Discussione generale
Data: 
Martedì, 30 Settembre, 2025
Nome: 
Piero De Luca

A.C. 2623

 

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghe, onorevoli colleghi, il provvedimento sui cui oggi siamo chiamati a discutere nasce da una vicenda dolorosa e simbolica per il nostro Paese.

Da ultimo, la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo del 30 gennaio 2025 ha certificato che, negli anni passati, l'Italia non ha garantito la tutela minima della salute e dell'ambiente in un'area di circa 150.000 ettari, con 90 comuni e quasi 2 milioni di abitanti. Una terra avvelenata da decenni di roghi tossici, traffici illeciti di rifiuti, discariche abusive, in cui la mano criminale della camorra ha dilaniato un intero territorio. È in risposta a quella sentenza che il Governo ha adottato quest'ultimo decreto.

La necessità di intervenire era fuori discussione, dovremmo essere chiari. Serviva fornire all'Unione europea un piano d'azione entro settembre, serviva rispondere a un'emergenza ambientale e sanitaria che grava ancora su quei territori, sia pur con tutte le soluzioni positive che sono state messe in campo negli ultimi anni, serviva dare fiducia ai cittadini che, da anni, aspettano giustizia e bonifiche concrete. Ma il modo in cui il Governo ha scelto di farlo ci lascia, ancora una volta, profondamente delusi e critici.

In primo luogo, il metodo. Siamo davanti a un decreto-legge approvato l'8 agosto, in piena estate, incardinato in Parlamento solo a settembre. I tempi di esame sono stati compressi in maniera insostenibile: pochi giorni per gli emendamenti, i pareri del Governo arrivati in ritardo, discussione limitata e, come se non bastasse, il ricorso alla questione di fiducia al Senato. È una prassi ormai consolidata da parte di questa maggioranza, anche e soprattutto quando non si tratta di fermare un'opposizione ostruzionistica (perché non lo siamo stati su questo, così come non lo siamo su altri provvedimenti delicati, fondamentali e importanti per la vita del Paese), ma ancora una volta si trattava, semplicemente, di nascondere divisioni interne alla maggioranza o di impedire al Parlamento di fare con correttezza il proprio lavoro, mortificando, per l'ennesima volta, la possibilità di intervenire e migliorare il testo.

Ci sono anche questioni di merito, per noi molto significative, che rileviamo con spirito critico. Il decreto contiene alcune misure che avremmo potuto condividere: l'inasprimento delle pene per l'abbandono e la combustione illecita di rifiuti, l'estensione dell'arresto in flagranza differita ai reati ambientali più gravi, l'applicazione delle misure di prevenzione del codice antimafia anche al settore dei rifiuti; strumenti utili, perché sappiamo bene quanto il ciclo dei rifiuti sia infiltrato anche dalle organizzazioni criminali e che nella Terra dei fuochi si combatte non solo un problema ambientale, ma anche un'emergenza di legalità. Tuttavia, a queste misure, non corrisponde un adeguato rafforzamento delle politiche di prevenzione e di bonifica. Lo dicono i numeri: per il 2025, sono stanziati appena 15 milioni di euro, destinati al commissario unico per la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti, una cifra che è assolutamente insufficiente rispetto alla vastità del problema. Se pensiamo che la stessa relazione introduttiva del decreto stima in 33.000 tonnellate i rifiuti presenti in superficie solo nell'area interessata, è evidente che con 15 milioni non si bonifica la Terra dei fuochi, non si ripristina lo stato dei luoghi, non si restituisce dignità a comunità che vivono da anni sotto la minaccia di veleni invisibili.

Abbiamo proposto allora, come Partito Democratico, di raddoppiare lo stanziamento previsto, di portarlo almeno a 30 milioni di euro, di vincolare una quota delle sanzioni comminate alle imprese inadempienti a iniziative di educazione e sensibilizzazione ambientale. Non si trattava di una proposta ostruzionistica, non si tratta di dettagli, si tratta di una scelta, di una proposta volta a prevenire, non solo a punire, a costruire, a creare le condizioni per costruire anche una coscienza civica, oltre che a rafforzare i controlli. Bisogna (bisognava), si deve rafforzare la dotazione finanziaria, che manca nel decreto in modo adeguato, e soprattutto bisogna sostenere sempre più la regione e i comuni in prima linea. Il Governo, però, ha respinto le proposte che abbiamo avanzato.

Eppure, la Terra dei fuochi, come sapete bene, non è una questione puramente locale, è un simbolo, purtroppo, balzato agli onori delle cronache nazionali e internazionali nei decenni passati, ed è un esempio di come la criminalità organizzata possa devastare territori e comunità, approfittando della fragilità delle istituzioni. È la dimostrazione, altresì, che, senza pianificazione, senza impianti, senza controlli efficaci, il ciclo dei rifiuti diventa un affare, purtroppo milionario, per l'ecomafia. Lo dicono i rapporti annuali: secondo Legambiente, nel 2024, i reati ambientali sono ancora aumentati, confermando la pericolosità di un settore ancora permeabile agli interessi criminali.

Bisogna dunque fare di più da questo punto di vista. Per questo il nostro impegno non si è fermato alla critica. Abbiamo chiesto un approccio diverso, con alcune proposte chiare, che ribadiamo: più risorse per le bonifiche, stanziate con continuità pluriennale e non con cifre simboliche; più strumenti per i comuni, che devono poter disporre di fondi per videosorveglianza, controlli e raccolta straordinaria; maggiori strumenti per l'educazione ambientale, a partire dalle scuole, perché la lotta ai roghi tossici si vince anche cambiando comportamenti e mentalità; più trasparenza nella gestione dei fondi, con la pubblicazione periodica dei dati sugli interventi e sulla spesa.

E poi abbiamo chiesto una cabina di regia nazionale che lavori insieme alla regione Campania, agli enti locali, alle associazioni e ai cittadini.

In questa battaglia, sapete bene (lo sappiamo tutti) che fortunatamente non partiamo da zero, e che negli ultimi dieci anni, anche grazie al lavoro della regione Campania e delle amministrazioni locali, si sono smaltiti i due terzi dei rifiuti accumulati negli anni precedenti; sono stati attivati i protocolli con i Vigili del fuoco, sono stati utilizzati droni per la videosorveglianza, si è rafforzato il monitoraggio dell'ARPAC. Non è abbastanza, ovviamente, ma è la prova che, quando c'è collaborazione istituzionale, serietà, sostegno e coordinamento tra le istituzioni, i risultati arrivano. Certo, la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha messo in evidenza i ritardi negli interventi di bonifica dei siti inquinati, ed è un tema che tocca da vicino la vita di migliaia di cittadini che vivono la cosiddetta Terra dei fuochi.

Le bonifiche e le messe in sicurezza dei siti contaminati oggi seguono le procedure ordinarie dell'articolo 242 del codice dell'ambiente. Queste procedure, seppure garantiste, oggi risultano lunghe e farraginose, e i tempi si dilatano a dismisura, generando spesso ritardi incompatibili con l'urgenza. Questo vuol dire che i cittadini continuano a vivere esposti a rischi ambientali e sanitari.

Ecco, sarebbe stata una scelta legislativa responsabile che avrebbe potuto estendere agli interventi in oggetto anche la disciplina semplificata prevista da un altro articolo, il 242-bis, riducendo alcuni passaggi inutili nella fase di approvazione dei progetti di bonifica e dimezzando i tempi di tutti i passaggi in Conferenza di servizi. Non occorreva inventare nulla di nuovo, bastava solo utilizzare una procedura esistente per avere tempi più rapidi, certezze procedurali e soprattutto la possibilità di avviare interventi concreti, senza lasciare i cittadini in attesa per anni.

Allora, oggi, con l'intervento che facciamo, con gli emendamenti che proporremo, intendiamo affermare con forza un principio semplice: la Terra dei fuochi non può più aspettare. La salute e la sicurezza ambientale non possono più essere sacrificate ai tempi della burocrazia, all'assenza o alla ricerca di risorse che appaiono insufficienti, e che, invece, vanno trovate, vanno stanziate, vanno messe a disposizione dei cittadini, delle associazioni e degli enti locali coinvolti.

Non è tutto. Nel corso dell'esame al Senato, peraltro, è stato introdotto un emendamento che nulla ha a che vedere con la Terra dei Fuochi, con l'oggetto specifico di questo provvedimento: l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio, di un nuovo Dipartimento per il Sud, che dovrebbe acquisire le competenze e le prerogative della Struttura di missione per la zona economica speciale unica che avete creato negli ultimi anni. Una scelta improvvisata, di cui non si era discusso prima, calata dall'alto, che cambia l'architettura e l'impianto organizzativo e istituzionale della ZES, senza alcun confronto, senza alcun dibattito preventivo, senza alcun ascolto dei territori, senza chiarezza sulle risorse e sugli obiettivi. Ci spiega il Governo, il relatore, qual era la logica, qual è il senso, qual è l'obiettivo, qual è il significato politico di aver inserito questa norma, completamente estranea agli obiettivi del decreto, in questo decreto? Solo, forse, per una logica di poltrone o di gestione del potere interno alla maggioranza? Ci può spiegare qual è la ragione di questa norma, inserita all'improvviso in questo decreto?

Abbiamo contestato, e lo sapete bene, la rivoluzione, lo stravolgimento che avete fatto delle precedenti ZES, che avevamo istituito durante la precedente legislatura. Avevate creato un'unica struttura di missione, dopo aver soppresso l'Agenzia per la coesione territoriale (per il Sud). Sapevate bene che si sarebbe venuto a creare un imbuto procedurale amministrativo-burocratico, visto che sarebbe aumentata di 500 volte l'area territoriale coinvolta nella misura, avendo eliminato lo strumento principale di incentivazione alle aziende, agli investimenti, ossia il dimezzamento dell'IRES che avevamo creato, perché ovviamente non avevate le risorse e le coperture economiche per farlo.

Dopo qualche mese, ci ritroviamo una norma che torna indietro. Quindi, delle due, l'una: avevamo ragione prima, oppure è successa qualche altra cosa adesso, che però dovete spiegare agli italiani, perché non si può giocare sulla pelle, sul futuro, sullo sviluppo economico ed imprenditoriale del Mezzogiorno in questo modo da parte del Governo. Ancora oggi, non abbiamo compreso la ragione per la quale avete smantellato questa struttura. Se ci sono dati critici, forniteli al Paese, forniteli al Parlamento, per consentire un dibattito e un confronto vero!

Non è possibile considerare il Parlamento come un passacarte! Non c'è più un confronto reale, non mettete in condizione le Camere di discutere su provvedimenti così importanti. Quella della zona economica speciale (o delle zone economiche speciali) era una innovazione estremamente importante, volta a creare un'area di sostegno e di incentivo, soprattutto nelle aree che hanno più bisogno, agli investimenti delle aziende e delle imprese, per creare sviluppo e occupazione nel Mezzogiorno.

Avevate esteso, ultimamente, prima della campagna elettorale - l'ultima -, senza mettere un euro in più, a Marche ed Umbria il regime giuridico-amministrativo della Zona economica speciale unica. Oggi, non si capisce come questa struttura nuova metterà in atto le attività che prima erano svolte dal commissario delle ZES. Si sta fermando tutto! Si rischia una paralisi industriale, imprenditoriale, economica e soprattutto occupazionale nel Mezzogiorno.

Avete la responsabilità di quello che sta accadendo, di quello che può succedere. Avete una minima idea dell'impatto reale, negativo, che produrrà, in termini di paralisi degli investimenti nel Mezzogiorno, questo cambiamento che avete fatto all'improvviso al Senato e che oggi ci troviamo a subire, senza neppure poterne discutere concretamente? Perché non ci sono dati concreti che motivino o giustifichino questa scelta. È un modo di legiferare, di governare che per noi è completamente sbagliato. Vorremmo essere chiari sul punto: non si governa in questo modo, non si gestiscono dinamiche, processi istituzionali, economici, imprenditoriali così importanti con questa approssimazione o con questa idea di gestione privatistica delle istituzioni! Se cambiano gli interessi, se cambiano i soggetti, se cambiano gli equilibri politici, cambiate le strutture delle istituzioni del Paese; ma vi pare un modo di procedere serio, responsabile nei confronti di un territorio che ha bisogno di continuità amministrativa ed istituzionale? Ancora una volta, cambiate le carte in tavola, senza aggiungere un euro in più, e create una struttura confusa. Non si capisce il personale come verrà trasferito, dove verrà trasferito, le procedure chi le svolgerà, chi le porterà avanti, chi processerà le richieste che erano già state avanzate dalle aziende e dalle imprese.

Si rischia una paralisi totale in un Mezzogiorno che ha bisogno di essere sostenuto dalle istituzioni, non essere abbandonato o mortificato, come state facendo voi in questo modo, con questo provvedimento. Allora, siamo molto critici e vorremmo una parola chiara del Governo sul punto. Abbiate almeno la serietà, il senso di responsabilità di spiegare la ragione, la motivazione, che noi non cogliamo, se non quella di gestione di un po' di poltrone o di spartizione di potere o di incarichi all'interno della stessa maggioranza di Governo, per un Sottosegretario appena nominato (da qualche mese), che, forse, non aveva chiare le funzioni da svolgere, in un Governo che purtroppo - come stiamo denunciando da tempo - si è rivelato il più antimeridionalista della storia d'Italia. E questo provvedimento lo dimostra ancora una volta, perché qui si gioca sulla pelle di un territorio e sullo sviluppo economico e industriale di un territorio in modo superficiale!

Per tutte queste ragioni, per le modalità con le quali avete proceduto, per l'assenza di risorse concrete, per l'approssimazione con la quale avete inserito norme completamente estranee ad un tema così importante in questo provvedimento, vi chiediamo se davvero siate consapevoli, se davvero riteniate che questo provvedimento è il modo più giusto, più corretto, più adeguato e più efficace per rispondere alle esigenze di cittadini che da anni aspettano bonifiche, salute, giustizia e interventi di riqualificazione dell'ambiente. Noi crediamo di no!

Per questo, come Partito democratico, diciamo che voteremo contro questo decreto - deve essere chiaro -, non per pregiudizio, non per ostruzionismo, non per una ragione astratta, ma perché molto concretamente non possiamo avallare un testo che spreca un'occasione storica, che mescola e mischia in sé misure utili con norme completamente estranee, che non garantisce risorse sufficienti, che non garantisce una collaborazione seria e istituzionale con gli enti coinvolti e con i cittadini coinvolti. Il nostro voto contrario è un atto di responsabilità verso il Paese, verso le comunità interessate, che meritano molto di più.

Continueremo a batterci come Partito democratico nei territori, in Parlamento, al fianco dei cittadini, degli amministratori e delle associazioni, per dare un futuro migliore, ulteriore, a una terra che ha straordinarie potenzialità. Potevamo e potremmo lavorare insieme su alcuni temi, però le modalità con le quali avete dato prova di intervenire e di legiferare per noi sono completamente sbagliate.

Allora - concludo -, il decreto di oggi è l'ennesima occasione persa, purtroppo, da parte del Governo. La Terra dei fuochi, la responsabilità di questa terra ci interroga tutti. Noi non possiamo voltare lo sguardo dall'altra parte, per questo, riaffidando al senso di responsabilità istituzionale e alla disponibilità da parte del Partito democratico di mettere in campo tutto ciò che è necessario per continuare il lavoro svolto dai territori, dalla regione Campania, dai comuni interessati, dalle associazioni, dai cittadini in questi anni, voteremo contro questo decreto e continueremo a lavorare in Parlamento e nel Paese per dare un futuro di dignità migliore, di legalità a questo pezzo di terra straordinario che tutti noi dovremmo difendere, sostenere e valorizzare.