Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 13 Maggio, 2025
Nome: 
Federico Fornaro

A.C. 2362

 

Grazie, signor Presidente. Rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, come ho già avuto modo di preannunciare nel corso della discussione sugli emendamenti, noi, a differenza di altre volte, di fronte a un decreto, quello sulle elezioni, che di norma è un decreto burocratico, voteremo no, per le motivazioni che ho già preannunciato, cioè fondamentalmente per il mancato accoglimento della nostra richiesta di accorpamento del primo turno amministrativo con i referendum.

Le ragioni sono evidenti. Io credo che la classe dirigente di questo Paese, la classe politica, commetterebbe un errore grave a sottovalutare il fenomeno della mancata partecipazione. Per il suo tramite, signor Presidente, vorrei interloquire con le riflessioni che faceva poc'anzi il collega Iezzi. È vero che in Costituzione è stato determinato per l'approvazione, per la validità del referendum, un quorum del 50 per cento, occorre, però, contestualizzare. Eravamo in una fase, quella della Assemblea costituente, in cui si viaggiava su livelli di partecipazione al voto del 90 per cento, cioè è del tutto evidente che l'indicazione e il pensiero dei costituenti era quello che non si potesse scendere sotto un certo livello, stante una partecipazione elettorale di quelle dimensioni. Oggi ci troviamo in un contesto assai diverso: 63,9 per cento di votanti nelle elezioni politiche del 2022 e, se non la memoria non mi inganna, il 48 per cento alle europee del 2024. È del tutto evidente che il problema non è, a mio giudizio, a nostro giudizio, se l'argomento oggetto del referendum è un argomento che incontra la larga percezione dei cittadini; il problema è che è diventato un giochino troppo semplice, quello di agganciarsi ormai a uno zoccolo duro molto elevato di persone che non ritengono più di recarsi alle urne. Quindi, con questo giochino è facile far saltare i referendum, privando il Paese, io credo - e questo penso che lo possa condividere anche il collega Iezzi - della possibilità di una discussione, di un confronto, di un dibattito rispetto alle questioni oggetto dei referendum.

Invece, la scelta che ha fatto il Governo è quella di non guardare quest'iceberg che abbiamo di fronte, che ha di fronte la democrazia italiana e non solo, di scegliere, quindi, la via più semplice, quella dell'accorpamento con il secondo turno delle elezioni amministrative, dove ci sarà. Perché nelle grandi città, in particolare, a Genova, ci sono tutti i segnali per una vittoria al primo turno - io credo e spero della nostra parte politica -. Ma, per come è conformata, diciamo, l'offerta, è probabile che lì, che è la città più grande che va al voto, ci sia sostanzialmente un primo turno soltanto. Non sarebbe, lo dico subito, quindi, da questo punto di vista, cambiato un granché, in termini di aumento di percentuale di voto, ma sarebbe stato un segnale, anche di coraggio, da parte di questo Governo che, invece, preferisce nascondersi, preferisce nascondersi nell'astensione, preferisce, con dichiarazioni a vari livelli, la via più semplice e facile.

La speranza nostra è quella che gli italiani sappiano anche ricordare. In passato, c'è chi ha invitato ad andare al mare e, poi, si è risvegliato il giorno dopo, invece, con una larga partecipazione. Perché i temi referendari, la cittadinanza, i temi del lavoro, sono temi centrali; non c'è nulla di strumentale in quel referendum. Si può essere d'accordo o non d'accordo, ma trattano della vita materiale di milioni di lavoratrici e di lavoratori, di cittadine e di cittadini.

È un peccato, lo dico con grande sincerità, che noi per queste ragioni voteremo contro. Perché nel decreto - e non ho nessuna difficoltà a riconoscerlo, come ha fatto il collega Giorgis in sede di dichiarazione di voto al Senato - in questo decreto, c'erano anche elementi che andavano nella direzione giusta, che erano stati figli e frutto del lavoro importante di confronto al Senato: gli elenchi unici, finalmente la fine dell'obbligo per le donne di inserire il cognome del marito negli elenchi elettorali.

Anche sul tema del voto fuori sede, io do atto, diciamo, che c'è un passo in avanti e lo stimolo e ci è molto dispiaciuto che questo non sia stato colto dal Governo in sede di approvazione dell'ordine del giorno - anche di altri colleghi – ovvero l'idea che occorre imprimere un'ulteriore accelerazione per rendere il più possibile stabile e definitiva questa possibilità e queste opportunità.

Così come vorrei dire, non è prerogativa di questo Governo - lo ricordo anche qua al collega Iezzi, era già stato fatto in Governi in cui eravamo anche noi parte importante - quella del quorum del 40 per cento, cioè dell'abbassamento del quorum nei piccoli comuni dove c'è la lista unica.

Mi permetto di segnalare un'altra anomalia, su cui credo dovremmo prossimamente mettere mano: è il fatto che nei comuni sotto i mille abitanti, dove non c'è la necessità delle firme per presentare le liste, ci sono casi molto anomali di liste presentate per altri obiettivi, per dirla tutta in molti casi, quello di ottenere un mese di aspettativa retribuita, nel caso in cui si è sotto ferma militare o cose di questo genere. Quindi bisogna probabilmente pensare a reintrodurre una quota minima di firme, anche per i piccoli comuni.

Mi avvio alla conclusione, signor Presidente, perché noi vogliamo cogliere questa occasione però per stigmatizzare il tentativo maldestro, che c'è stato al Senato, di inserire nel testo, in un testo di un disegno di legge di conversione di un decreto-legge elettorale, quindi limitato organizzare le elezioni prossime, quello della modifica sulla legge dei comuni con l'abbassamento del quorum al 40 per cento per le elezioni.

Non è accettabile, lo dico con forza, questa visione proprietaria che una parte di questa maggioranza ha delle leggi elettorali. Le leggi elettorali non possono e non devono essere una prerogativa della maggioranza di turno. Le leggi elettorali, vorrei ricordarlo anche con riferimento a quella nazionale, sono parte integrante di quelle che potremmo sinteticamente definire “le regole del gioco” e “le regole del gioco”, così come la Costituzione, dovrebbero essere discusse, ci dovrebbe essere un confronto aperto - non nel chiuso delle stanze - e bisognerebbe provare, sforzarsi, da una parte e dall'altra - quindi non è che da questo punto di vista ci sia j'accuse nei confronti, in particolare, di questa maggioranza - dovremmo però trovare la forza di raggiungere compromessi - compromessi alti - per stabilizzare il tema della legge elettorale.

Non è possibile che ogni maggioranza abbia tra le prime iniziative quella di cambiare la legge elettorale, per provare o pensando di trarne dei vantaggi. Le leggi elettorali sono un elemento fondamentale: una legge elettorale che funziona bene consente al corpo, al corpo elettorale, alla società di funzionare meglio. È un po'come il sistema cardiocircolatorio per noi esseri umani.

E quindi lo dico in questa sede, pubblicamente: noi siamo disponibili, lo siamo sempre stati e lo ribadisco formalmente, al confronto. Al confronto per una legge elettorale che non mortifichi la rappresentanza e quindi non mortifichi il ruolo del Parlamento, alterando un equilibrio importante - su cui regge la nostra Costituzione - tra potere legislativo e potere esecutivo, pur riconoscendo il valore costituzionale della cosiddetta governabilità - o meglio la stabilità degli esecutivi - così come definita dalle pronunce della Corte costituzionale e al tempo stesso però anche una legge elettorale che riavvicini eletti ed elettori.

Una delle ragioni dell'astensionismo è anche quella che oggi gli elettori vedono gli eletti molto lontani, troppo lontani, troppo spesso decisi dalle segreterie dei partiti.

Da questo punto di vista ci sono più soluzioni, apriamo il confronto, apriamolo in maniera seria e costruttiva. Noi ci siamo, per le ragioni che ho esposto fino ad oggi, però noi, in questa sede, votiamo contro la conversione in legge di questo decreto.