Discussione generale
Data: 
Lunedì, 15 Gennaio, 2024
Nome: 
Andrea Casu

A.C. 1297​ e abbinata

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, Ministro, il gruppo del Partito Democratico ha affrontato questo provvedimento con spirito assolutamente laico, aperto alla discussione, anche se dobbiamo constatare che quello che è arrivato qui in Aula, in questa Camera, dopo la prima lettura del Senato e dopo il passaggio in Commissione giustizia, risulta essere un provvedimento molto raffazzonato, dal punto di vista tecnico e dal punto di vista giuridico. Noi siamo, restiamo e saremo assolutamente favorevoli - questo va chiarito subito, per evitare ogni forma di equivoco - a garantire sempre una sanzione adeguata per chi distrugge, deteriora, imbratta i beni culturali e paesaggistici del nostro Paese; questo è un punto chiaro e non va e non deve essere messo in discussione. Chiaramente, deve valere sempre, deve valere per tutti, deve valere anche per i Sottosegretari che avrebbero come compito quello di garantire la sicurezza del patrimonio culturale e che, invece, vediamo coinvolti in vicende che attengono veramente a comportamenti che vanno nella direzione totalmente opposta. Ed è per questo che, parlando sull'ordine dei lavori, abbiamo chiesto chiarezza sulle deleghe al Sottosegretario Sgarbi, perché non consideriamo politicamente concepibile e consideriamo assolutamente surreale che si stia svolgendo oggi questa discussione in Aula e che, a tutt'oggi, sia Sgarbi a svolgere questa funzione, senza un elemento di chiarezza al riguardo nei confronti del Parlamento e del Paese.

Per quanto riguarda, poi, un'altra premessa politica, a nostro avviso, le rivendicazioni e le proteste che usano come strumento la deturpazione di un bene collettivo, a maggior ragione se di valore artistico, monumentale, culturale o ambientale, anche se ripristinabili a seguito di intervento, non rappresentano assolutamente, in alcun modo, il metodo giusto per porre l'accento e la visibilità su quelle problematiche, anche di interesse generale, che purtroppo hanno originato determinate manifestazioni. Quindi, quando abbiamo visto imbrattati i muri di Palazzo Vecchio, di Palazzo Madama o la fontana della Barcaccia, sono stati compiuti, a nostro avviso, gesti sbagliati, che però sono gesti che violano le norme già esistenti, questo io lo voglio dire con forza, come quando si è parlato del decreto Rave per vietare i rave illegali: se vengono chiamati rave illegali probabilmente erano vietati anche prima, dall'ordinamento, e così oggi. Queste iniziative, tra l'altro, non raggiungono nemmeno lo scopo che è alla base di queste rivendicazioni, cioè quello di creare consenso intorno alla mobilitazione per favorire politiche più efficaci, ad esempio a favore dell'ambiente e per contrastare il cambiamento climatico; anzi, spesso producono, purtroppo, una reazione opposta nell'opinione pubblica.

Detto questo, però, non limitiamoci a guardare il dito; guardiamo anche la luna: quei ragazzi hanno ragione nel merito delle questioni che, con metodo sbagliato, sollevano. Chiedono di riappropriarsi del loro futuro, chiedono di farlo rivendicando un nuovo modello di sviluppo. Anche se tali richieste vengono formulate nel modo sbagliato, anche se tali manifestazioni devono essere contrastate attraverso tutte le forme a nostra disposizione, noi non possiamo ignorare l'importanza e la forza di questi gesti, quando rivendicano una nuova fase, in cui si riesca a uscire dall'era dei combustibili fossili, e più concretezza nell'affrontare la crisi climatica ed energetica.

Stupisce che i sostenitori della legge mettano l'accento sul contenuto specifico delle misure sanzionatorie, ma ignorino completamente questo grido di allarme, portato avanti attraverso metodi, ripetiamo, sbagliati, ma che noi non possiamo assolutamente far finta di non sentire.

Tornando al merito delle norme di cui discutiamo, siamo tanto favorevoli a una sanzione adeguata che la legge di riordino sui reati contro il patrimonio culturale e artistico del nostro Paese porta il nome di due nostri Ministri, Dario Franceschini e Andrea Orlando, che, nella scorsa legislatura, hanno portato a conclusione una legge di riordino che ha riallineato il nostro Paese ai sistemi giuridici più adeguati a contrastare questi fenomeni. La legge c'è già, è la legge Orlando-Franceschini.

Sorge da qui la nostra prima obiezione: questo disegno di legge non introduce nuove fattispecie ad oggi non previste dalla legge, non sanziona nuove condotte, non c'era e non c'è oggi un vuoto normativo nel nostro Paese da colmare. Infatti, il disegno di legge di cui oggi discutiamo non introduce nuove condotte non previste dall'ordinamento giuridico italiano, bensì norma due nuove fattispecie, identiche a quelle già previste dalla legge Orlando-Franceschini, che, però, questa volta vengono punite anche - ripeto, anche - con una sanzione amministrativa. Questa è la differenza non da poco. Il disegno di legge riscrive due fattispecie che tutelano i beni culturali dal deterioramento e dall'imbrattamento uguali e identiche a come sono scritte nel codice penale, semplicemente introducendo, per quel tipo di condotte, oltre alla sanzione penale prevista dal codice penale, anche una sanzione amministrativa.

Nelle audizioni svoltesi al Senato, in cui hanno avuto modo di approfondire il tema diversi professori universitari e altre personalità, è stato spiegato che questo modo di legiferare è molto discutibile, anzi, potrebbe addirittura profilare qualche rischio di incostituzionalità, perché se una stessa condotta è punita sia con una sanzione amministrativa sia con una sanzione penale, il rischio è quello di una sovrapposizione di sanzioni e di punizioni che può creare un cortocircuito nell'ordinamento. Il cumulo sanzionatorio, non sconosciuto nell'ordinamento italiano, è stato oggetto nel corso degli anni di un ampio dibattito a livello giurisprudenziale, soprattutto europeo, sul piano del principio cardine del ne bis in idem.

La locuzione ne bis in idem viene utilizzata dagli ordinamenti penali nazionali in un doppio significato: da una parte, il divieto di doppio processo per lo stesso fatto e, dall'altro, il divieto di addebitare più volte, mediante il ricorso a molteplice pena, lo stesso accadimento criminoso all'autore. Il principio in questione è codificato, nell'ordinamento interno, dall'articolo 649 del codice di procedura penale. A livello europeo, invece, il principio in esame è stato positivizzato dall'articolo 4 del VII Protocollo addizionale della Corte europea dei diritti dell'uomo e dall'articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. È il caso di richiamare, da ultimo, la sentenza n. 149 del 2022, nella quale la Corte costituzionale - dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'articolo 649 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei confronti di un imputato per uno dei delitti previsti dalla legge 22 aprile 1941, n. 633 sulla protezione del diritto d'autore, che, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, definitivamente conclusosi, per l'illecito amministrativo di cui all'articolo 174-bis della medesima legge - ha rivolto un espresso monito al legislatore, sollecitandolo a “rimodulare la disciplina in esame in modo da assicurare un adeguato coordinamento tra le sue previsioni procedimentali e sanzionatorie, nel quadro di un'auspicabile rimeditazione complessiva dei vigenti sistemi di doppio binario sanzionatorio, alla luce dei principi annunciati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, dalla Corte di giustizia e da questa stessa Corte”.

L'unica cosa che, forse, sarebbe valsa la pena fare con questo disegno di legge non era certo duplicare le sanzioni, tra l'altro, con sanzioni anche smisurate dal punto di vista amministrativo, ma agire per completare, integrare e, se necessario, aggiornare il quadro già vigente con la legge presentata, che porta i nomi - lo ricordo ancora una volta - di Dario Franceschini e di Andrea Orlando. La legge, infatti, era stata una risposta seria perché organica, non una bandierina propagandistica né un provvedimento spot adottato sull'onda di fatti di cronaca.

Il punto, però, è che la parte principale di questo provvedimento è semplicemente una duplicazione di sanzioni, che oggi già sono previste per condotte già previste e già punite dal codice penale con sanzioni amministrative, con quei profili di criticità che prima rammentavo.

Abbiamo presentato degli emendamenti, cercato di contribuire a un miglioramento del provvedimento, intanto riducendo le sanzioni amministrative che, secondo noi, sono smisurate, anche tenendo conto dei criteri e dei principi di proporzionalità che devono giustificarne la misura. Sono sanzioni molto più elevate delle multe previste dalla sanzione penale e che non sono proporzionate a sanzioni analoghe per fattispecie con analogo disvalore nel nostro ordinamento. Riteniamo, quindi, che, anzitutto, queste sanzioni debbano essere ricondotte a una maggiore proporzionalità, l'ordinamento deve procedere in maniera proporzionale.

Ricordo a tutti e a me stesso che chiunque imbratti, deteriori o procuri un danno a un bene culturale è sempre e deve essere sempre tenuto al risarcimento del danno. Non è che introduciamo una sanzione amministrativa oggi, perché oggi chi imbratta, chi deteriora, chi distrugge non è tenuto a pagare: si paga sempre, perché nel nostro ordinamento c'è, comunque, il risarcimento del danno secondo i principi del codice civile. Pertanto, stabilire una sanzione smisurata non ha senso, è illogico, tanto più quando la sanzione è già prevista dal codice penale, come avviene in questo caso.

Seguendo questo ragionamento abbiamo presentato degli emendamenti per ridurre le sanzioni, per renderle più ragionevoli. In particolare, abbiamo presentato anche un emendamento volto ad introdurre nell'ordinamento un principio che in questa categoria di reati è applicato costantemente. Infatti, nel caso in cui chi ha messo in atto la condotta ripristini lo stato dei luoghi, elimini l'imbrattamento e faccia tornare il bene colpito come era prima, non si devono applicare, a nostro avviso, le sanzioni amministrative previste da questo ordinamento. Si tratterebbe di un incentivo per chi ha compiuto la condotta illecita ad adoperarsi per fare in modo che vengano eliminate le sue conseguenze.

In conclusione, per noi questo provvedimento rappresenta un pasticcio sotto il profilo politico, giuridico e anche tecnico. Questa legge, come quella sull'immaginaria emergenza rave illegali, che erano già illegali prima del decreto, rientra in un disegno politico preciso, che, poi, è quello, in senso lato, del populismo penale. Quello sui rave, in sede applicativa, abbiamo visto come non abbia fermato il fenomeno, anzi, tutt'altro e, come è capitato per altre misure di propaganda adottate da questo Governo, si è dimostrato una bolla di sapone. Succederà certamente anche in questa occasione. Si stanno rivelando come bolle di sapone alcuni roboanti annunci relativi ad attività impossibili, come quella di coprire con una teca tutte le opere d'arte dell'immenso patrimonio del nostro Paese, ma quello che a noi preoccupa ancora di più è che, nel momento in cui affrontiamo questo tema, lo affrontiamo nel modo sbagliato, lo affrontiamo senza centrare quello che poteva essere l'obiettivo, non affrontiamo, invece, la questione gravissima del fatto che non ci possa essere in un Governo dubbi sul fatto che colui il quale è chiamato a difendere e proteggere il patrimonio culturale non possa essere autore di furto, di deturpamento e di danneggiamento di questo patrimonio.

E, da questo punto di vista - e concludo -, l'invito, ancora una volta, è intervenire, perché vanno sanzionati tutti i comportamenti sbagliati che danneggiano, ma, se chi dovrebbe dare l'esempio non dà questo esempio, e, anzi, dà l'esempio contrario, è responsabilità politica, ancora prima di quello che, poi, sarà il corso che farà la magistratura, assumere un comportamento netto, esprimersi chiaramente e dare un messaggio al Paese, perché non possiamo andare a prendercela e guardare la pagliuzza negli occhi dei giovani che manifestano senza assumere un atteggiamento netto nei confronti della trave che si trova nel Governo per il comportamento del Sottosegretario Sgarbi.