A.C. 2423-A
Grazie, signora Presidente. Colleghe e colleghi, il disegno di legge sul consenso informato per l'educazione sessuale, con cui volete introdurre un obbligo generalizzato di consenso familiare, va esattamente nella direzione opposta rispetto ai principi della nostra Costituzione.
È un meccanismo burocratico, ma soprattutto profondamente ideologico che limita la libertà di insegnamento, svuota l'autonomia delle scuole e nega alla scuola pubblica la sua funzione di luogo laico, aperto e democratico. Voglio spiegarlo meglio con parole non mie: “Se non cambiamo la cultura che genera la violenza, avremo altre Giulie. Questo può accadere solo nella scuola, luogo dove si formano le coscienze per eccellenza. Non possiamo delegare ai tribunali ciò che spetta alla scuola, alla famiglia, alle istituzioni culturali. Quando la scuola tace, parlano i social. L'educazione affettiva a scuola non è un pericolo: è protezione. Per Giulia e per tutte le Giulie che verranno vi chiedo di credere nella scuola come prima forma di giustizia e prima forma di prevenzione”. Queste sono le parole che questa mattina Gino Cecchettin - lo abbiamo ascoltato, in audizione, in Commissione femminicidio - ha pronunciato a due anni esatti dal femminicidio della figlia Giulia. In qualità di presidente della Fondazione, ci raccontava i progetti messi in campo. Il primo è proprio la formazione per gli insegnanti di scuola dell'infanzia e di scuola primaria, perché da lì si deve iniziare. Esattamente la scuola dove voi state vietando con questo provvedimento l'educazione sessuo-affettiva.
Come se non bastasse, in Commissione avete perfino approvato un emendamento, che avete ritirato dopo aver capito che era troppo anche per voi, che sarebbe stato troppo, che avrebbe vietato - vietato - ogni forma di educazione sessuale fino alla scuola media, cancellando con un colpo di spugna anche i tanti progetti virtuosi che le singole scuole portano avanti. Ma questo provvedimento rimane grave comunque, il divieto rimane fino alla scuola primaria e per il resto è condizionato: occorre il consenso specifico.
Siamo all'assurdo. Invece di dare ai ragazzi gli strumenti per crescere con consapevolezza, li lasciate soli mentre prolifera - e lo sapete bene, lo sappiamo bene - l'utilizzo della rete come prevalente strumento informativo, inclusi i modelli tossici e violenti. Un pericoloso arretramento culturale, oltre che pedagogico, che colpisce proprio quella fascia di età in cui si costruiscono le prime forme di consapevolezza relazionale-emotiva. Altro che tutela delle famiglie! Voi mettete in atto un abbandono educativo di Stato con questo provvedimento. Ed è per queste ragioni che oggi elenchiamo i gravi profili di incostituzionalità e le ricadute educative e sociali.
Partiamo da un punto fermo: l'articolo 117 della Costituzione tutela l'autonomia delle istituzioni scolastiche. Voi la cancellate con un tratto di penna, imponendo alle scuole di chiedere il permesso preventivo per poter educare. Ma una scuola che chiede permesso per poter educare non è più una scuola, viene trasformata in un ufficio autorizzazioni. E questo provvedimento affossa anche il concetto di scuola libera, come dice l'articolo 33, perché la libertà di insegnamento non può esistere, se ogni volta un insegnante deve domandarsi: “posso parlare o rischio una denuncia?”.
La libertà di insegnamento non può esistere se il docente deve chiedere un permesso scritto, un permesso specifico per affrontare temi riconosciuti e anche incentivati da valenti organismi internazionali, come l'Organizzazione mondiale della sanità, come l'UNESCO. E sapete bene, sapete bene anche voi e anche il Governo, che chiedo mi ascolti
che la condivisione educativa esiste già, esiste con il Piano triennale dell'offerta formativa che già definisce in modo chiaro e trasparente i progetti educativi di ogni scuola, con la partecipazione di docenti e genitori. Le famiglie li conoscono; li conosciamo, li condividiamo quando iscriviamo a scuola i nostri figli.
E ancora, svuotare la scuola di questa funzione significa tradire la sua missione costituzionale di ascensore sociale, perché la scuola - lo ricorda l'insuperabile articolo 3 della nostra Carta - è lo strumento con cui la Repubblica rimuove gli ostacoli che limitano la libertà e l'uguaglianza dei cittadini. In questo modo voi create nuove disparità, abbandonate al proprio destino proprio quegli studenti e studentesse che provengono da contesti e ambienti familiari con maggiore difficoltà, per i quali la scuola è l'unica possibilità di un approccio sicuro e informato. Per molti bambini, per molti adolescenti la scuola rappresenta l'unico luogo sicuro: lo dicono le tante associazioni che operano nella prevenzione della violenza e che ci ricordano che spesso è proprio un laboratorio scolastico, un incontro con esperti a permettere a un ragazzo o a una ragazza di riconoscere ciò che sta vivendo, di chiedere aiuto, di trovare ascolto.
Con il meccanismo del consenso informato questi spazi rischiano di essere negati proprio ai minori che ne hanno più bisogno. Chi vive in un contesto familiare violento e oppressivo potrebbe non riuscire mai ad avere accesso a un percorso educativo. E così vanificate il principio di superiore interesse del minore, quello che è sancito da tutte le convenzioni internazionali e che dovrebbe orientare la politica pubblica riguardante i minori. Il rischio è quello di rendere la scuola un luogo neutro, silenzioso, incapace di affrontare la complessità della crescita.
Con questo provvedimento voi state dicendo che parlare a scuola di corpo, di emozioni, di consenso è una minaccia. È davvero un grande arretramento culturale che rivela la paura di una scuola che emancipa, che fa pensare, che mette in discussione gli stereotipi.
Non meno rilevante è il contrasto con gli obblighi internazionali, a partire dalla Convenzione di Istanbul, e con la prevenzione della violenza di genere, come dimostrano le leggi di tutti gli Stati europei, tranne sette, minoranza di cui noi facciamo parte, come dimostrano le centinaia di audizioni che abbiamo fatto in questi anni in Commissione femminicidio e che lo hanno confermato.
La prevenzione della violenza di genere richiede una scuola che svolga un ruolo educativo centrale, perché è uno dei pochi luoghi in grado di raggiungere tutti. Non garantire un accesso equo e uniforme ai percorsi educativi su affettività, relazioni e sessualità significa proprio indebolire la capacità dello Stato di prevenire comportamenti violenti e discriminatori. E' un arretramento culturale quello che imponete al Paese, che mette ancora più a rischio, che metterà ancora più a rischio la vita delle donne in questo Paese. Lo dite spesso anche voi nei talk show, in TV, nei convegni che l'educazione è fondamentale per prevenire la violenza. Poi però quando scrivete le leggi fate il contrario, per seguire i dogmi ideologici di una parte della maggioranza.
E in questo disegno di legge emerge anche la visione della scuola come un luogo subordinato alle convinzioni individuali. Nel testo si parla di primato educativo della famiglia e l'articolo 30 della nostra Costituzione certamente riconosce ai genitori il diritto e il dovere di educare, ma la scuola ha un ruolo pubblico autonomo, ha un ruolo complementare, ha un ruolo non subordinato, come confermano anche diverse ordinanze della Corte di cassazione. La scuola non è una proprietà privata, è un'istituzione della Repubblica, non è sotto tutela. Ma avete davvero capito in che direzione volete portare la società per assecondare le vostre ossessioni ideologiche? E non è un caso che tutte le principali realtà che si occupano del tema, durante le audizioni, abbiano espresso preoccupazioni fortissime: sottolineano come l'educazione affettiva e sessuale non sia né un lusso né un tabù, ma uno strumento di prevenzione della violenza, di tutela del benessere degli studenti; e tutte denunciano che questo provvedimento lasci senza strumenti proprio chi ne ha più bisogno.
Lo sapete bene anche voi, i dati lo dicono e non possono essere ignorati: gli episodi di violenza, di bullismo, di diffusione di contenuti intimi senza consenso e di violenza digitale sono in aumento, così come aumentano le malattie sessualmente trasmissibili, anche fra i giovanissimi. Chiudere la bocca alla scuola significa lasciarli soli di fronte a questa realtà. È un paradosso pericoloso, di cui vi state assumendo la responsabilità. L'educazione è un processo collettivo fatto di genitori, insegnanti, istituzioni, e la comunità educante si costruisce con fiducia e responsabilità, non con il controllo.
Colleghe e colleghi, questo provvedimento è sbagliato sul piano giuridico, educativo, sociale; è sbagliato perché viola la Costituzione, ferisce la scuola pubblica, umilia gli insegnanti e soprattutto nega ai giovani di crescere liberi e consapevoli. Fermatevi, non fate della scuola un terreno di censura ideologica. Quello che dobbiamo fare è difendere, difendere la libertà l'autonomia e la funzione della scuola, perché questo disegno di legge va in direzione opposta.