Data: 
Mercoledì, 9 Febbraio, 2022
Nome: 
Enrico Borghi

La ringrazio, signor Presidente. Signora Ministro, il Partito Democratico su questa questione ha chiesto delle risposte. Come ha dichiarato il nostro segretario politico, Enrico Letta, noi riteniamo questa vicenda una vicenda grave, che ha fatto seguito ad una vicenda gravissima, qual è la morte di un giovane ragazzo, Lorenzo Parelli, al quale va il nostro pensiero e il nostro cordoglio.

Per noi il punto focale è uno ed è chiaro, non sono certo alcune riflessioni politicamente infantili che abbiamo appena ascoltato. Il Ministero dell'Interno è il Dicastero più delicato e più politico di tutti, perché è chiamato a dover contemperare i nostri diritti e le nostre libertà, i diritti degli italiani e le libertà degli italiani. L'azione e l'operato delle Forze dell'ordine, in una Repubblica democratica come la nostra, si ispira a questo equilibrio che non deve mai essere rotto: diritti e libertà.

Se riflettiamo sulla prima voce, quella dei diritti, per noi l'organizzazione e la partecipazione a manifestazioni di piazza, così come la loro gestione, è una cartina di tornasole della qualità di una democrazia. Per noi, il diritto a manifestare idee e opinioni, manifestando anche il proprio dissenso, soprattutto quando è un dissenso nei nostri confronti, è e deve essere un diritto inviolabile e indiscutibile. In queste vicende noi dobbiamo guardarci da tre rischi: il primo rischio è quello della strumentalizzazione del disagio nelle piazze, di chi vuole utilizzare i giovani per far passare i loro messaggi. Signora Ministro, gli infiltrati si cacciano o gli si impedisce di entrare in quelle manifestazioni! Il secondo rischio è un'autocentratura degli apparati dello Stato; il terzo rischio è quello che si crei un derby tra poliziotti e studenti. Guardate, colleghi: è quello che dobbiamo evitare come la peste, perché i poliziotti nelle strade sono a tutela della libertà di tutti quanti noi, anche della libertà dei ragazzi di manifestare il loro dissenso e la loro opinione. È per questo che noi ringraziamo le Forze dell'ordine ed è per questo che noi le deleghiamo per un uso limite in una democrazia, che è l'uso della violenza ai fini legali, che deve essere utilizzata per garantire la sicurezza e per garantire la pace sociale. Quindi, la tutela dell'ordine pubblico deve essere equilibrata, per l'esercizio di diritti costituzionali: c'è stato questo equilibrio nei giorni scorsi? Evidentemente no, altrimenti non saremmo qui a discuterne e non sarà un'interpretazione burocratica a risolvere queste vicende, ma è un'applicazione politica di queste vicende, partendo da un assunto: che quei ragazzi che sono andati in piazza non erano tutti dei centri sociali, non erano tutti dei centri sociali. Al contrario, cari colleghi, questi ragazzi - che possa piacere o no - sono portatori di una visione, sono interpreti di un bisogno, sono testimoni di una sensibilità alla quale non si risponde né con il paternalismo, né tanto meno con i manganelli. Cari colleghi, l'immagine dell'Italia non può e non deve essere l'impunità per chi assale la Cgil e le bastonate per i giovani che manifestano per il loro domani!

Allora, noi pensiamo che si debba ripartire esattamente dalle parole che abbiamo ascoltato in quest'Aula - e lì abbiamo applaudito tutti - dal Presidente della Repubblica, che in quel discorso ci ha detto una cosa molto semplice e molto chiara: gli studenti vanno ascoltati; non vanno presi a' la carte, vanno ascoltati. È lo sforzo che stiamo cercando di fare nel limite delle nostre facoltà, con un metodo che credo dovremmo recuperare tutti: il metodo di Aldo Moro nel 1968. Era Presidente del Consiglio uscente e avvertiva gli scricchiolii di un sistema che veniva contestato (guardate quante assonanze all'oggi); lui si presentava nelle assemblee per capire, si domandava il perché delle cose; addirittura incontrava i leader della contestazione (rimase famoso l'incontro tra Aldo Moro e Mario Capanna, in quegli anni).

Ebbene, è quel metodo che noi dobbiamo riprendere, perché se ha ragione - e ha ragione - il Presidente della Repubblica quando ci ha invitato a riannodare il legame tra popolo e lo Stato, noi non possiamo non partire da quelli che saranno i cittadini di domani.