Discussione sulle linee generali
Data: 
Martedì, 21 Aprile, 2015
Nome: 
Fabrizia Giuliani

 A.C. 831-B ed abbinate

Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, torniamo a parlare, a distanza di dodici mesi dall'approvazione da parte di questo ramo della Camera, di una riforma importante e attesa: la revisione delle disposizioni di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio nonché di comunione tra i coniugi, ciò che il linguaggio comune chiama il divorzio breve. Ci confrontiamo con le modifiche apportate al Senato, rispetto alle quali già la relatrice ha dato ampia illustrazione, e il nostro auspicio ovviamente è quello di concludere velocemente l'iter del provvedimento con un consenso ampio e trasversale, quale è stato quello del Senato e, anche prima, della Camera. 
  Le ragioni di questo auspicio sono molte. La prima riguarda il tempo: modifichiamo una norma varata quarantacinque anni fa, nel 1970, pensata in un Paese molto diverso da quello attuale, diverso perché fondato su altri equilibri sociali, altre relazioni, altre libertà, altre famiglie; insomma, un'altra Italia. 
  Il bisogno di aggiornare questa norma – è stato ricordato molte volte – è vivo ed interroga direttamente questi cambiamenti. Basterà ricordare il numero sempre maggiore dei nostri concittadini che hanno deciso di sciogliere la propria unione coniugale in altri Paesi dell'Unione europea, al fine di ridurre i tempi e generalmente anche i costi per l'ottenimento del divorzio, senza la necessità di passare per la separazione. 
  Ma sono bisogni che vanno intesi in modo corretto. Infatti, non si tratta di semplici adattamenti o di richieste di aggiornamento. La richiesta di contrastare i tempi lunghi, spesso lunghissimi, necessari a rendere formale lo scioglimento del matrimonio non ha a che vedere in alcun modo con una spinta alla dissoluzione o alla deresponsabilizzazione, al contrasto, insomma, per lo stesso istituto del matrimonio, come ancora purtroppo si sente dire. 
  Non solo. L'esperienza e i dati ci dicono il contrario, se guardiamo, appunto, a questi quarantacinque anni con occhi un po’ sgombri. L'introduzione del reato dovette affrontare l'opposizione strenua dei difensori della famiglia, come se riconoscere la sola possibilità dello scioglimento equivalesse a distruggere l'istituto familiare. 
  Non solo non è stato vero nella teoria e nell'impianto ideologico, ma soprattutto non è vero nella prassi. Investire sulla responsabilità e sulla libertà porta a rafforzare i legami, non a distruggerli. Il divorzio ha reso le scelte di unione più consapevoli, riconoscendo ciò che era cambiato nella coscienza civile del Paese, chiamato a misurarsi con il cammino di emancipazione delle donne, veloce e inesorabile. La teoria del piano inclinato, per cui scommettere sulla responsabilità e l'allargamento degli spazi di libertà, porta a indebolire o dissolvere le relazioni è, a nostro avviso, completamente sbagliata. Se si guarda ad altre importanti conquiste civili, come l'interruzione volontaria di gravidanza, che ha portato, appunto, a ridurre il numero degli aborti, in fondo si osserva lo stesso tipo di andamento. In una democrazia moderna, infatti, il consenso, l'accordo, la responsabilità sono la sola bussola da seguire quando si affronta il crinale dei diritti civili. È questa, del resto, e non poteva che essere questa la via europea, dove la tempistica è mediamente molto più rapida. La sentenza di divorzio si ottiene mediamente in sei o sette mesi, includendo l'intero iter amministrativo e burocratico, fatta eccezione per l'Irlanda del Nord, Malta e la Polonia. Al divorzio si arriva in tempi brevi, costi contenuti e procedure snelle. In Francia, non è richiesto nessun periodo di separazione per il divorzio consensuale e, in caso di contenzioso, il tempo massimo è di due anni; in Germania, un anno di separazione per le consensuali, che passano a tre in caso di giudiziali; mentre in Gran Bretagna due o cinque anni di separazione, ma se si dichiara che il comportamento dell'altro coniuge rende insostenibile continuare nella relazione, il giudice può dichiarare immediatamente il divorzio e cessare lo stato di conflittualità. Vorrei aggiungere che, a mio avviso, la normativa inglese va letta anche alla luce dell'attenzione che questo Paese ha mostrato nella ricerca di strumenti di prevenzione della violenza domestica. Un'attenzione peculiare, che ha consentito di conseguire risultati davvero importanti nella tutela dei minori e della dignità delle donne. E dico questo con particolare riguardo alla presenza dei membri del Governo. 
  Vediamo, dunque, le novità che il passaggio al Senato ha introdotto. Viene confermata la riduzione del periodo di separazione, che passa da tre anni a dodici mesi nel caso di separazione giudiziale, ma può arrivare a sei mesi appunto nel caso di consensuale, mentre viene modificata la decorrenza dei termini che il Senato stabilisce a partire dalla data di comparizione davanti al presidente del tribunale. Lo stesso articolo introduce la facoltà per i coniugi di chiedere lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, a meno che non si sia in presenza di minori, portatori di handicap gravi e nelle separazioni giudiziali. Viene soppresso l'articolo 2 del testo della Camera, dove si prevedeva che il ricorso per la cessazione degli effetti civili o per lo scioglimento del matrimonio costituisse titolo esecutivo analogamente all'ordinanza con la quale il presidente del tribunale adotta provvedimenti urgenti nell'interesse dei figli. L'articolo 2, modificando, appunto, l'ex articolo 3, sancisce, invece, che, in caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si sciolga dal momento dell'autorizzazione a vivere separatamente. Infine, l'articolo 3 prevede la positiva applicazione della nuova normativa anche per i procedimenti in corso. 
  Condivido il rammarico per non essere arrivati ad un divorzio più breve ancora, per non aver riconosciuto fino in fondo che una giustizia fatta di tempi lunghi, una volta che le decisioni sono state maturate, porta ad un aggravio di costi e di fatiche, nonché a protrarre situazioni di conflittualità dannose per i coniugi e per i figli. Il tempo dell'elaborazione di una scelta di separazione non ha a che fare con aule di tribunale o studi di avvocati, ma con la vita interna di una coppia. E non è questione di tempo. Condivido però fino in fondo la soddisfazione per vedere segnate le ultime tappe di un percorso atteso che non trovava tuttavia conclusione. Nel corso di questa legislatura noi riteniamo di aver aggiunto tasselli importanti sul terreno dei diritti civili: dalla legge di contrasto alla violenza, alla norma sul cognome materno e dall'omofobia all'affido. Alcuni di questi provvedimenti riescono a superare resistenze storiche e a camminare più veloci di altri. Altri invece no. E in cantiere ne abbiamo ancora di più rilevanti, come il terreno, che sarà un terreno di confronto importante, delle nuove unioni civili. Ecco, io non credo che siano provvedimenti tra loro slegati; è necessario uno sguardo d'insieme per osservarli adeguatamente. 
  Infatti non sono provvedimenti iscrivibili in una pura grammatica di conquiste di diritti individuali o di gruppi, piuttosto hanno a che vedere con una ritrovata capacità della politica di misurarsi con i cambiamenti e con il superamento – questo sì davvero è un elemento che ci solleva – di un bipolarismo epico che ha bloccato il Paese per molto tempo ed è andato molto oltre il tempo previsto. Una conflittualità tra culture, identità e convinzioni religiose che ha impedito il dispiegarsi di un disegno riformatore compiuto su questi temi e che l'Italia, se guardiamo ai progressi dell'Europa, ha pagato a caro prezzo. In particolare, lo hanno pagato le donne, i giovani e i minori. 
  Mi avvio a concludere, signor Presidente, credo che per concludere questa stagione improduttiva, si debba acquisire la forza di vedere le cose per quello che sono, e non per quello che vorremmo che fossero; non guardare a stereotipi o a idealità, ma all'esperienza della vita che, individualmente e collettivamente, facciamo. 
  Dunque, oltre ogni contrapposizione tra chi contrasterebbe, chi attacca e chi sostiene la famiglia, prendere atto dei mutamenti che attraversano la società e della responsabilità che abbiamo di trovare, come abbiamo fatto su altri terreni, un incontro produttivo. Vale per oggi, che approviamo il divorzio breve, spero che valga anche domani, quando ci troveremo anche a discutere di questioni controverse come le unioni civili. 
  Lasciare da parte la difesa di principi astratti e appartenenze superate, per incoraggiare nuove forme di relazione, di assunzioni di responsabilità reciproche, e di stabilizzazione. Su questo terreno la politica gioca buona parte della sua credibilità, molto più di quanto ancora comunemente si ritiene. Non è più tempo di decisioni dei singoli e di questioni di coscienza, ma di mostrare che la politica, anche quando parla di forme di radicamento dell'affettività, di relazioni di cura e di convivenze è capace di fare sintesi e, anche qui, di decidere per cambiare.