Data: 
Martedì, 5 Febbraio, 2019
Nome: 
Roger De Menech

AC 1550

Grazie, Presidente. Innanzitutto alcune premesse di metodo. Siamo in presenza del classico provvedimento tipico di questa maggioranza, in cui il contenuto viene assolutamente in secondo ordine rispetto al titolo e ne abbiamo visti tanti in questo breve periodo di nuova legislatura. Il titolo è l'effetto fondamentale rispetto all'opinione pubblica e ai cittadini; i contenuti, invece, semplicemente non ci sono. Altra considerazione di metodo: siamo al cospetto dell'ennesimo decreto omnibus. Sono passati pochi mesi dalla precedente esperienza di legislatura ma mi ricordo molto chiaramente come venivano contestati nel passato decreti di questo tipo, decreti che contengono tante piccolissime micro-misure che hanno un effetto assolutamente banale rispetto all'interesse e al benessere dei nostri cittadini.

È l'ennesimo decreto d'urgenza e devo dire che l'unica vera urgenza di questo decreto sta esattamente nel riparare i danni, gli enormi danni, che sono stati fatti durante - poche settimane fa - l'ultima legge di bilancio. Ne cito solo una ma che è molto significativa, insomma: l'aumento della tassazione sul terzo settore, l'IRES. Ecco, questo è molto significativo. Il Governo e la maggioranza hanno dovuto decretare d'urgenza per rimediare a una schiaffo morale, materiale ed economico che il Governo ha fatto nei confronti di chi lavora a beneficio dei nostri concittadini, di chi lavora umilmente nei territori per portare benessere alle nostre comunità.

E, poi, la posizione della questione di fiducia, che molto probabilmente vedrà la luce oggi pomeriggio. È l'ennesima fiducia e anche qui sono passati pochissimi mesi da quando dai banchi dell'allora minoranza le forze che oggi governano questo Paese si alzavano e aizzavano le folle contro la decretazione d'urgenza e le fiducie e, quindi, tutto si ripete. Io spero che tutte queste cose portino a un clima più normale - lo dico così -, semplicemente più normale, perché il modo di strumentalizzare le questioni che è stato messo in campo negli ultimi cinque anni ha portato a un unico grande obiettivo: raccontare troppe e tante bugie ai nostri concittadini. E, invece, oggi siamo qui con un decreto che dovrà essere velocemente confermato. Infatti, abbiamo pochissimi giorni a disposizione perché, come sappiamo, il decreto scadrà il 12 e, quindi, ci sarà, come dicevo, l'ennesima misura approvata con il voto di fiducia.

Queste sono le premesse di metodo ma sono assolutamente importanti per poi definire e rendere anche il perimetro vero delle misure che abbiamo a disposizione in questo decreto. In senso generale, il tema di togliere burocrazia è un tema che ci vede assolutamente d'accordo. Il vero problema è che poi - ripeto - al di là del titolo in questo provvedimento ci sono elementi assolutamente banali - li definisco così - e in un momento in cui la crisi economica è ormai conclamata e in un momento in cui il prodotto interno lordo del nostro Paese è in assoluta recessione - e questi sono i dati che sono stati bene sottolineati in precedenza anche dai colleghi che sono intervenuti - noi facciamo un intervento che di buono ha esclusivamente il titolo - lo ripeto - e che nelle misure dà un colpetto qui e un colpetto lì ma, di fatto, non risolve nessuno dei problemi di questo Paese.

Io oggi, al di là di queste premesse, mi soffermerò, perché noi siamo coerenti e disponibile alla collaborazione però sempre nell'interesse dei cittadini e non della propaganda (e questo dobbiamo riaffermarlo sempre con forza), su un provvedimento che mi sta particolarmente a cuore e in cui vedo assolutamente degli effetti positivi.

Tuttavia, secondo noi, se avessimo avuto un po' di tempo a disposizione per migliorarlo, per discutere e per approfondire, probabilmente avremo reso un miglior servizio alle nostre comunità.

Mi soffermerò proprio sull'articolo 11-quater, che è quello che riguarda le disposizioni in materia di concessioni di grandi derivazioni. Questo tema è dibattuto nel nostro Paese da tanti anni. Nel nostro Paese le concessioni di grandi derivazioni - ricordo - sono il perno, l'ossatura centrale del sistema idroelettrico, e quindi dell'energia. Tante di queste concessioni sono già scadute e sono in proroga, e tante di queste vedranno la scadenza nelle prossime annualità. Con l'articolo 11 si introduce l'elemento per cui le opere oggetto proprio di queste grandi derivazioni, che sono i grandi complessi che, presenti soprattutto sulle Alpi e sugli Appennini, producono energia elettrica, passano senza compenso in proprietà alle regioni, quindi in un principio di federalismo che noi, in senso generale, condividiamo. C'è però da dire che, rispetto a questo modo di agire, noi abbiamo proposto, invece, proprio durante la discussione in Commissione, un pacchetto di emendamenti, ma ovviamente, proprio per la fretta di convertire il decreto, la Camera può solo formalmente discutere di questo decreto, questa è la verità, perché sostanzialmente, come sappiamo, il decreto è chiuso ed archiviato. Gli emendamenti avevano un semplice motivo: non possiamo trasformare e rendere attiva nei nostri territori una semplice sostituzione di centralismo, cioè dal centralismo romano passare - e questo è il grande punto di domanda che ci poniamo come obiettivo, ma un obiettivo in senso propositivo, cioè per migliorare la norma - a un'ulteriore centralismo regionale. Su questo dobbiamo assolutamente lavorare insieme per migliorare lo strumento. Nella passata legislatura noi avevamo fatto alcuni provvedimenti - che cito - che andavano proprio nel senso più compiuto che noi vogliamo portare avanti: avevamo messo nero su bianco, in una serie di procedimenti giuridici, il concetto di servizi eco-sistemici, leggasi “piccoli comuni”, collegato ambientale; insomma, in tanti provvedimenti ne avevamo parlato. Cosa sono? Sono i benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano nel suo complesso. Ciò vuol dire che ci sono pezzi del territorio, pezzi dell'Italia che, per caratteristiche fisiche e geografiche, producono una serie di benefici - essenzialmente la pulizia dell'aria e la grande dotazione di acqua - che hanno una ricaduta positiva sull'intero territorio nazionale. Allora, quando con l'articolo 11 si procede, per un principio di federalismo, a spostare il centro di gestione e controllo delle grandi derivazioni dallo Stato centrale alle regioni, noi vorremmo un protagonismo più spiccato dei territori, di quei territori che esattamente stanno al centro e sono il perno della produzione di questi servizi eco-sistemici, ma con una premessa indispensabile: attenzione a una cosa, perché la grande strategia energetica nazionale - lo dico anche questo in senso positivo, anche se non è oggetto di questo articolo, ma è giusto ribadirlo - deve rimanere in mano a chi poi ha la capacità di controllare l'insieme, la composizione più generale della produzione energetica nel nostro scacchiere. Questo è un tema che dobbiamo sempre considerare. I territori cosa devono avere nelle proprie mani, che poi, se voi leggete, è ciò che gli emendamenti che abbiamo prodotto essenzialmente riportavano? Essenzialmente sono i due i grandi aspetti che i territori - e per territori, in maniera molto pratica, intendo dire le province e i comuni, soprattutto quelli montani, che sono protagonisti di questo sistema idroelettrico nazionale - devono avere: la capacità di scegliere rispetto all'aspetto ambientale e alla qualità. I sistemi territoriali devono avere questa caratteristica: scegliere la qualità del modo e la prospettiva di sviluppo rispetto alla gestione, anche e soprattutto ambientale, dei territori.

Faccio esempi molto pratici. In questi territori c'è un sistema che nel corso degli anni, dal dopoguerra ad oggi, ha portato alla creazione di sbarramenti, di dighe, di centrali, un sistema anche molto complesso al cui centro c'è esattamente la produzione di energia elettrica e quindi il sistema di sfruttamento delle acque. In quei territori noi dobbiamo riportare la capacità di scegliere, dentro una logica di piano energetico nazionale, qual è la caratteristica ambientale primaria, perché oggi ci sono, in quei territori - mi riferisco al territorio da cui provengo, in particolare alle Alpi e alle province completamente montane -, altri fattori di sviluppo che stanno venendo avanti in maniera importante, come il turismo, per esempio. E quando in un territorio noi portiamo via una quantità di acqua eccessiva, altri servizi, relativi esattamente alla sostenibilità ambientale e alla sostenibilità dei territori, vengono meno. Non possiamo pensare a una provincia completamente montana, che magari mette al centro la bellezza - io provengo da Belluno, patrimonio dell'umanità -, che ha dei fiumi che non hanno più l'acqua. Pongo la questione tagliandola con l'accetta, ma per farvi capire. Quindi, diamo in mano ai territori - non solo alle regioni, questo è importante - la capacità di scegliere e di decidere quali sono le linee di sviluppo. Poi, ovviamente, come secondo punto, il ritorno economico, che è importantissimo. In merito, nell'articolato c'è una quota destinata alle comunità locali, noi diciamo che ci deve essere un intreccio fra la qualità dell'ambiente e il ritorno economico, soprattutto per un semplice motivo - questa non è una guerra, come ho sentito nel dibattito di oggi, fra ricchi e poveri, fra chi ha materie prime e chi non le ha, c'è solo da fare una considerazione di carattere generale -: quei territori sono solitamente quelli maggiormente afflitti dallo spopolamento, perché in quei territori di montagna aspra la gente se ne va, perché è più complicato vivere, costa di più. Ecco, il pagamento dei servizi eco-sistemici, a tutto tondo, quindi non solo dell'acqua ma anche del bosco, può essere un elemento per ridurre il gap e per fermare lo spopolamento di quelle valli. Fermare quello spopolamento è un interesse anche e soprattutto dei territori di pianura, perché altrimenti, poi, il risultato finale è che in territori spopolati non c'è più il presidio e ovviamente si creano problemi a tutto il contesto regionale.

Ho presentato a titolo personale, insieme ad alcuni colleghi, una serie di emendamenti anche per mettere in risalto che ci sono alcune province, tre in particolare - che sono state riconosciute dalla “legge Delrio” con tanta fatica proprio perché hanno queste caratteristiche (interamente montane e confinanti con Stati esteri) -, che soffrono, come dicevo prima, di un indice di spopolamento superiore alla media. Lo dico al Governo: è imprescindibile mettere un comma in cui si obbliga le regioni a parlare con quelle tre province. Non a caso, sono le tre province - lo sa benissimo il sottosegretario - che producono maggiormente e che incidono in maniera più importante proprio su quel bilancio energetico. Ripeto, quelle comunità attendono delle risposte in termini molto, molto concreti. Come vedete, nella mia interlocuzione, al di là dei gravi difetti e dell'approssimazione del decreto nel senso generale, sull'articolo 11 l'approccio è assolutamente positivo. Al Senato il Partito Democratico si è astenuto e non ha fatto una battaglia di retroguardia rispetto a questi temi, però ci auguriamo che nella contaminazione positiva delle sensibilità si possa migliorare, perché - ripeto, lo dico in chiusura - non vorremmo che a un centralismo cosiddetto romanocentrico, che sposta troppo rispetto ai territori e che abbiamo vissuto anche su questi temi, venisse sostituito un altro centralismo. Noi siamo per un Paese e una comunità che può rispondere direttamente dei propri servizi da porre nell'interesse dei cittadini e, come dicevo, tutte le modifiche che abbiamo chiesto vanno in questo senso, cioè nel rendere maggior protagonisti i territori, i comuni e le province, in un tema tanto delicato e tanto complesso come quello della gestione di un bene primario, fondamentale per la vita di quelle comunità e di tutti quanti noi, come l'acqua.

Su questo mi auguro che la chiacchierata, che abbiamo fatto qui oggi in discussione generale, possa fare in modo di apportare nel futuro quelle modifiche necessarie, ripeto, per avere un rapporto più equilibrato fra le regioni e i territori, i territori, soprattutto, che hanno al centro i sistemi idroelettrici, in modo che questa norma poi, anche nell'applicazione pratica, diventi una norma veramente buona a servizio di quelle comunità e, magari, inizi anche una nuova filosofia che non veda più un'egemonia culturale ed economica dei grandi territori e delle grandi metropoli di pianura, ma che riprenda, come avevamo cercato di fare, per esempio, con la legge sui piccoli comuni, il filo conduttore nell'interesse, ripeto, delle comunità più diffuse, anche le più piccole, che, come ricordo, sono un valore fondamentale in un'Italia lunga e stretta, molto diversa e che, solo esaltando tutti i territori, può pensare di avere un futuro.

E dentro questo concetto credo che vi possa stare anche, ripeto, il tentativo di darci una mano insieme per migliorare i provvedimenti legislativi che produciamo e cercare di togliere le storture e quello che, probabilmente, non è così aderente alla realtà del territorio italiano.