Dichiarazione di voto
Data: 
Martedì, 29 Luglio, 2025
Nome: 
Mauro Berruto

A.C. 2488-A

 

Presidente, Ministro Abodi, colleghe e colleghi, ho dedicato la mia vita allo sport, prima sul campo e oggi da parlamentare con il Partito Democratico. Sento, dunque, la necessità di una premessa, valida dentro e fuori da questa Aula: spiegare con chiarezza da che parte stiamo, ma soprattutto da che parte non stiamo.

Non stiamo con chi usa lo sport per occupare spazi di potere, incarichi, consulenze e poltrone. Non stiamo con chi, rapacemente, considera lo sport un feudo, terra di conquista elettorale, filiera di interessi e di consenso politico. Non stiamo, tuttavia, nemmeno con i micropoteri che da decenni dominano molte federazioni sportive, i cui presidenti vengono eletti, rieletti e rieletti ancora in assemblee sempre più condizionate da logiche clientelari e dal meccanismo medievale della raccolta delle deleghe, come in Corea del Nord. Non l'ho detto io, lo disse un anno fa l'onorevole Fabio Rampelli (Fratelli d'Italia), escluso dalla corsa alla presidenza della Federnuoto, che rielesse l'onorevole Paolo Barelli (Forza Italia), per il suo settimo mandato consecutivo.

Non stiamo con chi vuole fare dello sport un boccone dell'autonomia sportiva, un ricordo dei luoghi dello sport, una passerella, come a Caivano, dove i Ministri non mancano mai, ma le società del territorio denunciano di non poter avere accesso al nuovo impianto sportivo. Con la stessa chiarezza, non stiamo con chi rivendica l'autonomia dello sport, ma poi è incapace di riformarsi e rifiuta regole trasparenti. Non stiamo con chi ha paura di quel cambiamento che porterebbe alla luce conflitti di interesse, doppi incarichi, voti controllati, flussi di denaro pre-elettorale opachi.

Non stiamo con la gerontocrazia delle federazioni, dove le donne continuano a essere escluse dai ruoli apicali, mentre poi sul campo continuano a emozionarci e a vincere, come hanno fatto le nostre calciatrici e pallavoliste; donne che si allenano, raggiungono l'eccellenza, ma poi - guarda un po' - non vanno bene per guidare una federazione o il CONI, e non vanno bene neanche se, nel corso della loro carriera di atlete, si fermano per una gravidanza e perdono ogni status di lavoratrice, come leggiamo in questi giorni. Servono regole, Ministro, non solo solidarietà.

Non stiamo con enti di promozione sportiva diventati organi di partito, né con enti pubblici usati come centro di collocamento per amici. Chi vuole verifichi da sé sulla sezione “Società trasparente” del sito di Sport e Salute. Non stiamo con quelle federazioni che gestiscono i rapporti con il Governo tra colleghi, in virtù del paradosso che in Italia un presidente federale può essere parlamentare. Non stiamo con chi passa dal conflitto d'interesse all'apologia di interesse: è intollerabile in un Paese normale. Non stiamo con chi vuole che la giustizia sportiva resti un regno separato dal diritto e dal buon senso, dove i presidenti federali nominano i giudici che saranno chiamati a giudicarli. Non stiamo con chi difende una giustizia sportiva usata come clava per demolire i propri avversari, per annientare coloro che hanno l'ardire di criticare o porsi come alternativa.

Mi smentisca, se può, chi conosce il mondo dello sport. Lo sappiamo tutti che Paese siamo diventati, se 5 degli 8 aspiranti alla presidenza del CONI e due esclusi si sono dovuti candidare, senza alcuna speranza di elezione, solo per poter parlare e denunciare le ingiustizie subite.

Ho chiesto che questo Parlamento apra, nella Commissione competente, un'indagine conoscitiva. Qualcuno è insorto, come se avessi inviato gli incursori nelle sedi federali. No, ho solo chiesto un'indagine conoscitiva nella casa della democrazia. Ma certe reazioni mi hanno fatto venire alla mente le parole del generale dei Carabinieri Enrico Cataldi, superprocuratore del CONI, quando si dimise dal ruolo nel 2018. “Qui c'è un muro che si oppone a ogni cambiamento”, disse al Corriere della Sera: “la giustizia deve restare cosa delle federazioni e nessun super partes deve poterci mettere il naso. Ho passato la vita a lottare, cercando di fare giustizia, seguendo casi difficilissimi. Ora mi rendo conto che, nello sport, l'impresa è superiore alle mie forze”, disse il generale dei Carabinieri, Cataldi.

Lo sport è politica: lo è da 2.800 anni, da quando Pindaro cantava gli atleti che rappresentavano la propria polis ai Giochi di Olimpia. Lo sport è un atto politico e, come tale, deve essere anche un atto etico e, allora, lo dico una volta per tutte: noi crediamo in una terza via, né con chi occupa poltrone, né con chi le difende senza trasparenza. Stiamo con quella moltitudine di persone che apre tutti i pomeriggi una palestra in un quartiere difficile, allena ragazze e ragazzi, insegna loro la bellezza della fatica, del rispetto delle regole e costruisce comunità, crea valore per il nostro Paese e ha la nausea delle lotte per una poltrona in più, ha la nausea della demolizione della rappresentazione democratica nelle federazioni. Gente che lo sport lo fa funzionare e si sente oggi come gli italiani agli inizi degli anni '90, al tramonto della Prima Repubblica, in quel caso finì sotto un lancio di monetine. Questo decreto, Ministro, non parla di sport, ma solo del vostro modo di esercitare il potere. Sosteniamo certo i Giochi olimpici di Milano-Cortina e, naturalmente, la loro sicurezza, ma troviamo vergognoso, inaccettabile, inaudito che le risorse vengano prese dai risparmi del fondo per le vittime di mafia, usura, racket e orfani di femminicidio. Vi abbiamo chiesto di usare quel denaro con uno scopo coerente ai motivi per cui è stato stanziato. Vi abbiamo chiesto di fermarvi, proposto tre diverse alternative: non l'avete voluto fare. Invece, vi ha fermato il Quirinale su un emendamento che voleva a tavolino prorogare di sette anni, fino al 2033, la competenza della società Infrastrutture Milano-Cortina, ma a voi non basta. Lo state ripresentando identico, con un emendamento dei relatori nel decreto fiscale all'esame del Senato, senza pudore e senza vergogna. Come nel caso dell'America's Cup-Napoli e del vostro ostracismo che, invece, vi porta a escludere dai ruoli organizzativi chi non vi garba, in questo caso clamoroso la regione Campania.

Le ATP Finals, invece, dopo aver generato 500 milioni di euro di ricaduta sul territorio rischiano di andarsene dall'Italia per il cambio della governance che imponete in forma retroattiva per decreto. Insomma, spalti vuoti a Wimbledon, dove nessun patriota del Governo è andato a sostenere Jannik Sinner, ma poltrone strapiene quando si tratta di spartire potere. E come sceglierete i commissari ai Giochi paralimpici agli stadi? Competenti o fedeli? Guardi, faccio un esempio, signor Ministro: mesi fa è nato l'Organo indipendente di controllo dei bilanci delle società di calcio e basket. In VII Commissione dovevamo votarne il presidente, il professor Umberto Lago, curriculum perfetto, esperienza in UEFA proprio su quel tema. Il suo nome non era su un'Agenzia, era sulla convocazione ufficiale della Commissione. Poi, sono spariti sia quella convocazione che il nome del professor Lago, sostituito da quello del suo capo di gabinetto, Ministro, che tra l'altro, poi, al Senato ha incassato il voto di Claudio Lotito, proprietario di uno di quei club che dovrà controllare. Tutto ciò perché? Perché diciassette anni fa il professor Lago aveva fatto l'assessore in una giunta di centrosinistra a Vicenza e dire che proprio lei, Ministro Abodi, fu nominato presidente dell'Istituto di Credito Sportivo il 16 ottobre 2017, Governo Gentiloni, Ministro per lo Sport Luca Lotti, Partito Democratico. Lo prenda come un complimento e anche come memento. Si può fare. Apprezziamo l'accoglimento dell'emendamento del Partito Democratico che istituisce l'equilibrio di genere in quelle governance, da voi cannibalizzate, degli eventi sportivi. Tuttavia, ci spiace, ma non è sufficiente. Sento il dovere politico e civile di questa dichiarazione di voto non per interesse personale, non per fare carriera, non per popolarità e neanche per farmi nuovi amici. Dallo sport ho ricevuto tutte le cose più belle della mia vita, non ho bisogno di altro, voglio solo restituire e denunciare quello che non funziona, anche quando fa rumore o dà fastidio, anche quando qualcuno sottovoce consiglia o chiede esplicitamente di lasciar perdere. Voteremo contro questo decreto, perché pensiamo che uno sport democratico non sia un'utopia, ma semplicemente la battaglia che ci compete e che vale la pena combattere. Proprio per questo ho un'ultima denuncia da fare, politica ed etica insieme ed è questa: anche lo sport giochi il suo ruolo per fermare l'olocausto di Gaza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Lo sport può essere strumento di propaganda, lo sapete bene e sapete bene che vale anche il contrario: la disintegrazione dello sport è un'arma che quando si vuole cancellare un popolo colpisce in profondità lo spirito che lo tiene vivo. Di fronte a 635 atleti uccisi, all'85 per cento delle infrastrutture sportive rase al suolo a Gaza, all'urlo di dolore del Comitato olimpico palestinese, che dice che per dieci anni non sarà possibile riprendere nessuna attività sportiva nella Striscia, di fronte perfino alla fame usata come strumento di guerra, di sterminio, di genocidio, lo sport rivendichi la sua funzione politica ed etica. Dal 1948 in poi sono state bandite dalle competizioni sportive internazionali: Germania, Giappone, Jugoslavia, Iraq, Afghanistan, Kuwait, Indonesia, Guatemala, Corea del Nord, Rhodesia, Pakistan, Ciad, Myanmar, Congo. Il Sudafrica per 24 anni è stato fuori dai Giochi olimpici per l'apartheid; la Russia e fuori oggi per l'aggressione all'Ucraina. Basta doppie morali: il Governo e le autorità sportive italiane chiedano a CIO, FIFA e UEFA che lo Stato di Israele, per responsabilità politica e morale di Benjamin Netanyahu, sia sospeso da tutte le competizioni sportive internazionali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Ora basta, basta, basta.