Discussione generale
Data: 
Martedì, 18 Aprile, 2023
Nome: 
Claudio Mancini

A.C. 1089

Grazie, Presidente. Care colleghe e colleghi, componenti del Governo, lei, Presidente, mi perdonerà se, in premessa, chiedo anticipatamente scusa al collega Ottaviani se svolgerò un ragionamento politico nel mio intervento, rinunciando a un comizio, perché quello a cui assistiamo, Presidente - e che si materializza in questa modalità dei colleghi di maggioranza di relazionare all'Aula sul lavoro su questo decreto - è esattamente la rottura di un clima politico, che questo Governo e la sua maggioranza hanno deciso di produrre intorno al PNRR. Infatti, nelle discussioni che hanno portato alla nascita del PNRR e soprattutto, cara collega Cattoi, alla scelta di rompere in Europa il paradigma rigorista, come da noi promosso con il Governo Conte 2, hanno concorso anche le forze che allora erano all'opposizione. Noi abbiamo costruito le condizioni per un piano, in cui l'Italia, nel suo insieme, faceva uno sforzo dopo la pandemia, sicuramente prendendo degli impegni, a tassi di interesse comunque convenienti per il futuro, ma anche mobilitando istituzioni, società civile, imprese sindacati e forze del Paese per costruire un Piano di rinascita e resilienza. In quest'Aula gli obiettivi del piano furono ampiamente condivisi, al di là dei ruoli, anche nella formazione del Governo Draghi. Ricordo al collega Ottaviani che la sua forza politica ne era parte costitutiva e lo sosteneva, quindi, attaccare il Governo precedente, da parte della Lega, sinceramente, è un esercizio propagandistico che, però, per chi ha un minimo di memoria, risulta un po' curioso, anche perché l'attuale Ministro dell'Economia e delle finanze Giorgetti era protagonista di quella esperienza di Governo. Questo clima di coesione nazionale, infatti, è proseguito ed è stato alla base del Governo di larghe intese, che ha dato sostegno e fiducia al Governo Draghi, intorno a due obiettivi: realizzare al meglio il PNRR e completare l'uscita dalla pandemia. Certo ne abbiamo discusso in quest'Aula in diverse occasioni. Lo stesso approssimarsi della guerra in Ucraina aveva già evidenziato un aumento del costo delle materie prime e, quindi, un aumento del costo degli appalti pubblici. Il Parlamento è intervenuto in varie occasioni sul punto.

Lo scoppio della guerra e, soprattutto, nel corso dell'ultimo anno, la consapevolezza del protrarsi degli effetti drammatici dell'aggressione russa, hanno portato a rivedere non solo rispetto al PNRR, ma rispetto all'intero sistema delle opere pubbliche, i capitolati, le procedure e la stessa valutazione dei costi degli appalti. Questo si è fatto in un clima di confronto, nel rispetto del ruolo dell'ANCI, delle associazioni degli enti locali e, più in generale, con la partecipazione delle forze politiche, a volte anche complicata. Sappiamo quanto tutti quanti abbiamo discusso e, forse, in maniera non efficace intorno alle modifiche di alcuni provvedimenti, come quelle magari sul superbonus, però, sempre in uno spirito per cui il piano di ripartenza del Paese dopo la pandemia apparteneva a tutti, a prescindere dai ruoli. Oggi, invece, Presidente, questo Governo opera per raggiungere, in sostanza, l'obiettivo misero di accorpare a Palazzo Chigi, sotto la regia del Ministro Fitto, il controllo delle procedure del PNRR, anche facendo alcuni pasticci, di cui vedremo gli effetti, toccando l'attuale assetto e l'attuale organizzazione degli uffici pubblici preposti alla gestione del piano e di alcune misure. Quindi, per un obiettivo politico di accentramento di potere, si è buttata l'occasione di affrontare il tema della velocizzazione delle procedure e della riconsiderazione degli obiettivi, in relazione a un mutato quadro generale, frutto in particolare delle conseguenze della guerra in corso in Europa. Si è buttata l'occasione di farlo con il concorso di tutte le forze politiche e in un confronto utile con il sistema delle autonomie, cercando di evitare una politicizzazione dello scontro intorno al PNRR. Si è detto adesso che non si deve fare scaricabarile o barili. Io direi scaricabarile, lo scaricabarile, rispetto ai Governi precedenti. Tuttavia, questa è una excusatio non petita nel senso che, se la maggioranza si presenta a sostegno del Governo, attaccando i precedenti Governi e le forze politiche che oggi sono all'opposizione, perché ritenute responsabili di aver fatto degli errori nella gestione del PNRR, si assume la responsabilità domani, come Governo e come maggioranza, di rispondere di quei risultati.

Noi abbiamo l'impressione, caro Presidente, che ci siano due problemi. Il primo è che la maggioranza fatichi a pronunciare in maniera chiara alcuni obiettivi del PNRR come propri obiettivi politici e di politica economica, perché il piano non prevede solo obiettivi di spesa, che sono pure importanti, ma prevede obiettivi di qualità dei risultati della spesa. Tali risultati devono riguardare innanzitutto la riduzione del gap di genere - e, quindi, in tutti i settori del piano, le scelte dei progetti che privilegiano la riduzione delle differenze di genere - e orientarsi per un sostegno all'occupazione giovanile di qualità. Il piano, inoltre, deve orientare il massimo delle proprie risorse sulla transizione ecologica e sugli obiettivi della sostenibilità. A volte si fatica a capire se l'attuale Governo riesce a pronunciare questi obiettivi veramente come tali, perché la nostra impressione è che spostare tutto sul raggiungimento del numero della capacità di spesa, della velocizzazione delle procedure purché sia, della capacità di mettere a terra, in realtà nasconda la volontà di trasformare questo opportunità in un capitolo di spesa di opere pubbliche, senza tenere fino in fondo in piedi l'impostazione originaria su cui ci siamo cimentati e si è cimentato il Paese, presentando proposte e progetti che vanno nella direzione della modernizzazione e della giustizia sociale.

Questo è l'impianto del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Intorno a questa impostazione, la maggioranza fatica a dire che quello è l'obiettivo qualitativo, cioè innovazione, ricerca, capacità di far fare un salto a interi settori del nostro apparato produttivo, e a lavorare su quello.

Il secondo punto è la difficoltà a definire l'obiettivo di spesa del PNRR dentro un obiettivo di politica economica del Paese nell'ambito europeo. Traduco: è difficile, lo capiamo, rivendicare il risultato dell'Italia di aver ottenuto più risorse di ogni altro Paese, perché più colpiti dalla pandemia, ma soprattutto di averlo fatto dentro un cambiamento delle politiche europee e un allentamento di quel vincolo rigorista che in altre crisi, penso al 2011, aveva agito in maniera così negativa verso l'Italia. La cosa importante che ottenne il Governo Conte 2 - e noi come Partito Democratico rivendichiamo di aver fatto parte di quel Governo e di aver guidato quel negoziato con Paolo Gentiloni, con Roberto Gualtieri, con Amendola, con la delegazione del PD in quel Governo -, aver ottenuto in Europa i 209 miliardi di cui continuiamo a discutere, l'abbiamo fatta perché li avevamo convinti che bisognasse rispondere alla crisi cambiando un'impostazione economica, superando i vincoli del Patto di stabilità, accedendo al concetto di creazione del debito comune e, quindi, costruendo, facendo un passo avanti verso una risposta comune europea alla crisi, che affrontasse la crisi, ma anche definisse un nuovo paradigma economico europeo, dentro il quale l'Italia è più avvantaggiata, perché se si crea debito comune europeo, essendo tra i Paesi con maggiore difficoltà e maggiore costo del debito, abbiamo un vantaggio strategico.

È questa impostazione, care colleghe e cari colleghi della maggioranza, che voi state mettendo in discussione e lo state facendo perché in Europa siete alleati a quei movimenti nazionalisti che nei loro Paesi conquistano voti dicendo: mai più soldi a quei Paesi come l'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). È questa la contraddizione che vi portate appresso, occhieggiando all'idea che dal PNRR si debba uscire, in sostanza, non avendo fatto troppo debito aggiuntivo e cioè sposando, di fatto, quell'impostazione rigorista, che non è rigorista, perché poi abbiamo visto, nella crisi del 2011, quanti danni ha prodotto alle economie dei Paesi europei, in particolare a quelli mediterranei. Quell'impostazione che si dice, qui, di voler combattere, di fatto, la state sposando, lo si è visto nella prudentissima legge di bilancio che è stata sottoposta a questo Parlamento e lo si vede nell'atteggiamento generale della politica economica e, nello specifico, in questa idea che un decreto che doveva servire a velocizzare, di fatto, fa un'operazione di potere sull'accentramento a Palazzo Chigi delle competenze gestionali.

Questo per un parlamentare romano come me fa parte di un esercizio abbastanza antico del potere: spostare da un ministero all'altro le competenze così, magari, come in qualche caso accade in questo decreto, poi, si possono giustificare nuovi concorsi per riassumere figure professionali che già stavano nella stessa Agenzia che viene sciolta; ma questo fa parte della cronaca e ne discuteremo in altre occasioni più avanti.

Quello che ci preoccupa è che un decreto che era partito per velocizzare, con la promessa di semplificare, semplifica poco, accentra in termini di potere e, soprattutto, dà l'idea che in realtà ci si predisponga a cercare di spendere di meno. Abbiamo sentito la collega Cattoi addirittura dire: avevate previsto più debito. Allora, dato che qui parliamo di una manovra che si finanzia in parte a fondo perduto e in parte a debito sin dall'inizio, qual è l'obiettivo? Spendere tutte le risorse, utilizzando anche la quota a debito o siamo dentro un teatro delle maschere per il quale, poi, scopriremo alla fine che si è lavorato per ridurre la capacità di spesa del Paese, la capacità di utilizzare quelle risorse, perché si ritorna dentro un paradigma per il quale la creazione di investimenti pubblici, attraverso la formazione di debito, è di per sé negativa? Qui stiamo parlando di tassi di interesse che sono convenienti per l'Italia, lo erano già all'inizio e adesso con la crescita del tasso di inflazione lo sono ancora di più.

Quindi, Presidente, colleghe e colleghi, noi dal Governo ci aspettiamo risposte su questo, sul perché si sia scelto di rompere il clima di unità nazionale che dall'inizio ha contraddistinto la risposta alla pandemia, che è la costruzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, sul perché si sia scelto di rompere un clima di unità nazionale che si è mantenuto in questo Parlamento anche nei momenti più difficili dell'inizio del conflitto e dell'invasione russa dell'Ucraina e sul perché si scelga di politicizzare la gestione di questo Piano, pensando che il raggiungimento degli obiettivi del PNRR possa trasformarli da obiettivi di tutte le italiane e tutti gli italiani a obiettivi politici solo della maggioranza e del suo Esecutivo. Questo noi pensiamo che sia un errore per l'Italia, anche perché, con questo approccio subalterno e deferente che il Governo mostra nel concreto della capacità di negoziare in Europa gli interessi dell'Italia, non si fa l'interesse nazionale, ma semplicemente si cerca una legittimazione europea per difendere e giustificare i limiti dell'azione di Governo.