Discussione sulle linee generali
Data: 
Lunedì, 25 Luglio, 2016
Nome: 
Maria Amato

A.C. 3235

Grazie, Presidente. Il cambiamento del costume e della società anticipa in genere i tempi della legge. Per la cannabis la spinta alla legalizzazione è una spinta forte, anche se non priva di resistenze e di richiami alla prudenza. In Commissione congiunta giustizia e affari sociali e sanità, le numerose audizioni hanno visto protagonisti pro e contro cannabis alternarsi con contrapposte ragioni. Ci hanno dato la misura delle aspettative profondamente diverse e di posizioni contrastanti e inconciliabili dei diversi mondi, facendoci toccare con mano tutta la complessità e la delicatezza dell'argomento, fornendoci uno spaccato su aspettative, ricadute in termini di salute, teorie scientifiche, filosofiche, di genetica della coltivazione e persino spirituali inerenti alla cannabis, qualcuna – va sottolineato – carente in riferimenti scientifici e di letteratura. Un richiamo alla prudenza nella coltivazione per uso personale, pur con un numero limitato di piante femmina, arriva dal direttore del centro di ricerca per l'agricoltura di Rovigo, per la difficoltà reale al controllo capillare delle piante e della loro tipologia genetica e ancora nelle ricadute in salute per piante esposte a possibili inquinanti e pertanto maggiormente dannose. 
Ma il tema più delicato sta nel fatto che i maggiori consumatori sono i giovani e, come per l'alcol, molto alto è il consumo tra i minori, con un impatto difficilmente quantizzabile sulla salute proprio per la limitata produzione scientifica e per la prudenza che impone il principio farmacologico di ricordare che il metabolismo di qualsiasi composto o farmaco è diverso in un soggetto in crescita e in un adulto. Va detto che la dose letale di THC è una dose elevata. Nel ratto – il dato, per tranquillità degli animalisti, ci viene dagli Stati Uniti – è di 42 milligrammi pro chilo per inalazione, ma sono ancora incompleti gli studi sul rischio oncogenico e sul reale peso della connessione con malattie psichiatriche e dei danni sulla memoria e per le psicosi. Il tema della salute riguarda la parte del testo, l'articolo 6, sull'uso terapeutico della cannabis e dei suoi derivati. Molte regioni hanno proprie leggi, ma alla domanda: «non bastano le leggi regionali ?», la risposta è: «no, non bastano». Sono, come di frequente accade in sanità, diverse tra loro, anche se con qualche aspetto in comune e tutte nel perimetro di quanto espresso nel decreto Lorenzin sull'uso terapeutico della cannabis di novembre 2015. Serve una normativa nazionale completa dal seme al farmaco, omogenea, che garantisca equità nell'accesso alle cure, uguale per tutti, perché i malati hanno gli stessi diritti. Molti autorevoli interventi in audizione hanno sottolineato la necessità di normare separatamente dall'uso ludico l'intero percorso della terapeutica: selezione del seme, coltivazione, preparazione del farmaco e accesso alle cure. Ed in molti hanno osservato che è complicato il percorso di una legge in cui si affronti l'uso ludico e quello terapeutico, aspetti profondamente diversi persino nelle caratteristiche stesse della pianta.
Il Sativex, estratto della cannabis per uso terapeutico inalatorio, è un farmaco di importazione e il percorso per i pazienti necessita di una reale semplificazione. In Italia è in essere un progetto pilota sulla base di accordi rispettivamente tra il Ministero della salute e quello delle politiche agricole, alimentari e forestali, e tra i ministeri della salute e della difesa per il controllo genetico e qualitativo e la produzione dei semi e la produzione di talee nel Centro di ricerca per l'agricoltura di Rovigo è l'estrazione del principio attivo nell'Istituto farmaceutico militare di Firenze, ponendo le basi per il percorso completo, con ovvie riduzioni dei costi e positive opportunità economiche. 
La prima questione da affrontare è, quindi, la selezione delle piante e la coltivazione obbligatoriamente indoor, standardizzata e bio per evitare la contaminazione dei pollini, per avere una cannabis con livelli standard di THC e per proteggerla da contaminazioni con sostanze inquinanti, antiparassitari o concimi nocivi per la salute. Si devono cioè definire i passaggi che trasformano un'erba in un farmaco da inserire in un prontuario per la prescrizione: la selezione delle piante, chi le produce e secondo quale disciplinare, la trasformazione farmaceutica comprensiva dei galenici, le modalità di distribuzione, di prescrizione e di utilizzo. Va ben definito il ventaglio di malattie per cui sia possibile per il medico prescrivere la cannabis, anche e oltre quelle più conosciute, quali la sclerosi multipla, le sindromi dolorose da spasmo muscolare, il dolore nel cancro, il glaucoma resistente a terapie convenzionali, il dolore da arto fantasma. La cannabis aiuta negli stati di progressivo indebolimento e inappetenza nell'AIDS e nei trattamenti chemioterapici. Nella terapia del dolore viene alternata a trattamenti con oppiacei anche per allungare il tempo di assuefazione, nella malattia di Gilles de la Tourette riduce i movimenti scoordinati da contrazione muscolare del viso e del corpo. Ma in medicina si sa che l'esperienza, la casistica e il numero dei pazienti determinano le indicazioni e già si parla di buoni risultati nel morbo di Crohn. 
Tra le audizioni quella del professor Saia del comitato «Ospedale senza dolore» di Padova portava la voce dei terapeuti del dolore, un appello accorato a fare presto contro il dolore inutile, come molti medici definiscono quel tipo di dolore, che non serve a fare diagnosi, che è il sintomo che più riduce la qualità della vita di tante persone. Ha sottolineato la necessità che la cannabis fosse prescrivibile da tutti i medici, nel rispetto delle indicazioni possibili e motivando terapie in casi particolari. Anche lui ha chiesto per l'uso terapeutico un testo che viaggiasse su un binario diverso, più semplice, più veloce. Ha concluso il suo intervento con una frase che sintetizza le attese dei malati: il dolore non aspetta. Altri, sempre parlando dell'uso terapeutico, paventavano il rischio che si preferisse il trattamento con la cannabis a prescindere, mettendo il paziente a rischio dei danni per la mancata terapia convenzionale, dubbi che possono essere fugati attraverso campagne di informazione e percorsi formativi per il personale medico e sanitario. 
C’è bisogno di dare spazio e risorse alla ricerca anche per le applicazioni terapeutiche dell'altro principio attivo della cannabis, il cannabidiolo. L'Italia ha una buona legge sul dolore, la legge Turco sulla medicina palliativa, ma non basta. Ci sono ancora tante differenze tra regione e regione, in particolare nel trattamento del dolore cronico e nell'assistenza alla terminalità. La mancanza di equità in questo campo ferisce come l'ingiustizia. 
Quella sulla cannabis non sarà una discussione facile, sicuramente sarà lunga. Spero in ogni caso che su posizioni ideologiche prevalgano pensiero scientifico e buonsenso.