Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 21 Ottobre, 2025
Nome: 
Michela Di Biase

A.C. 1866-A

 

Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, voglio iniziare annunciando che il Partito Democratico si asterrà su questo provvedimento in materia di affidi: la nostra è una decisione che nasce da un atteggiamento di responsabilità, ma anche da una valutazione attenta e critica di questo testo, delle sue potenzialità e anche di quelle che sono le sue ombre. Condividiamo le finalità dichiarate dal disegno di legge: migliorare il monitoraggio dei minori che, per ragioni di fragilità, vengono collocati fuori dal proprio nucleo familiare, sia presso istituti pubblici o privati, sia presso comunità di tipo familiare o famiglie affidatarie. I diritti dei minori sono il bene più prezioso che un ordinamento democratico deve garantire: il diritto del minore a crescere in un ambiente che ne rispetti la dignità, la sicurezza, l'integrità affettiva.

Tuttavia, come abbiamo evidenziato nel corso dei lavori in Commissione e nel dibattito - fatemi dire, frustrante - in quest'Aula, la costruzione normativa che questo provvedimento propone rischia, per molti aspetti, di appesantire anziché semplificare, di duplicare anziché di integrare, di burocratizzare anziché rendere più efficace la tutela dei minori. Io non so quale provvedimento abbiano letto taluni colleghi che mi hanno preceduto in questa dichiarazione di voto, ma viene descritto francamente in un modo lusinghiero che a me lascia assolutamente perplessa.

La rete degli affidamenti è, per sua stessa natura, un sistema già complesso, che rischia di essere ancora più frammentato. Questa proposta di legge istituisce, presso il Dipartimento per le politiche della famiglia, il Registro nazionale degli istituti di assistenza pubblici e privati, delle comunità di tipo familiare e delle famiglie affidatarie e, presso ciascun tribunale per i minorenni e tribunale ordinario, un registro dei minori collocati in comunità o in famiglie affidatarie. Inoltre, prevede la creazione di un Osservatorio nazionale sugli istituti e sulle comunità. È una norma che ha l'ambizione di fare un passo avanti verso la trasparenza e la conoscenza del fenomeno, ma, in realtà, così com'è formulata - e non ci stancheremo mai di dirlo -, genera sovrapposizioni e duplicazioni di funzioni tra banche che sono già esistenti. Io ho provato a spiegarlo durante tutta la discussione, non soltanto in Commissione, ma durante la votazione degli emendamenti. In particolare, mi riferisco al sistema informativo SIOSS del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali che è già alimentato dai comuni, che raccoglie proprio le informazioni sugli interventi ai servizi rivolti ai minori fuori famiglia.

Lo ha sottolineato chiaramente l'ANCI nella memoria che è stata depositata in Commissione. Dopo anni di formazione e di implementazione di quel sistema, la creazione di nuovi registri paralleli comporta un inutile aggravio per enti locali e rischia di creare registri che non si parlano tra loro, con dati disallineati e non interoperabili. Una duplicazione - io voglio dirlo con chiarezza - che non porta più tutele ai bambini ma più burocrazia per gli operatori e meno efficienza per i comuni. Per questo vi abbiamo chiesto con forza di accogliere le nostre proposte emendative e i nostri ordini del giorno.

Era preferibile che rimanesse un unico registro nazionale presso i tribunali per i minori, evitando, in questo modo, frammentazioni e ridondanze.

Un'altra criticità riguarda la previsione che è contenuta all'articolo 2, che attribuisce all'Osservatorio nazionale la facoltà di segnalare alle autorità competenti situazioni di collocamento improprio dei minori. L'intenzione anche qui appare condivisibile detta in questo modo: nessun minore - diciamolo con forza - dovrebbe trovarsi in una struttura o in una famiglia non idonea alla sua crescita. Ma la norma, anche qui, manca di chiarezza e di definizione. Non è specificato, ad esempio, cosa si intenda per collocamento improprio, né quali siano i criteri oggettivi di valutazione, né, soprattutto, quali autorità dovrebbero intervenire una volta ricevuta la segnalazione. Un termine così vago, se non ancorato a criteri rigorosi, rischia di tradursi in una indebita ingerenza nelle competenze dei servizi sociali, dei tribunali, dei comuni, che già oggi operano in un quadro di responsabilità condivisa.

Per questo, avevamo chiesto la soppressione di quella previsione o almeno una sua riformulazione che chiarisse i limiti, le modalità, le responsabilità di intervento. Purtroppo, anche su questo punto, la maggioranza ha scelto, come sempre, di non ascoltare.

La creazione di nuovi registri ed osservatori, senza risorse aggiuntive e senza un piano di coordinamento, rischia di appesantire un sistema già fragile, spostando energie e tempo dalle attività di tutela diretta dei minori alla compilazione di schede e moduli.

I comuni sono i primi presidi della protezione minorile; sono loro che gestiscono le situazioni di vulnerabilità; che accompagnano le famiglie; che si occupano dell'accoglienza e dell'inserimento. Ma lo fanno spesso con organici ridotti, risorse insufficienti, personale oberato.

A fronte di questo quadro, anche qui, il Governo sceglie di aggiungere nuovi e ulteriori adempimenti informativi senza stanziare un euro in più. Il fil rouge di questo Governo è la mancanza di risorse. Questa consueta clausola di invarianza finanziaria che, appunto, ormai vi contraddistingue, è la prova che la buona volontà non basta. Senza risorse le riforme rischiano di restare sulla carta.

Signor Presidente, vengo poi al cuore della questione. Noi crediamo che il modo migliore per tutelare i minori non sia moltiplicare i registri ma rafforzare le famiglie.

L'articolo 1 della legge n. 104 del 1983 ci ricorda che il diritto del minore è crescere ed essere educato nella propria famiglia. Quando questo non accade il compito dello Stato è aiutare le famiglie a ritrovare le condizioni per esercitare la propria responsabilità genitoriale. Ciò significa investire nei servizi territoriali, nelle misure di contrasto alla povertà infantile, nei sostegni economici e psicologici alle famiglie vulnerabili.

Come è stato detto durante le audizioni da più soggetti (pare averli ascoltati solamente il Partito Democratico), l'allontanamento di un minore non è soltanto un dramma umano ma anche un costo sociale ed economico molto elevato.

È meglio prevenire che intervenire dopo. Sostenere le famiglie povere e fragili è una politica di civiltà oltre che di efficienza. Serve oltretutto un riconoscimento concreto del ruolo di chi si assume l'onere, spesso gravoso, di accogliere un bambino e servono sostegni economici strutturali e uniformi. Il nostro Paese non parte da zero: nel 2024 sono state approvate dalla Conferenza unificata le nuove linee di indirizzo nazionali per l'affidamento familiare e quelle per l'accoglienza nei servizi residenziali per minori. Ecco, queste linee di indirizzo promuovono proprio ciò che in questo disegno manca: l'integrazione tra affido e comunità, la rete.

C'è un punto che voglio toccare: lo schiaffo sul parere contrario al nostro ordine del giorno sull'introduzione di precise tutele in materia di affidamento dei minori nel caso di violenza di genere o domestica. Una proposta che raccoglieva le raccomandazioni contenute nel rapporto GREVIO sull'attuazione della Convenzione di Istanbul, che poteva rappresentare un passo avanti nelle tutele delle minori vittime dirette o indirette di violenza, in un contesto in cui le donne purtroppo denunciano e vengono considerate madri conflittuali. No, non esiste la PAS, non è scientificamente scritto da nessuna parte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista)che la PAS esista e c'è addirittura una sentenza della Corte che ci dice che non è scientificamente dimostrato.

In conclusione, signor Presidente, il Partito Democratico riconosce le buone intenzioni del disegno di legge, ma non può ignorare le sue gravi carenze strutturali. Avremmo avuto bisogno di un testo più coerente. Per questi motivi però e per coerenza con la nostra visione di tutela dell'infanzia, basata su una responsabilità condivisa - che pare però sentiamo solo noi - il gruppo del Partito Democratico annuncia il proprio voto di astensione sul disegno di legge.