Esame di questioni pregiudiziali
Data: 
Mercoledì, 25 Luglio, 2018
Nome: 
Antonio Viscomi

A.C. 924

Grazie, Presidente. Il Partito Democratico ha presentato una questione pregiudiziale ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, del Regolamento, e ha segnalato la non conformità del decreto 12 luglio 2018, n. 87, ai requisiti che la Costituzione e la giurisprudenza della Corte costituzionale richiedono ai fini dell'esito positivo dello scrutinio di legittimità per l'adozione di un atto che, come è noto, altera il normale equilibrio della funzione legislativa. Per quanto qui interessa, i parametri di valutazione dell'azione governativa possono essere sinteticamente individuati in due, tra l'altro ben noti a quest'Aula: l'esistenza dei presupposti di straordinaria necessità e urgenza, da un lato, e l'accertata omogeneità materiale o teleologica dei contenuti del decreto, dall'altro.

Ad avviso del Partito Democratico, entrambi i parametri risultano violati dal decreto in esame; decreto ambizioso, Presidente, almeno negli obiettivi esplicitamente individuati in premessa dal Governo, e che, però, ora costituiscono il metro necessario su cui misurare il rispetto dei parametri prima indicati. A dire la verità, il decreto…

A dire la verità, il decreto è ambizioso quanto agli obiettivi, perché, a dar conto della distanza siderale tra questi e gli effettivi risultati, è sufficiente dare la parola ai lavoratori della Nestlé di Benevento. Proprio costoro, come è noto, si sono autodefiniti le prime vittime del decreto dignità, in quanto da precari con contratto a termine sono diventati ora, grazie al decreto n. 87, disoccupati, per così dire, a pieno titolo. In ogni caso, il Governo ha ravvisato le ragioni di necessità ed urgenza del provvedimento in tre ordini di motivi, e cioè nella affermata esigenza di attivare con immediatezza misure a tutela della dignità dei lavoratori e delle imprese, introdurre strumenti volti a consentire un efficace contrasto alla ludopatia e adottare misure ai fini del regolare inizio dell'anno scolastico 2018-2019. Tre aree tematiche tra loro molto eterogenee, come è facile intuire, alle quali, per la verità, deve immediatamente aggiungersi una quarta area.

Mi riferisco all'articolo 13, dedicato alle società sportive dilettantistiche, addirittura, e forse non a caso, confinato nel capo V del decreto, dedicato alle disposizioni finali e di coordinamento. Ora, considerare l'intervento di radicale revisione di un settore di importanza significativa alla stregua di disposizione finale o, addirittura, di mero coordinamento dimostra in modo evidente e plateale l'impossibilità di ricondurre il relativo contenuto precettivo a criteri di omogeneità sia materiale che teleologica, e ciò senza considerare che il comma 5 del medesimo articolo interviene su materie di legislazione concorrente, con tutto quel che ne consegue.

Pertanto, l'eterogeneità dell'articolo 13 rispetto al resto dell'articolato, anzi, la vera e propria estraneità sarebbe già di per sé sufficiente a far cadere il decreto sotto la scure costituzionale. Come, infatti, ricorda la Corte, l'inserimento di una disposizione nel corpo di un decreto-legge unitario non vale a trasmettere per ciò solo alla stessa disposizione il carattere di urgenza delle altre, in ipotesi già legate tra loro dalla comunanza di oggetto o finalità. L'urgenza, insomma, non si trasmette per propagazione.

Inoltre, l'evidente estraneità delle norme sulle società sportive dilettantistiche appare ancora più stridente quando dal piano materiale si passi a quello teleologico, definito in questo caso dall'obiettivo di tutela della dignità dei lavoratori. Da questo specifico punto di vista, il venire meno del corredo di tutela assicurato dalla legge abrogata determina oggettivamente la reviviscenza di vecchie prassi gestionali, che, nel vuoto normativo, sono state tradizionalmente segnate da lavoro nero o dal ricorso surrettizio a tipologie contrattuali meno tutelate od utilizzate in modo fraudolento.

Ad eguali ed anzi più stringenti censure si presta l'articolo 4, recante il differimento del termine di esecuzione di provvedimenti giurisdizionali in materia di diplomati magistrali. In tal caso, il Governo, ma in realtà dovremmo dire il datore di lavoro, interviene sul sistema ordinamentale, modificando l'assetto normativo a proprio favore. A prescindere da ogni considerazione su tale impropria sovrapposizione di ruoli, nonché sull'egualmente improprio tentativo di risolvere un problema organizzativo mediante l'estensione di regole e termini pensati invece per assicurare la tenuta del sistema contabile, è del tutto evidente che si tratta di una norma di mero rinvio, destinata ad essere reiterata fra quattro mesi e, dunque, ad anno scolastico già avviato.

Dunque le norme sulle società sportive e sulla scuola segnalano con evidenza l'improprio ricorso governativo alla decretazione d'urgenza, rendono disomogeneo un insieme di disposizioni che la Costituzione vuole, invece, omogeneo per materie e scopo.

Le colonne portanti del decreto in esame, tuttavia, sono segnate dalle norme sul lavoro e sulle imprese e dalle norme per il contrasto alla ludopatia. Per quanto riguarda queste ultime, confesso di provare una particolare difficoltà, dal momento che proprio ieri, nel corso dei lavori in Commissione, la rappresentante del Governo ha evidenziato il carattere embrionale delle norme proposte, che dovranno ancora essere meglio definite e articolate con successivi ed organici provvedimenti legislativi. Una dichiarazione di tal genere a me pare una sorta di confessione sull'inesistenza dei profili di necessità che giustificano l'assunzione di un provvedimento d'urgenza, laddove invece la complessità del tema trattato avrebbe richiesto l'ordinario procedimento legislativo.

A censure non meno gravi si prestano le misure in materia di fiscalità. Di fatto, la mancata previsione di un termine entro il quale adottare il decreto attuativo necessario per assicurare la funzionalità del sistema di misurazione induttivo del reddito si traduce in una sorta di condono di fatto, non formalmente dichiarato: condono da una parte, signor Presidente, rischio di evasione dall'altro, per via di quanto disposto dall'articolo 12 sullo split payment. In materia fiscale il cambiamento del Governo del cambiamento è veramente evidente: un ritorno al passato che si cerca di riportare in vita mediante un decreto d'urgenza in assenza evidente dei presupposti.

Ma un ritorno al passato lo si ha pure con le norme in materia di lavoro, oggetto di interventi che avrebbero l'intenzione di contrastare la precarietà occupazionale, ma che invece stanno già determinando non l'eliminazione della precarietà, ma la riduzione dell'occupazione. Non è questa la sede per entrare nel merito della discussione sulla seguente questione: se avere posto dei limiti causali e temporali alla stipulazione di contratti a tempo determinato sia di per sé azione idonea a determinare un incremento dei contratti a tempo indeterminato. La risposta del Partito Democratico, ma in verità di tutti coloro che non sono soliti scambiare per realtà i propri desideri, è che per ottenere buona occupazione abbiamo bisogno di misure adeguate e mirate, e di riduzione stabile e strutturale del costo del lavoro, come quelle da noi proposte con specifici emendamenti. E tuttavia, proprio l'esigenza di porsi questa domanda dimostra l'inesistenza dei presupposti per l'adozione di un decreto-legge.

D'altro canto, la mancanza di una visione di insieme e di una logica di sistema colpisce anche le norme in materia di delocalizzazione: queste sì configurabili come una sorta di guazzabuglio in cui l'approssimazione concettuale e tecnica nella stesura delle norme va di pari passo con la scarsa chiarezza negli obiettivi perseguiti, tant'è che è difficile comprendere se l'obiettivo è tutelare l'occupazione, sanzionare chi delocalizza, comprimere l'orientamento all'internazionalizzazione delle imprese italiane, limitare la presenza in Italia di imprese straniere. Stando così le cose, c'è veramente da chiedersi dove sta l'urgenza di intervenire su questioni delicate con norme pensate male e scritte peggio.

A meno che l'urgenza non sia da individuare soltanto nel bisogno di qualche titolo di giornale, non occorre avere la sfera di cristallo per rendersi conto che l'introduzione nell'ordinamento di norme come quelle indicate produrrà conseguenze negative: sull'occupazione, riducendola, nella previsione più rosea, di non meno di 8 mila unità all'anno; sul sistema delle imprese, che sarà limitato nella sua capacità di competere nel mercato globale; sul sistema fiscale, che sarà sottoposto a tensioni chiaramente orientate alla rottura del fondamentale patto di lealtà fra cittadini e istituzioni; sul sistema scolastico, che continuerà ad essere regolato da provvedimenti provvisori, che rischiano di diventare definitivi; sul sistema del gioco d'azzardo, che rischia di essere lasciato in balia di interessi criminali. Per tutti questi motivi, Presidente, il Partito Democratico ritiene che non sussistano i requisiti costituzionali per l'adozione di un decreto-legge: non la necessità e l'urgenza e neppure l'omogeneità materiale o teleologica delle norme dettate dal Governo.

Per questo motivo, il Partito Democratico chiede all'Aula di non procedere oltre nell'esame dell'Atto Camera 924.