Grazie, signor Presidente. Lasciatemi ringraziare, in apertura, il Ministro Piantedosi, che ha dato immediata disponibilità a riferire in Parlamento. Lo voglio dire, è segno di un'attenzione non scontata, che tiene in alta considerazione le parole del Presidente Mattarella, che ha giustamente chiesto una reazione forte all'attentato al giornalista di Report, Sigfrido Ranucci. Lasciatemi rinnovare ancora una volta, a nome del Partito Democratico, la vicinanza a lui e alla sua famiglia per un atto gravissimo (Applausi).
Non lo lasceremo solo, non consentiremo a nessuno di mettere a tacere la libera informazione. Guardate, lo vorrei ribadire, visto che chi mi ha preceduto non ha praticamente ritenuto di dedicare nessuna parola all'attentato che ha colpito il giornalista di cui stiamo parlando. Lei, oggi, signor Ministro, qui ha fornito un quadro dell'attentato per poter risalire, come ci auguriamo, al più presto a mandanti ed esecutori, ha dato atto delle misure di sicurezza e delle tutele messe in campo dal Viminale, il quadro anche degli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti in questi anni.
Però non ha ritenuto di dover ricostruire il quadro dentro il quale si è mosso in questi anni Ranucci: le inchieste, i temi che ha affrontato nelle sue trasmissioni e che hanno messo in luce affari, malaffari.
Noi, invece, oggi vogliamo ricostruire quel contesto nel quale ha lavorato: un giornalista sotto scorta ormai da tempo, un giornalista che mentre era sotto scorta - ricordiamolo - riceveva minacce vere e allarmanti, subiva attacchi alla sua persona, al suo lavoro, ai suoi collaboratori e vedeva ridotte le puntate della sua trasmissione d'inchiesta. Lui stesso ha parlato di “isolamento” e “delegittimazione” e ha ricordato le 196 querele per diffamazione e le richieste per 125 milioni di euro. Sarebbe bene che, almeno in questo frangente, chi oggi ha fatto quelle querele temerarie le ritirasse soprattutto se ha incarichi di Governo, incarichi istituzionali. Perché - guardate - a noi viene in mente un membro della vigilanza, un autorevole membro della vigilanza, il capogruppo di una forza di maggioranza, di Forza Italia, che arrivò a portare del cognac in Commissione a Ranucci per invitarlo a farsi coraggio. Ecco, nelle ore successive, non sono mancate le parole di solidarietà da parte della politica tutta, dall'opposizione, alla maggioranza, al Governo. Però, non possiamo dimenticare che il nostro Paese occupa il 49° posto per la libertà di stampa, perché troppi cronisti vivono sotto scorta.
Non possiamo dimenticare che i telefoni di giornalisti che stavano indagando su vertici del Governo sono stati messi sotto controllo e le intercettazioni sono state derubricate a cose di poco conto. Non possiamo dimenticare che da anni è in corso una campagna denigratoria da parte di membri anche del Governo contro uno dei giornalisti più stimati del nostro Paese, che vive blindato da decenni, come Roberto Saviano. Non possiamo dimenticare i giornalisti che seguivano la Flotilla, imprigionati da un Paese straniero in acque internazionali, senza alcuna ipotesi di reato e senza che una sola voce di protesta da parte del Governo italiano si sia alzata. Per non parlare delle mancate attuazioni delle direttive europee come quella contro le querele temerarie. Avete la possibilità di farlo, vi invitiamo, vi sfidiamo a farlo nei prossimi giorni. Vi è la perseveranza con cui insistete nel non procedere all'adozione dell'European Media Freedom Act per la riforma della RAI, per garantirne l'indipendenza dalla politica e strumenti per esercitare davvero la libera informazione. Insomma, questo è il contesto, il Paese in cui lavora la stampa italiana, un quadro di ridotta agibilità, in cui la destra, che governa questo Paese, crea quotidianamente un clima difficile per ogni cronista scomodo, in cui può essere attaccato pubblicamente, preso in giro nei comizi, delegittimato in Parlamento e contrastato nella realizzazione di un programma in una Rai completamente controllata dal Governo. Ed è ancora più grave, in questo contesto, la paralisi che blocca da un anno la vigilanza per liti interne alla maggioranza: una situazione che non è più tollerabile. Allora, di fronte a questo quadro, l'opposizione non solo ha il diritto, ha il dovere di denunciare quello che sta accadendo. In Italia, la destra al Governo - lo abbiamo sentito anche nelle parole di poco fa - alimenta il conflitto con la continua ricerca del nemico a cui addossare l'incapacità di dare risposte al Paese. L'opposizione come Hamas, l'opposizione che secondo alcuni festeggia la morte di Kirk: non erano le parole della nostra segretaria del Partito Democratico, erano le parole della Presidente del Consiglio in consessi internazionali. C'è sempre la voglia tribale di slogan, di contrapposizioni da stadio che sia un comizio o un palco della peggiore destra europea in cui Meloni vanta amicizia. Da una parte, si fa appello alla sobrietà, ad abbassare i toni, dall'altra, si mettono sotto tiro le opposizioni e si pretende di silenziare.
Anche per questo c'è bisogno di un giornalismo critico, indipendente. Perché non possiamo rassegnarci a chi inventa e racconta una realtà alternativa con lo scopo di raccontare un Paese che non c'è ai cittadini, dove il tema non è condannare i crimini di Netanyahu, ma sbeffeggiare la più grande operazione umanitaria dal basso con il racconto della villeggiatura in barca dei volontari della Flotilla, dove i centri in Albania diventano la soluzione che funzionerà, ma intanto ci sono costati un miliardo di euro e sono e rimangono vuoti, dove i tagli alla sanità vengono raccontati come il più grande investimento della storia nel sistema sanitario. Sono bugie. Il diritto a contrastare con dati, fatti, opinioni questo racconto non è lesa maestà, è esercizio di democrazia. Del resto, “la democrazia muore nell'oscurità” recitava la testata di un grande giornale americano. Il giornalismo, in particolare il giornalismo d'inchiesta, è un ingrediente indispensabile per garantire il controllo del potere, per consegnare a tutte e a tutti gli strumenti per compiere scelte consapevoli e stare nel mondo da protagonisti. Questa democrazia, anche per quanto imperfetta, per quanto difficile, noi continueremo a difenderla, senza sosta nelle istituzioni e nel Paese e a difendere la libera informazione che è sale della nostra democrazia.