Dichiarazione di voto finale
Data: 
Mercoledì, 25 Gennaio, 2023
Nome: 
Chiara Gribaudo

A.C. 338e abbinate

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, la proposta di legge che oggi la Camera discute rischia di rimanere una grande occasione mancata per i professionisti italiani. La proposta, infatti, affronta l'importantissimo tema dell'equo compenso, una misura di equità e di giustizia per centinaia di migliaia di professionisti. I professionisti possiedono competenze che sono frutto di anni di studio e di formazione, attraverso le quali svolgono ruoli indispensabili per il progresso e la tenuta del nostro Paese. Ai professionisti sono affidate delicate e importanti funzioni nella sanità, nella giustizia, nell'economia, nella salvaguardia di ambiente e territorio, nella cultura, funzioni socialmente rilevanti nella vita dei cittadini, per lo sviluppo delle imprese e per il progresso del nostro Paese. A questi ruoli, tuttavia, molto spesso non corrisponde una remunerazione adeguata. Spesso il lavoro dei professionisti non è adeguatamente riconosciuto e remunerato, ed è sottopagato. A volte, addirittura, c'è la pretesa che tale lavoro non debba essere retribuito e, purtroppo, molto spesso è proprio la pubblica amministrazione - ministeri, regioni, comuni - a emanare avvisi e bandi, proprio la scorsa settimana il comune di Genova, con richiesta di prestazioni a titolo gratuito. Migliaia di professionisti, soprattutto i giovani, hanno difficoltà ad arrivare alla fine del mese perché sottopagati e soggetti alla concorrenza sleale delle grandi strutture, alla piaga della falsa partita IVA e al potere contrattuale dei grandi committenti, che oggi determinano al ribasso il valore delle prestazioni professionali.

Per affrontare questo e altri problemi del mondo del lavoro professionale, nelle ultime due legislature si era perseguita la strada dell'universalismo dei diritti del lavoro e della fine delle categorie che lo frammentano e lo dividono in mille pezzi, compromettendone le tutele. Con la legge n. 81 del 2017, anche se il Governo ha fatto fatica a riconoscerlo, sono state ricucite delle fratture fra mondo del lavoro dipendente e autonomo, allargando a quest'ultimo tutele importanti in materia di congedo parentale, infortunio, malattia e maternità, oltre a defiscalizzare gli investimenti in formazione continua dei professionisti e a garantire loro la possibilità di accedere ai fondi europei. Si tratta di norme che sono state tutte - tutte! - costruite attraverso il dialogo e il confronto continuo con le associazioni, i sindacati di settore, oltre ai tradizionali ordini professionali e alle Casse di previdenza, nello spirito di raccogliere tutte le esigenze di un mondo che, dall'epoca dell'istituzione degli ordini, è mutato ed è profondamente cambiato. Il legislatore non può non prenderne atto. Anche per questo, l'ultima norma approvata in Parlamento, che affrontava il tema dell'equo compenso, nel 2017, voluta da noi, aveva un orizzonte largo; norma che, occorre riconoscerlo, è rimasta purtroppo inattuata. Chi, come me, si è occupata a lungo della materia, conosce bene gli ostruzionismi, le perplessità delle strutture ministeriali, i pareri avversi delle Authority della concorrenza, che non ho mai esitato a giudicare lesivi del potere del legislatore. Questi ostacoli hanno evidentemente spinto la discussione parlamentare a riprendere il tema dell'equo compenso, con l'obiettivo, anche giusto, di rafforzare questo principio di rango costituzionale e di difendere i diritti dei professionisti.

Per tali ragioni, memori dei problemi e degli errori del passato, si sarebbe dovuto procedere con maggiore attenzione. L'ansia da risultato del centrodestra e l'incapacità di ascoltare e di comprendere i rilievi mossi dalla grandissima maggioranza delle rappresentanze del mondo professionale - siete riusciti a mettere, infatti, d'accordo tutti sul fatto che il testo aveva bisogno di modifiche, ma non siete stati capaci di approvarne nessuna - hanno generato un testo, dobbiamo dircelo, purtroppo, insoddisfacente. Insoddisfacente perché non garantirà l'equo compenso ai professionisti, se non in misura assai marginale, purtroppo. Questa, infatti, non è un'opinione della sottoscritta o del Partito Democratico, ma è un effetto di ciò che voi avete scritto nella legge.

Avete scritto che l'equo compenso sarà applicato nei rapporti con imprese che hanno più di 50 dipendenti o ricavi annui maggiori di 10 milioni di euro. Sapete quante sono le imprese con più di 50 dipendenti in Italia? Ce lo dice l'Istat: lo 0,62. E le imprese con più di 10 milioni di ricavi quante sono? Ce lo dice il MEF: 1,06. Con questi numeri avete avuto il coraggio di bocciare l'emendamento che, abbassando tali parametri, avrebbe permesso di includere effettivamente un numero congruo di professionisti. Avete scritto che il professionista che percepisce un compenso sotto soglia viene automaticamente sanzionato dall'ordine di appartenenza, riuscendo a violare tre principi in una volta: il primo legale, relativamente agli ordini che attribuiscono la definizione della disciplina deontologica e delle relative sanzioni all'autonomia regolamentare degli ordini.

Il secondo di equità: stabilendo che vengano sanzionati i soli iscritti agli ordini, avete dimenticato che vi sono attività, pensate ad esempio agli organi di controllo societari, svolte congiuntamente da iscritti e non iscritti. Il terzo, il più grave, logico, ritenendo, per usare le parole del Vice Ministro Sisto, che la sanzione a carico del professionista sia addirittura motivo di autodifesa. Avete trascurato il fatto che, se c'è bisogno di una legge sull'equo compenso, è proprio nei casi in cui il professionista è il contraente debole. E allora, in un contesto in cui c'è una parte debole e una parte forte, il deterrente si mette a carico del contraente forte, non di quello debole, onorevoli colleghi, se si vuole fare una norma che si chiama equo compenso per davvero.

Invece, con la sanzione sul professionista sottopagato avete messo in mano al committente il migliore strumento possibile di autotutela. Quale professionista denuncerà il committente che non paga l'equo compenso se a quel punto sa che incorrerà nella sanzione? Insomma, siete riusciti nell'impresa di scrivere la prima legge al mondo che sanziona il soggetto, il professionista, che vorrebbe tutelare, e avete avuto il coraggio di bocciare l'emendamento che cancellava la sanzione. Non si sa perché avete voluto correre così tanto, eravamo tutti disponibili a dialogare, come avete confermato in un'impostazione incentrata sul ruolo degli ordini professionali invece che sulla tutela dei professionisti iscritti e non, negando, come nell'istituzione dell'Osservatorio sull'equo compenso, all'associazionismo dei professionisti quella dignità che aveva ricevuto fin dalla legge n. 4 del 2013.

Insomma, questa legge, per quanto meritevole di affrontare un tema così importante come quello dell'equo compenso, avrà bisogno di numerosi interventi di modifica, lo avete detto voi stessi. Sembra infatti incredibile che quegli stessi ordini che oggi non riescono a vigilare sul rispetto dei diritti e dell'equa retribuzione dei propri praticanti e tirocinanti riescano domani a vigilare sul rispetto dell'equo compenso di tutti i loro iscritti. C'è sì un problema di povertà del lavoro che dal mondo del lavoro dipendente si allarga ai liberi professionisti, c'è un tema di precarietà che non può essere dimenticato quando si parla di equo compenso.

Non si può, ad esempio, dimenticare l'unicum europeo degli avvocati italiani, costretti dalla legge ad aprire partita IVA e a non poter essere dipendenti o almeno collaboratori di un certo tipo, con certe tutele. Non si può dimenticare la condizione di povertà e precarietà dei farmacisti dipendenti, vessati da una pesantissima doppia contribuzione. O ancora, la frammentazione degli ammortizzatori sociali, che la pandemia ci ha insegnato essere un percorso ad ostacoli per i professionisti. Nella scorsa legislatura, in questo Parlamento, siamo riusciti, ridando centralità al ruolo del Parlamento, senza un salto in avanti di qualcuno, come ricordava l'onorevole Costa, che ha voluto mettere la bandierina su questo provvedimento, a introdurre l'ISCRO, il primo ammortizzatore sociale per gli iscritti alla gestione separata, ma manca ancora il pezzo degli ammortizzatori sociali per gli ordini, appunto, per i professionisti ordinistici iscritti ad albi, ordini e collegi.

Da finanziare - perché noi facciamo sempre delle proposte serie - togliendo, abolendo la doppia tassazione dei contributi versati alle casse professionali, basterebbe fare questo. Sono tutti argomenti che ci ricordano la necessità, l'imprescindibilità, colleghe e colleghi, di affrontare i diritti dei lavoratori autonomi e professionisti in un'ottica universalistica, complessiva, senza tornare a vecchie divisioni del lavoro che non ci sono più e di cui dobbiamo prenderci cura e carico, farcene carico.

E anche per questo e con questo auspicio, però, lo voglio dire, perché il Partito Democratico, di fronte a proposte di legge per cui si era speso già precedentemente, introducendo quel principio dell'equo compenso nell'ordinamento, di fronte all'introduzione di alcuni diritti sociali che provano almeno ad allargare qualche diritto, anche se molto marginalmente, ci sarà sempre, e con la serietà che ci contraddistingue, anche nelle nostre proposte, nonostante abbiate perso, sprecato un'occasione, voteremo comunque con un voto favorevole al provvedimento, nella speranza davvero di migliorare questo testo, soprattutto al Senato.