Discussione generale
Data: 
Lunedì, 5 Giugno, 2023
Nome: 
Federico Fornaro

A.C. 1114-A

Signor Presidente, rappresentanti del Governo, presidente Pagano, colleghe e colleghi, in un sistema di democrazia liberale, il vero elemento caratterizzante l'equilibrio costituzionale tra i poteri è la presenza di un sistema dei controlli autonomo dal potere Esecutivo. Dico questo, perché quello che è avvenuto in Commissione, ampiamente amplificato dai media in questi ultimi giorni, è esemplare e impone una riflessione, perché come ci insegna la storia il metodo è spesso anche sostanza.

Il richiamo, apparso su tutti i giornali, del Presidente della Repubblica relativamente al tema degli emendamenti rispetto ai decreti-legge a evitare appesantimenti, stravolgimenti del testo iniziale del decreto è stato ampiamente disatteso. Come il presidente Pagano sa, noi abbiamo avuto un feroce dissenso rispetto ad un emendamento sulla riorganizzazione del Ministero della Difesa presentato a mezzanotte e mezza sul finire della discussione del decreto in Commissioni congiunte e, voglio ribadirlo in questa sede, la questione non era il merito, su cui noi siamo disponibili a discutere, era il metodo, un metodo assolutamente inaccettabile. Devo dare atto che dopo un lungo braccio di ferro, alla fine, il Governo ha compreso le buone ragioni che stavano alla base della nostra richiesta e ha, poi, ritirato questo emendamento.

Allo stesso modo, invece, non si è comportato su un emendamento relativo alla Corte dei conti che ho già avuto modo di definire un decreto nel decreto, per la portata normativa.

Noi abbiamo, anche su questo, espresso molte riserve e molti dubbi. Abbiamo scritto al Presidente della Camera rispetto alla legittimità di inserire questo emendamento. Lo ricordo, per chi ci ascolta, che era un emendamento composto da due commi o, di fatto, da due lettere, la lettera a) e la lettera b). La lettera a) prorogava una sorta di scudo erariale per un anno per chi stava amministrando le questioni relative al PNRR e la seconda lettera riguardava sostanzialmente l'esclusione della Corte dei conti dal controllo concomitante sia del PNRR sia del piano complementare, di fatto, cioè, dalla stragrande maggioranza degli investimenti pubblici che lo Stato farà nei prossimi anni.

Come dicevo all'inizio, i controlli sono uno dei caratteri fondanti di una democrazia liberale e quello che abbiamo notato - con stupore da un lato, ma dall'altro non ci saremmo aspettati diversamente conoscendo alcuni profili - è che questo Governo appare a tutti gli effetti allergico: è allergico alle critiche e ai controlli, e ne abbiamo avuto numerose testimonianze nelle ultime ore.

Noi, però, abbiamo evidenziato un rischio, che voglio ribadire qui nell'Aula di Montecitorio. Il rischio non è costituito dal ritorno di sistemi autoritari (evitiamo di fare delle macchiette di problemi reali). Il rischio è un lento scivolamento da forme di democrazia liberale verso quelle che i politologi definiscono democrature, cioè democrazie che hanno un involucro esterno assolutamente democratico da un punto di vista formale, cioè con leggi, costituzioni, regolamenti e sistema dei controlli, e poi dentro, invece, ci sono comportamenti che vanno nella direzione opposta. Abbiamo fenomeni di democratura presenti anche in Europa e una per tutte è l'Ungheria di Orban. Non è un caso che, ancora di recente, l'Europa abbia chiesto, in maniera molto forte, di intervenire a correggere alcune leggi che vanno nella direzione di trasformare definitivamente l'Ungheria in una democratura. Anche le proteste di ieri in Polonia vanno nella stessa direzione e credo che debba arrivare da qui la piena solidarietà ai polacchi che stanno protestando contro forme di questa natura.

Io credo che l'altro elemento di forma, che è avvenuto e che ci preoccupa molto nella logica di alterazione dell'equilibrio costituzionale dei poteri, sia il messaggio. Cioè, possiamo discutere sulle questioni della Corte dei conti - e ci mancherebbe che non si possa discutere - se sia tutto perfetto. Basta parlare con qualsiasi amministratore per rilevare anche problematiche nell'applicazione di norme e regolamenti. Ma la questione qui è di altro termine, perché il messaggio che si è voluto dare è un messaggio devastante: tu critichi e allora ti tolgo il controllo. Questo è quello che è avvenuto! Questo è il problema ed è molto grave da questo punto di vista.

Questa cosa impatta col PNRR, perché la questione è che, ancora una volta, si ripropone il tema del nemico esterno. È sempre colpa di qualcun altro se non si riesce a realizzare quello che era stato preventivato e in questo caso il nemico esterno, in un classico della propaganda della cultura populista, è la Corte dei conti, come diceva prima il collega Mari, definita da qualcuno lacci e lacciuoli (i controlli), e l'altro è un classico, cioè l'Europa e la Commissione europea: sono loro che da Bruxelles ci impediscono di andare avanti e che frappongono ostacoli.

Guardate che - e lo dico con grande pacatezza - governare significa assumersi responsabilità, ma nella società contemporanea governare significa saper gestire la complessità.

Il cortocircuito che c'è in questi mesi di Governo è proprio questo, tra la complessità di governo di una società e di un'economia contemporanea e la propaganda semplificatrice, tambureggiante per anni, che avete fatto e che vi ha dato - e questo è un dato evidente, perché i risultati elettorali vanno sempre rispettati - anche consenso. Questo è il conto che, invece, il governare presenta a chiunque, che è una cosa diversa tra le promesse e il rispettare le promesse elettorali. Sui social stanno impazzando le dichiarazioni della allora leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni e le attuali prese di posizione del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ma io vado più alla radice perché il tema di gestire la complessità è un elemento assolutamente difficile.

Cito, poi, un altro esempio. Non si può additare immediatamente al pubblico ludibrio Melillo, il capo della struttura preposta al contrasto della criminalità organizzata, perché ha osato porre una questione che è assolutamente reale, cioè il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti derivanti dai progetti del PNRR. Dire questo non è attaccare il Governo: è porre una questione che tutti, nessuno escluso, dobbiamo avere a cuore e, quindi, la non sottovalutazione di un rischio. Il rischio c'è ed è reale e le risposte che sono state date, in particolare da alcuni media della destra, sono risposte che sono allarmanti ed è proprio l'idea che non si possa disturbare il manovratore. La democrazia, però, è un'altra cosa.

Per il bene del Paese, fermatevi. La sfida del PNRR è troppo importante per buttarla in caciara e per farla diventare solo uno strumento di propaganda per far muovere di qualche decimo di punto i sondaggi settimanali. Il PNRR è una sfida epocale - lo abbiamo detto più volte - ed è una sfida in cui occorre che il Governo faccia la sua parte, che ascolti le opposizioni e le parti sociali e si ponga in un rapporto dialogante e non di contrasto quotidiano con la Commissione europea, perché in ballo c'è il futuro del nostro Paese.

Da questo punto di vista - e vado verso la conclusione, signor Presidente - la pubblica amministrazione può e deve essere il motore dello sviluppo. Sì, la pubblica amministrazione, che è stata dipinta per molti anni come una massa di fannulloni, come il vero problema italiano, come il freno allo sviluppo delle imprese. Al di là dei problemi oggettivi e proprio perché vorrei fare un ragionamento costruttivo, faccio parlare i numeri. Si è sempre parlato di un numero eccessivo: quante immagini, quante barzellette, quanti interventi, anche dei comici, sulla mancata capacità e produttività dei fannulloni della pubblica amministrazione. Cito, però, un dato riferito alle amministrazioni comunali: tra il 2007 e il 2021, quindi in circa 15 anni, si è passati da 479.000 a 343.000 dipendenti (meno 136.000 unità) e dovrebbero preoccupare tutti i dati sull'invecchiamento dei dipendenti pubblici, dovuto proprio alle campagne sistematiche condotte da alcune testate televisive e alimentato anche da alcuni politici del centrodestra, che hanno impedito di fare quello di cui ci sarebbe stato bisogno, cioè un turnover all'interno della pubblica amministrazione. Oggi il 45,5 per cento dei dipendenti della PA ha più di 55 anni e, tra questi, il 21,2 ha oltre 60 anni.

Il risultato è quello che hanno detto prima di me i colleghi, cioè il rischio che nei prossimi anni noi avremo una fuoriuscita, per ragioni naturali di invecchiamento, di una quota rilevante di dipendenti, che si porteranno dietro anche un elemento, che non va sottovalutato, che si chiama esperienza. E l'esperienza, anche in una società dominata dal digitale, è per noi un valore. Quindi - concludo, signor Presidente - sì a uno sforzo comune, a cui noi siamo disponibili a dare il nostro contributo, come abbiamo fatto in Commissione, per aumentare professionalità ed efficienza della nostra pubblica amministrazione; non vederla più come un nemico, un nemico interno in questo caso e non un nemico esterno, ma invece come un soggetto in grado di far muovere meglio il sistema delle imprese e dare risposte ai nostri cittadini.

Questa è la sfida che abbiamo di fronte. A questa sfida non si risponde con una logica di allergia ai controlli e alle critiche, accettando la complessità. Una sfida importante per il nostro Paese e per il suo futuro. In questi termini noi ci siamo, mentre non ci saremo mai a trasformare il nostro Paese lentamente da un sistema democratico-costituzionale in una democratura.