Discussione sulle linee generali
Data: 
Venerdì, 10 Ottobre, 2014
Nome: 
Giovanni Sanga

A.C. 2247-A

Relatore

Signor Presidente, il provvedimento oggi all'esame dell'Aula trae origine dal decreto-legge 28 gennaio 2014 n. 4: Disposizioni urgenti in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero, nonché altre disposizioni urgenti in materia tributaria e contributiva e di rinvio di termini relativi ad adempimenti tributari e contributivi, del Governo Letta. Il decreto-legge, in sostanza, si concentrava sulla materia del rientro dei capitali, ma pure sul rinvio dei termini in materia fiscale per quelle zone che erano state colpite nel recente passato da eventi sismici e calamità naturali. 
Considerata la complessità della materia attinente alla riemersione di capitali, la Camera dei deputati decide di stralciare questa parte e, successivamente, il Parlamento porterà alla conversione del decreto solo le parti attinenti al rinvio termini. Quella stralciata diventa una proposta di legge di iniziativa parlamentare, Causi ed altri n. 2247, a cui si aggiunge la proposta Capezzone n. 2248. Il lavoro in Commissione è stato alquanto costruttivo e il dibattito articolato e serrato. Abbiamo prodotto per l'Aula un testo equilibrato che ben raccoglie le sollecitazioni emerse in Commissione, ma anche l'invito che proviene da larghi strati della società italiana e dalle istituzioni del nostro Paese rispetto al perseguimento di alcuni reati. 
Questa iniziativa legislativa ben definisce l'istituto della collaborazione volontaria, la cosiddetta voluntary disclosure, al fine di regolarizzare la posizione di chi detiene illecitamente capitali all'estero. Non si tratta di un condono, non è una versione aggiornata degli scudi fiscali del passato; è una procedura che sta dentro le migliori pratiche internazionali, raccomandata dall'OCSE e adottata in altri importanti Paesi europei, potrei citare la Germania, la Francia, la Spagna e la Gran Bretagna. Come dicevo, non è riconducibile alle esperienze passate; a differenza di allora, non c’è anonimato e non si paga con una percentuale a forfait. Il contribuente dovrà autodenunciarsi presso l'Agenzia delle entrate e, quindi, pagare le imposte evase, gli interessi e le sanzioni, queste ultime ridotte. 
Queste norme sulla collaborazione volontaria, le dobbiamo collocare dentro il nuovo scenario mondiale. È in corso una lotta internazionale al terrorismo, alla criminalità organizzata. La globalizzazione ha portato a uno scambio intenso e continuo di merci, capitali, risorse umane e informazioni. Come poteva il settore della fiscalità starne fuori ? Ipotizzare, come forse qualcuno ingenuamente ancora pensa, che sia possibile tenere segrete e nascoste attività finanziarie detenute all'estero, significa certamente vivere fuori dal tempo e dal mondo. Ormai si intensificano gli accordi bilaterali e plurilaterali tra gli Stati per lo scambio di informazioni. Si sono pronunciati ufficialmente, in più occasioni, il G20, l'OCSE e l'Unione europea e in quest'Aula sono già stati ratificati importanti accordi internazionali.
Le Commissioni esteri e finanze della Camera hanno avviato la discussione sul FATCA, voluto fortemente dagli Stati Uniti per contrastare l'evasione fiscale attraverso lo scambio automatico di informazioni e di dati con il fisco americano. Vorrei ricordare, peraltro, che il mancato adempimento di quello scambio di dati porterà ad una ritenuta del 30 per cento su tutti i pagamenti di natura finanziaria di fonte USA. L'OCSE, dal canto suo, ha elaborato il modello di Common reporting standard, reso pubblico il 13 gennaio 2014 come strumento multilaterale per lo scambio automatico di informazioni finanziarie, tra cui i saldi dei conti, gli interessi, i dividendi, i ricavi derivanti dalla vendita di asset transitati per i conti detenuti da persone fisiche e giuridiche. Il G20 dei Ministri delle finanze, tenutosi in Australia il 20 e il 21 settembre 2014, ha concentrato la sua attenzione sulla lotta all'evasione fiscale internazionale e ha accolto la proposta dell'OCSE che sopra richiamavo. C’è ormai una forte convinzione che la lotta all'evasione fiscale passi da accordi internazionali e che le manovre poste in essere dai singoli Stati determinano scarsi risultati in termini di gettito, generano confusione e allontanano gli investimenti esteri. Si veda in proposito anche il pronunciamento del Parlamento europeo nell'anno 2013. Per capire meglio la dimensione del fenomeno di cui stiamo parlando, azzardo alcuni richiami a dati e ricerche di natura diversa. Mi ha colpito e impressionato il punto 12 del parere della Commissione per il controllo dei bilanci dell'Unione europea, datato 23 aprile 2013. Così si dice: La Commissione «esprime profonda preoccupazione per l'entità delle attività finanziarie off-shore quale resa nota nel mese di aprile attraverso offshore leaks; sottolinea che, secondo le stime, le somme nascoste nei paradisi fiscali e quindi sviate dai normali circuiti finanziari ammontano a 16-25 mila miliardi; dato l'impatto di tali pratiche sugli interessi finanziari dell'Unione, invita il Consiglio ad adottare misure urgenti per eliminare la possibilità di deviazione di capitali dagli Stati membri verso i paradisi fiscali, come ad esempio una richiesta di autorizzazione preventiva obbligatoria per qualsiasi istituto bancario che riceva attivi finanziari da paradisi fiscali e/o li trasferisca e verso di essi». Se analizziamo la situazione sul piano più domestico, comincerei con il citare i dati pubblicati da Banca d'Italia, che fanno riferimento ad uno studio così chiamato: Alla ricerca dei capitali perduti: una stima delle attività all'estero non dichiarate dagli italiani. Ebbene, si parla di valori compresi tra 124 e i 194 miliardi di euro a fine 2008, ma analisi più recenti ci dicono di circa 220 miliardi, di cui l'80 per cento custoditi in Svizzera. Altre ricerche, per la verità, parlano di somme ancora più ingenti, più rilevanti. Permettetemi di dire che ci sono quindi tutte le condizioni per dibattere di questo argomento fine fondo e per approvare in fretta la voluntary disclosure. 
Si aggiunga, poi, che sono in corso trattative tra il nostro Governo e la Confederazione elvetica che potrebbero portare ad intese tra i due Paesi senza aspettare il 2017, cioè la fine del segreto bancario. Ed ancora, aggiungo che le iniziative internazionali hanno portato ormai le banche svizzere a modificare profondamente i propri comportamenti e, come fecero già con i clienti USA, raccomandano sempre più ai loro clienti di regolarizzarsi da un punto di vista fiscale. E mi fermo qui, ma ci si sono ben altre indicazioni in proposito da parte delle banche svizzere ai propri clienti. Chi sono i soggetti interessati alla collaborazione volontaria ? Sono i soggetti fiscalmente residenti in Italia che detengono patrimoni all'estero non dichiarati al fisco. Può trattarsi – faccio alcuni esempi – di conti correnti, di polizze assicurative, di trust, fondi comuni, depositi di metalli preziosi, partecipazioni, immobili; non solo persone fisiche ma anche società. 
La collaborazione volontaria non è ammessa se la richiesta è presentata dopo che l'autore della violazione ha avuto conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche e avvio di attività di accertamento. 
Dicevo che non è uno scudo con anonimato: il soggetto che si trova nelle condizioni che sopra ho riportato si presenta all'Agenzia delle entrate, e richiede di aderire alla voluntary disclosure: è una sorta di autodenuncia, la procedura deve essere attivata entro il 30 settembre 2015 per fatti commessi fino al 30 settembre 2014. 
Dicevo ancora: non è un condono. Infatti il cittadino paga le imposte, gli interessi e le sanzioni, anche se in misura ridotta. E come si svolge questo ? Anzitutto si pagheranno le sanzioni per la violazione del quadro RV del modello Unico, cioè le sanzioni sul cosiddetto monitoraggio fiscale: queste a partire dall'anno 2008; se poi riguardano paesi black list che, entro 60 giorni, non abbiano stipulato accordi per lo scambio di informazioni, si risale al 2003. Le sanzioni vengono ridotte, e sono pari all'1,5 degli importi non dichiarati se siamo in Paesi non black list, del 3 per cento se in Paesi black list. Quindi, sanzioni per il monitoraggio. 
Poi c’è il recupero invece delle imposte evase: si faranno i calcoli delle imposte dovute sui redditi, tenendo conto anche ovviamente delle imposte addizionali, dell'IRAP, delle sostitutive, dell'IVA, anche se poi vige per questo caso l'istituto della rivalsa; quindi, gli interessi, le sanzioni, che rappresentano qui una casistica molto articolata, che vorrei sintetizzare in questo modo: minimo edittale ridotto di un quarto, anche se poi per la verità l'articolazione è molto più complessa e puntuale, a seconda di alcune fattispecie. 
Inoltre, vi sono da considerare i frutti maturati su quei capitali: gli interessi sui depositi, ad esempio. Potranno essere tassati secondo il metodo ordinario, attraverso la ricostruzione anno per anno, oppure in modo semplificato, per ammontare meno consistenti. 
Diversa è la situazione per le somme all'estero, per i redditi evasi e non più accettabili. Si tratta di capitali che, in gergo, vengono definiti «capitali decotti»: in questo caso, si pagheranno le sanzioni per la mancata indicazione degli importi nel quadro RV, si pagherà l'IRPEF e le sanzioni sui frutti di quei capitali, e gli interessi. 
Vi sono poi gli aspetti penali da esaminare: i benefici per coloro che ricorreranno alla voluntary e l'introduzione nell'ordinamento italiano del reato di autoriciclaggio. Per ritrovare l'equilibrio complessivo di questo provvedimento così delicato, occorre tener conto di tutti questi tre elementi: ripeto, da un lato, gli aspetti fiscali e delle imposte da saldare sulle somme evase, dall'altro, dei bonus sui reati fiscali, dall'altro ancora, l'autoriciclaggio con le sue conseguenze. 
Le disposizioni in esame comportano l'esclusione, dicevo, della punibilità per chi attiva la procedura di collaborazione volontaria – non punibilità peraltro già in parte prevista dal decreto-legge del precedente Governo – per alcuni reati fiscali. È esclusa la punibilità per i delitti di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, e specificatamente per la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazione inesistenti (articolo 2), dichiarazioni fraudolente mediante altri artifici (articolo 3), infedele dichiarazione (articolo 4), omessa dichiarazione (articolo 5), omesso versamento di ritenute certificate (articolo 10-bis), omesso versamento IVA (articolo 10-ter). Viene ancora esclusa, per coloro che fanno lavoluntary, la punibilità delle condotte previste dagli articoli 648-bis, cioè riciclaggio, e 648-ter, cioè impiego, ovviamente se commesse in relazione ai delitti che ho sopra richiamato.
Ho sentito in questi giorni molte inesattezze in proposito, soprattutto riferite alla non punibilità della frode. La frode è riferita all'articolo 8 del decreto legislativo n. 74 del 10 marzo del 2000; non è contemplata, questa non punibilità, nell'elenco che ho sopra volutamente e puntualmente richiamato. L'articolo 8, del resto, fa riferimento all'emissione di fatture false che spesso generano il fenomeno delle cosiddette cartiere, le frodi carosello in materia di IVA e questo vorrei sottolinearlo ancora e ulteriormente in questa sede. Di qui, quindi, l'introduzione nell'ordinamento giuridico italiano del reato di autoriciclaggio attraverso questo provvedimento, quello della voluntary disclosure. Il nostro Paese ha ricevuto più volte sollecitazioni dall'OCSE per procedere in tal senso e anche raccomandazioni sono pervenute dall'Unione europea ma soprattutto, dicevo, abbiamo raccolto le istanze di larghi strati della società italiana e delle nostre istituzioni. Il testo prodotto è il frutto di un lavoro intenso che ha visto all'opera il Governo e in particolare il Ministero dell'economia, della giustizia e dei rapporti con il Parlamento, recependo il contributo delle Commissioni giustizia e finanze di questa Camera. 
Il testo approvato mantiene i bilanciamenti necessari, con l'obiettivo di punire chi, avendo commesso un delitto, ne occulta o trasferisce il denaro o gli altri proventi in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza illecita. La formulazione dell'articolato è tale da evitare che si possa colpire impropriamente il cosiddetto auto impiego. Si escludono, quindi, da queste situazioni quanti utilizzano i proventi di evasione IVA per pagare i dipendenti, acquistare i macchinari perché non possono essere perseguiti per il reato di autoriciclaggio. 
La fattispecie relativa al comma 1 prevede la pena più grave, quella della reclusione da due a otto anni e la multa da euro cinquemila a venticinquemila. Quella relativa al comma 2 punisce, con la reclusione da uno a quattro anni, la medesima condotta prevista dal comma 1 se posta in essere in relazione a delitti non colposi, puniti con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Nel caso previsto dal comma 1, ossia ove è prevista la pena più grave, saranno quindi applicabili le cosiddette misure più impegnative e, nel corso delle indagini preliminari, potranno essere disposte anche indagini più invasive. Nel caso previsto dal comma 2, invece, a causa delle pene più lievi, tale ipotesi saranno precluse. In questo senso, richiamandosi alle pene previste per i cosiddetti reati tributari, a cui prima facevo riferimento, del decreto legislativo n. 74 del 2000, le ipotesi di omessa o infedele dichiarazione, omesso versamento IVA e ritenute certificate, indebita compensazione, sottrazione fraudolenta di imposta, sarebbero escluse dalle pene più severe e dalla possibilità di applicazione di misure cautelari così come descritte. Invece, i delitti di frode fiscale sarebbero ricadenti nella pena e nelle misure e anche quindi quelle previste da indagini più severe. 
Su questo argomento, sono convinto seguirà un dibattito serrato anche nei prossimi giorni, in aula, come del resto abbiamo avuto anche in Commissione. Ecco, io mi fermerei qui Presidente ricordando però ancora due cose. Primo, che è previsto un periodo transitorio e di non applicazione del reato di autoriciclaggio per i delitti riferiti ai già richiamati articoli 2, 3, 4, 5, 10-bis, 10-ter del decreto legislativo n. 74 del 2000, sino alla data del 30 settembre 2015, cioè data entro la quale può essere attivata la procedura di collaborazione volontaria. Secondo, che l'istituto della collaborazione volontaria è applicabile anche per coloro che detengono patrimoni non dichiarati al fisco in Italia.