Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 24 Aprile, 2025
Nome: 
Silvia Roggiani

Doc. CCXL, n. 1

 

Grazie, Presidente. Cosa ci si aspetterebbe da un grande Paese come l'Italia? Da un Governo che ha l'ambizione di svolgere un ruolo a livello mondiale in un momento così complesso, tra drammatiche guerre e un esercizio, francamente, prepotente del potere da parte di Trump - partner sovranista e grande amico di Giorgia Meloni - lo stesso Trump che ha definito parassita l'Unione europea senza nessuna risposta da parte della destra? Beh, ci saremmo aspettati innanzitutto un documento programmatico nazionale di primavera che - vorrei dire al collega Bagnai - si fa dal 1988, e non lo diciamo noi ma lo dice l'Ufficio parlamentare di bilancio. Sì, avete capito bene, 1988.

Il Governo Meloni interrompe un momento fondamentale per il nostro Paese che andava avanti da 37 anni, un momento che permetteva al Parlamento di svolgere la propria funzione di indirizzo e di controllo e all'opinione pubblica di capire come il Governo - in questo caso, questo Governo - intenda affrontare un momento storico così complicato, di enorme incertezza per le imprese e le famiglie. Nessuno vi impediva di farlo, nessuno, perché questa storia - voglio dire, per suo tramite, al collega Bagnai - del fatto che sono cambiate le regole europee è vera in parte, nel senso che - anche qui cito l'Ufficio parlamentare di bilancio - nessuno vi impediva di fare il DEF.

Lo avete scelto! Almeno rivendicatelo. Avete scelto di presentare un documento che secondo l'Upb e la Corte dei conti contiene informazioni insufficienti e frammentate: mancano indicazioni chiare, le ipotesi alla base delle entrate discrezionali e i loro effetti. Il 2028, addirittura, sparisce: nel 2028 noi non abbiamo dati quantitativi, abbiamo dati solo qualitativi; i dati non ci sono. Insomma, un compitino che non raggiunge neanche la sufficienza, sinceramente non all'altezza di un grande Paese. Avete fatto una fotografia che si è sbiadita perché è una fotografia assolutamente superata dagli eventi e dalla storia. Una fotografia che, a tratti, è eccessivamente ottimistica e, a tratti, assolutamente desolante.

Desolante perché alle stime della crescita - che qua ho sentito dire in modo ottimistico - in realtà, in poco più di sei mesi dal Psb, si dimezzano, passano dall'1,2 per cento allo 0,6 per cento. Secondo Banca d'Italia, nel triennio, l'aumento della crescita diminuirà dello 0,7 per cento di punti percentuali, sarà quindi inferiore di 0,7 punti rispetto alle stime di dicembre. E se guardiamo invece le ultime stime del Fondo monetario internazionale, la crescita non sarà dello 0,6 ma addirittura dello 0,4. Quindi tutto questo ottimismo, purtroppo, io non lo vedo e non l'ho letto.

In questa sbiadita fotografia ci sono però dei grandissimi assenti, il primo grande assente sono i dazi. Del resto, vorrei dire che la data del 2 aprile non è una data che è arrivata per caso, ci sono stati annunci su annunci da parte del Presidente Trump che ci diceva che il 2 aprile avrebbe annunciato i dazi. Di dazi ne hanno parlato tutti - del resto, di dazi, ne parla tutto il mondo - e la nostra economia, le nostre Borse hanno già subito le conseguenze infauste dal loro annuncio, nonostante la pausa di 90 giorni, anche questa annunciata da Trump. Eppure, il DFP non ne parla, accenna soltanto, non si capisce se li quantifica, non si capisce come li quantifica.

Però, voglio dirvi, cos'altro potevamo aspettarci da un Governo che ci ha messo giorni a convocare le imprese dopo quel 2 aprile? Un Governo che, mentre la Spagna - citata prima - stanziava 14 miliardi per i settori più colpiti, prima annunciava 25 miliardi, poi forse 14, forse quei soldi derivanti dalla mancata spesa del PNRR, non si sa come, non si sa stanziati quando, non si sa stanziati per chi. Eppure, i settori colpiti si conoscono benissimo, bastava ascoltare le audizioni: la farmaceutica, l'agroalimentare, l'automotive, la chimica. Del resto, l'export verso gli Stati Uniti è stato quello che ha dato un maggior contributo all'aumento dell'export italiano negli ultimi cinque anni. Parliamo, ad esempio, del 7 per cento della produzione manifatturiera italiana, parliamo di 90 miliardi. Eppure, cosa troviamo nel DFP? Troviamo alcuni dati che, francamente, definirei propagandistici. Ad esempio, troviamo l'aumento di 170.000 occupati nell'anno, per il triennio, con la Corte dei conti - quindi non noi - che si chiede come sarà possibile, a fronte del fatto che alle imprese mancano persone e competenze.

Nessun accenno a quei 68.000 che, Confindustria dice, perderanno il lavoro solo nel settore manifatturiero, che si sommano ai quasi 20.000 che, l'Alleanza delle cooperative ci dice, perderanno il lavoro nel settore dell'agroalimentare. Quale risposta per loro? Nessuna. Il secondo grande assente è il PNRR. I dati, anche questi un po' ballerini - dipende da quale statistica guardiamo -, ci dicono che sono stati spesi, finora, circa 64 miliardi. Come faremo a spendere i 120 che mancano in poco più di un anno? Il PNRR è stato, in questi anni, praticamente l'unica leva di crescita del nostro PIL.

Stiamo perdendo assolutamente questa occasione, rischiamo di perderla esattamente come abbiamo perso e stiamo perdendo l'occasione di Industria 5.0, che avrebbe consentito alle nostre imprese quella doppia transizione fondamentale nel nostro mondo - la transizione digitale e la transizione ecologica - e invece abbiamo speso solo 678 milioni su 6,3 miliardi. Non avete ascoltato le imprese che vi avevano chiesto più e più volte di poter cambiare quella misura per potere accedere. Invece, in cambio, avete persino tagliato loro l'ACE, in un Paese, ricordiamolo - lo hanno già ricordato prima i miei colleghi - in cui la produzione industriale cala da 25 mesi consecutivi, parliamo di 40 miliardi di euro di mancati ricavi.

Cosa c'è invece in questo documento? Lo hanno detto in vari prima di me: c'è il risanamento dei conti. Ma il tema vero è: chi ha pagato il risanamento di questi conti? E la risposta è purtroppo semplice, anch'essa drammatica. L'hanno pagata i soliti noti: le famiglie, i pensionati, le lavoratrici e i lavoratori. In un'Italia in cui il 50 per cento più povero detiene solo l'8 per cento della ricchezza e il 5 per cento dei più ricchi il 48 per cento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Voi andate avanti a condoni e sconticini. Il potere d'acquisto delle famiglie è calato dello 0,6 per cento, lavoratrici e lavoratori poveri sono quasi un milione e mezzo e la pressione fiscale è la più alta da dieci anni (il 42,6 per cento).

Secondo l'UPB, la vostra operazione del cuneo fiscale è stata totalmente annullata, in termini di benefici, dal fiscal drag, quei 25 milioni pagati da lavoratrici e lavoratori di cui non troviamo assolutamente traccia nel DFP. Sempre a loro state togliendo diritti e servizi: lo state facendo con i tagli ai comuni e agli enti locali, di cui abbiamo già parlato più volte, e lo avete fatto con due leggi di bilancio. E voglio dire alla collega Semenzato, che ha parlato dei fondi PINQuA, che i fondi PINQuA per la rigenerazione urbana e le politiche abitative li avete tagliati nell'ultima legge di bilancio. E oltre ai servizi, togliete i diritti: togliete il diritto costituzionale alla sanità pubblica, quella sanità pubblica che, GIMBE ci dice nelle audizioni, è totalmente sottofinanziata.

Non ci stiamo più al vostro gioco delle tre carte perché anche questo lo hanno scritto nero su bianco, nelle audizioni, Corte dei Conti, Upb, Banca d'Italia. Mentre altri Paesi spendono più del 10 per cento di PIL per la sanità, in un Paese e in un'Europa che invecchia, voi siete arrivati al 6,4 per cento, con un'incongruenza che ricordava prima la collega Guerra: dove troverete quei soldi che mancano anche per arrivare a 6,4 per cento? Chi li pagherà? Le regioni o le persone? Perché io voglio dirvi che mentre il ministro Schillaci continua a litigare con le regioni e le vuole commissariare - ricordate l'autonomia, in quest'Aula totalmente sparita? Oggi Schillaci vuole commissariare le regioni - ecco, mentre succede tutto questo ci sono le persone che non hanno il medico di base, che si trovano a dover subire delle liste d'attesa per degli esami che potrebbero salvare loro la vita, e invece qui il diritto alla sanità pubblica è totalmente cancellato.

C'è anche un altro diritto che oggi viene negato, è un diritto che il Partito Democratico vorrebbe inserire in Costituzione: è il diritto alla casa. Dentro il DFP si cita il disagio abitativo e si dice anche che la casa per le famiglie più vulnerabili, purtroppo, copre più del 40 per cento del loro reddito e che le case popolari in Italia sono solo 750.000, al di sotto della media europea.

Quali risposte ci sono? Nessuna, nessuna risposta. Del resto, il Ministro Salvini è impegnato a ingraziarsi Musk o a fare una lotta tra chi è più sovranista tra lui e Giorgia Meloni. Ma voglio dire al Ministro Salvini che, se non ha tempo, può copiare le proposte del Partito Democratico che ha presentato proprio sulla casa un pacchetto di idee e di ricette per sostenere questo diritto di cui le persone hanno bisogno.

Chiudo, annunciando il voto contrario, su un tema su cui abbiamo dibattuto molto: le spese sulla difesa. Banca d'Italia mette nero su bianco che, in un contesto geopolitico così duro e difficile in cui tutto sta cambiando, la difesa è un bene pubblico europeo efficace solo se questa spesa viene fatta a livello europeo e non con un riarmo nazionale.

Eppure, su un tema così delicato ci saremmo aspettati non solo annunci di Giorgia Meloni a Trump, ma chiarezza sui numeri, calcoli e decisioni. Nulla di tutto questo c'è nel DFP, non abbiamo capito quale classificazione usi il Ministro Giorgetti, né la posizione del Governo, evidentemente spaccato su questo tema. Avete perso un'occasione con questo Documento, ma la cosa più drammatica è che l'ha persa l'Italia.