sviluppo sostenibile, alla realizzazione del catalogo degli incentivi positivi e negativi, alla definizione del comitato per il capitale naturale – tendono a dare sistematicità alle politiche di promozione ambientale. In altri casi si tratta di misure che rafforzano, di misure di tutela; per esempio è positiva, sicuramente, l'innovazione, in questo caso proposta dai colleghi del MoVimento 5 Stelle, della valutazione ambientale estesa anche agli aspetti sanitari, come pure – per la verità erano in questo caso già previste nel provvedimento originario – delle misure di contrasto all'abusivismo edilizio, in particolare per quanto riguarda le aree più delicate dal punto di vista dell'equilibrio idrogeologico. C’è un ampliamento della tutela nei confronti dei disastri ambientali in mare; finora la norma prevedeva che questi disastri fossero commisurati al valore del carico, per quanto riguarda la responsabilità da parte dei privati, noi introduciamo il principio che siano commisurati al valore del danno prodotto e non al valore del carico trasportato. È evidente a tutti che la differenza è enorme, pensate solo a un disastro petrolifero e agli effetti che può avere per quanto riguarda l'inquinamento del mare.
E poi, vi sono una serie di misure che tendono a favorire, per esempio, le pratiche virtuose in campo energetico, sia per quanto riguarda la piccola utenza, sia per quanto riguarda i sistemi di efficienza energetica, pratiche che vanno nella direzione di favorire il risparmio energetico e le fonti rinnovabili. Vi segnalo, ma non c’è il tempo qui per affrontarlo, che in questo campo le politiche cambiano con una velocità molto superiore alla percezione anche del legislatore, del Parlamento e del Governo. Per esempio, vorrei sottolineare che ancora un anno e mezzo fa si discuteva della realizzazione di una grande centrale a carbone a Porto Tolle, anche da parte del Governo, adesso l'ENEL ha annunciato non solo che non farà la centrale a carbone di Porto Tolle, ma che chiuderà 22 impianti tradizionali e la stessa fine faranno molti dei progetti in campo, penso ad esempio alla centrale a carbone – anche questa di grande taglia – prevista a Saline Joniche, che chiaramente è priva di senso non solo dal punto di vista ambientale, ma anche dal punto di vista economico. Quindi, la direzione in cui andare in realtà è veramente indicata anche a volte dai fatti prima ancora che dalle politiche.
Allora quale è, oltre a queste misure, e alle tante misure previste nel provvedimento il senso più profondo di questo provvedimento ? È quello, per l'appunto, lo ricordava di nuovo il collega Bratti, che per la prima volta il termine green economycompare in un disegno di legge. Non è un fatto solo retorico. Il Parlamento, in questo caso la Commissione ambiente e territorio e la Commissione attività produttive hanno svolto un lavoro molto intenso, con un'indagine conoscitiva che è stata poi approvata all'unanimità su questo terreno, ma i dati continuano a confermare una direzione della nostra economia di uscita dalla crisi che è presente nel Paese reale, nel cambiamento da parte dei cittadini, anche stili di vita e comportamenti, e nella innovazione che tanti pezzi del nostro sistema produttivo portano avanti in misura che spesso la politica non recepisce. Perché spesso la politica e le scelte del mondo economico «ufficiale» si attardano su idee diciamo del passato invece, da ultimo, l'indagine presentata qualche giorno fa dalla fondazione simbolo Unioncamere conferma che una parte importante della nostra economia, circa un quinto delle imprese, un terzo delle imprese manifatturiere, ha fatto investimenti in campo ambientale dall'inizio della crisi e questa parte dell'economia è quella che compete di più, esporta di più, innova di più, produce più posti di lavoro.
L'anno scorso il 60 per cento dei nuovi posti di lavoro prodotti derivavano da imprese che hanno fatto investimenti in campo ambientale. Il cuore della green economy che in particolar modo è trattata in questo provvedimento riguarda la partita dei materiali, dei rifiuti. Ci sono tante misure, a me piace sottolineare che questo provvedimento, al di là delle misure che sicuramente colpiranno di più l'immaginario dell'informazione – penso sicuramente alla partita delle cicche e delle gomme, dei mozziconi di sigarette e delle gomme che sicuramente farà discutere di più – prevede molte misure che tendono a consolidare un protagonismo dei cittadini, un'alleanza con i cittadini nel cambiamento. Penso, ad esempio, allo sforzo continuo di dare massima pubblicità ai dati ambientali, penso alla sperimentazione sulla mobilità sostenibile, penso alla introduzione dei contratti di fiume che prevede una forma di partecipazione anche della società. Penso ad esempio all'introduzione di una misura apparentemente piccola e marginale, ma simbolicamente molto importante e cioè quella di prevedere lo scambio di prodotti usati, ma funzionanti fuori dal circuito dei rifiuti. Si prevede che i comuni possano permettere ai cittadini di scambiare oggetti funzionanti, un pezzo della sharing economy, come si definisce, che attraversa trasversalmente una profonda modifica dei comportamenti. Però il cuore è poi il favorire non solo il penalizzare chi non raggiunge gli obiettivi di raccolta differenziata destinando le penali al favorire la raccolta differenziata, ma l'insieme delle misure che tendono a favorire, dai contratti agli appalti pubblici, fino alla gestione diciamo appunto delle procedure pubbliche a tutti livelli, le imprese che da un lato si dotano di certificazioni ambientali, EMAS e ISO 14001, dall'altro riutilizzano prodotti che derivano da raccolte differenziate.
Noi siamo arrivati in molti campi a dei terreni dedicati, per cui abbiamo finito per incentivare per esempio la termovalorizzazione a scapito del riuso; faccio l'esempio concreto: nel settore del legno che è un settore in cui l'Italia ha molto ancora da recuperare perché una buona parte delle biomasse finiscono a discarica, ma anche una forte filiera del mobile qualificata, importante per il nostro Paese, noi finiamo per incentivare materiali che possono esser anche recuperati oppure, per quanto riguarda le plastiche eterogenee, l'assenza di uno sbocco che è assolutamente maturo dal punto di vista tecnologico per l'uso delle plastiche eterogenee finisce per rendere più difficile la filiera della raccolta differenziata ancorché vada agito, come in parte si comincia a fare, penso alla sperimentazione anche nel campo della riduzione dei rifiuti prodotti, per esempio nel campo del vuoto a rendere. Ma questo insieme di azioni di recupero delle materie prime non sono un atto da boy scout, per capirci, sono un pezzo di una filiera molto competitiva in cui l'Italia ha molti numeri da giocare. Innanzitutto perché noi anche per tradizioni antiche, mentre abbiamo un'arretratezza forte nella gestione del ciclo dei rifiuti – soprattutto in alcune aree del Paese – siamo sempre stati un Paese molto forte nel recupero delle materie prime.
Noi in Europa siamo quelli che recuperano più materie prime, più dei tedeschi. Anche se i tedeschi hanno un'economia che è più forte della nostra, noi se non sbaglio recuperiamo 24 milioni di tonnellate di materie prime all'anno e i tedeschi 22 milioni di tonnellate, intendo dire complessivamente, dai metalli alla carta, dal vetro alle materie plastiche, siamo avanti in questo, ma è anche un settore in cui l'innovazione a tutti i livelli e l'aumento della capacità competitiva delle nostre imprese gioca un ruolo chiave. Questo accade in settori di punta, pensate ad esempio all'elettronica, pensate a quanto è importante per un Paese povero di materie prime come l'Italia utilizzare al meglio materiali molto rari, penso ad esempio alle terre rare, che sono oggetto anche di competizione a livello internazionale, il cui utilizzo ottimale e il cui recupero è un pezzo importante della filiera dell'elettronica, a volte anche delle fonti rinnovabili, per rimanere in campo, ma penso anche a una innovazione latente che spesso non viene letta, che va nella direzione dell'energia circolare che citava prima il collega Bratti, che è un settore in cui l'Europa ci invita a lavorare e in cui noi apparentemente siamo indietro, siamo sicuramente indietro come istituzione, come politiche, come capacità di leggere la realtà, ma in realtà abbiamo punti di forza notevolissimi, perché se uno va a vedere l'innovazione che noi produciamo, dalle ceramiche alle macchine agricole, è spesso un'innovazione che è legata alla riduzione del consumo di acqua, alla riduzione del consumo di materiali, al recupero dell'energia e a una riduzione dei consumi energetici, e abbiamo anche tante storie che sono effettivamente delle storia bellissime. Ne cito solo una e su questo chiudo, perché noi dovremmo guardare anche con più simpatia al Paese per rafforzare quelli che ci provano. Voi sapete che c’è un problema molto serio – credo che i colleghi lo sappiano – per quanto riguarda la filiera tessile, per quanto riguarda i jeans sbiancati, detti anche delavé, che sono di moda ma sono un grande problema dal punto di vista dei consumi di acqua – peraltro nel provvedimento, questo lo voglio dire, introduciamo anche il fatto che sia garantito un minimo in Italia a tutti di 50 litri, avevamo provato a introdurre in altre norme, non c'eravamo mai riusciti – questi jeans delavé hanno un problema enorme perché consumano tanta acqua e fanno venire la silicosi ai lavoratori che lavorano in quelle aziende, perché il processo produttivo è molto nocivo, per esempio in Turchia hanno fatto delle indagini in questo senso. Bene, in Italia c’è un'azienda in un piccolo comune abruzzese che ha creato un processo per cui ottengono lo stesso risultato senza acqua e senza usare silicio. Lo fanno con degli scarti alimentari, questa azienda è un'azienda che sta scalando il mercato di qualità di quel settore dei jeans ed è un esempio di quanto l'Italia può fare quando sceglie il terreno giusto, sceglie il terreno delle sfide. La green economy da questo punto di vista non è un obbligo che ci viene soltanto dal rischio dei mutamenti climatici o dai regolamenti internazionali, è una grande occasione per affrontare la crisi cambiando, per costruire un'economia a misura d'uomo che è anche più competitiva. Non ce la regala nessuno, ci vuole fatica, ci vuole attenzione, ci vogliono istituzioni trasparenti, che funzionino e che stiano «sul pezzo», se mi è consentito dirlo, ma è questa la strada anche per affrontare i temi dell'occupazione. Forse dalla green economy può venire il vero jobs act per l'Italia, è uno sforzo che noi abbiamo cercato di fare in questo provvedimento e in tante altre occasioni, non è una partita semplice perché gli interessi da contrastare sono interessi potenti e le mentalità da superare sono mentalità radicate, però, diceva Gandhi che la vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a danzare sotto la pioggia. È questo lo sforzo che l'Italia deve fare, questo provvedimento prova a farlo.