Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 29 Maggio, 2025
Nome: 
Roberto Morassut

A.C. 2355

Starò nei tempi. Grazie, Presidente. Che cosa rende così incerta la nostra vita e ci precipita costantemente in una condizione di insicurezza, di paura e di fragilità? È la paura principale del nostro stare al mondo, l'altra faccia della nostra esistenza, la paura della morte. È una paura trasversale senza confini, senza barriere e che riguarda tutti.

Noi viviamo in un'epoca che sente duramente questa paura e la questione climatica ne è certamente una delle principali cause, oltre al grande avanzamento della scienza e della tecnica che, negli ultimi decenni, ha messo in discussione miti laici e religiosi consolidati da millenni. La civiltà, le civiltà, gli Stati, le culture e le ideologie contemporanee attraversano questa fragilità e spesso reagiscono. Ognuno di noi reagisce: le città si militarizzano, ci si chiude in case sbarrate e allarmate, si viaggia su veicoli aggressivi, alti, simili a jeep militari che sono del tutto impropri per le strade di una città (e si chiamano fuori strada). Ecco dove sta la percezione della insicurezza che spesso prescinde dai numeri reali; ecco dove, in ultima istanza, si annida anche la voglia di guerra che respiriamo sempre più intensamente o la tentazione di agire dall'alto scambiando la sicurezza con la repressione, come in questo decreto.

Questo provvedimento è l'ennesima scorciatoia, la disperata reazione ad una paura della morte che è dentro di noi o del tramonto di una certa idea di comunità.

Ogni dittatura - o democratura, come oggi si tende a dire - è l'uso della paura contro la paura, e voi state cercando di imboccare questa strada.

Leopardi se la prendeva con la natura matrigna ed invocava una “social catena” come estrema salvezza dell'uomo. Noi non eleggiamo la natura a nostra nemica perché dobbiamo rimetterci in testa che ne siamo parte e non dominatori, ma dobbiamo assumere l'idea della “social catena”, della costruzione di reti, di alleanze umane sempre più larghe e sempre più forti che accompagnino la consapevolezza dei limiti della nostra condizione.

Quando, dunque, trattiamo la sicurezza e cristallizziamo in legge comportamenti e azioni dello Stato - il tema della sicurezza - dobbiamo farlo con la dovuta attenzione alla complessità del problema. Non sto certo affermando che non serve il controllo e anche la repressione dello Stato, dico che sicurezza è la somma del controllo con l'integrazione sociale. Non basta l'una senza l'altra e viceversa, e servono norme e investimenti che confluiscano in un medesimo progetto di salvaguardia delle persone.

Questo decreto è un provvedimento di parole che separa il controllo e l'integrazione e non mette risorse né sull'una né sull'altra, che sacrifica un pezzo di democrazia e di libertà di tutti, non per la sicurezza ma per la propaganda. E anche per questo noi ci battiamo per 5 “si” ai prossimi referendum, perché per noi sicurezza è sicurezza del lavoro in un Paese che ha il record delle morti sul lavoro che derivano anche da norme sbagliate in materia di appalti.

Quelle norme che il Ministro Salvini ha inserito nel codice degli appalti e che consentono la moltiplicazione dei subappalti a catena. Ormai è chiaro che lì si annida la causa di tante morti. Lo dicono le statistiche. Allora, eliminate quelle norme e ammettete l'errore. Per noi sicurezza è favorire la formazione di famiglie e progetti di vita, eliminando quelle norme che favoriscono i licenziamenti illegittimi; sicurezza è un salario e un tempo di lavoro giusti, come già diceva Papa Leone XIII più di 100 anni fa nella Rerum Novarum, perché i benefici dell'innovazione tecnologica, che libera l'uomo dal lavoro e genera enormi ricchezze aggiuntive, debbono essere distribuiti ad ognuno secondo i propri bisogni e secondo le proprie capacità, quel salario minimo e quell'orario di lavoro su cui il nostro gruppo ha presentato due leggi che questo Governo ha rimandato in soffitta, esautorando una volta di più il Parlamento. Tutto questo è sicurezza o no?

In questo decreto, signor Presidente - e attraverso di lei mi rivolgo al Governo e concludo -, non c'è respiro, non c'è aria, non c'è vita e non c'è la libertà, né il controllo né la sicurezza: non c'è la vita reale delle persone. È un decreto di paura. È un decreto che scommette sulla colpa e che inventa i reati per creare simboli, nuove fattispecie verso cui indirizzare le angosce quotidiane che sorgono e si alimentano continuamente in quest'epoca fatta di paura e di angoscia e lo fa virtualmente, senza sostenere le Forze dell'ordine e lasciando i lavoratori e i quadri delle Forze dell'ordine da soli. Diciamo “no” alla vostra idea di sicurezza che, nei fatti, è politica della paura, paura che genera odio, sospetto e pregiudizio, mali e veleni di cui questo Paese, l'Europa e il mondo debbono liberarsi se ci si vuole incamminare verso una diversa possibilità di vita e di esistenza