A.C. 2488-B
Annuncio il voto contrario del Partito Democratico e, invece, parlo. Signora Presidente, signor Ministro, siamo di fronte a un momento storico: uno dei pochissimi decreti, l'unico di questa legislatura, che torna in terza lettura alla Camera. Non ne ho memoria, ma io sono fra gli ultimi arrivati; non ne hanno memoria, però, tanti miei colleghi e colleghe che sono in questo Parlamento da molti anni.
Un decreto, insomma, che si occupa di sport e che segna un record; un decreto boomerang, che torna indietro di una settimana a suo modo storica, quella che ricorderemo negli annali per lo storico e commosso omaggio del Ministro Giuli, in occasione del 2241° anniversario della battaglia di Canne, laddove il generale cartaginese Annibale sconfisse l'esercito romano. Certo, Annibale, che ancora non sapeva che cosa fossero i treni, non poteva prevedere che nello stesso giorno, 2196 anni dopo, un po' più a Nord, sarebbe saltata in aria, a causa del terrorismo neofascista, una stazione ferroviaria, causando 85 morti e 200 feriti.
Noi eravamo a Bologna, ma ciascuno celebra le commemorazioni che sente più vicino a sé. Perché mettere insieme le guerre puniche con il decreto Sport? Lo spiegherò alla fine, non tema, signora Presidente. Questo decreto, nelle vostre intenzioni, avrebbe dovuto rilanciare lo sport italiano. Nella realtà, lo piega al potere, alle poltrone e al controllo politico. Lo chiamate decreto Grandi eventi sportivi: la verità è che sarebbe più facile e comprensibile definirlo come un decreto di accentramento, cioè tutto nelle mani di Sport e Salute, una gestione verticistica, lontana dai territori, lontana dallo sport vero.
Il percorso parlamentare è stato un caos. Commissioni convocate e sconvocate, modifiche, emendamenti, subemendamenti dell'ultimo minuto, anche notturni, prove di forza, posizionamenti di potere. Un braccio di ferro giocato sulla pelle dello sport, qui e al Senato. Guardi, Ministro, non mi riferisco neanche a lei in prima persona, abbiamo fatto cose insieme: penso alla modifica dell'articolo 33 della Costituzione; penso all'avvio dei Giochi della gioventù, intuizione di un indimenticabile presidente del CONI, Giulio Onesti; penso alla legge contro la pirateria digitale. Altre, me lo auguro, le faremo.
Anche nel caso di questo decreto, Ministro, lei lo sa, siamo partiti estremamente collaborativi. Poi, però, c'è stato il confronto parlamentare, qui e al Senato, ed essere collaborativi con voi è stato impossibile. Il presidente della VII Commissione, onorevole Mollicone, ci ha ricordato più volte di avere approvato il 25 per cento degli emendamenti presentati dall'opposizione. Guardi, lo dico con serenità: attenzione alle statistiche, perché gli emendamenti si pesano, non si misurano.
Non usiamo numeri in maniera creativa per descrivere una realtà che non esiste. Gli emendamenti da noi presentati, per esempio, per tornare a un equilibrio vero sulla governance di Milano-Cortina, dell'America's Cup, delle ATP Finals di tennis o sulla Commissione per il controllo delle società professionistiche di calcio e di basket, soprattutto contro l'utilizzo degli avanzi del Fondo per le vittime di usura, racket e femminicidio, sono stati tutti, al 100 per cento, rispediti al mittente.
Quest'ultimo, l'emendamento sul Fondo per le vittime di usura, racket e femminicidio, è un buon esempio per spiegare la differenza fra il pesare e il contare gli emendamenti recepiti. Quel Fondo è vita per chi ha subito crimini atroci e voi decidete di usare quanto risparmiato, e vi invito a ragionare anche sul fatto che, forse, andrebbe migliorata la possibilità di accesso e di conoscenza di quel Fondo, per la sicurezza dei Giochi olimpici invernali.
Sia ben chiaro che nessuno di noi mette in dubbio la necessità di garantire la sicurezza di quell'evento, e infatti dalle opposizioni vi sono arrivate tre diverse alternative, chiedendo che gli avanzi del Fondo in questione venissero reinvestiti per progetti e obiettivi coerenti. Avete voluto, perché è un fatto di volontà, respingere tutte quelle proposte: un segno, questo sì, indelebile della vostra idea di Stato. Sono già entrato nel merito degli aspetti di questo decreto nella sua prima versione.
Torno allora sulle variazioni, sulle parti soppresse non certo per volontà vostra, ma perché, quando si fanno prove di forza, bisogna mettere in conto che si può anche perdere. Il vostro modo di operare, invece, è quello che avete dimostrato con un altro emendamento, quello che intendeva prolungare l'operatività di Simico rispetto agli impianti sportivi di Milano-Cortina fino al 2033. Anche lì c'è stato un braccio di ferro: qui alla Camera quell'emendamento è stato ritirato, poi è magicamente ricomparso, identico, nel decreto Economia al Senato, sul quale avete posto poi la questione di fiducia.
Rispetto, invece, alle modifiche soppressive che ci portano oggi a votare di nuovo questo provvedimento, entro nello specifico di una di queste: il famoso articolo 9-quater, diventato testo dopo un emendamento del relatore e un subemendamento di un collega di maggioranza. Così ricostruiamo, con precisione, la storia, visto che qualcuno al Senato ne ha fatto una narrazione - diciamo così - creativa. Quell'emendamento, come lei ben sa, Ministro, nasceva da un emendamento a mia prima firma, per cui ne conosco bene l'evoluzione.
Il mio emendamento, presentato in Commissione, voleva tutelare l'autonomia organizzativa delle manifestazioni sportive, stabilendo una soglia: 8 milioni di euro di contributo pubblico. Al di sotto di quella soglia è tutelata l'autonomia dei comitati organizzatori; al di sopra di quella soglia è identificata la possibilità di un intervento di Sport e Salute nella governance degli eventi, perché, ricordo, siamo consapevoli che, quando il contributo pubblico è importante, serva un controllo più diretto.
E ricordo anche che non è che non ci siano richieste di rendicontazione nei casi, invece, inferiori o nei casi attuali oggi. Non vorrei che passasse l'idea che chi riceve un contributo pubblico per organizzare un evento sportivo lo faccia così, senza controlli.
Sta di fatto che voi avete preso quel testo, lo avete rimasticato, avete abbassato la soglia da 8 a 5 milioni, avete trasformato il testo rendendo strutturale, al di sopra della soglia dei 5 milioni, l'occupazione delle poltrone da parte di Sport e Salute e, al di sotto di quella soglia, avete mantenuto sì quell'autonomia che chiedevo, ma con un'esclusione: quella norma valeva per tutti, ma non per le ATP Finals. Ora, questo nuovo emendamento, in questa forma, è stato votato nella centrifuga di voti che avviene in Commissione, e si è presentato nella forma nota che, poi, avete ritirato per i rilievi del Quirinale. Giustamente, perché come è possibile immaginare una norma generale che prevede un'esclusione specifica di una singola manifestazione? Insomma, le partite per le poltrone delle ATP Finals - arrivate con grande successo alla quinta edizione, oltre 500 milioni di ricaduta positiva sul territorio - vi interessano al punto di essere riusciti a fare un decreto retroattivo, che si potrebbe definire “contra manifestationem”.
Ora le strade sono due: o la Federazione Tennis rinuncerà al contributo, e allora potrà mantenere la governance così come oggi - e ricordo, governance che ha chiuso 14 mesi fa l'accordo per i successivi cinque anni - oppure Sport e Salute, nella sua irrefrenabile bulimia di potere, rischia di far sì che la proprietà del torneo, che ricordo essere l'associazione ATP, ovvero l'Associazione dei tennisti professionisti, potrebbe spostare la sede lontano dall'Italia, come ha dichiarato in una lettera che abbiamo tutti visto in Commissione.
Credo che questo sia l'esempio più chiaro di quanto questa ingordigia sia pericolosa. Poi, lo stesso copione per Milano-Cortina, abbiamo già detto dell'operazione Simico, che si vede regalare il prolungamento di incarichi e competenze fino al 2033; stesso copione per i giochi paralimpici o per l'Europeo 2032 di calcio, affidati a dei commissari sui quali non siamo contrari pregiudizialmente, ma non abbiamo neanche dubbi, visti i vostri mille giorni di Governo, sul metodo di fedeltà col quale saranno scelti.
Poi, ancora, l'America's Cup: lunga discussione qui alla Camera. La regione Campania, che dovrà sostenere e promuovere l'evento, non potrà decidere nulla, essendo esclusa dalla governance, o i Giochi del Mediterraneo.
Insomma, il filo rosso è chiaro: centralizzare, nominare, controllare, a scapito della democrazia, dei territori e dei valori dello sport. Noi crediamo nello sport come bene pubblico, non come bottino politico; nello sport che unisce, che nasce dal basso, che include; nello sport che onora il valore educativo e sociale menzionato nell'articolo 33 della Costituzione, non che lo calpesta. Non voteremo mai un testo che scambia medaglie con nomine, o che baratta la passione di un Paese con la fame di potere di pochi.
Allora, chiudo tornando ad Annibale, alla battaglia di Canne, alla commozione del Ministro Giuli di fronte alla sconfitta dell'esercito romano, che era molto più numeroso di quello cartaginese, ma non aveva strategie, era capace solo di un arrembaggio a tutto campo. Ecco, se c'è qualcuno che perde, in questo caso, è proprio la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al comando di questo arrembaggio istituzionale.
Lo sport insegna che dalle sconfitte si impara. E ci piacerebbe non dico un dialogo, ma un normale rapporto di confronto, anche duro, fra chi sta al Governo e chi sta all'opposizione, da cui si possa generare qualcosa che sia davvero di contributo allo sport, e non - lo ripeto ancora - al desiderio di potere e di occupazione di spazi. Proposte? Certo. Lo sport nella scuola primaria, le infrastrutture sportive scolastiche, la cultura del movimento e la longevità, l'accesso economico alla pratica sportiva da parte soprattutto dei soggetti più fragili, la rimozione degli ostacoli per l'accesso alla pratica sportiva da parte di persone con disabilità, lo sport e il diritto di cittadinanza e tanto altro ancora. Se non ci sono forzature, bulimia, fame di potere, noi siamo qui, pronti a discutere e a far succedere delle cose.
Non come quelle scritte in questo decreto, nei confronti del quale, per le ragioni che ho elencato, il Partito Democratico voterà contro, anche in questa terza occasione.