Discussione sulle linee generali
Data: 
Mercoledì, 5 Aprile, 2017
Nome: 
Irene Tinagli

A.C. 4373

 

Grazie Presidente. Signora Presidente, onorevoli colleghi, oggi avviamo la discussione di un provvedimento sicuramente molto sofferto, sofferto per la maggioranza di Governo e per il Partito Democratico, perché questo è un tema, il tema dei voucher e della regolamentazione del lavoro accessorio, su cui da tempo stiamo lavorando. Il gruppo parlamentare del Partito Democratico ha iniziato a discutere delle problematicità legate ai voucher già un paio di anni fa e già dall'anno scorso si è iniziato in Commissione lavoro ad avere varie proposte di modifica, di correzioni, proprio perché c'era la consapevolezza di alcune distorsioni e criticità legate a questo strumento che, ci tengo a sottolineare, non è uno strumento introdotto dagli ultimi Governi sostenuti dal Partito Democratico. Né il Governo Renzi, né il Governo Letta, né tanto meno il Governo Gentiloni, sono i padri dello strumento voucher. I voucher sappiamo benissimo che sono stati introdotti con la legge Biagi del 2003. Quello che invece ha fatto il Governo Renzi, proprio in virtù del dibattito e della discussione che avevamo avviato all'interno del gruppo parlamentare e della Commissione lavoro, è stato apportare dei correttivi che potessero migliorare l'applicazione dei voucher e limitarne gli abusi attraverso la tracciabilità. Quindi, questo sicuramente è sempre stato un tema importante nel dibattito del Partito Democratico, nell'azione degli ultimi Governi proprio in virtù dell'attenzione al tema della precarietà del lavoro, della qualità del lavoro e dei diritti dei lavoratori.

Tuttavia in questo dibattito è vero che nessuna delle nostre proposte si era spinta fino all'idea di una totale abrogazione.

Io stessa personalmente in varie occasioni, non lo nego, ho difeso lo strumento non così come era, ma con dei correttivi, con delle modifiche. Nessuno di noi si era spinto a proporre una totale abrogazione, perché c'è la consapevolezza di una fascia di lavoro, lavoro accessorio, di piccoli lavoretti, che sfugge alle maglie della contrattazione collettiva, delle forme contrattuali tradizionali, e che ha bisogno di strumenti più flessibili per il datore di lavoro. Tuttavia, ci siamo ritrovati in una situazione in cui il Governo ha deciso di optare per un'abrogazione in virtù di una campagna referendaria che si preannunciava estremamente dolorosa e difficile per il Paese. L'idea di andare verso l'abrogazione non è stata dettata, io ci tengo a sottolinearlo, anche per rispondere ai colleghi che mi hanno preceduta, dalla paura di perdere un referendum. Primo perché trattandosi dell'abrogazione di uno strumento che non è stato introdotto da nessuno dei Governi di questa legislatura, non avrebbe creato nessun tipo di pressione o di problemi per questo Governo. L'abrogazione di uno strumento che era stato introdotto quindici anni fa non avrebbe avuto ripercussioni su questo Governo. Non era quel tipo di timore, né tanto meno il timore di perderlo, perché io personalmente sono convinta che il Paese avrebbe saputo anche capire un referendum di questo genere. Ma il senso di responsabilità di un partito che sta sostenendo una maggioranza di Governo che sta attraversando una fase delicata e il senso di responsabilità di fronte ad una propaganda che si è scatenata negli ultimi mesi anche per voce di tanti di quei partiti che oggi gridano scandalizzati all'abrogazione, ma fino a pochi giorni fa inneggiavano contro lo strumento dei voucher, accusando questi Governi di essere i padri della precarizzazione dei voucher, cosa che non era vera, strumentalizzando questo referendum. Anche i media, i giornali, non c'era giorno in cui non vi erano titoli interi, reportage sui voucher, come il padre di tutti i mali del mercato del lavoro italiano, gli stessi giornali che poi oggi gridano al “vouchericidio”, al “stiamo uccidendo uno strumento fondamentale del mercato del lavoro”. Non è così, di fronte alle minacce di una campagna referendaria che avrebbe stremato il Paese, che avrebbe creato delle tensioni in una fase molto delicata nel nostro Paese, nel nostro Governo, ha prevalso un senso di responsabilità che qualsiasi partito responsabile che governi un Paese, in certe circostanze, deve avere. Ci sono delle riforme, ci sono dei provvedimenti economici, che non hanno una natura strettamente esclusivamente tecnica, ma anche politica, e alcune riforme devono tener conto del tempo e del momento in cui si inseriscono, dello stato del Paese in cui vanno ad inserirsi. Quindi, questo senso di responsabilità è uno dei motivi principali che ha spinto il Partito Democratico ad accettare questa proposta del Governo e per quello che mi riguarda anche personalmente ad accettare questo decreto abbastanza radicale nella proposta.

Ma ci sono altri motivi, non solo questo. Prima di tutto la consapevolezza anche che l'ambito su cui andiamo ad intervenire è di fatto una componente marginale del mercato del lavoro. Questa è una cosa che dicevamo prima, io stessa dicevo prima, quando molti invocavano l'abrogazione come la causa di tutti i mali. Sostenevamo: guardate i voucher rappresentano lo 0,3 per cento di tutto il monte ore lavorate in Italia nel mercato del lavoro. Lo stesso sosteniamo adesso. Così come prima non erano una componente fondamentale, quindi non potevano essere la causa di tutti i mali, non possiamo oggi dire che, abrogando i voucher, facciamo crollare un impianto e un pilastro fondamentale. È uno strumento fondamentale del nostro mercato del lavoro, perché comunque si tratta di una componente marginale.

E poi anche un'altra, la consapevolezza che comunque molte delle forme di lavori occasionali, fino ad oggi coperte da voucher, non resteranno completamente scoperte, ma potranno comunque essere svolte sotto altre forme contrattuali. D'altronde, noi sapevamo - perché avevamo delle segnalazioni - di imprese e realtà economiche produttive, che utilizzavano voucher, pur avendo a disposizione, anzi, essendo dovute in teoria ad adottare, forme contrattuali diverse più tutelanti per i lavoratori, come i lavori stagionali o come il lavoro a chiamata o intermittente. Quindi, queste realtà potranno adottare queste altre forme, che già esistono.

Così come - questo lo dico per rispondere anche al collega Rizzetto - i lavori occasionali possono continuare ad essere svolti. Non è necessario avere partita IVA per i piccoli lavoretti di natura occasionale di lavoro autonomo, perché si possono già fare anche senza partita IVA, con i limiti, ovviamente, e i tetti previsti dalla normativa per le prestazioni di lavoro occasionale.

Quindi, questo anche ci dà una copertura. Certamente non coprirà tutti i casi che fino a oggi hanno utilizzato i voucher, ma comunque abbiamo e esistono strumenti per i soggetti che fino ad oggi hanno utilizzato voucher, per potere utilizzare altri strumenti.

Ma, soprattutto, quello che ci spinge e che personalmente mi motiva ad appoggiare questo provvedimento è anche la garanzia, da parte del Governo, che si sta già lavorando a delle misure alternative, che sono una cosa completamente diversa da quella che erano i voucher. Sarà una misura che terrà conto, per esempio, delle diverse esigenze e dei diversi contesti tra il lavoro di collaborazione domestica, il lavoro all'interno dei nuclei familiari, da un lato, e invece il lavoro occasionale che si svolge all'interno delle imprese e, quindi, terrà conto di queste differenze. Terrà conto del maggiore bisogno di tutela per alcuni lavoratori, soprattutto su fronti come quello previdenziale, per esempio. I voucher non erano molto tutelanti per i lavoratori e penso che possa essere utile anche immaginare delle forme, pur nella flessibilità e nella semplificazione massima per le imprese, ma che comunque possano dare un po' più di diritti per i lavoratori.

Quindi la garanzia, da parte del Governo, che ha ribadito, anche in queste ultime ore, la ferma volontà ad intervenire sulle prestazioni di lavoro accessorio, tenendo conto di tutti questi aspetti e tenendo conto di quello che non ha funzionato bene nel sistema dei voucher, per produrre degli strumenti nuovi e più efficaci, mi fa pensare che questa sia effettivamente una giusta strada, che possa essere un modo responsabile e ragionevole di affrontare questo problema.

Non si sarebbe potuta aprire una discussione di questo genere - anche qui ribadisco per replicare ai miei colleghi - all'interno di una campagna referendaria, improntata alla propaganda e al populismo, come già avevamo iniziato a vedere.

Quindi, bene questo provvedimento e aprire una fase in un clima più sereno di discussione e di elaborazione di strumenti nuovi, sapendo che nemmeno sarebbe potuta essere una soluzione efficace quella di fare piccole modifiche o limitazioni di uno strumento, affiancandone altri a quelli già esistenti, perché non avrebbe fatto altro che aumentare le distorsioni e le stratificazioni degli strumenti che già esistono all'interno del mondo del lavoro.

Quindi penso, appunto come dicevo prima, che ci sono dei momenti nella vita politica di un Paese, in cui i parlamentari sono chiamati a fare riflessioni, non solo sulla correttezza, sui tecnicismi e sulla correttezza formale dei provvedimenti che prendono, ma anche sulla situazione politica, assumendosi la responsabilità di affrontare le esigenze, il clima e le situazioni del Paese reale.